Chiedo scusa se inizio questo breve profilo su padre Tessitore riportando un ricordo personale. Ho sentito parlare di lui la prima volta quand'ero in redazione a Verona, insieme a padre Zeziola. Costui aveva coniato una filastrocca di tipo scherzoso-umoristico, che amava canticchiare spesso e volentieri girando per i corridoi di casa. In essa, insieme ad altri confratelli, veniva fuori anche padre Tessitore, suo compagno di missione in Sudan. Padre Tessitore faceva rima con "grande core". Quando, nel 1978-79, mi trovai a Roma per il corso di aggiornamento insieme a padre Raffaele (era in attesa di partire per il Sudan) ebbi modo di conoscere da vicino questo "grande core", e me lo scelsi come confessore e consigliere per quel periodo. E capii subito che Tessitore poteva benissimo far rima anche con "lavoratore", con "consolatore", e poi anche con "traduttore", con "guaritore" e non so con quanti altri attributi.
Dalla gavetta
La vocazione missionaria costò parecchio a padre Raffaele per via di una grandissima sensibilità di cui era dotato. Il distacco dai genitori e dai fratelli per andare nel seminario missionario di Sulmona, fu alquanto doloroso. Esaminando le pagelle dei primi anni, vediamo che Raffaele era un ragazzo di intelligenza superiore alla media. Il 6 settembre 1936 Raffaele fece la sua entrata in noviziato a Venegono. Si tuffò nell'osservanza delle "tradizioni e regole" e nella pratica della vita ascetica con un fervore tale che il padre maestro (padre Todesco) giudicò esagerato. "È attaccato molto alla sua vocazione e quindi cerca con buona volontà di rendersene degno coll'osservare scrupolosamente tutte le sue regole ed avvisi. La sua forma di serietà e devozione è alquanto esagerata. Sebbene sia alquanto fermo nelle sue idee, pure sa adattarsi all'opinione altrui abbastanza facilmente". Dopo un giudizio simile sarebbe logico pensare che il padre maestro abbia frenato lo zelo esagerato del giovanotto. Probabilmente non fu così, o non ci riuscì, se ad un certo punto Raffaele "per la sua generosità di applicazione si è esaurito". Lasciamo perdere i commenti e diciamo che 1'11 novembre 1939 il novizio emise i primi Voti nella Casa Madre di Verona. I coetanei lo ricordano un tipo entusiasta, sempre desideroso di sentire notizie dai confratelli che venivano dalla missione (e a sua volta di trasmetterle), un po' ingenuo e alquanto semplice, "un uomo in cui non c'è inganno" e applicatissimo nello studio e nella pratica della vita religiosa.
Insegnante
Per motivi bellici gli scolastici di Verona dovettero emigrare a Rebbio. Qui Tessitore completò brillantemente la teologia e venne ordinato sacerdote. Era il 3 giugno 1944. Data la situazione politica (eravamo in piena guerra) la via della missione era preclusa per cui i superiori pensarono di valorizzare le belle doti di mente del Padre mandandolo a Carraia come insegnante. Inoltre la salute di padre Tessitore non era delle migliori. Le strettezze della guerra si erano fatte sentire anche sugli scolastici, ed in lui in particolare portato com'era all'esaurimento e a qualche disturbo cardiaco che già cominciava a fare capolino. Insegnò dal '44 al '46. Era un insegnante bravo, capace, scrupoloso nel preparare le lezioni, ma gli mancava quel pizzico di "cattiveria" che deve caratterizzare ogni professore desideroso di tenere a bada la scolaresca. Ben presto la scuola divenne per lui un supplizio. Come poteva concordare l'esigenza della disciplina con il suo cuore troppo buono? E poi quei poveri ragazzini gli facevano una gran pena per cui non se la sentiva di punirli con qualche nota scadente. I superiori lo compresero ed esaudirono il suo ardente desiderio: partire per la missione.
Sudan meridionale
Quando nel settembre del 1946 giunse a Kuajok, la missione che sarebbe stata anche l'ultima del suo ministero apostolico, la situazione era alquanto precaria. I confratelli erano stanchi per le conseguenze della guerra, che si erano fatte sentire anche là. I mezzi e gli aiuti erano stati per un lungo periodo interrotti, per cui bisognava rimboccarsi le maniche. Padre Tessitore si applicò con la generosità che gli era ormai consueta. Una nota di quel periodo dice: "Accetta le osservazioni e la guida dei confratelli più anziani". Ciò dimostra la prudenza e l'umiltà che guidarono il Padre nei suoi primi anni di missione. Padre Briani annota: "Padre Tessitore può rendere molto. Molto". Padre Tessitore cominciò subito a studiare gli usi, i costumi, le tradizioni e la lingua della gente. Per questo frequentava i villaggi e amava la compagnia degli anziani dai quali apprendeva una grande quantità di cose che gli sarebbero diventate utili per il ministero. Mentre era a Verona come scolastico, aveva conseguito il diploma di infermiere presso il Presidio Militare. Le nozioni sanitarie apprese gli vennero buone in Africa. Padre Raffaele, infatti, cominciò subito ad esercitare "l'arte medica" con ottimi risultati. Ciò contribuì ad accrescergli la fama che già stava procurandosi con le sue buone maniere e con la sua carità. Padre De Giorgi scrive nel 1952: "Stimato dal popolo perché gentile e ha cura degli ammalati, specie se piccoli". E un po' più avanti: "Riesce ugualmente bene nella scuola e nel ministero, ma è meglio affidargli quest'ultimo. Può anche reggere una stazione. In casa è fautore di pace e tiene relazioni fraterne con tutti. Ne sono proprio contento". Con padre Nebel, missionario all'antica e africano tra gli africani, padre Tessitore diede una mano per la fondazione di Mayen. Erano i tempi delle camminate a piedi dove "non si vedeva che acqua e pantano" annota il Bollettino. Erano anche i tempi della fame periodica, della malaria, delle visite dei leoni e dei serpenti. A leggere, oggi, quelle cronache vengono i brividi.
Superiore a Thiet
Dopo quattro anni di vita tra i Denka di Kuajok, padre Raffaele fu inviato a Mbili, tra i Jur, dove era superiore padre De Giorgi. Tra i due si stabilì subito un'amichevole intesa. La situazione della missione era triste assai. Moltissimi cristiani erano fuori posto e opponevano resistenza al battesimo dei loro figli. Padre Tessitore, affiancato dai confratelli che non erano da meno quanto a zelo, iniziò subito i giri per i villaggi nella speranza di sfondare. Il 18 febbraio 1953 venne inviato a Thiet come superiore, dove i Padri Gasparotto e Ciccacci avevano lavorato nel sudore e nelle amarezze. Fratel Bastianelli aveva sfornato 300 mila mattoni per le costruzioni in progetto, ed ora tentava la fabbrica delle tegole. "Padre Tessitore è sempre in giro per accordarsi con i capi e i parenti in modo da avere tante ragazze alla scuola. Nella zona di Thiet la quasi totalità dei capi non ha mai inviato alcuna ragazza per l'istruzione. Monsignor Mason, per facilitare il lavoro al confratello, gli presta la sua moto. Tutti infatti sono d'accordo sul sistema di padre Tessitore per portare gente alla missione. Spesso si trova faccia a faccia con i pastori protestanti che pretendono di avere la supremazia nella zona. Con le buone maniere egli riesce a convincerli che c'è posto per tutti... E finisce per prevalere attirandosi la simpatia dei capi". Così il diario. E poi: "I fabbricati a Thiet e a Pagiklir si moltiplicano. Vengono scavati pozzi e coltivati campi".
Espulsione
Undici anni di missione erano passati come un soffio. Nel 1957 padre Tessitore era in Italia. La prima cosa che fece fu quella di recarsi sulla tomba del padre che era morto nel 1954 attendendo invano il ritorno del figlio. Le numerose lettere intercorse tra superiori e familiari durante la malattia del genitore sottolineano la drammaticità di quei momenti. Noi possiamo immaginare la sofferenza di padre Raffaele, uomo sensibile e tanto attaccato ai suoi, ma coerente con la sua vocazione missionaria che gli chiedeva di restare sul campo di lavoro per il bene delle anime. Dopo un anno come propagandista a Sulmona, padre Tessitore tornò nuovamente a Kuajok. Eravamo già nel 1959. In Sudan erano già cominciati quei movimenti che sarebbero sfociati nell'espulsione in massa dei missionari nel 1964. Padre Raffaele, però, doveva bere prima degli altri il calice amaro che il Signore gli riservava. Ne parla egli stesso in una lettera. "Venni via dal Sudan il 20 aprile del 1963 perché accusato di aver violato il Missionary Societies Act 1962. Il motivo? Avevo tenuto aperto un catecumenato durante i mesi di giugno e luglio del 1962. La legge era stata emanata nel maggio, ma a noi non era stata data notizia in alcuna maniera. Questo lo feci notare al D.C. Tito Adibo di Gogrial, e aggiunsi che potevano interrogare lo stesso Mons. Ireneo Dud, nostro vescovo, per accertare la veridicità della mia affermazione. Fui condannato a pagare o una multa di 15 sterline, o alcuni giorni di prigione, e mi fu detto che potevo appellarmi contro la sentenza entro tre giorni. Avrei dovuto ricorrere a Juba. D'accordo con Mons. Ireneo Dud non opposi appello sia per la brevità del tempo che mi era stato concesso, sia perché ammalato e bisognoso di un ritorno in Italia. L'ingiunzione di lasciare il Paese venne poi da Khartoum".
In Spagna - Napoli - Roma
La Spagna, che allora stava aprendosi alle più rosee prospettive missionarie, aveva bisogno di un propagandista entusiasta. Padre Tessitore, in Italia da soli quattro mesi, chiese di andarvi dichiarandosi disposto ad imparare una nuova lingua. Fu a Madrid, in visite di propagandista nei seminari; a Corella come padre spirituale; di nuovo a Madrid come propagandista fino al dicembre del 1966. Intanto la provincia meridionale d'Italia richiedeva un valido propagandista ed economo per sistemare la sede provinciale di Corso Vittorio Emanuele. Padre Tessitore si dichiarò disponibile anche a quel lavoro che portò avanti dal 1966 al 1969. Con il Capitolo Generale del 1969 le province italiane confluirono in una sola. Ciò comportò degli spostamenti di personale. Padre Tessitore, nel 1970, venne nominato vice-provinciale d'Italia e superiore della comunità di Napoli. Nel 1973 passò a Roma (San Pancrazio) sempre come superiore e vice-provinciale. Alla morte di padre Malugani (provinciale) avvenuta il 20 novembre 1975, fu invitato a succedergli. Egli rifiutò, non ritenendosi in grado di coprire un ufficio simile. Sono stato con lui dal 1975 al 1978 a San Pancrazio - scrive padre Contran -. Mi colpì la sua attività. Non stava mai fermo e molte ore le dedicava all'assistenza spirituale che aveva preso presso il brefotrofio delle ragazze madri, delle suore e del personale. Compito delicato in un'epoca di contestazione alla conduzione che le religiose avevano dell'opera. Si dava da fare per aiutare anche socialmente ed economicamente le ragazze ospitate, spesso controvoglia, in quella casa. Ogni tanto esclamava: "È più difficile qui che tra i Denka".
Il sogno si realizza
L'occhio, ma soprattutto il cuore di padre Tessitore erano rivolti proprio ai Denka del Sudan meridionale. In quella nazione le cose, da un punto di vista missionario, volgevano al meglio e la speranza di poterci rientrare non era pura illusione. Con costanza e oculatezza cominciò le pratiche che furono lunghe e difficili. Intanto fece una capatina in America per salutare i parenti che erano emigrati e che non vedeva da una vita. "Dei due mesi e mezzo che ho passato qui, solo 20 giorni li ho trascorsi con i miei parenti. Si immagini la sorpresa e la gioia. Mi hanno pure aiutato un po' e spero che mi aiuteranno di più in avvenire" (26 ottobre 1977). Per avere i titoli sufficienti onde entrare in Sudan, padre Tessitore si avvalse dell'aiuto di monsignor Ireneo Dud che faceva pressioni presso il Governo per ottenerne il permesso. Inoltre mise avanti tutti i suoi titoli di merito "naturalmente per far colpo" scrisse lo stesso Padre. E cominciò dalle pagelle delle elementari e su su, fino all'attestato di "medical assistent" e alla specializzazione in lingue indigene. Il Padre Generale (Agostoni) "sperando in Dio" lo assegnò alla regione di Khartoum "per il Sud" dal 1 gennaio 1978. Padre Tessitore approfittò dell'attesa per fare il corso di aggiornamento all'Eur. Verso la fine ebbe un piccolo malessere di cuore. Ma fece finta di niente. Si fece curare zitto zitto, in modo da non compromettere la sua partenza che appariva prossima. Finalmente il permesso arrivò. "Il lungo esilio è finito", esclamò. E il 15 marzo 1979 poté prendere il volo. "La casa di Kuajok è in buone condizioni, ma manca del tutto di mobilia; come pure la cucina e il refettorio abbisognano di tavoli e di sedie. Occorrono pure le stoviglie", gli aveva scritto padre Sina da Khartoum.
Come ai vecchi tempi
A Padre Tessitore parve di sognare quando poté mettere piede sul territorio che aveva calcato per l'ultima volta 16 anni prima. La gente lo accolse con espressioni di gioia dimostrandosi disposta a collaborare come poteva, perché la povertà era grande. Egli si rimboccò le maniche e cominciò "come ai vecchi tempi". Solo che le forze non erano più come ai vecchi tempi. Tuttavia il lavoro si avviò presto e bene. Qui cediamo la penna a padre Mazzolari, suo provinciale in Sudan meridionale: "La sua prima missione, che rimarrà la terra e il popolo per cui spese la sua intera vita missionaria, fu il Bahr El Ghazal, nel Sud Sudan. Si innamorò delle tribù Denka e Jur delle quali imparò le lingue alla perfezione. Si guadagnò il rispetto per la conoscenza di queste lingue dal clero locale e dal vescovo di Wau, che lo mise nel comitato per la traduzione dei libri liturgici in queste due lingue, e ha lasciato molto note antropologiche sulle tribù Denka e Jur. Padre Raffaele godeva dell'affetto del suo popolo e della stima dei grandi nel governo, molti dei quali egli stesso aveva educato. Gli umili dei villaggi lo aspettavano con ansia e venivano da lui alla missione centrale per consiglio, aiuto e assistenza medica. Padre Raffaele fu soprattutto uno zelante missionario, impegnato, senza alcun riguardo per se stesso, al bene altrui. Era instancabile nei suoi viaggi missionari, a piedi o in bicicletta, in moto o con la fuoristrada senza temere pericoli ed ostacoli. Era pure un infermiere qualificato che si prodigava per assistere gli innumerevoli ammalati che venivano da lui o che lui visitava nei villaggi. Tra le sue capacità va rilevata quella di fotografo. Si prodigò in quest'arte, che serviva poi per la propaganda, fino agli ultimi giorni di vita. Fu anche buon cacciatore. Non per divertimento, ma per le necessità della missione e dei confratelli. Il suo ritorno a Kuajok dopo 16 anni di forzato esilio, fu per lui motivo di vera gioia. Fu motivo di gioia anche per il clero e per il vescovo, senza parlare della gente che per anni era rimasta senza pastore, senza padre. Nonostante i 58 anni, cominciò il suo secondo periodo missionario con entusiasmo e slancio giovanili. Le difficoltà erano tante, ma la sua fede e il suo zelo lo resero tenace di fronte a tutto". Nell'aprile del 1984, quando il superiore del Sudan Meridionale si sentì obbligato a chiudere la missione di Kuajok per mancanza di personale missionario, padre Raffaele e padre Polacchini tanto insistettero che si dovette lasciare le cose com'erano. Non solo, ma padre Raffaele si accinse a preparare la casa per le suore comboniane nella speranza che potessero venire per l'autunno dello stesso anno. Nell'ottobre del 1984, padre Raffaele preparò il programma per il Congresso Eucaristico diocesano di Wau, lavorando fianco a fianco con i suoi cristiani. A Congresso ultimato, si trovò molto affaticato, a causa dello strapazzo e di una brutta insolazione presa durante la cerimonia all'aperto. Il disturbo assai persistente gli fece affrettare le vacanze in Italia. Giunse in patria nell'ottobre dello stesso 1984.
Se la va, la va
Dopo un sommario controllo medico, padre Tessitore si diede a preparare tante cose indispensabili per il Sud Sudan, in vista di un veloce ritorno. Scrive padre Contran: "L'ho visto il 25 febbraio 1985 a San Pancrazio. Lo salutai. Mi disse: 'Parto dopo gli Esercizi... se tutto va bene, perché gli imprevisti sono tanti'. Si riferiva soprattutto alla salute, sentiva di non stare bene. Poi aggiunse: 'Ad un certo punto della vita si deve dire: se la va, la va; altrimenti, si va al Creatore"'. Arrivato finalmente alla sua missione all'inizio del maggio 1985, si trovò subito alle prese con grosse difficoltà quali la fame e la guerriglia. Ciò nonostante disse che voleva restare e, se necessario, morire con il suo popolo di Kuajok. Ma gli eventi precipitarono. Il mese seguente, P. Tessitore e P. Pacifico dovettero abbandonare la missione e riparare a Wau. Nell'attesa di poter tornare tra la sua gente, riprese immediatamente il lavoro di traduzione dei libri liturgici. Questo lavoro, infatti, gli stava molto a cuore. Scrivendo a Mons. Mason il 29 luglio 1985, il Padre ringraziò per i quadri ricevuti e poi aggiunse: “Siamo rimasti a Kuajok finché ci è stato possibile. Anche quando tutta la gente fuggì dal bosco o al di là del fiume, noi siamo rimasti al nostro posto . I poliziotti furono presi tutti prigionieri, disarmati e portati dall’altra parte del fiume. Erano 27. I capi pure si ritirarono a Wau, le botteghe svaligiate, la gente depredata. Noi soli restammo e, mattino e sera, davamo il segno della messa e del rosario col suono della campana. A poco a poco, dopo una decina di giorni, il villaggio si ripopolò. Vari cristiani vennero a ringraziarci per essere rimasti al nostro posto e per aver dato quel segno di incoraggiamento che era per loro il suono della campana. Subimmo poi molte vessazioni e spogliazioni. Quando, però, venimmo a sapere per via segreta che stavano per rapirci in vista del riscatto, allora decidemmo di tornare a Wau. Ora ho finito pure l'Anno C. Poi devo ciclostilare il Vangelo di San Marco, e così finisco tutti e quattro i Vangeli. La mia salute per il momento è buona...”
Molti anni…
La salute di Padre Raffaele non era per niente buona, anche se lui s'illudeva che lo fosse. La notte tra il 21 e il 22 agosto fu particolarmente tribolata per forti dolori alle scapole. Egli attribuiva il disturbo ad una corrente d'aria entrata dalla finestra durante il sonno. Alle tre di notte chiamò Padre Pietro Magalasi e si fece fare dei massaggi alla schiena. Alle 6 Padre Pacifico andò a trovarlo. Vedendo che non stava bene chiamò Suor Carmen, l'infermiera, che gli controllò la pressione. Era ottima (150 90). Solo il polso presentava qualche irregolarità. La suora gli somministrò un po' di Digoxina lasciando che il Padre riposasse. Di tanto in tanto i confratelli andavano a vederlo. Sembrava che si fosse ripreso, tanto che con Suor Carmen scambiò alcune battute in spagnolo. Verso mezzogiorno, però, ci fu un improvviso peggioramento seguito dal decesso. Padre Pacifico gli fu vicino e gli amministrò tutti i sacramenti che il Padre aveva chiesti, sentendosi venir meno. Il dottore disse che si era trattato di infarto, che il Padre aveva creduto un forte reumatismo. “L'ho conosciuto solo alla fine di marzo del 1984, quando sono andato a Kuajok per fare comunità con lui - scrive Padre Pacifico - della sua vita passata ricordo un particolare che mi ha raccontato. Da studente, volevano mandarlo a casa perché malato di cuore. Ad un certo punto il suo superiore lo condusse da Don Calabria, e chiese a quell'uomo di Dio che cosa sarebbe stato di quel ragazzo. Don Calabria rispose: 'Vada avanti e diventerà missionario. Lavorerà molti anni. Non posso dire quanti, ma tanti”. Un confratello mi dice di aggiungere anche questo: Padre Raffaele è stato uno di quelli che hanno identificato il carisma comboniano con il lavoro in Sudan, terra del Comboni, e che sentono dentro la stessa carica tipica di Comboni: o Nigrizia o morte. Padre Tessitore, come tutti quelli che lavorano attualmente nella zona di Wau (eccetto uno) sono missionari già espulsi e che hanno desiderato di tornare proprio perché: 'o Nigrizia o morte'”. Padre Polacchini afferma: “Con lui in comunità si stava bene. Non lo dimenticherò mai”. Poi, considerando che il Padre è stato sepolto nel cimitero di Wau, lo stesso confratello aggiunge: “II cimitero di Wau è per noi comboniani un santuario. Per numero di tombe di comboniani ed il secondo solo dopo quello di Verona”. E padre Mazzolari, provinciale, conclude: “Un missionario instancabile e pieno dello zelo intrepido del Comboni, padre Raffaele era innamorato della Congregazione e dei suoi confratelli tra cui era sempre un felice, entusiasta ed erudito stimolatore di conversazione e di allegria. Amava affettuosamente tutti e godeva della loro stima. La sua improvvisa morte ha suscitato il rimpianto di tutti, del suo popolo africano e dei suoi compaesani che lo avevano appena visto ripartire e che lo consideravano un santo missionario. Per il nostro Istituto padre Tessitore fu un membro dalla tempra profondamente comboniana, un missionario singolare per le sue tante doti umane e spirituali, un simbolo ed un ideale del nostro carisma vissuto fino all'ultimo respiro, nel silenzio e nella dedizione umile e totale”. Siamo sicuri che dal Cielo padre Tessitore intercederà per il Sudan che sta attraversando un periodo di durissima prova, ed otterrà forza e coraggio per i cristiani e per i confratelli che affrontano ogni giorno pericoli di ogni genere. P. Lorenzo Gaiga
Da Mccj Bulletin n. 148, gennaio 1986, pp. 57-63