In Pace Christi

Ventrella Giuseppe

Ventrella Giuseppe
Data di nascita : 27/07/1926
Luogo di nascita : Putignano BA/I
Voti temporanei : 28/08/1952
Voti perpetui : 09/09/1955
Data ordinazione : 26/05/1956
Data decesso : 04/12/1988
Luogo decesso : Chipata/Z

"O sacerdote di Cristo, o morte". Con questa frase scritta in stampatello Giuseppe Ventrella iniziava la prima lettera indirizzata a p. Leonzio Bano. Era il 23 aprile 1950. Giuseppe aveva 24 anni.

Il papà faceva l'orologiaio, la mamma - Giotta Maria - era casalinga, l'unica sorella esercitava il mestiere di sarta. Dopo le elementari al paese, Giuseppe e la sua famiglia lasciarono Putignano per trasferirsi a Bari in cerca di un lavoro più redditizio.

Dal 1938 al 1941 Giuseppe frequentò la Sessione Nautica della Scuola Professionale Marittima di Bari, che gli poteva offrire un avvenire sicuro.

Nel 1942 le incursioni aeree sul capoluogo pugliese consigliarono i Ventrella a lasciare la città per trovare un posto più sicuro nella nativa Putignano. Il cambiamento di abitazione costò un duro prezzo: la famiglia si trovò immediatamente nell'indigenza più nera. A Giuseppe non restò che dare una mano al padre nella modesta bottega di orologiaio... a quei tempi, però, gli orologi erano pochi.

Nel 1948, a guerra ormai finita, la famiglia poté far ritorno a Bari, trovando alloggio in una modesta casetta.

Da solo, e a prezzo di enormi sacrifici, Giuseppe intraprese gli studi liceali come autodidatta. Ma dovette interrompere più volte i corsi per lavorare. "Sono stato promosso alla IV nel liceo scientifico di Bari nell'anno scolastico 1947-1948; ora, (1950), da solo, sto preparandomi per sostenere la maturità scientifica. Quando nel 1946, con la licenza dell'Avviamento, ripresi gli studi, lo feci per diventare sacerdote".

Nel 1947 andò alla visita militare e fu fatto abile al servizio militare nella Marina, però gli venne rilasciato il congedo illimitato provvisorio, fino, cioè, alla chiamata alle armi (che non venne mai).

"Non ho mai svelato ad alcuno - scrive in un'altra lettera a p. Bano - neanche al mio confessore, la risoluzione di diventare sacerdote anche se, vedendomi con la barba e dedito ai giovani della parrocchia, il mio parroco mi diceva: 'Tu ti dovresti fare missionario'. Non sapeva che io pensavo la stessa cosa. O Padre non si preoccupi per gli anni che ho davanti per diventare sacerdote; tutti li farò, siano essi molti e molti.

O Padre, faccia tutto il necessario e il possibile per farmi entrare al più presto in Congregazione".

Un incontro fortunato

Giuseppe inizialmente aveva l'intenzione di diventare sacerdote. Colui che gli prospettò la vocazione missionaria fu p. Bernardo Sartori che in quel periodo era in Italia per le vacanze. Egli, andando a far visita agli amici di Troia e delle Puglie, giunse a Putignano. Qui incontrò il giovanotto bello e pronto da inviare in noviziato. P. Bernardo, come sappiamo, era un promotore vocazionale di prima qualità. Dovunque andasse, sua principale preoccupazione era quella di cercare nuove vocazioni. Aveva buon naso in questo, aiutato, naturalmente, da quella carica di amor per Dio, per la Madonna e per le anime, che si portava dentro.

Un altro missionario che aiutò moltissimo Ventrella fu p. Bianchi Eugenio, animatore a Troia. Anch'egli andò a trovare il giovane e lo incoraggiò, lo sostenne nelle difficoltà e si tenne in contatto con lui.

Per Ventrella, però, le tribolazioni non erano finite. P. Bano, infatti, non era sicuro della sua vocazione. Pensava che si trattasse di un'evasione dalla vita dura che conduceva o che non fosse moralmente preparato. "Nessuno, reverendo padre, può, nelle mie condizioni, rimproverarmi di lasciare il mondo perché non me la sento di affrontare le prove della vita. Le affronto quotidianamente e sono delle più dure, ma le accetto con spirito di sacrificio. In questo periodo mi trovo a Putignano da solo e, per esigenze economiche, cucino, faccio pulizia nella mia stanza, lavoro, studio e questo senza lamentarmi mai, anzi prendo la situazione con gioia in quanto mi pare di essere in Africa. Se dovessi uscire dall'Istituto, come lei pensa, avrei sempre il mio mestiere: l'orologiaio. Infatti anche durante lo studio l'ho esercitato per alleviare le spese dei libri. Non ho mai fumato una sigaretta e sono andato al cinema solo due volte in un anno. Ho un vizio, se così si può chiamare, mi esercito a suonare l'organo, ma lo faccio per accompagnare, un domani, le funzioni liturgiche.

Verso i 18 anni ho avuto anche la fidanzata. Dopo un po', senza averle fatto niente di male, la lasciai perché non appagava quel mio desiderio interno di felicità che poi ho trovato in Gesù Cristo.

Dal 1944 frequento la chiesa quotidianamente e il parroco mi ha affidato la presidenza della G.I.A.C. Riesco a dominare gli istinti della carne fustigando il mio corpo. Ho scelto Putignano apposta per essere lontano dalle tentazioni della città. Voglio farmi sacerdote-missionario, ma sacerdote santo.

                Ora la mia vita non mi appartiene più. L'ho affidata alla Madonna perché faccia della mia esistenza ciò che piace a lei".

Delusione

Alla sessione di luglio Giuseppe fu rimandato in latino, francese e ginnastica. "Devo ammette che studiare senza l'aiuto di un professore, è molto difficile, specie per il latino. In questi mesi ci darò dentro in modo da essere promosso in ottobre".

Poi c'era il problema della famiglia. "I miei non sanno niente delle mie decisioni. Se vengono a sapere che voglio farmi missionario, probabilmente non mi permettono di studiare. Poi ho il problema dei soldi per il viaggio (occorrono circa 10.000 lire) e della biancheria. La cosa è seria. Io sto pregando il Signore perché, se non posso diventare missionario, accolga la mia anima prima del tempo, come offerta e sacrificio volontario. E' necessario che si porti la croce se si vuole essere fratelli di Cristo. Io studierò durante le vacanze e cercherò di aggiustare orologi per mettere da parte i soldi del viaggio. Le ripeto ancora: 'O sacerdote o morte'. La mia vita è per l'Africa. Riguardo a quanto mi ha chiesto, le assicuro, Padre, che vivo puro in pensieri, parole e opere. Ogni giorno recito fedelmente l'Ufficio della Madonna".

Voglio diventare santo

Dopo qualche mese, Giuseppe annuncia con gioia che è riuscito a mettere da parte 6.000 lire, e che il parroco è contento e dispiaciuto insieme per la sua decisione di farsi missionario. E' dispiaciuto perché parte il presidente dell'Azione Cattolica; è contento perché la Chiesa avrà un missionario in più.

Quanto all'entrata nell'imminenza degli esercizi spirituali che avrebbero dato inizio al noviziato (supposto che fosse promosso a ottobre), aggiunge: "Bisogna ficcarselo in testa che lo stato religioso è il luogo della perenne preghiera, del perenne sacrificio, della perenne meditazione e della perenne mortificazione. Solo così si può diventare santi. E io voglio diventarlo. Le dico francamente che, con l'aiuto di Dio e della Vergine Santissima, supererò ogni prova fino al sacrificio supremo della vita. Tutto ciò, o Padre, per portare Cristo in quelle terre desolate dell'Africa e per farlo amare da tutte le genti. A riguardo della bella virtù ho detto: 'Puro fino alla morte'. Mi pare di aver perso questi 24 anni perché non li ho utilizzati per il servizio di Dio. L'Africa riparerà, l'Africa sarà la terra dove espierò le mie colpe".

Missionario

Poco prima degli esami di riparazione, Giuseppe mise al corrente i familiari del suo desiderio di farsi missionario. Il papà accolse la notizia con indifferenza. Poi commentò: "Mi aspettavo qualche cosa del genere. Sei sempre in mezzo ai preti!". La mamma versò qualche lacrima e la sorella si affrettò a mettere insieme un modestissimo corredo, il puro indispensabile.

Gli esami andarono bene, così, il 15 ottobre 1950, Giuseppe Ventrella metteva il punto a mesi e anni di sofferenze e trepidazioni entrando nel noviziato di Gozzano (NO). Portava con sé i documenti e le lettere dei parroci di Putignano e della sua parrocchia di Bari. I giudizi sul suo conto erano di questo tono: "Del giovane Giuseppe Ventrella io sono molto contento di come svolge la sua attività nel campo dell'Azione Cattolica in qualità di Presidente. Di condotta irreprensibile sotto ogni aspetto, lavoratore indefesso nel campo dell'apostolato, dà tutte le garanzie per poter entrare nella loro Congregazione. Fra le altre cose è fornito anche di una bella barbetta, e quindi anche dall'esterno possiamo giudicarlo un futuro missionario... Vive da un anno sempre a Putignano, solo in casa, per ragioni di studio che compie da sè, mentre la famiglia risiede a Bari".

Il 13 novembre fece la vestizione e affrontò il noviziato con tutto l'impegno possibile. Alla fine, scrisse: "Mosso dal desiderio della mia perfezione, per rendere sempre più gloria, onore e riparazione al Sacratissimo Cuore di Gesù, appoggiandomi sui meriti della Passione di Cristo, spinto dall'amore che mi lega alla Madonna santa, arso dal desiderio di consacrarmi totalmente alla conversione degli infedeli, risoluto a vivere tutte le regole, anche minime, della Congregazione, faccio domanda di essere ammesso ai santi Voti ed inoltre continuare gli studi fino al sacerdozio per divenire sacerdote e così più simile a nostro Signore".

Si firmò: Fr. Giuseppe Ventrella "Africae oratio et holocaustum".

I primi Voti ebbero luogo il 28 agosto 1952. Per gli anni seguenti chiese, e ottenne, di far coincidere la rinnovazione dei Voti con la festa dell'Assunta, 15 agosto. I Voti perpetui ebbero luogo a Venegono Superiore il 9 settembre 1955 e l'ordinazione sacerdotale il 26 maggio 1956, nel Duomo di Milano.

P. Ventrella, piuttosto taciturno, di squisita carità con i confratelli, di temperamento solido e dalla volontà adamantina, aveva raggiunto il suo scopo: essere sacerdote. Ora doveva realizzare la sua vocazione missionaria partendo per l'Africa al più presto.

Ingegnere

Niente Africa. Dato che nel suo curriculum di studi aveva dimostrato eccezionali doti di intelligenza e di cocciutaggine (santa cocciutaggine), i superiori decisero di inviarlo a Brescia e a Rebbio (1956-1959) come insegnante dei futuri missionari. Poi lo fecero iscrivere alla facoltà di Ingegneria presso il Politecnico di Milano (1959-1963).

Il 9 marzo di quel 1963 conseguì la laurea in Ingegneria civile (sezione edile). Immediatamente partì per Roma dove c'era da costruire la Curia generalizia in via Luigi Lilio. Vi lavorò fino al 1968. Passò 6 mesi a Londra per imparare l'inglese e poi si trasferì in Portogallo: a Lisbona i Comboniani dovevano costruire la loro sede. Vi rimase fino al 1970.

L'opera di p. Ventrella arrivò più lontana di lui. Portiamo solo un esempio: il santuario della Madonna Madre della Chiesa di Arivu, in Uganda, voluto da p. Sartori, fu progettato da p. Giuseppe. Eseguì quel lavoro con un amore tutto particolare, sia perché voleva un gran bene alla Madre di Dio, sia perché si trattava di accontentare p. Sartori che considerava come il padre della sua vocazione missionaria.

Finalmente in missione

P. Ventrella aveva 44 anni. Desiderava tanto andare in Africa. I superiori lo accontentarono mandandolo in Mozambico. Fu ad Anchilo e a Nacaroa sempre con la corda metrica e gran fasci di carte in mano per curare le costruzioni di cui le missioni avevano bisogno.

Egli, tuttavia, non voleva essere semplicemente un tecnico, desiderava fare il missionario nel senso più tradizionale della parola. La vecchia passione per il catechismo non lo abbandonò mai per cui trovava sempre tempo per spiegare la Parola di Dio a tutti ma, principalmente, ai piccoli e agli anziani che lo prediligevano per la sua semplicità e umiltà.

P. Ventrella era uomo di obbedienza. Quando i superiori lo invitarono a cambiare continente per trasferirsi in Brasile, non batté ciglio. Dal primo gennaio 1975 fu assegnato a Balsas, Brasile. Si iscrisse all'Instituto Superior de Pastoral Catequetica nell'Arcidiocesi di Salvador, conseguendone il diploma. Quindi mise a frutto ciò che aveva imparato dedicandosi al ministero.

Ma sembrava che per p. Giuseppe il tempo di studiare non finisse mai. Nel 1977 frequentò il corso  di indigenismo a Belém do Parà. A Urucuì, a Presidente Medici e a Santa Teresa poté dedicarsi esclusivamente all'apostolato.

Dal 1980 al 1981 lo troviamo ancora a Londra come studente. Doveva approfondire la lingua inglese per potersi recare in Malawi e Zambia dove era richiesto dal vescovo di Chipata per le opere diocesane.

P. Ventrella non perse tempo: insieme all'inglese cominciò ad apprendere le lingue dei popoli dove si sarebbe recato. "Con il mio poco inglese, ma con una buona dose di buona volontà, sono pronto a servire i fratelli africani della Zambia con l'aiuto di Maria".

Dal primo giugno 1980 fu destinato alla Delegazione del Malawi. Lavorò assiduamente, senza risparmiarsi, anche se qualche disturbo fisico di tanto in tanto si affacciava a ricordargli che non era più un giovanotto e che bisognava scalare qualche marcia.

Chiamata quasi improvvisa

Domenica 27 novembre, prima di Avvento, p. Ventrella si trovava a Chadiza insieme al provinciale, p. Casagrande, a p. Wilkinson e al vescovo di Chipata per la consegna della parrocchia alla diocesi.

Alla fine della messa p. Ventrella espresse il suo ringraziamento alla gente per la cooperazione data ai comboniani nell'ultimo periodo di presenza in parrocchia. Il pomeriggio dello stesso giorno caricò sulla macchina le sue poche cose e si trasferì a St. Mathias Mulumba, mentre p. Wilkinson rimase a Chadiza per espletare le ultime formalità della consegna.

Alla sera di quella domenica p. Ventrella cominciò ad accusare un'estrema stanchezza, ma senza particolari dolori. Si mise a letto dopo aver preso pochissimo cibo.

Il mattino seguente, lunedì 28, era più riposato, ma ancora stanco. La stanchezza si protrasse per tutto martedì, tuttavia sempre senza dolori. Il giorno 30, sentendosi meglio, si alzò per qualche ora. I confratelli, incoraggiati dal miglioramento, uscirono per ministero.

Al mattino del primo dicembre, sentendosi venir meno, disse al ragazzo di casa di chiamare le suore del vicino ospedaletto di Kalicero. Diceva di sentire un forte peso sul cuore. Fortuna volle che il fratello monfortano dell'ospedale di Kalicero passasse di là. Constatando le brutte condizioni del Padre, lo portò immediatamente all'ospedale. La situazione precipitò.. Oltre all'infarto che era già avvenuto, anche i reni non funzionavano bene. P. Giuseppe aveva un calcolo, da anni, e non aveva mai voluto farsi operare per timore di complicazioni.

Immediatamente venne trasferito all'ospedale di Katete, meglio attrezzato. Era giovedì sera. I medici intervennero subito con cure intensive, sperando di arrestare il crollo.

Sabato, 3 dicembre, verso le 11 del mattino, p. Giuseppe ebbe un'altra crisi cardiaca ed entrò in uno stato di coma e delirio. Alle 13 e 30 ricevette i sacramenti. Durante il rito riprese lucidità così da accompagnare la cerimonia pregando e offrendo la sua vita per la Congregazione e per le missioni.

P. Wilkinson lo vegliò durante la notte, una notte particolarmente tribolata. Domenica mattina, in seguito a un'ulteriore attacco cardiaco, il malato spirava. Attorno al suo letto si erano radunati i confratelli presenti in missione.

Martedì 6 dicembre, pomeriggio, la salma fu trasportata alla missione di Minga dove c'è il cimitero dei missionari. Il vescovo di Chipata presiedette l'eucaristia. Durante la notte si protrasse la veglia con canti e preghiere consentendo, così, ai cristiani di Vubwi e Chadiza, le due missioni dove il Padre aveva svolto la sua opera apostolica, di intervenire.

Mercoledì 7 dicembre, alle ore 10 ebbe luogo la solenne messa di suffragio presieduta ancora dal vescovo e partecipata dai confratelli e da 50 sacerdoti con una folla numerosissima di fedeli.

Il vescovo ha presentato p. Giuseppe come l'uomo saggio, di poche parole e dal pensiero profondo, capace di dare il giusto peso ai fatti e alle parole. L'uomo animato dall'anelito di andare sempre verso popolazioni e luoghi dove c'era da annunciare il vangelo. L'uomo dallo spirito sempre giovane.

Veramente p. Ventrella è stato un missionario profondamente identificato con la sua vocazione apostolica e con lo spirito del Comboni. Tra i suoi scritti ci sono numerosi appunti sui confratelli pugliesi (dei quali voleva scrivere una piccola storia), sul Fondatore e sulla vita dell'Istituto.

Anche se all'aspetto appariva un conservatore, di fronte alle novità, quelle buone, era sempre il primo a mettersi in riga e a valorizzarle. La sua preghiera - a detta dei confratelli - sconfinava nella contemplazione.

Quanto ai suoi rapporti con gli altri missionari, con i sacerdoti locali e con la gente è stato definito: "Esperto in umanità". E' stato per tutti un esempio di povertà e di mitezza evangelica.

Che dal cielo susciti tante vocazioni missionarie e dia una valida mano a quei giovani che trovano particolari difficoltà nel loro cammino verso il sacerdozio-missionario, proprio come è avvenuto a lui.                     P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 163, luglio 1989, pp.60-65