Sabato 28 dicembre 2019
Al “Paradigma e il rinnovamento dell’evangelizzazione fuori e dentro la Chiesa” aggiungo questo breve e sintetico testo in attenzione alle segnalazioni degli Atti Capitolari: “cresce la consapevolezza di un nuovo paradigma della missione che ci spinge a riflettere e a riorganizzare le attività su linee ministeriali” (12). “Ci chiediamo come annunciare la gioia del Vangelo…” (20). “Siamo invitati a convertirci (…) a osare sogni grandi, nonostante la nostra piccolezza” (24). “pecchiamo (…) di autorefenzialità” (25). “la riqualificazione della nostra presenza in Europa richiede (…) formazione permanente (43). (P. Luigi Consonni)
DAL PARADIGMA AL MINISTERO
Appunti per il ministro dell’evangelizzazione
Padre Luigi Consonni
Premessa
Al “Paradigma e il rinnovamento dell’evangelizzazione fuori e dentro la Chiesa” aggiungo questo breve e sintetico testo in attenzione alle segnalazioni degli Atti Capitolari: “cresce la consapevolezza di un nuovo paradigma della missione che ci spinge a riflettere e a riorganizzare le attività su linee ministeriali” (12). “Ci chiediamo come annunciare la gioia del Vangelo…” (20). “Siamo invitati a convertirci (…) a osare sogni grandi, nonostante la nostra piccolezza” (24). “pecchiamo (…) di autorefenzialità” (25). “la riqualificazione della nostra presenza in Europa richiede (…) formazione permanente (43).
1. IL MINISTERO
Il quadro generale
Il termine ministero significa propriamente servire, prestare un servizio. Accogliere con la mente e nel cuore l’insegnamento, la pratica e la finalità della missione di Gesù conforma ogni servizio come ministero per il quale la buona notizia ( Vangelo) diventi buona realtà (Salvezza).
L’evento è accompagnato dallo stupore, dal fascino per l'emergere, nell’intimo della persona, della magnanimità dell’amore, l'essenza e l'esistenza della Trinità. Al riguardo Gesù afferma: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
Per la qualità del coinvolgimento nella persona, immediatamente scatta la responsabilità di assomigliare al Padre per l’amore trasmessogli da Gesù e dallo Spirito Santo, le due mani del Padre. E, dopo matura riflessione, la responsabilità declina la volontà e la libertà a favore del ministero.
La finalità del servizio è l’avvento del regno – “venga il tuo regno” – nel senso di estendere, ampliare la realtà del regno di Dio, già presente per il dono dell’amore. È evidente che servire non è obbedire forzatamente né uno scambio di favori o altro che esuli dall’amore gratuito, senza secondi fini.
Per comprendere la rivoluzione di questa prospettiva, basti ricordare che nel mondo greco-romano la dignità dell'uomo era rapportata a due opposti: da un lato il dominio del signore e dall’altro la sottomissione del servo. In quella cultura era estranea totalmente l'idea che vi fosse una possibilità di grandezza nel servire. L'ideale era servire non gli altri, ma le proprie aspirazioni. Con l’aiuto al prossimo, l'antico sapiente poneva al centro sé stesso, nell’intento di sviluppare al massimo la propria personalità.
Per Gesù è il contrario: “Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10,45). In questa prospettiva Egli adegua la propria condotta e l’evangelizzazione in modo che il ministero si conformi nell’amore al prossimo, includendo anche il nemico, nell’insegnare e praticare il cammino di pienezza di vita e gioia senza fine, ambito della vita eterna nel presente.
In sintesi. Il momento e la circostanza della vita giornaliera fa dei rapporti interpersonali e sociali l’ambito del ministero per il quale l'umano esprime il divino e il divino prende forma nell’umano, nell’evangelizzatore per la qualità del ministero.
Ministero e carisma nella Chiesa
Tutti sono chiamati al ministero”, quali corresponsabili con il Padre di estendere, ampliare il dono del regno già presente a macchia di leopardo e anche come tesoro nascosto e perla preziosa da ricercare. È la preghiera di Gesù: “Venga il tuo regno!”.
Il ministero, operazione del Padre, è indissolubilmente legato al dono dello Spirito Santo designato come carisma. Il ministro si avvale di esso per rispondere adeguatamente all’evangelizzazione.
Il carisma maggiore che declina tutti gli altri è la carità (il termine ha la stessa radice di carisma) mirabilmente descritta da Paolo: “1Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sarei come bronzo che rimbomba o come cimbalo che strepita.
2E se avessi il dono della profezia, se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la conoscenza, se possedessi tanta fede da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sarei nulla.
3E se anche dessi in cibo tutti i miei beni e consegnassi il mio corpo per averne vanto, ma non avessi la carità, a nulla mi servirebbe.
4La carità è magnanima, benevola è la carità; non è invidiosa, non si vanta, non si gonfia d’orgoglio, 5non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6non gode dell’ingiustizia ma si rallegra della verità. 7Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.
8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà e la conoscenza svanirà. 9Infatti, in modo imperfetto noi conosciamo e in modo imperfetto profetizziamo. (…)12Adesso noi vediamo in modo confuso, come in uno specchio; allora invece vedremo faccia a faccia. Adesso conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. 13Ora dunque rimangono queste tre cose: la fede, la speranza e la carità. Ma la più grande di tutte è la carità!” (1Cor 13,1-13).
Il carisma è costituito dall’unione dell’umano con il divino insita nell’azione riguardo a un’attività specifica. Questo perché la grazia (dono di Dio) non elimina né sostituisce la natura. Al contrario, la rispetta nelle sue capacità, si innesta sulle sue inclinazioni, le accompagna e le perfeziona.
Le capacità e le inclinazioni dell'evangelizzatore, nel momento in cui sono raggiunte dall’amore assomigliante a Dio, fanno sì che l’azione corrispondente, purificata da interessi egocentrici o di lobby, è rigenerata e opera in sintonia con l’avvento della sovranità di Dio, del suo regno. In tal modo l’evangelizzazione raggiunge la meta.
Esistono diversi carismi nella Chiesa, benché la fonte sia lo stesso Spirito, che si rapportano al ministero di Gesù e all’operosità del Padre. Al riguardo Paolo puntualizza: “Vi sono diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di servizi ma uno solo è, il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti” (1 Cor 12, 4-6).
Pertanto, il ministro che opera, imitando l’amore del Padre, serve in sintonia con l’insegnamento e la pratica di Gesù e si avvale del carisma accogliendo e percependo la sintonia con la Trinità che “dimora presso di lui” (Gv 14,23), fonte di stupore e di gioia.
Il ruolo della Chiesa
La responsabilità e l'autonomia del ministro trovano l'avallo e il conferimento nell'esortazione di Gesù alle folle: “Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: ’Arriva la pioggia’, e così accade. E quando soffia lo scirocco dite: ‘Farà caldo’, e così accade. Ipocriti! Sapete valutare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete valutarlo? E perché non giudicate da voi stessi quello che è giusto?” (Lc 12,54-57). Il “tempo” e il “giusto” si riferiscono all’avvento del regno che Gesù sta impiantando.
È da considerare che, nel contesto di allora, l’attesa del Messia con l’avvento del regno segnano profondamente la coscienza individuale e sociale delle folle. C‘era molta attesa, accompagnata dal sorgere di pseudo profeti che, per il loro intento rivoluzionario, erano massacrati dai Romani.
Oggi il contesto è tutt’altro e il regno di Dio è confinato nell’altra vita, dopo la morte. Tuttavia, il regno di Dio, quale realtà già presente, è totalmente ignorato dalla pratica pastorale, pur essendo oggetto di profondi studi biblici e teologici.
La responsabilità autonoma del ministro verifica la sua attività con e nella Chiesa - locale e universale - avvalendosi di persone autorevoli. Anche Paolo ne parla: “Quattordici anni dopo, andai di nuovo a Gerusalemme (…) vi andai però in seguito a una rivelazione. Esposi loro il vangelo che io annuncio fra le genti, ma lo esposi privatamente alle persone più autorevoli, per non correre o aver corso invano” (Gal 2,1-2).
La Chiesa, in attenzione al patrimonio di fede che gli appartiene per volontà divina, è imprescindibile per sostenere e accompagnare il discernimento, la bontà e lo sviluppo dell’attività evangelizzatrice del ministro.
2. IL REGNO DI DIO, FINALITÀ DELL’EVANGELIZZAZIONE
In estrema sintesi
Il regno - la sovranità di Dio - riguarda l’avvento di “un cielo nuovo e una terra nuova (…) Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap. 21,1.5) affinché tutti “abbiano vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv10,10), la vita eterna, la gioia sia piena (Gv 16,24) e “un futuro pieno di speranza” (Ger 29,11).
L’avvento del regno avviene nella persona e nella comunità in modo connesso e inseparabile nell’accogliere gli effetti del mistero Pasquale declinati, appunto, nell'ambito individuale e sociale.
La qualità del ribaltamento escatologico – ultimo e definitivo – è tracciata dal Magnificat: “ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele (la persona e l’umanità) il suo servo ricordandosi della sua misericordia” (Lc 1, 51-55).
A scanso di equivoci, non si tratta di fare del vangelo un manifesto politico, pur essendo socialmente rivoluzionario e, meno ancora, di concepire l’Istituzione chiesa come un’organizzazione democratica o una monarchia assoluta. L’obiettivo va oltre, e riguarda l’organizzazione sociopolitica responsabile del bene di ognuno e di tutti, della fraternità e delle pari opportunità.
Il senso e la necessità del riscatto si inquadra nelle parole di John P. Meier, tratte dal suo ampio studio sul regno di Dio: “Cominciamo a intuire perché Gesù non fosse interessato a riforme politiche e sociali concrete né abbia fatto dichiarazioni del genere per il mondo in generale né per Israele in particolare. Gesù non proclamava la riforma del mondo; egli proclamava la fine del mondo [del mondo organizzato in quel modo, non dello sconvolgimento dell’universo. Certamente che la riforma è sconvolgente e Caifa lo intuisce nell’affermare: “È conveniente che un solo uomo muoia per il popolo” (Gv 18,14)] (…) È vano cercare dichiarazioni altrettanto esplicite di Gesù sui mali sociali più scottanti e sulle linee politiche del suo tempo: per esempio la schiavitù (…) La ragione di questo silenzio imbarazzante è semplice: Gesù era un profeta escatologico (…). L’obiettivo definitivo del dominio regale di Dio era imminente”.
Papa Francesco, nel Maggio 2016, in un discorso rivolto alla CEI, affermava: “... la triplice appartenenza che ci costituisce: appartenenza al Signore, alla Chiesa, al Regno. Questo tesoro in vasi di creta va custodito e promosso! Avvertite fino in fondo questa responsabilità, fatevene carico con pazienza e disponibilità di tempo, di mani e di cuore”.
Ispirandomi all’iconografia cristiana, dove dei tre personaggi raffigurati quello centrale è sempre il più importante, ritengo auspicabile che l'immagine del Regno sia collocata al centro, in quanto la centralità del regno evidenzia il senso ultimo della missione di Gesù e la continuazione nella missione della Chiesa, quale sale, lievito e luce dell’avvento del regno nel contesto e nelle circostanze specifiche di ogni luogo e tempo.
3. LA FORMAZIONE DEL MINISTRO
Imprescindibile è la formazione. Lo richiede la soggettività autonoma e responsabile del “ministro”. Per non entrare nell'argomento in modo ampio e, meno ancora esauriente, evidenzio solo due riferimenti imprescindibili dell'evangelizzazione, come lo sono le due rotaie del treno: Il Padre Nostro e le Beatitudini.
Il Padre Nostro è la formula costante della preghiera giornaliera. L'analisi del contenuto offre considerazioni di grande portata. Tuttavia, molto probabilmente, Gesù non pensa a una formula da sostituire alle già esistenti nella tradizione: sarebbe come cadere dalla padella alla brace. Piuttosto indica i punti nevralgici di dialogo con Dio, suo Padre, per l’azione dello Spirito. La sua preghiera/dialogo suscita la richiesta del discepolo colpito dal suo modo di pregare (Lc 11,1).
Le indicazioni del Padre Nostro, nel loro insieme, sono come la griglia che Gesù fa sua e, in parte, adatta alla condizione del discepolo.
Riguardo a sé stesso, si è auto-depotenziato della condizione divina, ponendola come tra parentesi, nel momento in cui “Il Verbo si è fatto carne” (Gv 1,14), ossia uomo a livello infimo. Nel non ritenere “un privilegio l'essere come Dio, spogliò sé stesso assumendo la condizione di servo” (Fil 2,7) e “da ricco che era si è fatto povero per voi, perché diventaste ricchi della sua povertà” (2Cor 8,9), facendosi uno di noi e rappresentante davanti al Padre di ogni persona di tutti i tempi.
Come Gesù, ogni evangelizzatore, trovandosi in contesti e circostanze inedite e molto complesse si rivolge a Dio, richiamando nell’intimo i contenuti di: “Padre” … “il nome” … “venga il tuo regno” … “sia fatta la tua volontà” … “il pane” sopra-sostanziale (l'attivazione della condizione divina messa tra parentesi). Per il discepolo declina la pratica del “perdono” … il “non abbandonarci nella tentazione” … la conseguente “liberazione dal male” di deviare o abbandonare la causa. (Mt 6, 9-13).
La frequente preghiera affronta il male e la tentazione nella fede del sostegno del Padre per la forza dello Spirito. Fede che non viene meno anche nel momento più drammatico “perché mi hai abbandonato? (Mc 15,34)” (e l’ultima parola del Gesù uomo: “È compiuto! E, chinato il capo, consegnò lo spirito” (Gv 19,30). La preghiera sostiene il ministero, e il ministero è il compimento della preghiera.
Lo svolgimento del ministero è accompagnato dalla verifica con il testo delle beatitudini: Mt 5,1-12. La traduzione più puntuale di “Beati” è Complimenti! Tre riguardano il presente, le altre sono al futuro.
La prima è la condizione di “povero” a livello umano, intellettuale, finanziario e sociale, che accoglie il dono del Regno che Gesù sta implementando; la seconda riguarda “la giustizia”, il nuovo ordine personale e sociale che porta con sé la causa del Regno. La terza, l’avvertimento “per ogni sorta di male che diranno contro di voi per causa mia”, operando nell'orizzonte dell'amore assomigliando al Padre, senza secondi fini o false intenzioni.
“Complimenti!”, perché proseguendo nel cammino del regno, già presente, l’evangelizzatore sarà sostenuto dalla speranza che non viene meno riguardo all'avvento del regno ultimo e definitivo (escatologico) alla fine dei tempi quando “Dio sia tutto in tutti” (1Cor 15,28). Una fine che inizia per l'evangelizzatore - il ministro - con l'ultima benedizione: la morte. E non avrà mai fine, come una spirale che si espande all'infinito.
PREGHIERA DEL MINISTRO
Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come era nel principio, ora e sempre nei secoli dei secoli, Amen.
Perché?
55Come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre»
54Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
Come?
53ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
52ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
51Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
Quindi?
50di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
49Grandi cose ha fatto per me (il ministro) l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
48perché ha guardato l’umiltà della sua (suo) serva (o).
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata (beato).
E Allora?
47il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
46E Maria (il ministro) disse:
L’anima mia magnifica il Signore.
E il mio spirito esulta in dio mio Salvatore.
P. Luigi Consonni
Rebbio, Novembre 2019