Mezz'ora prima di spirare, padre Leonzio Bano passeggiava nel corridoio dell'infermeria di Casamadre, a Verona, con la veste talare indosso e la corona del rosario in mano.
Al mattino aveva celebrato la santa Messa, e al pomeriggio aveva preso parte alla benedizione eucaristica.
Da un po' di giorni il disturbo respiratorio si era accentuato nonostante le quotidiane applicazioni all'ospedale. Padre Leonzio era consapevole che i suoi giorni erano ormai contati, tuttavia si conservava sereno e sempre padrone di se stesso.
Improvvisamente il respiro venne meno. Allora il padre si sedette sulla poltroncina che aveva in stanza, nella speranza di riprendere fiato. I confratelli che erano con lui in corridoio lo seguirono e chiamarono gli infermieri. Questi arrivarono immediatamente. Constatando che la crisi era più grave delle altre, stesero il padre sul letto e gli applicarono l'ossigeno. Tutto fu inutile. In piena lucidità di mente, bisbigliando preghiere insieme ai confratelli che lo attorniavano e gli impartivano gli ultimi sacramenti, padre Leonzio rese l'anima a Dio. Erano le ore 18 di domenica 16 gennaio 1983.
Una famiglia per il Signore
Padre Leonzio Bano era nato a Sant'Eufemia di Borgoricco (Padova) il 29 settembre 1904.
Dopo aver frequentato la terza elementare a Borgoricco, espresse il desiderio di farsi sacerdote. Non essendoci possibilità di studiare al paese, i genitori lo affidarono alle cure di don Giuseppe Faccioli, cappellano di Sant'Andrea di Campodarsego.
Molto probabilmente don Faccioli “inoculò” il germe della vocazione missionaria al giovane Leonzio (e anche a Mons. Mason, che fu pure discepolo dello stesso sacerdote). Data la distanza tra Sant'Eufemia e Campodarsego, Leonzio fu ospite fisso in casa di don Faccioli per tutto l'anno.
Di intelligenza vivace, il giovanetto mostrò subito una notevole capacità di penetrare i problemi più per intuizione che per un processo di ragionamento per cui il suo rendimento scolastico fu ottimo.
All'intelligenza si accompagnava l'impegno nello studio e la serietà nell’affrontare il suo dovere.
Nel 1919, a 15 anni, entrò nel noviziato che allora aveva sede a Savona. Nel 1921 terminò il noviziato a Venegono Superiore, ed emise i voti a Verona il 19 marzo 1922, cinque mesi dopo i suoi compagni per poter arrivare all'età canonica.
Il difetto predominante contro il quale Leonzio dovette combattere, fu la vivacità che alle volte trasbordava in irrequietezza. Fu la lunga e costante lotta a questo difetto che fece di padre Leonzio un capolavoro di metodicità e di equilibrio.
In Africa via Inghilterra
Il 10 luglio 1927 padre Leonzio fu ordinato sacerdote a Verona. Tre mesi dopo era a Southampton, in Inghilterra, come studente di inglese e, più tardi, nel luglio 1929, cappellano del collegio...
Un giorno, padre Leonzio venne investito da un'auto. Questa, sbandando, lo colse sul marciapiede e gli passò sopra schiacciandogli la cassa toracica con l’assile anteriore. Non ci furono fratture ossee, ma le costole e la colonna vertebrale subirono uno schiacciamento e una irrimediabile deformazione con conseguente difficoltà di respirazione. Questo incidente sarà la causa ultima della sua morte.
Dal 1929 al 1947 padre Leonzio fu a Khartoum con gli incarichi di segretario del vescovo mons. Paolo Tranquillo Silvestri prima, e mons. Francesco Daverio Bini dopo, quasi parroco della cattedrale e Vicario Generale.
Per qualche tempo e a più riprese supplì il cappellano delle truppe inglesi di stanza a Khartoum. Questi contatti gli consentirono di accostare personalità di ogni tipo, alcune delle quali egli stesso istruì nella religione cattolica e preparò per la conversione. Il suo modo di fare, di presentarsi, di parlare, la sua cultura e pietà soda e priva di smancerie, gli attirarono la stima e la simpatia di tutti, anche di coloro che “i cattolici se li sarebbero mangiati”.
Nelle ore libere si dedicava all'insegnamento del catechismo e si prestava per la confessione e direzione spirituale alle suore.
Dopo il 1936, con lo sviluppo delle scuole nel Sudan meridionale, padre Leonzio divenne School Correspondent tra il governo di Khartoum e i comboniani che operavano in Sudan.
Durante l'ultima guerra i comboniani residenti in Sudan furono messi a domicilio coatto, essendo considerati “nemici” degli Inglesi. Ciò non avvenne per i missionari di Khartoum e quindi anche per padre Leonzio.
Formatore
Dal 1947 al 1953 padre Bano fu a Verona come assistente generale, segretario generale (1953-59) e di nuovo assistente generale e prefetto della formazione (1959-69).
Rileggendo gli interventi a firma di padre Leonzio Bano sui Bollettini di quegli anni, si possono cogliere alcuni aspetti della sua personalità. Per esempio, il suo interesse e amore per la causa di beatificazione di mons. Comboni che egli vedeva imminente.
Altro tema importante: quello del reclutamento e della formazione dei missionari comboniani.
Settore stampa
Uomo austero e di poche parole, sapeva diventare giovane con i giovani. Molti ricordano le sue passeggiate con gli scolastici sul Carega e le esibizioni della “banda Comboni” composta da strumenti “fatti in casa” che sfilava per le vie di Valdiporro e di Boscochiesanuova avendo come capofila padre Bano.
Il settore “stampa” occupò un posto preminente nella mente e nel cuore di padre Leonzio. I confratelli di una certa età sanno che padre Bano fu “censore ecclesiastico” per libri e riviste editi dalla Congregazione. Egli eseguiva questo suo incarico con scrupolo, competenza e serietà. Se Nigrizia fu per molti anni l'espressione della mente del nostro istituto, e non esclusivo monopolio della redazione o del direttore, lo si deve anche a padre Bano che, con equilibrio umano e preparazione teologica-missionaria, controllava gli articoli prima della pubblicazione.
Il terribile 1968
Negi anni ruggenti del 1968 padre Leonzio si trovò nell'occhio del ciclone, essendo allora prefetto della formazione.
Se qualche mancanza o deficienza è stata notata nel campo della formazione ai tempi in cui padre Bano ne era responsabile, forse la si spiega anche per la troppa stima che il padre poneva in qualche educatore e incaricato dei giovani che si preparavano al noviziato.
«In quegli anni sembrava che tutti avessero perso la testa, educandi ed educatori (compreso qualche superiore) - afferma un novizio del tempo, oggi sacerdote comboniano. - Arrivavano i superiori, ci facevano delle grandi prediche, ci minacciavano e mandavano via qualcuno (io fui uno di questi, ma poi ritornai), quindi tutto procedeva come prima.
In questo clima che aveva dato alla testa un po' a tutti, arrivò padre Bano. Si fermò tra noi alcuni giorni senza dar segni di fretta, e ci invitò a recarci da lui uno alla volta per parlargli... Finalmente uno che si dimostrava disposto ad ascoltarci con calma e pazienza per sapere cosa volevamo, cosa cercavamo.
La sua visita ci fece toccare con mano quanto era diversa la nostra mentalità di gente desiderosa di cambiare qualcosa, dalla sua estremamente legata alla legge e alle strutture... Era il vino nuovo in botti vecchie. Tuttavia devo dire che fu un uomo estremamente onesto. Confrontandoci con lui esperimentammo la nostra estrema povertà spirituale e il vuoto nel quale ci muovevamo. In quell'occasione padre Bano operò senza inveire, senza offendere. Alla fine ognuno tirò le proprie conseguenze: o restare in un determinato modo, o andarsene in attesa di tempi migliori. Io scelsi la seconda, ma - ripeto - non posso fare a meno di ammirare la rettitudine, l'onestà e la consequenzialità di padre Bano in quella circostanza. Erano i tempi che si presentavano duri».
Amicizia e laboriosità
Dopo 8 mesi di ministero a Padova nel 1970, padre Leonzio fu richiamato a Roma, dove si era già trasferito nel 1965 con la Curia generalizia, per lavorare presso il SEDOS (Servizio di Documentazione Studi), un lavoro minuzioso e di pazienza, proprio su misura di padre Bano.
Dal 1976 era archivista generale dell'istituto. Chi ha avuto da trattare con lui in questo periodo per informazioni sulle missioni o per ricerche su confratelli defunti, sa quanto è stata larga, immediata e cordiale la disponibilità di padre Leonzio. Pur conciso nelle parole e attento a non perdere tempo (la sua giornata iniziava alle tre del mattino, in compenso si coricava prestissimo non giudicando degni di attenzione i programmi televisivi) era gentile e servizievole con tutti, anche quando si trattava di aiutare qualche confratello bisognoso. Non disdegnava, per esempio, di portare in stanza la colazione a qualche vicino ammalato o di prestargli altri servizi. Benché non apparisse tanto esternamente, aveva un forte senso dell'amicizia fatta di collaborazione generosa, non senza un sorriso cordiale e una battuta faceta.
Memoria vivente dell'Istituto
Avviandoci alla conclusione di questo breve profilo su padre Leonzio, riteniamo importante la testimonianza di padre Felice Centis, ex segretario generale, che con lui ha condiviso sette anni di vita e anche di lavoro, salvando le rispettive competenze.
«Uomo austero, spiccio, franco, sacerdote e religioso fedele, esatto, esigente; lavoratore instancabile, meticoloso, studioso avido di dettagli... Man mano che approfondivo la sua conoscenza, l'immagine che avevo di lui si è andata arricchendo di sfumature e tinte che l'hanno resa molto più amabile, caratteristica e indimenticabile.
Aveva acquistato un grande “senso della misura” o prudenza nel giudicare. Sapeva comprendere e scusare, era servizievole e gioviale, sapeva perfino “perdere il tempo” (a lui così prezioso) per intrattenere, consigliare, aiutare. Non si concedeva un momento di ozio, mai.
Il suo svago era la ricerca di fatti e documenti. Il suo camminare svelto era come l'espressione della sua laboriosità. Era fedelissimo alle pratiche comunitarie e non rifiutava mai impegni di ministero. Era contento di farci partecipi delle sue conoscenze acquisite attraverso tanti anni di lavoro nella direzione generale e attraverso i suoi contatti personali e letture. Quando era richiesto, mi dava i suoi pareri e consigli con grande moderazione e modestia e senza intromettersi mai nel mio lavoro. Aveva una conoscenza vastissima delle cose della Congregazione, delle missioni e della Chiesa. Non ne faceva sfoggio, ma ci teneva a fare precisazioni quando notava errori o false interpretazioni.
Come segretario generale, padre Leonzio ha raccolto i documenti personali di ogni confratello, ne ha preso nota dei movimenti nel registro della congregazione prima, e sulle schede personali poi. Fu lui che, su richiesta della comunità di Stillington, tra cui il sottoscritto, iniziò il foglietto di informazioni “Famiglia Comboniana”.
A padre Leonzio dobbiamo la sistemazione definitiva dell'archivio della Congregazione. Lavoro meraviglioso che gli è costato sei interi anni di attento esame di ogni documento e carta, con schedatura, indice, timbratura, numerazione, cesellatura ecc. con una costanza e diligenza da certosino.
Per anni curò i contatti con gli aspiranti che scrivevano dai collegi e dai seminari.
La congregazione ha perduto con padre Leonzio la “memoria vivente” e una delle più caratteristiche figure. Ma la sua opera è per noi tutti una eredità preziosa e il suo ricordo uno stimolo ad amare la congregazione senza limiti».
«Vado a prepararmi a morire»
Dopo una settimana di lavoro serrato, padre Leonzio passava la domenica dedicandosi al ministero sacerdotale. Unico svago nei momenti di pausa erano le parole crociate e la settimana sportiva alla televisione. Così finché le forze gli permisero di reggersi in piedi.
Poi la lotta con il fiato che stentava ogni giorno più a venire e, in fine, la partenza per il Centro Ammalati di Casa madre.
«Vado a Verona a prepararmi a morire», disse lasciando la casa di Roma in Via Luigi Lilio. E fu così.
Consapevole della sua situazione, accolse la malattia e la morte come un avvenimento naturale e necessario, da accettarsi con spirito di fede e semplicità, e quasi con il senso di un dovere da compiere.
Il mese di permanenza a Verona, condiviso con gli altri ammalati, dimostrò la statura spirituale di padre Leonzio.
Fu un mese di lotta continua e di sofferenza, per la sensazione di dover morire soffocato. Invece di lamentarsi, padre Leonzio diceva a chi lo accompagnava all'ospedale per le inalazioni: «Non farmi parlare, perché di fiato ce n’è poco» e faceva un sorriso come avesse detto una battuta.
La morte, quasi improvvisa ma non inaspettata, fu l'ultimo gesto della sua esistenza, compiuto con lo stile che aveva caratterizzato tutta la sua vita. P. Lorenzo Gaiga
Da Mccj Bulletin n. 139, ottobre 1983, pp. 57-61
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Una voce autorevole. Ex Assistente Generale [1947-69] e Archivista dal 1976 al 1982. Nella Presentazione dei suoi Profili Comboniani scrive: “In una Consulta del Consiglio Generale, presenti anche i rappresentanti dei vari Segretariati e Uffici della Curia, mi fu chiesto di scrivere quanto ricordo di confratelli e avvenimenti dell’Istituto, per conservarne la memoria. Mi riservai allora di completare prima la sistemazione del materiale d’archivio, perché i documenti non potessero un giorno smentire le mie affermazioni. Al termine di questo lavoro, posso ora dare uno sguardo al passato”. P. Bano, nato a Borgoricco (PD), è stato missionario in Sudan dal 1929 al 1947. È morto a Verona il 16.1.1983, all’età di 79 anni.