Sabato 26 marzo 2016
“Buona Pasqua! L’augurio è lo stesso di ogni anno. L’avvenimento che celebriamo infatti è sempre quello: la risurrezione di Gesù. E’ vero, ma... Non so come sia per voi, ma per me ogni anno che passa, Pasqua è in qualche modo una provocazione sempre nuova”. Così inizia la lettera di Pasqua che scrive Mons. Giuseppe Franzelli, Vescovo di Lira (Uganda), ai suoi amici e familiari in Italia. “Io vi porto tutti con me, nel cuore e nella preghiera, mentre vi auguro una Vera e Felice Pasqua!”, conclude Mons. Franzelli.
Ho appena finito di celebrare in cattedrale la messa del giovedì santo, memoria dell’istituzione dell’Eucaristia. Per la prima volta, per l’innovazione introdotta da Papa Francesco, fra i dodici prescelti per la lavanda dei piedi ci sono anche cinque donne. Un uomo che lava i piedi alle donne? Nella mentalità e cultura africana è un gesto non solo sconveniente ma che proprio “non va”. Ho dovuto quindi spiegare alla mia gente il significato inclusivo del gesto, un invito ad allargare i confini del nostro servizio ed amore al prossimo, “lavando i piedi” di tutti, senza escludere nessuna categoria di persone che sono tutte membra dell’unico Corpo di Cristo, la Chiesa, famiglia dei figli di Dio.
In effetti, i miei dodici rappresentano la varietà della famiglia di Dio che è la chiesa di Lira. C’è Ndugu-ndugu, un anziano (non so quanti anni abbia e forse non lo ricorda bene neanche lui) che si sta spegnendo serenamente. E’ così debole che non riesce ad alzare la gamba... Paul, invece, la gamba la solleva: è scheletrita, rattrappita, un po’ di pelle attorno alle ossa. La poliomielite lo costringe a vivere da oltre vent’anni su una carrozzella ormai sgangherata. Fa’ il calzolaio ma quel poco che guadagna non riesce a coprire le spese per mandare a scuola i figli. E’ uno dei tanti poveri che cerco di aiutare con le offerte che mi arrivano. C’è Sr. Assunta, timida e minuta, a rappresentare tutte le suore che “lavano i piedi” e servono i malati nei nostri dispensari, insegnano nelle scuole o preparano i catecumeni nelle parrocchie. Ida è vedova, anziana, nonna di una serie di orfani che cerca con fatica di mantenere. Mary, invece, la signora più giovane al suo fianco, sta lottando per rallentare gli effetti dell’HIV/Aids. Poi c’è un giovanotto disoccupato, un negoziante, una ragazza-chierichetto... Un campionario assortito di umanità che ben rappresenta non solo la Chiesa di Lira ma tutta l’Uganda. Un paese che ha bisogno più che mai di allargare gli spazi della solidarietà. Di accogliere, servire - lavare i piedi - e rispettare e includere tutti i suoi cittadini, aldilà dei ristretti confini tribali o di appartenenza religiosa e politica.
Le recenti elezioni politiche, concluse con l’ennesima vittoria del presidente in carica - per altro contestata dall’opposizione - hanno evidenziato e lasciato un paese diviso. L’indubbio progresso economico realizzato in questi anni in molte parti dell’Uganda , anche se avvenuto in modo disuguale e non dappertutto, non è stato accompagnato da una corrispondente crescita di democrazia e rispetto per le libertà e diritti della persona. Chi comanda si sente abbastanza forte da poter fare impunemente come gli pare. Il capo dell’opposizione e secondo candidato presidenziale, è oramai da piu’ di un mese agli arresti domiciliari, impedito di uscire di casa, organizzare raduni... Entro il 31 marzo la Corte Suprema si dovrà pronunciare sul ricorso di un altro candidato alla presidenza, che non accetta i risultati delle elezioni, ritenuti frutto di brogli elettorali. Comunque vada, ci sono grosse lacune da colmare per arrivare ad una vera e compiuta democrazia. A distanza di due anni, ieri sono stati finalmente pubblicati i risultati ufficiali e definitivi del censimento nazionale avvenuto nell’agosto del 2014. Gli ugandesi sono ora più di 34 miglioni, dieci milioni in più del 2002, mentre l’aspettativa di vita è cresciuta, passando da 50,4 a 63,3 anni. La sfida ora è sempre piu’ la crescita della qualità e condizioni di vita di tutti i cittadini. L’impegno di “lavare i piedi” di tutti, nessuno escluso.
Pregate perché chi ha vinto e comanda sappia includere e servire anche chi ha perso, e soprattutto quella parte di popolazione che generalmente non conta, i poveri, gli emarginati… E’ questo per me l’aspetto “nuovo” della Pasqua di quest’anno. Gesù ha dato la sua vita, ci ha lavato i piedi e continua a farlo in modo speciale in questo Giubileo della Misericordia, e ci invita a fare altrettanto per i nostri fratelli. Allargando però i confini del nostro amore, della nostra accoglienza, per fare entrare tutti attraverso la porta santa del nostro cuore diventato “misericordioso come quello del Padre”. Per condividere con tutti il dono della vita nuova che Egli ci ha donato con la sua morte e risurrezione. Tutti, specialmente quelli che finora abbiamo lasciato fuori, in disparte, quelli a cui non pensiamo, quelli che ai nostri occhi hanno i piedi sporchi, ci sono indifferenti o antipatici o semplicemente lontani dal nostro mondo e dai nostri interessi. E’ un discorso che faccio innanzitutto a me stesso. Che vale per noi qui in Uganda. E da voi, in Italia?
Recentemente ho letto che un sondaggio fra un campione di cattolici italiani che vanno a messa ogni domenica ha rivelato che il 54% degli intervistati è contrario all’accoglienza degli immigrati. Se è vero, è un fatto inquietante che dovrebbe interrogarci seriamente. So che si tratta di una questione complessa e delicata, di non facile soluzione. Penso però che anche in Europa e in Italia, pur tra una giustificata paura e preoccupazione per il terrorismo, noi cristiani siamo chiamati a spostare i paletti, allargare la porta della solidarietà e del nostro servizio fraterno per includere coloro che finora sono rimasti esclusi. Domandiamocelo con sincerità: “Attorno a me, chi è escluso dalla mia Pasqua? A chi rifiuto di lavare i piedi? ”
Io sto bene, anche se ogni tanto la stanchezza e qualche acciacco si fanno sentire. Mi dicono che dovrei riposare di più. So che è vero, ma non è sempre facile soprattutto in certe occasioni, come quando ti capita di affrontare otto ore ininterrotte di incontro, dalle 11 del mattino alle 7 di sera, per risolvere la situazione di una comunità in cui molti chiedono a gran voce il trasferimento del parroco...
Termino con una notizia dell’ultima ora. Mi è stato offerto il dono di un pellegrinaggio gratis in Terra Santa. Una settimana, a partire dal Lunedì di Pasqua. E’ arrivato al momento giusto. Il giorno 11 Marzo ho compiuto 49 anni di sacerdozio. Sono entrato quindi nel 50mo anno di una vita dedicata a Dio che mi ha portato a celebrare l’Eucaristia e “lavare i piedi” di tanti fratelli e sorelle in varie parti del mondo. Sono davvero riconoscente al Signore che mi permette di iniziarlo con un viaggio che mi riporta alle origini, al Cenacolo, dove tutto è cominciato. Accompagnatemi con la vostra preghiera perché’ io possa riprendere e continuare con nuovo slancio il mio cammino e servizio fino a quando Dio vorrà. Io vi porto tutti con me, nel cuore e nella preghiera, mentre vi auguro una Vera e Felice Pasqua!
P. Giuseppe