"Don Salvatore Mauro, sacerdote, proveniente da Barletta, entrato 22 agosto 1872, partito pel Cairo 20 settembre 1872. Morì in Berber l'11 settembre 1877" (SPV, 6). Don Rolleri: "D. Salvatore Mauro, fu superiore a Berber, da Barletta, arrivato in Cairo 26 settembre 1872, partito per l'interno della missione il 26 novembre 1872. Morto a Berber sul finire del 1877 a 43 anni" (SPC, 23).
Per un curioso equivoco, il cognome, Mauro, fu scambiato per il nome di battesimo, e di conseguenza fu elencato alfabeticamente come Salvatore (Gilli, 420). Se SPV può lasciare dubbio, lo SPC è esplicito, perché don Rolleri elenca tutti gli oltre 140 membri della missione (incluse le suore), con nome e cognome (quando lo sa), dando sempre prima il nome di battesimo e poi il cognome, e questo sistematicamente per ben 14 pagine. Ciò è confermato dall'elogio funebre, recitato dal sac. Gennaro Spera a Barletta il 12 settembre 1878 nel solenne anniversario della morte e dato alle stampe. Da questo "elogio" veniamo a sapere che don Salvatore Mauro era nato a Barletta (Bari) l'8 settembre 1833, e che era entrato dai Barnabiti. Però, dopo il noviziato, si ammalò durante gli studi e ritornò in patria. Ammesso al seminario di Trani vi fu ordinato sacerdote nel dicembre 1859 ed esercitò il ministero in diverse parrocchie. Nel 1872, dopo un incontro con Mons. Comboni, gli si offerse come missionario, e accettato, partì lo stesso anno per Cairo, destinato poi ad El Obeid. Nel 1875, dopo una grave malattia, passò a Khartum, donde in gennaio 1877 fu inviato a Berber a sostituire i Camilliani che abbandonavano la missione, ed ivi morì il 12 settembre 1877 (B/222/5).
Queste informazioni sono confermate da varie fonti. In particolare p. Carcereri scrive: "L'undici febbraio 1873 giungeva a Khartum d. Mauro Salvatore coi suoi neri, e verso la fine del mese ripartiva per El Obeid in aiuto a P. Giuseppe (Franceschini (A/17/7/16). Mons. Comboni il 2 giugno 1874 scriveva: "D. Mauro è al El Obeid superiore, parroco e confessore ordinario delle suore" (A/17/20/103 a Prop.). Riferendosi a questo periodo, mons. Comboni scriveva a sua cugina Faustina Stampais il 31 dicembre 1875 da Berber: "Ho ammirato la virtù che ebbe d. Mauro in Kordofan e gli ho reso giustizia. La madre provinciale è una perla" (A/15/141). Mentre aveva avuto motivo di biasimo per la condotta di due suore, che si erano immischiate nella lotta contro il Comboni, d. Mauro e quanti appoggiavano il vescovo.
Dalla fine del 1875 al gennaio 1877 d. Mauro deve essere stato prevalentemente a Khartum, e nel 1876 come superiore e parroco, per attestazione dello stesso Comboni, e come appare dal libro dei conti e dai registri parrocchiali di Khartum (A/29/11). In febbraio 1877 partì per Berber con fr. Bissoli e vi giunse il 22, prendendo in consegna quella missione da p. Carcereri (A/17/7/57).
Di don Mauro abbiamo forse un'unica lettera autografa, e per di più incompleta e mancando anche la firma si può solo arguire che sia sua dalla caratteristica scrittura a zampe di gallina. Tratta del ministero apostolico in genere. Sono state invece pubblicate sugli Annali del Buon Pastore diverse sue lettere, che qui elenchiamo soltanto, accennando ad alcuni fatti principali. La prima del 19 febbraio 1873, che racconta il suo arrivo a Khartum e la gioia dell'incontro con i confratelli. La seconda del 12 giugno 1873 in cui racconta i particolari del viaggio, con la separazione di don Vincenzo Jermolinski a Korosko. Uno schiavo fuggito al suo padrone e forse anche ladro, si era rifugiato presso i missionari, e fu preso sotto la sua protezione da don Vincenzo, che lo difese e pretese di liberarlo, contro il parere delle autorità e dei compagni di viaggio. Don Mauro, come scrive Carcereri nella sua Cronaca, consigliò don Vincenzo a cedere lo schiavo alle autorità e proseguire il viaggio. Ma questi, credendosi ormai compromesso, volle restare e si separò dalla carovana, lasciando poi l'istituto, come si è detto. (A/17/7/16).
Ma un caso più unico che raro capitò nel resto del viaggio. Uno dei tre moretti della carovana, sapeva che lungo il Nilo doveva trovarsi il paese dove viveva sua madre, essa pure schiava, e dopo ripetute ricerche, la ritrovò a Metemma, si può immaginare con quale reciproca gioia, che culminò naturalmente nella richiesta del figlio a mons. Comboni di liberare anche sua madre. (A.B.P. 4, 15-18; 5, 14-19).
Una relazione di p. Franceschini su El Obeid, dopo l'arrivo di don Mauro, si trova pure negli annali, in data 1 settembre 1873, e una dello stesso don Mauro del 15 agosto 1873, terminata il 30 (A.B.P. 6, 3-4; 15-20). Notizie più particolareggiate si trovano negli Annali n. 12: "Dall'ottobre 1874 fino a tutto il gennaio 1875 il superiore della missione di El Obeid, R.P. Mauro Salvatore, ed il missionario P. Losi Giovanni, i solo sacerdoti di quella stazione, furono quasi di continuo alternativamente a letto, e talvolta ambedue allo stesso tempo", e alla fine di Gennaio, dopo tre mesi di dolori morì il fratello Domenico Scala (12, 3-4).
Il n. 14 degli Annali riproduce una lettera di don Mauro a Khartum dell'8 aprile 1876, in cui racconta i frutti del ministero con i battesimi, matrimoni, conversioni e assistenza a malati (A.B.P. 14, 36-39).
Ed ora alcune testimonianze. Mons. Comboni, ancora il 10 aprile 1874 scriveva a Propaganda: "P. Salvatore Mauro, superiore e parroco della missione del Kordofan, va pazzo per la devozione a S. Giuda Taddeo, ed è riuscito ad accendere noi tutti della devozione al grande apostolo, e ho deciso di consacrare a S. Giusa Taddeo una statua, un altare ed una chiesa, se Dio mi dà vita, in qualche località dei popoli che ho fatto testè esplorare nel cuore dell'Africa incognita e che io stesso visiterò dopo le piogge, installandovi anche le suore di S. Giuseppe" (A/I/8Iz).
Don Luigi Bonomi il 5 marzo 1876 scriveva da El Obeid a don Squaranti in Verona: "D. Mauro è a Khartum, d. Fiore ad El Obeid; ma purtroppo invece di poter aiutare ha bisogno egli stesso d'aiuto, chè la sua solita malattia lo incomoda sempre più. Già fin dall'estate scorso mentre stava in El Obeid, ebbe qualche volta a soffrirne gravemente in modo da cader in deliquio come fece una volta mentre dava la benedizione; però dacché si è portato a Khartum il male si andò facendo più grave ed allarmante, in modo che il medico dichiarò che il clima del Sudan gli era nocivo, e sarebbe opportuno per la sua salute di ritornare in Cairo od in Europa. Per la qual cosa tu vedi bene, che qualora si dovesse seguire il consiglio del medico per non lasciare a Khartum un solo sacerdote, bisognerebbe toglierne uno da Obeid, e così non resterebbe che uno per la spedizione di Gebel Nuba" (A/26/4/6). E' vero che forse don Bonomi potrebbe aver inteso parlare di don Fiore, am sembra più probabile parli di don Mauro. Particolare valore merita la testimonianza di don Losi da El Obeid del 4 maggio 1876 al suo amico don Rolelri in Cairo. Dopo aver scritto piuttosto male di don Mauro, aggiunga: "Anche i chierici sono un po’ trepidanti per questo: posto che io debba andarmene, amerebbero almeno P. Mauro superiore, sapendo che p. Mauro, ad onta dei suoi difetti, in coscienza è un santo ed ha vero e solido spirito, e sebbene temono che la di lui troppa bontà lascerà forse tropo alzare quell'altro" (A/27/16/8).
Questa sembra una autentica affermazione della bontà di carattere di don Salvatore Mauro; possiamo perciò giustamente concludere con le parole di mons. Comboni, all'inizio della relazione sulla carestia, in cui ricorda la "cooperazione dei nostri buoni missionari, fra i quali si distinsero, per tacere dei viventi, d. Alessandro Dal Bosco, d. Antonio Squaranti, e d. Salvatore Mauro, di venerata memoria" (A/18/38/4).
Da P. Bano Leonzio, Missionari del Comboni 3, p. 59-62