In Pace Christi

Matordes Angelo

Matordes Angelo
Data de nascimento : 27/01/1922
Local de nascimento : Predazzo/TN/Italia
Votos temporários : 07/10/1942
Votos perpétuos : 07/10/1947
Data de ordenação : 06/06/1948
Data da morte : 16/03/2001
Local da morte : Witbank/RSA

P. Angelo Matordes è nato da una famiglia dove fede e lavoro andavano di pari passo. Papà Giulio faceva il duro lavoro del boscaiolo e mamma Barbara era casalinga, ma non disdegnava di andare a lavorare a giornata nei campi di altri per arrotondare il bilancio della famiglia, composta di cinque figli: due maschi e tre femmine. Angelo era il terzo ed è nato a Predazzo; poi la famiglia si è trasferita a Castello di Fiemme (paese originario del papà).

“Angelo – scrive la sorella Antonietta – era un ragazzino vivace, pieno di energia, giocava con tutti ed era cercato dai suoi compagni perché sapeva creare amicizia. Il suo gioco preferito era correre con il cerchio per le vie del paese, ma sapeva anche andare sui trampoli, e ciò gli piaceva perché lo faceva sentire grande. A 8 anni era già chierichetto. Pur essendo piccolo e mingherlino, mostrava un carattere deciso e volitivo.

Una sera, mentre i genitori accudivano le capre nella stalla, egli sul tavolino in camera confezionò un altarino. Per calice adottò un porta-uova di legno e per messale il libro da messa della mamma. Poi cominciò a ‘celebrare’. Io e mia sorella eravamo obbligate a servirgli messa. Questo, ogni giorno. Noi due avevamo un bel protestare per quelle messe fasulle. Egli non mollava. Era forse un segno della vocazione che già sentiva nel cuore?

Frequentò le elementari in paese fino ai 12 anni. Durante le vacanze andava sui monti al pascolo con le mucche insieme al papà. Tra un gioco e l’altro, si dava alla lettura di qualche libro e di qualche rivista missionaria che il parroco gli passava”.

Sarò missionario

Un giorno in famiglia sorse una discussione tra i fratelli su che cosa avrebbero fatto da grandi. Ad un certo punto Angelo si alzò e disse deciso: “Io voglio fare il missionario”. Tutti si guardarono in faccia non sapendo che cosa pensare. D’accordo col parroco, nel 1935 partì per l’Istituto dei Comboniani di Muralta, Trento.

Il suo parroco scrisse: “E’ un ragazzo buono, intelligente e sinceramente desideroso di farsi missionario. E’ di buone speranze”.

“Allora le vacanze in famiglia dei seminaristi comboniani erano rare – dice la sorella – tuttavia Angelo non ebbe mai ripensamenti sulla sua scelta vocazionale. In paese era esemplare, fedele alle pratiche di pietà e molto attaccato alle cose riguardanti la chiesa, tuttavia si prestava a dare una mano per i lavori in casa e nei campi insieme agli altri”.

Nel paese, e anche nella famiglia Matordes, si respirava aria missionaria. Teniamo presente che Fr. Francesco Morandini e i padri Della Giacoma sono cugini della mamma di Angelo.

Nel 1938 Angelo passò a Brescia e, nel 1940, entrò nel noviziato di Venegono dove il 7 ottobre 1942 emise la prima professione. Mentre era a Venegono entrò in amicizia con la famiglia Lierna di Como che lo adottò come un figlio e lo aiutò sia durante la sua formazione che in missione. P. Angelo nutrì sempre grande stima e affetto nei confronti di questi suoi benefattori. “Buono, di pietà, giusto criterio e capacità più che discrete. Responsabile degli obblighi che si assume. Salute ottima”. E’ il giudizio di P. Capovilla alla vigilia dell’ordinazione sacerdotale.

Diventato sacerdote nel 1948, fu inviato in Inghilterra, a Sunningdale, per lo studio dell’inglese. Vi rimase un anno.

In Sudan

Nel dicembre del 1949, a bordo della nave Esperia, salpò per il Bahr el Ghazal, unico sacerdote insieme a 6 fratelli (Braga Luigi, Gonfalonieri Ambrogio, Cristele Giovanni, Fabris Valentino, Gilli Decimo, Salata Gaetano). Dopo 26 giorni di viaggio giunse a Wau.

P. Angelo fu procuratore nelle missioni di Wau (1949-1952) e poi insegnante (1952-1958), quindi passò a Den Zubeir poiché era stato eletto segretario del vescovo, mons. Ireneo Dud (1958-1962), quindi fu anche parroco di questa missione. Vi rimase fino al giorno della sua espulsione dal Sudan meridionale, insieme agli altri confratelli. Questo periodo sudanese è stato interrotto da una breve vacanza in Italia nel 1961. Ma il Padre si affrettò a tornare perché già in Sudan meridionale spirava aria nuova che non prometteva niente di buono.

Di questo periodo sudanese ci restano le testimonianze dei superiori che vedevano in P. Angelo un missionario capace, di profonda pietà e spirito di sacrificio, portato al ministero tra la gente e di grande carità con i confratelli. Fu anche un abile costruttore di abitazioni, sia di paglia, sia di mattoni, come chiesette, asili, oratori... Egli stesso non ricusava di rimboccarsi le maniche per dare una mano ai Fratelli o per sostituirli quando mancavano.

Trepidava nei periodi di siccità per il pericolo che la gente, specie i più deboli, morissero di fame. E allora correva ai ripari: specialmente nel periodo in cui prevedeva che sarebbe seguita la siccità, metteva da parte provviste di cibo in abbondanza, che poi distribuiva.

Non gli mancarono le consolazioni spirituali, specie nelle circostanze delle grandi feste in cui c’erano i battesimi, le prime comunioni, i matrimoni. Non gli mancò mai l’affetto della gente perché P. Angelo era uno che sapeva donarsi senza misura.

Formatore a Pordenone

L’esperienza africana indusse i superiori a puntare gli occhi su di lui quando si trattò di scegliere un superiore e formatore dei Fratelli nella casa di Pordenone. A questo proposito riportiamo una breve testimonianza di Fr. Aldo Benetti che, a quel tempo, era impegnato nella promozione vocazionale Fratelli.

“Nei miei giri di animazione, qualche volta passavo da casa sua a Castello di Predazzo e visitavo i suoi genitori. La mamma mi diceva: ‘In un’ora tu ci hai raccontato più cose di P. Angelo di quelle che ci racconta lui durante tutte le vacanze’. Era davvero un uomo di poche parole, ma di tanti fatti. La sua presenza a Pordenone fu funestata da un fatto doloroso. Ricordo quel triste 6 luglio 1966 quando in una galleria del Pasubio dove si trovavano per caso i Fratelli in gita, Fr. Agostino Munoz ebbe un attacco di cuore e morì. P. Angelo se lo prese in spalle e si avviò di corsa verso il primo centro abitato in cerca di un mezzo che lo trasportasse all’ospedale di Thiene. Nel suo atteggiamento c’era un dolore così intenso che impressionò tutti.

Come formatore fu un uomo dalle idee quadrate. Andava sempre alla sostanza delle cose, pur essendo comprensivo e aperto all’ascolto di tutti. Voleva che i futuri Fratelli missionari diventassero uomini santi e capaci, proprio come li aveva pensati mons. Daniele Comboni. Non sprecava tante parole in conferenze o prediche, bastava il suo esempio per indicare a quei giovani come doveva essere un fratello missionario comboniano: lavoro, preghiera, silenzio. Posso affermare che ha lasciato un segno positivo in tutti, e tutti lo ricordarono con riconoscenza”.

Si preoccupò perché i Fratelli potessero acquisire un diploma di specializzazione nelle varie discipline e perché fosse maggiormente elevato il loro livello culturale. Per questo chiese ai superiori di poter portare il corso da due a tre anni. Volle che un medico tenesse delle lezioni di medicina e ne inviò alcuni negli ospedali per diventare infermieri diplomati. Attrezzò i capannoni di macchinari moderni in modo che i Fratelli potessero far pratica specialmente di falegnameria, di edilizia e di meccanica, ma anche di chimica, fisica ed elettrotecnica. Un uomo che guardava in grande, dunque.

Era superiore da ormai cinque anni, quando i superiori puntarono su di lui per una nuova esperienza in cui si richiedeva personale qualificato, sia da un punto di vista religioso, come da un punto di vista umano.

Tra i primi in Sudafrica

Ed ecco che nel 1969 fu inviato in Sudafrica. Fu uno dei primi comboniani del ramo italiano a lavorare con i comboniani del ramo tedesco. Il Bollettino della Congregazione del 3 dicembre 1970 dice: “Anche in Sudafrica il motivo della nostra presenza è il desiderio di collaborazione coi nostri confratelli tedeschi e anche qui, specialmente all’inizio della nostra esperienza, ci sono state non poche difficoltà, ma ora le relazioni sono molto buone”.

Quell’anche sottintende che l’esperienza di avvicinamento, anzi di coabitazione e collaborazione era precedente. Ricordiamo per esempio la collaborazione tra gli scolasticati dei due istituti a Palencia e Moncada, l’esperienza dei Comboniani in Perù…

“P. Angelo – scrivono i confratelli del Sudafrica - era stata scelto per essere tra coloro che avrebbero fatto i primi passi nel processo della riunificazione tra i due Istituti, per diventare quelli che oggi sono i Missionari Comboniani del Cuore di Gesù. Venne eletto rappresentante del superiore generale dei Comboniani italiani.

P. Angelo lavorò sodo nella parrocchia di Acornhoek. Imparò la lingua Shangaan parlandola fluentemente. Si rese conto dei bisogni della gente ed usò i suoi grandi talenti di organizzatore e dirigente al servizio della gente. Costruì numerose chiese e sale (grandi e piccole) nelle due parrocchie. Fece tutto da solo senza bisogno di imprese costruttrici. Anche anni dopo, quando era Segretario, Amministratore Finanziario, Vicario Generale ed anche nell’ultimo anno come Amministratore Apostolico della diocesi, ogni qualvolta il suo lavoro in Witbank glielo permetteva, correva nella parrocchia di Acornhoek o Waterval per essere con la sua gente quale prete e padre”.

La guerra in Mozambico

“Quando scoppiò la guerra civile in Mozambico, molti rifugiati attraversarono il Parco Nazionale di Kruger arrivando nelle parrocchie di Waterval e Acornhoek. P. Angelo fu il primo ad organizzare aiuti in cibo ed alloggio per loro. Sollecitò la collaborazione di tanti volontari per venire incontro ai rifugiati. Tenne l’amministrazione di questo grosso progetto in modo esemplare, e scrisse centinaia di lettera alle varie organizzazioni ed a persone private per coinvolgerle nel grave problema.

Era un padre per le persone, prendendosi cura di loro e amandole, ma senza alcun paternalismo. Sapeva parlare ed ascoltare la gente; aveva il dono di fare attenzione al vero punto che l’interlocutore voleva esporre e rispondeva al bisogno. Era stimato da molte persone e godette l’amicizia di tutti”.

Nelle lettere il Padre ricorda questi poveri profughi mozambicani che, per sfuggire alla guerra, arrivavano alla sua missione superando il filo spinato di confine nel quale correva la corrente elettrica.

Nel dicembre del 1976 P. Angelo subì un incidente d’auto sulla strada Acornhoek-Pretoria, che lo portò in fin di vita causa gravi lesioni interne e un’emorragia all’aorta con rottura di costole e ammaccature varie. Dopo 10 giorni di ospedale a Silverton se la cavò “grazie al mio angelo custode che quella mattina era ben sveglio”.

Sacerdote tutto d’un pezzo

“P. Angelo era un prete di grande integrità, ancorato alla vecchia scuola – scrivono i confratelli del Sudafrica. - Si potrebbe paragonare ad un albero piantato vicino all’acqua di biblica memoria, dove le radici trovano sempre nutrimento e dove i frutti sono in grande quantità. Manteneva il suo orario con le preghiere quotidiane, la sua Messa e meditazione. Quand’era in ospedale per l’ultima malattia, raramente lasciava cadere il rosario dalle sue mani. Aveva un forte carattere, forte nelle fede, e non perdeva il suo tempo in chiacchiere inutili. Ciò che aveva da dire, lo diceva chiaro, andando diritto al punto e poi continuava il suo lavoro. Una cosa che odiava erano le lamentele o le verità dette a metà”.

Non fu una sorpresa che poco dopo il suo arrivo fosse eletto superiore dei Comboniani italiani e rappresentante del P. Generale. Dopo la riunione del 1979, divenne Economo provinciale. Nel 1983 Mons. Anthony Reiterer diede le sue dimissioni e Mons. Nkhumishe venne eletto vescovo di Witbank. Al funerale, quest’ultimo diede la seguente testimonianza:

“Ho vissuto vicino a P. Angelo nei 18 anni di mia presenza nella diocesi di Witbank. Quando nel 1983 quale vescovo ausiliare, sono stato incaricato della diocesi di Witbank dopo le dimissioni di mons. Anthony Reiterer, ero come perso, non sapendo quello che si aspettavano da me. Il mio primo pensiero fu di scegliere un prete della diocesi che mi desse una mano. Pensai subito a P. Angelo. Con lui vissi durante questi anni. Così P. Angelo lasciò la sua amata parrocchia di Acornhoek, dove si trovava fin dal 1970, e venne ad Witbank”.

Testimone nella persecuzione

“Fu testimone della mia persecuzione a Witbank – prosegue il Vescovo - dove i razzisti continuarono a rompere le finestre della mia casa, per nove anni. Fu lui che riparò molte di quelle finestre rotte dai sassi lanciati contro la casa del Vescovo. Fin dal 1983 lo nominai Vicario Generale, posto che tenne fino al 1995. Fu uno dei miei consiglieri dal 1983 fino alla mia partenza da Witbank, l’anno scorso. Fu il mio segretario ed amministratore diocesano. Per un breve periodo lasciò la curia ed andò a lavorare nella parrocchia di Waterval. Ritornò alla curia e fu amministratore finanziario dal 1993 al 1995. Tutto questo per dirvi che uomo stiamo seppellendo oggi: un grande uomo.

Sentiremo molto forte la mancanza di P. Angelo. Egli non fu solamente un vero amico e confidente, ma una colonna di sostegno, un missionario per il quale la Chiesa era tutto. Sono venuto a sapere che fu lui a girare per il Paese in cerca di un Vescovo ausiliare per Witbank e mi trovò a Pietersburg nel 1981.

Sentendo della sua tremenda malattia sono venuto a Witbank per stare con lui. Vedendolo, il mio desiderio era di stare vicino a lui, tenerlo per mano quando moriva. Ma come sapete, non tutti i sogni si realizzano.

P. Angelo è stato chiamato al premio eterno, lasciando qui molto del suo lavoro ed un gran numero di buone azioni per essere imitate. Io personalmente ne sentirò la mancanza. P. Angelo è stato per noi e per la Chiesa di Witbank un dono speciale”. Fin qui il Vescovo.

Nel 1999 P. Angelo ritornò in patria per celebrare il suo 50 di sacerdozio. Fu una festa che coinvolse tutta Predazzo. Nessuno, allora, pensava che quella sarebbe stata l’ultima visita del Padre al paese e ai familiari perché, nonostante l’età, pareva ancora pieno di salute. Era atteso per l’estate del 2001.

Amministratore apostolico

Quando, all’inizio del 2000, mons. Nkhumishe fu trasferito alla vicina diocesi di Pietersburg, P. Angelo fu eletto Amministratore Apostolico della diocesi di Witbank.

Il suo sogno era di passare la diocesi al nuovo vescovo, ma il Signore lo chiamò prima che ciò accadesse.

Una volta – così ci raccontano – P. Angelo manifestò al Nunzio la sua meraviglia che ci volesse tanto tempo per la nomina del nuovo vescovo. Il Nunzio avrebbe risposto che la diocesi era in buone mani, quindi non c’era bisogno di correre.

All’inizio del 2001 la sua salute incominciò a deteriorarsi. Era il 15 gennaio 2001 quando nell’ospedale di Johannesburg gli diagnosticarono un male incurabile e gli dissero che gli restavano poche settimane di vita perché il cancro si era già diffuso dallo stomaco al fegato.

In cruce salus

Con grande fede e senza lamentele, P. Angelo accettò la sua malattia. Venerdì, 16 febbraio, era ormai a letto e sr. Marianne Tieber e Fr. Rene (Missionario d’Africa) vennero dall’episcopio di Witbank per vederlo. Sr. Marianne fece presente a P. Angelo che sarebbe stata una buona cosa avvisare i suoi amici e familiari della malattia. P. Angelo, dopo pochi secondi, mise il rosario che teneva in mano sul letto, si alzò, andò al tavolino, si sedette, prese un foglio di carta lo piegò, prese la matita, tracciò una croce e scrisse sotto: “In Cruce salus”. Poi scrisse: “Carissimi amici, questa volta vengo a chiedere le vostre preghiere. Sono in ospedale a Johannesburg con un tumore allo stomaco. Possa il Signore aiutarmi a portare la sua croce. P. Angelo.

“Le grandi opere di Dio nascono ai piedi del Calvario”, diceva il nostro fondatore Daniele Comboni quando era in difficoltà. P. Angelo esperimentò in molti modi le sofferenze della croce. Eppure ne parlava molto raramente. Portò la sua croce con fede ed in unione intima con il Signore. P. Angelo accettò ciò che il Signore aveva preparato per lui. Nel silenzio e nella preghiera si mise nelle mani del Signore.

Dalla croce di Gesù Cristo P. Angelo attinse la forza di portare l’ultima sua croce, e di fare il volere del Padre quando tutti i piani suoi furono distrutti dall’apparire della malattia.

Scrisse nel suo diario il 12 febbraio: “Ho avuto la visita dell’Arcivescovo Daniel, di P. Paddy, l’Amministratore Apostolico e Fr. Peter Niederbrunner che portò alcuni dolci. Grazie Fr. Peter per il tuo interesse.” Ed ancora: “Il dr. Tinkler mi spiegò il problema. Ha grossi dubbi per il tumore maligno allo stomaco. O Signore, eccomi a fare il tuo volere. Madre Maria, sii al mio fianco”.

Il giorno dopo: “Mi hanno aperto, e visto che il tumore si era diffuso su tutto lo stomaco e al fegato, ricucirono: non c’è nulla più da fare”.

Il ricordo di sr. Marianne

Ecco quello che Sr. Marianne Tieber, segretaria nella casa del vescovo di Witbank, si ricorda degli ultimi giorni:

“Domenica 11 marzo: è l’ultima sua domenica, incominciò ad avere problemi nell’assumere cibo. E questo causò un piccolo incidente che vorrei ricordare per mostrare come lui vivesse ciò che predicava. ‘Lei mi porta tante cose, ma io non posso mangiarle’, mi disse a colazione. ‘Lei non deve prenderle tutte, prenda quelle che le piacciono’, risposi. Nel pomeriggio mormorò qualcosa ma gli mancò la voce, ed io gli chiesi di ripetere. ‘E’ sorda?’, disse P. Angelo. ‘Sì, sono un po’ sorda’, risposi con un sorriso. Verso sera, si girò verso di me e disse: ‘Sorella, perdonami se qualche volta divento impaziente’.

Risposi: ‘Non si preoccupi, non lo dica più, noi l’ammiriamo, siamo edificati da lei’ ‘Grazie’, rispose con un filo di voce.

Un precedente episodio mi richiamò il proverbio: Dammi un fiore solo quando sono vivo piuttosto che un mazzo quando sono morto. P. Angelo aveva portato da Acornhoek il volume sbagliato del Breviario per la quaresima. Noi gli imprestammo il nostro. Quando arrivò il suo, notammo che era difficile marcare le pagine perché i nastrini erano strappati. Volevo prenderlo ed incollarci dei nastrini nuovi, ma lui non volle, dicendo: ‘Ormai è troppo tardi’. Era doloroso sentire quelle parole.

Le sue condizioni di salute peggioravano giorno per giorno. Il cancro si era diffuso ai polmoni così che il respirare e tutto il resto diventava sempre più faticoso.

La sera prima di morire P. Angelo chiese all’Amministratore Apostolico di celebrare la Messa vicino al suo letto. Il mattino seguente volle tenere in mano il crocifisso, invece del rosario che aveva sempre in mano. P. Fabio Baldan era appena arrivato da Silverton, per stargli accanto per la notte, ma P. Angelo si addormentò nel Signore con grande calma quella sera alle 19, 30. Era venerdì 16 marzo.

Il funerale ebbe luogo sabato 24 marzo e fu sepolto a Maria Trost, alla presenza di 6 vescovi, circa 50 Sacerdoti, molte Suore e Fedeli di tutta la diocesi. Possa riposare in pace”.

P. Angelo è stato un fratello, un padre, un amico per migliaia di persone alle quali ha dato speranza. Come missionario pienamente identificato e uomo di Dio ha saputo stampare in tanti cuori l’impronta di Dio. Al suo paese, dove è stata celebrata una solenne Eucaristia funebre, è ricordato come un nuovo patrono. (P. Lorenzo Gaiga)

Da Mccj Bulletin n. 212, ottobre 2001, pp. 86-93