In Pace Christi

Miglioranzi Guglielmo

Miglioranzi Guglielmo
Data di nascita : 02/06/1923
Luogo di nascita : Pavone Mella/I
Voti temporanei : 15/08/1944
Voti perpetui : 23/09/1949
Data ordinazione : 03/06/1950
Data decesso : 24/11/1995
Luogo decesso : Verona/I

Per delineare la personalità di p. Miglioranzi, comunemente conosciuto come p. Miglio, bisogna aver visto i filmati che documentano qualche aspetto della sua vita di missione.

Miglio era il missionario che volava, volava sempre, non solo perché aveva conseguito il brevetto di pilota in Spagna e poi anche in Italia, ma perché quando era a bordo della sua Cagiva, in Africa, superava gli ostacoli alzandosi da terra di un paio di metri con la destrezza del più consumato motocrossista del mondo.

Volava anche quando, a bordo delle snelle canoe sui fiumi dell'Ecuador, faceva degli sghiribizzi a pelo d'acqua da mozzafiato. La prua alzata verso il cielo quasi a perpendicolo sull'acqua, la poppa che sfiorava appena appena l'onda, creavano uno spettacolo da "il pericolo è il mio mestiere". Intanto il motore, afferrato poderosamente dalla robusta mano del pilota (mentre con l'altra si teneva ancorato allo scafo) gemeva, anzi urlava nello sforzo di far girare l'elica a tutto regime.

"Io scrivevo ciò che volevo sull'acqua", disse compiaciuto dopo aver fatto ammirare le sue imprese ai confratelli del Corso.

"Ma a che cosa ti è servito tutto questo?", obiettò uno.

"Se tutti si domandassero a che serve, nessuno farebbe più niente nella vita, e sai come sarebbe monotono il mondo! A me, però, queste esibizioni servivano per attirare la gente, specie i ragazzi, alla missione, e come mi ascoltavano!".

Un ragazzo senza dubbi

Figlio di Ferdinando e di Bonato Angela, insieme a p. Sorio e a qualche altro che poi uscì durante il periodo di formazione, il piccolo Guglielmo lasciò San Massimo nel 1936 per iniziare a Padova la prima media.

In paese era famoso per la sua vivacità, per le iniziativa che sfornava a getto continuo, per l'allegria che comunicava ai compagni e per le sue scoperte. La maestra elementare gli pronosticò che sarebbe diventato un inventore di chissà quale diavoleria, perché al suo genio si abbinava un notevole grado di intelligenza.

Tanto era esuberante quanto spericolato. La sua sfida più comune era quella di attaccarsi dietro alle filovie e ai camion per fare un giretto fino a Verona (il suo paese è alla periferia della città). Nelle gare di gioco difficilmente arrivava secondo; terzo mai, perché batteva tutti.

I missionari di Verona andavano spesso a San Massimo per ministero e, logicamente, parlavano ai ragazzi di missione, di avventure africane, di caccia grossa, di navigazione sul Nilo o su altri fiumi africani minori, in confronto dei quali l'Adige era un rigagnolo, con la canoa o col battello a vapore. E poi schiere a non finire di moretti che chiedevano il battesimo e volevano che qualcuno spiegasse loro il Vangelo.

Miglioranzi, che era un ragazzo generosissimo - lo afferma il suo parroco - non poté sottrarsi al fascino di quella vita che sembrava fatta proprio per lui. E, a quanto è dato di sapere, ha superato tutto il periodo di formazione senza mai mettere in dubbio la sua scelta.

A Padova, e anche a Brescia, fu sempre uno dei migliori della classe quanto a note scolastiche, e anche come condotta. Pur nella sua vivacità ebbe sempre un bel 10 in condotta. Guglielmo si impegnava, anche se non considerava lo studio come un idolo, e teneva allegra la brigata. Insomma tutti gli volevano bene e i superiori lo apprezzavano.

Durante le vacanze assisteva tutti i giorni alla santa messa e si comunicava, animando i chierichetti e frequentando i compagni migliori ai quali cercava di comunicare il suo entusiasmo missionario.

"Mi pare che vada guadagnando ogni anno - scrisse il parroco - e che ogni anno dia più affidamento di buona riuscita. Forse poterebbe fare di più negli studi". Eppure sulla pagella i voti più bassi erano due 7, il resto tutto 8 e 10.

Lima e scalpello

Il 14 agosto 1942, in piena guerra mondiale, Guglielmo lasciò la scuola apostolica di Brescia per entrare in noviziato.

P. Antonio Todesco lo squadrò ben bene e poi cominciò a lavorarlo con lima e scalpello. Pur essendo un tipo generoso, cordiale, e amante della preghiera, Miglioranzi era "dissipato, leggero, irriflessivo", quindi doveva modificarsi molto se voleva diventare un buon missionario.

Dopo due anni di lavoro della grazia di Dio, del p. Maestro e di Miglioranzi stesso, il superiore scrisse di lui: "Dopo aver constatato i suoi punti deboli, si è messo di impegno e generosità. Il progresso è buono ed è migliorato su tutto. Avrà sempre bisogno di essere di tanto in tanto scosso con qualche buona spinta. Ama le Regole ed è attaccato alla vocazione. Può essere ammesso ai Voti".

Il 15 agosto 1944, solennità della Madonna Assunta, Guglielmo fece la prima professione religiosa. Poi, essendo la Casa Madre ancora occupata dai tedeschi e in zona di pericolo, si fermò a Venegono per proseguire il liceo.

Alla rinnovazione dei Voti nel 1945 il superiore scrisse: "Laborioso, attivo, intraprendente con un contorno di un po' di rozzezza e superficialità, sgobba volentieri ed è obbediente, ma ha bisogno di essere limato".

Poi Miglioranzi passò a Rebbio (1945-1947) per terminare il liceo e iniziare la teologia, quindi passò a Verona (1947-1948) per la teologia che terminò a Venegono nel 1950 dove nel frattempo era stato trasferito lo scolasticato teologico.

Venne ordinato sacerdote a Milano dal beato Schuster, cardinale della metropoli lombarda, il 03 giugno 1950.

P. Capovilla, nell'esame per gli ordini, aveva scritto: "Diligente, pietà buona e costumi sempre illibati; abbastanza criterio, docile, salute buona. I superiori precedenti ne diedero sempre buone informazioni".

Messico ed Ecuador

Erano arrivati da poco i Comboniani in Messico quando, l'8 marzo 1951, vi giunse p. Miglioranzi. Venne destinato a Santiago, nella circoscrizione della Bassa California, come addetto al ministero.

"Quando arrivò in missione - scrisse p. Ruggera nel 1952 - era stanco, esaurito e anche un po' ammalato. Queste cose aggiunte al clima Californiano, gli tagliarono le gambe per cui perse quell'entusiasmo che normalmente caratterizza i novellini".

P. Sassella, meno pessimista, aggiunse: "Sta già meglio rispetto a quando è arrivato e già comincia ad ambientarsi nel suo lavoro. Quanto al suo carattere un po' originale, dobbiamo tener presente che è ancora in formazione".

Fin dai primissimi anni di vita missionaria, p. Miglioranzi cominciò a passare da una missione all'altra, e ciò costituirà la croce di tutta la sua vita. Fu a S. Ignazio, a S. Luigi, a Santa Rosalia con l'incarico di coadiutore e di economo. Ovunque dimostrò la generosità di cuore che lo ha caratterizzato fino all'ultimo giorno della sua vita. Quando si trattava di aiutare un confratello in difficoltà si faceva in quattro e non badava alla sua salute. Fin dall'inizio della sua permanenza in Bassa California soffrì di dissenteria e di una fastidiosa ciste che gli impediva quel normale svolgimento della vita comunitaria; ciò richiedeva un po' di pazienza da parte dei confratelli.

In generale la gente andava d'accordo con lui, lo stimava e gli voleva bene perché era sempre disponibile alle loro giuste esigenze.

P. Gino Sterza scrisse: "Il Padre ha delle bellissime qualità di mente e di cuore, però non sempre le sa usare. Dovrebbe credere un po' di più all'esperienza degli altri. Avrebbe bisogno di un confratello che gli fosse vicino e che lo aiutasse specialmente nei suoi momenti di scoraggiamento".

P. Patroni, correggendo il tiro, annotò: "E' fedele ai suoi doveri religiosi e riservato nel trattare con la gente. Come lingue conosce abbastanza bene l'inglese e molto bene lo spagnolo per cui gli è molto facilitato il contatto con i fedeli con i quali si intrattiene volentieri catechizzandoli".

O prigione o espulsione

La sua carriera in Messico terminò tra l'umoristico e il tragico. Le leggi messicane, che si ispirano ancora alla persecuzione contro la Chiesa, impedivano al sacerdote di presentarsi in pubblico con la veste talare. P. Miglioranzi volle sfidarle. Gli andò male, ma male sul serio. Il dilemma era semplice: o la prigione o l'espulsione. Si optò per la seconda e p. Miglioranzi andò a finire in Ecuador dove rimase dal 1956 al 1960 con l'incarico di parroco della parrocchia di Muisne di cui, in pratica, fu l'iniziatore e il fondatore della scuola. E' questo il tempo delle grande scorribande con la canoa sui fiumi e delle mille iniziative per attirare la gente in chiesa.

Anche questo periodo terminò con un fatto questa volta solamente comico. Il Padre, provato nel sistema nervoso e indebolito dal clima umido e caldo, passava molte notti in bianco. Per di più alcune mucche che giravano attorno alla missione lo rallegravano con i loro muggiti. Una notte, non potendone più, balzò dal letto, afferrò un coltello da cucina, uscì di corsa e prese per la coda la prima mucca che gli capitò a tiro, e le troncò di netto quell'estrema propaggine posteriore.

Alla mattina la povera bestia era morta dissanguata e giaceva in un lago di sangue. Non solo il Padre dovette pagarla al legittimo proprietario ma, considerando soprattutto la sua salute, i superiori credettero bene di mandarlo in Europa.

Economo a Trento con puntata in Ecuador

Per tre anni, dal 1960 al 1963, p. Miglioranzi fu economo nel seminario comboniano di Trento. Non solo doveva amministrare i pochi soldi che c'erano, ma doveva trovarne in continuazione per il mantenimento dei seminaristi che, a quei tempi, erano ancora un bel numero.

Il Padre cominciò a percorrere le valli del Trentino, visitando le parrocchie e cercando benefattori. L'accoglienza da parte dei parroci era ottima perché sapeva parlare bene e faceva vivere la missione. Ogni tanto, tuttavia, nella predicazione faceva qualche volo pindarico che lasciava di sasso gli ascoltatori. Era così p. Miglioranzi: immediato, imprevedibile, estroso, col desiderio di concentrare in poco spazio un'infinità di esperienze per cui, qualche volta, la logica di chi cercava di seguirlo ne soffriva un po'. Ma avanti sempre! E i parroci cominciarono a chiedere al superiore se non c'era qualche altro per il ministero.

Il periodo di Trento giovò alla sua salute per cui chiese di ritornare nuovamente in Ecuador dove, tutto sommato, si era trovato bene e aveva fatto del bene.

Per due anni, 1963-1965, fu parroco a Quinindè. Si buttò nel lavoro con il suo solito dinamismo, non stando mai fermo, saltando da una parte all'altra allo scopo di incontrare la sua gente che amava e dalla quale era sinceramente riamato. Il rapporto umano era fondamentale per lui.

Un giorno un confratello gli chiese con che cosa facesse colazione. Ed egli prontamente: "Con mezzo etto di dinamite". E l'altro: "Con mezzo chilo, vuoi dire".

Una vita così, mangiando quando poteva e come poteva, cominciò di nuovo a incidere sulla sua salute per cui, anche se a malincuore, dovette tornare in Europa.

Aviatore

Dal 1966 al 1971 fu a Corella, in Spagna, come economo della casa. Possedendo bene la lingua spagnola poté sbizzarrirsi con la gente e con i parroci presso i quali si recava per predicare giornate missionarie e fare animazione missionaria.

La sua esperienza di missione gli aveva insegnato che sarebbe stato utile ai missionari pilotare "qualche areoplanino" per spostarsi in fretta da un posto all'altro evitando le interminabile piste di sabbia della Bassa California o l'interminabile corso dei fiumi dell'Ecuador.

Si iscrisse al corso e, in breve tempo, conseguì il brevetto. Spericolato com'era non gli tremavano certamente i polsi a lanciarsi contro le nubi.

Dal 1972 al 1973 lo troviamo in Inghilterra a perfezionarsi in inglese. Scrisse al p. generale (Agostoni) per giustificare una permanenza più lunga del previsto: "La lingua internazionale per l'aviazione, segnali e comandi compresi, sono in lingua inglese, perciò devo impararlo bene. Vuol dire che se non mi servirà per pilotare, mi servirà per parlare e per insegnare".

Pittore

Rientrato in Italia, si rese conto che il brevetto spagnolo non era riconosciuto. Allora volle prendere anche quello italiano che aveva valore internazionale.

Per frequentare l'avioscuola di Boscomantico, vicino a Verona, occorrevano i soldi e nessuno glieli voleva dare, giudicando quel brevetto inutile per un missionario. Proprio in quel periodo, inoltre, si erano ammazzati due missionari della Consolata che pilotavano quel mezzo di trasporto in Kenya.

P. Miglioranzi non si perse d'animo e subito il suo ingegno ne escogitò una delle sue. Andò in falegnameria, prese alcuni pezzi di compensato e di faesite che il falegname aveva scartato, si procurò pennello e colori e cominciò a copiare cartoline illustrate ricavandone dei quadri che andava a vendere sul Ponte Nuovo, in centro Verona.

Incredibile: i suoi quadri andavano a ruba. Egli si accontentava di 20.000 al pezzo, così, pagate le spese dei colori, gli restavano 16.000 lire per una avioguida.

Una mattina chiese allo scrivente di portarlo con l'auto a Boscomantico. "Se mi fai questo piacere ti faccio il regalo di portarti con me in aeroplano. Ormai guido da solo e c'è il posto dell'istruttore".

"Buona idea, così provo anch'io l'ebbrezza del volo".

Giunti a Boscomantico, l'istruttore disse: "Questa mattina niente guida, perché la rugiada di questa notte ha scaricato le batterie degli aerei".

"E cosa importa, basta metterlo in moto dando un colpo all'elica come si faceva una volta".

"E se quando è per aria le muore il motore, come fa a dare un altro colpo d'elica?".

"Quando si è per aria, si viene giù comunque".

"Se a lei va bene - commentò l'istruttore - faccia pure". A questo punto colui che lo aveva accompagnato disse:

"Io rinuncio all'ebbrezza del volo".

"Non ti sforzo", tagliò corto p. Miglioranzi. Si avvicinò all'aereo, lo mise in moto come aveva detto, vi salì e partì leggero come una piuma sparendo lungo la valle dell'Adige.

Poco dopo l'areoplano riapparve e, dopo alcune acrobazie sul campo, planò con una leggerezza e una precisione tali da non accorgersi quando le ruote toccarono terra.

"Lo sa che quel suo confratello è un genio? Per questo gli ho permesso di partire", disse l'istruttore al Padre che era rimasto a terra.

L'ora della prova

Ormai lo abbiamo capito: p. Miglioranzi era un uomo un po' particolare, estroso, pieno di iniziative non sempre condivise dai membri della comunità in cui si trovava. E ciò lo isolava dal contesto dei confratelli. Lui ne soffriva. Ben a ragione un suo formatore aveva scritto: "Avrà sempre bisogno di un confratello che gli sia vicino". Ma non era una cosa facile seguire il Padre e "stargli vicino" nei suoi continui spostamenti e soprattutto nelle sue iniziative. Per cui, quest'uomo che non conobbe dubbi nella sua formazione, cominciò a dubitare seriamente sul modo di portare avanti la sua vita di religioso, legata a una comunità e a delle regole, senza mai tuttavia mettere in discussione il suo sacerdozio al quale era legatissimo.

In una lettera al p. generale scrisse: "Mi hanno stroncato in tante iniziative, senza motivi particolari, per cui ho perso la voglia di volere qualcosa di preciso".

Naturalmente bisogna anche vedere quali erano le iniziative di p. Guglielmo. Ciò non toglie che lui soffrisse enormemente tanto che, in un'altra lettera del 1972, scritta dall'Inghilterra, ebbe a dire: "La mia accoglienza da parte delle comunità è problematica per cui credo che per diverse circostanze in Congregazione non riuscirò a lavorare con l'impegno e la serenità di prima. La morte di mons. Barbisotti, che mi voleva bene, è stato un trauma per me. Data la situazione che trovai in Italia, nelle nostre case, capisco che io non concluderei nulla, per cui mi sembra meglio inserirmi in una diocesi di Spagna o d'Italia. Se esco, esco senza rancore e con molta sofferenza e pena e con tutte le mie responsabilità. Da tempo tengo dentro di me questo. Forse non ho abbastanza umiltà e mi manca il coraggio e la capacità di decidere".

In Africa

P. Agostoni, generale, e p. Marchetti, provinciale d'Uganda, gli aprirono il cuore e le braccia. Scrisse quest'ultimo: "Con tanto piacere ti auguro di trovarti presto in missione dove ti aspetto per mandarti, se sei d'accordo, nel Kenya. Potresti andare a Nanyuki, a nord di Nairobi, proprio sull'Equatore, ai piedi del grande monte Kenya. Sarà necessario imparare un po' di kiswaili e anche un po' di kikuyu...".

Il primo luglio 1973 p. Miglioranzi era in Kenya e subito si tuffò nello studio delle lingue che apprese abbastanza bene e in fretta, potendosi così dedicare al ministero tra la gente. Fu assegnato alla zona di Gaichanjiro e Saba Saba che in poco tempo conobbe abbastanza bene grazie alle sue capacità di movimento.

"Il catechista Peter Ndungu ha quindici anni di esperienza e, insieme, facciamo le traduzioni in Kikuyu. In moto o in macchina viaggiamo sempre insieme e facciamo un buon lavoro: confessioni e messa al sabato pomeriggio, tre messe alla domenica, così tutti i centri più grossi sono serviti".

Dato che i superiori non gli avevano consentito di procurarsi un piccolo aereo per gli spostamenti da un luogo all'altro, scrisse a un confratello che si trovava negli Stati Uniti di procurargli un deltaplano o almeno un parapendio con il quale, sfruttando le correnti, avrebbe supplito alla mancanza dell'aereo. Ma anche in questo non fu esaudito.

Dopo due anni, però, dovette ritornare in Italia perché il clima gli procurava forti dolori alla spina dorsale e alle anche. Qualcuno insinuò che tali dolori erano provocati dalle corse in motocicletta che faceva su quelle piste sconnesse e polverose. Precisiamo che non si trattava di corse per divertimento o per voglia di sport pesante, ma per andare a trovare la gente. Solo che avrebbe potuto prendersela con un po' più di calma, come facevano gli altri, con notevole vantaggio del suo impianto osseo.

Animatore a Gordola

Questa volta finì a Gordola come animatore missionario.

Dopo sette anni di permanenza nel Canton Ticino (1976-1983) dove si riprese abbastanza bene, tornò nuovamente in Kenya, a Kolongolo, ma vi rimase solo due anni, fino al 1985, poi tornò definitivamente in Italia, muovendosi nell'ambito di Casa Madre.

Subì un'operazione alle anche che lo lasciò claudicante per tutto il resto della sua vita, ma non per questo immobile. "Sai come sono fortunato - disse a un confratello - se fossi un mille piedi ne avrei cinquecento che non funzionano. Invece, avendone solo due, ne ho solo uno che mi fa tribolare". E' un esempio dei suoi ragionamenti socratici.

In Italia trovò modo di aiutare i confratelli di missione fornendo loro pannelli solari nei quali vedeva il futuro energetico dell'Africa. Ne fece installare molti con soddisfazione degli utenti. Con un pannello solare riuscì a far funzionare un frigorifero che aveva costruito con le sue mani e che teneva in stanza come dimostrazione per i confratelli; sempre con l'energia solare faceva muovere un aeroplanino che costituiva l'attrazione per i piccoli e i grandi che visitavano il museo africano; propagandò e diffuse i sali di magnesio come toccasana per tutte le malattie... Questo era il suo modo di contribuire alla "rigenerazione" dell'Africa.

Studiò a fondo la vicenda della Madonna di Guadalupe, di cui era devotissimo, dimostrando il significato teologico di quella apparizione in quel momento storico per l'America latina, per la Chiesa e per il mondo. Le sue sintesi, alle volte un po' azzardate, contenevano parte di verità.

Si applicò nell'approfondimento della Sacra Sindone, giungendo alla conclusione che la risurrezione di Cristo fu "un'esplosione cosmica" (o qualcosa di simile perché non era sempre facile seguirlo nei suoi ragionamenti). Però documentava le sue asserzioni riportando citazioni di scienziati di grande fama. Pur nel suo moto perpetuo p. Miglioranzi trovava tempo di leggere molti libri e di un certo spessore contenutistico.

Qualche volta sapeva lasciare di sasso i buoni cristiani con le sue uscite spericolate, segno della sua "esuberanza giovanile", come quella volta davanti alla grotta di Lourdes, quando uscì in questa battuta: "Cosa vuoi che abbia visto la Madonna! Era fame!".

Scrisse lettere ai giornali a diffusione nazionale difendendo i valori cristiani sulla vita e in difesa del lavoro missionario e della promozione umana portata avanti dai confratelli, attirandosi spesso le ire di certi "sputasentenze senza esperienza" come li chiamava lui...

Entrò in contatto con personaggi illustri con i quali teneva corrispondenza. A questo proposito ricordiamo Vittorio Messori, dei cui libri il Padre fu fervente diffusore. Alla notizia della morte del Padre, l'illustre scrittore mandò la seguente lettera al superiore di Verona: "Lo avevo conosciuto solo in questi ultimi anni. Ma la corrispondenza con lui mi ha consentito di riscontrare in lui un missionario veramente interessante: pieno di iniziative, ricchissimo di esperienze, lucido e insieme pieno di amore. Mi aiutava nel mio lavoro con spunti, notizie, immagini, libri...".

Esperto di fotografia, fece delle bellissime foto che vennero utilizzate per le nostre riviste, altre furono stampate e diffuse come cartoline, se ne intendeva di meccanica e di elettronica, insomma era un geniaccio.

Morire in missione

Ma il desiderio di missione prevaleva in lui per cui, il 10 gennaio 1994, chiese al p. provinciale d'Italia di poter tornare in Ecuador. Il vescovo di Ibarra, mons. Bernardino Echeverria o.f.m. di cui p. Miglioranzi era amico, si dichiarò disposto ad accoglierlo "a braccia aperte". "E' la Provvidenza che lo mette a mia disposizione", scrisse al p. generale. E poi: "Lui è dispostissimo a venire e io sono dispostissimo a riceverlo". E il Padre partì per la nuova destinazione.

Lavorò bene a Corlavì-Ibarra ed essendo solo, non ebbe più questioni con la comunità. Uno dei suoi ultimi atti fu quello di proporre al provinciale dell'Ecuador l'acquisto di un pezzo di terra vicino alla cappella dove esercitava il suo ministero per iniziare un'opera tutta comboniana.

Purtroppo la salute venne a dire basta alla sua intensa attività. Colpito da tumore al polmone, fece appena in tempo a tornare in Italia per morire in quella Casa Madre dove aveva trascorso buona parte dei suoi anni di sacerdote-missionario.

Missionario alla Comboni

Indubbiamente p. Miglioranzi fu un missionario irrequieto, sempre appassionato di fare, progettare, correre, esprimendo così una spiritualità tipicamente "alla Comboni" per evangelizzare e diffondere il Regno di Dio. Dei 45 anni di sacerdozio ne passò 21 in Italia e 24 in varie missioni dell'America Latina e dell'Africa.

Era un uomo generoso, ingegnoso e creativo con bollente immaginazione, imperterrito nel voler raggiungere i suoi ideali a costo di battere la testa contro tutto e contro tutti. Questo non solo per quanto riguarda il messaggio cristiano della salvezza, ma anche per la promozione umana dei popoli tra i quali si trovò a lavorare.

Queste doti lo portarono spesso oltre il comune dei missionari comboniani, per questo ebbe da soffrire incomprensioni e critiche.

Il gruppo missionario di San Massimo, suo paese, lo stimava e lo aiutava. Con soddisfazione il Padre mostrava una bella lettera che gli era giunta con più di 100 firme di giovani entusiasti del suo metodo di evangelizzazione.

Ha sempre tanto amato

Scrive un suo compagno di studi: "Ho conosciuto p. Guglielmo quando eravamo studenti a Verona. Ci siamo trovati insieme in Kenya e siamo vissuti ancora insieme in Casa Madre fino alla morte. Devo confessare che non avevo mai conosciuto questo confratello come lo potei conoscere nel tempo della sua malattia.

Lì rivelò il suo vero volto interiore, quello che lui veramente era, ed era un Miglioranzi totalmente diverso da come appariva. Nella sofferenza la sua vera ricchezza venne allo scoperto.

Circa 4 ore prima di morire, seduto su una sedia a rotelle, mi chiese di essere condotto in cappella. Ci fermammo davanti al tabernacolo. Ad un certo punto, ad alta voce, esclamò: 'Offro questa mia vita per il Papa, per la Chiesa, per le missioni, per la Congregazione e per quanti hanno bisogno della misericordia del Signore'.

Fece una lunga pausa e poi disse: 'Faccio voto che se guarisco dedicherò il resto dei miei giorni all'assistenza dei confratelli anziani e malati'.

Poi stette a lungo in contemplazione del crocifisso. Quindi: 'Gesù in croce accogli il mio spirito come hai accolto quello del buon ladrone'.

'Ma tu non sei stato un buon ladrone, bensì un buon prete missionario', gli dissi. Egli sorrise. Fu l'ultimo sorrise di p. Guglielmo su questa terra, il sorriso dell'addio a tutti noi e al mondo".

L'eredità che ci lascia è un'ardente e travolgente carica missionaria spirituale ed umana. Tante volte non fu capito, e per questo soffrì, ma ha sempre tanto amato. Ha amato Gesù Cristo, ha amato i più poveri per i quali si consumò, ha amato i confratelli per i quali era disposto a sacrificarsi, a pagare di persona. Insomma è stato una figura singolare ma tanto cara di confratello.

Vittorio Messori conclude la lettera citata con queste parole: "La comunione dei santi ora consente a tutti noi di avere un amico in più che già vede e che dunque può intercedere per noi ancora in cammino".

Certamente dal cielo il caro Miglio ci guarda e non mancherà di darci una mano nel momento del bisogno, come ha sempre fatto qui in terra.                   (P. Lorenzo Gaiga, mccj)

Da Mccj Bulletin n. 193, ottobre 1996, pp. 48-57

*****

 

To understand the character of Fr. Miglioranzi, known as Miglio, one would have to see some of the films taken during his missionary life. He was always on the move, flying - and not only because he had a pilot's licence. He even flew on his Cagiva motorbike in Africa, jumping obstacles like an expert. Even in his narrow canoe in Ecuador, with its outboard motor, he would skim across the surface and manoeuvre like a stunt-man. "I used to write what I wanted on the water," he would say later, as he showed the film.

 someone asked. "If everybody stops to ask what is the point, nothing would ever be done, and the world would be totally monotonous! Anyway, I attracted attention, especially of the children, so I always had a good audience for what I had to say."

A lad free of doubts

Son of Ferdinando and Angela Bonato, young William left San Massimo in 1936, along with Fr. Sorio and a couple of other lads, to enter the missionary seminary at Padova.

Always noted for his lively character, he was full of new ideas, his constant good humour and his "discoveries". His primary school teacher thought he would become an inventor of some kind. He was also very competitive, and did not like to be beaten at sports.

The Verona missionaries went frequently to supply at San Massimo and, naturally, talked about the missions and the adventurous side of Africa, besides the crowds of children waiting to hear the word of the Gospel and be baptised.

Miglioranzi, always very generous - as his PP testified - was immediately enthralled by the prospect, which seemed to suit him perfectly. And indeed, he seems to have gone right through formation without ever doubting his option.

At Padova, and later at Brescia, he was always up with the top of the class, both in his school marks and in his behaviour. Despite his vivacity, he always got 10 in Conduct. He studied hard, even though it was not his main preference, and he kept the whole class on its toes. He was popular, and even the superiors had a good opinion of him.

During holidays he would be at daily Mass and communion, spent time with the altar servers, and chose the best among his own age group as companions, trying to communicate his enthusiasm to them.

 wrote the PP,  - this when his lowest mark was 7 in two subjects.

File and chisel

On 14 August 1942, in the middle of the War, Guglielmo moved on from Brescia to the Novitiate. Fr. Antonio Todesco sized him up, then got to work with file and chisel. Although Miglioranzi was generous, friendly and devout, he was also "dissipated, flighty and scatter-brained", and needed modifications if he was to become a good missionary.

After two years of hard work, God's grace, the Novice Master and Miglioranzi himself reached the following conclusion: He can go forward to the Vows». So Guglielmo made his first Profession on the Feast of the Assumption, 15 August 1944. Then, since the Mother House was in a dangerous area and partly occupied by German troops, he went to Venegono to continue his studies. At the end of the first year, the Superior wrote:

For two years he was at Rebbio (1945-1947) to complete Humanities and start Theology, then he spent two years in Verona (1947-1948) before completing his studies at Venegono, which had become the Theologate. He was ordained by Cardinal (now Blessed) Schuster in Milan on 3rd June 1950. Fr. Capovilla had written in the final scrutiny for ordination: .

Mexico and Ecuador

When Miglioranzi arrived in Mexico on 8th March 1951, the Combonis had not long arrived. He was sent to Santiago in Baja California, for pastoral work.

 wrote Fr. Ruggera in 1952, .

Fr. Sassella was not so pessimistic: .

But right from the start of his missionary life, Fr. Miglioranzi started moving from one mission to another, and this would be one of his life-long crosses. He was at Santiago, San Luis, Santa Rosalia as assistant priest and bursar. He always demonstrated that generous heart that was another life-long mark. He would do anything to help a confrere in trouble. But he had constant dysentery and cystitis which disrupted much of his community life and work, and tried the patience of several of the confreres.

The people usually got on very well with him, admired him and loved him, because he was always ready to answer any legitimate need.

Fr. Gino Sterza wrote:

Fr. Patroni noted, more `professionally':

Locked up or kicked out...

His time in Mexico ended with a tragi-comic event. The anti-clerical laws that prevailed forbade the wearing of the priestly habit in public. Miglioranzi decided to test the law. It went very badly for him! The choice was simple: be locked up or be kicked out. The second option was taken, and Fr. Miglioranzi moved to Ecuador, where he was in Muisne from 1956 to 1960 as PP of the parish which he practically started, and in which he founded a school. This is the period of his aquatic displays and other initiatives to attract people so that he could draw them into the church.

This period ended with an event that was pure comedy. The hot and humid climate wore Fr. William down: he was always on edge and often could not sleep. There were cows around the mission, and they would bellow at the wrong times... One night he could stand it no longer; he jumped out of bed, grabbed a big kitchen knife, caught hold of the tail of the first cow he could reach and lopped it off!

The next day the poor animal was found dead in a pool of blood. The father had to pay a fine, of course; but the superiors, worried about his health, decided to send him to Europe for a while.

Bursar at Trento with an interval in Ecuador

Fr. Miglioranzi was bursar in our seminary at Trento from 1960 to 1963. He not only had to make the little money he had go as far as possible, but had also to go and bring it in, as there was a good number of seminarians to support during those years.

He travelled up and down the valleys in the Province of Trent, visiting the parishes and looking for supporters. Parish priests welcomed him, because he was a good speaker and brought the missions to life. However, some of his sallies while preaching would make people sit up, open-mouthed. Fr. Miglioranzi was like that: direct, imaginative, unpredictable, trying to concentrate his many experiences into a short sermon and sometimes getting the listeners' logic rather tangled! But he went on regardless - and parish priests began to ask the superiors to send someone else...

However, his health improved considerably, and he asked to return to Ecuador, where he had been happy and had done a lot of good.

He was PP in Quinindé from 1963-65. He threw himself into the work with his usual energy, trying to be everywhere at once, making contact with people, whom he genuinely loved, and was loved by them in return. Human contact was a basic need for him.

But such a frenetic rhythm could not continue, and his health began to deteriorate again, forcing him to return reluctantly to Europe.

Pilot

In 1966 he was sent to be bursar at Corella, Spain, and stayed until 1971. With his knowledge of Spanish he got on well with local people and clergy, so was able to take up the work of Mission appeals and animation.

In the mission he had often thought that to be able to fly "a little plane" would be very useful to get around quickly, avoiding the endless dusty tracks, or the long, long canoe journeys up and down rivers. He enrolled at a flying school and obtained his pilot's licence in quite a short time. With his stunt-man antics on land, flying held no fears for him.

He spent a year in England doing some linguistic brushing-up, and explained why he stayed longer than expected to Fr. Agostoni (Superior General) thus: "The international flying language, including signals and controls, is English, so I have to learn it well. And if I don't use it for flying, it will be very for talking and teaching too!"

Painter

Back in Italy, he found his Spanish flying licence was not recognised, so he decided to go in for an Italian one, which would be international. But nobody would give him the money for the flying school at Boscomantico near Verona; most thought a pilot's licence would be of no real use in the missions. Besides, two Consolata missionaries had just died in a flying accident in Kenya.

Not to be put off, Fr. William thought up one of his bright ideas. He got some pieces of plywood blockboard from the carpentry workshop, procured brushes and colours and began to copy picture postcards. Then he went off to Ponte Nuovo, in the middle of Verona, to sell his works. Amazingly, they went like hot cakes: he asked for 20,000 lire apiece, paid his costs, and had 16,000 lire from each item sold for his flying. One day he asked the writer for a lift to Boscomantico, promising him a flight, since he was allowed to go solo. It seemed like a good idea, so the pair duly arrived at the airfield.

The instructor frowned:

"No problem! All we have to do is swing the propeller, and we're away!" -  - "No problem; we have to come down, anyway." The instructor shrugged:

At which point the writer thought of discretion being greater than valour, and decided to watch with both feet on the ground. Fr. Guglielmo swung the prop, jumped into the plane and took off, flying up the valley of the Adige. After a while the aircraft returned, did a few turns over the airport and landed, light as a feather.  said the instructor.

Testing time

It is quite obvious by now that Fr. Miglioranzi was quite an individual, and that members of his community could not always go along with his antics. Which tended to isolate him, and caused him pain. He needed company, somebody at his side, as a formator had noted. But it was no easy task to stay close: he moved too often, and people could not keep up with all his initiatives and undertakings, in any case. So, having been free from doubts all through formation, he now began to wonder about his options, and whether religious life, with its rules and constraints, was really for him. He still had not the slightest doubt regarding his priesthood. We wrote to Fr. General: "They have blocked me so often, for no real reason, that I have lost the desire to want something particular..."

Even taking into account some of the things he had wanted to do, it is true that he suffered greatly at the reactions of others. In another letter from England in 1972 he wrote: "I am not really welcome in communities, and I feel that because of various circumstances in the Congregation I will no longer be able to work with the commitment and serenity I once had. The death of Bishop Barbisotti, who was so good to me, has been a great trauma. Having seen how things are in Italy as regards me, I realise that I would not achieve any results. I am inclined to go into a diocese in Spain or Italy. If I leave, it will be without bitterness, but with much sorrow and pain, and full awareness of my own responsibility. I have been pondering on all this for a long time."

In Africa

Fr. Agostoni, the General, and Fr. Marchetti, Provincial of Uganda, did all they could. The latter wrote: as well...»

In July 1973 Fr. Miglioranzi arrived in Kenya and immediately plunged into language study. He learned well and quickly, and was able to begin ministry among the people quite soon. He was assigned to the area of Gaichanjiro and Saba Saba and, with his usual gift for getting around, was soon familiar with it all.

"The catechist Peter Ndungu has 15 years of experience, and we translate into Kikuyu together. We always travel together, by motorcycle or in a vehicle, and are doing some good work: Confessions and Mass on Saturday afternoon, three Masses on Sundays, and all the biggest centres are served."

He had never been given permission to buy a small aeroplane, so he wrote to a confrere in the USA to get him a microlight craft, or at least a hang-glider. But nothing came of this, either.

In any case, after two years he was forced to return to Italy with severe back pain, which went down into his hips. Some suspected it was caused by the way he rode a motorcycle. He never did it for sport, it should be said; it was just his way of getting around to see people, and he just would not slow down and save himself a bit, like other older men.

Final moves

This time he ended up in Switzerland, Canton Ticino, and stayed from 1976 to 1983. His health improved at Gordola, and he was able to return to Kenya, where he spent two years at Kolongolo, before returning definitively to Italy, and to the Mother House in Verona.

He had a hip operation, and limped for the rest of his life. "You know, I'm lucky!" he said to a confrere. If I was a millipede, I would have 500 legs out of action. But here I am with only one that is bothering me!" An argument worthy of Socrates...

He took a keen interest in solar panels, which he saw as the future for energy in Africa. He obtained them for a good number of confreres, who were all very pleased. With one solar panel he ran a refrigerator he had put together himself, and kept it in his room as a demonstration model. He even used solar energy to run a little aeroplane in one of the exhibits of the African Museum. Another of his interests was magnesium salts, which he publicised as a panacea for all ills. And in this way, he was working for the "regeneration" of Africa.

He also studied the whole story of Our Lady of Guadalupe, towards whom he had a great devotion. He tried to illustrate the great theological significance of the apparition at that particular time, for Latin America, the Church and the world.

He undertook a similar study of the Holy Shroud, concluding, with some scientists, that the Resurrection of Christ was a kind of "cosmic explosion". Even in his constant motion, Fr. Miglioranzi found time to read a lot of books, and did not choose light topics!

He wrote to newspapers in defence of life and of Christian values, and also in support of missionaries and of the human development work carried out by his confreres. Often he drew the wrath of other correspondents down on himself - he called them "blabbermouths with no experience!".

He also corresponded with a number of well-known people. One was Vittorio Messori, whose books he admired and diffused. Messori wrote to the superior of Verona when he heard of the death of Fr. William:

He was a very good photographer, and a lot of his work was used in our magazines. Some was used to make postcards. He was also a good mechanic and electrician: a very gifted man.

To die in the missions

His love of the Mission never diminished, and in January 1994 he asked to return to Ecuador. The Bishop of Ibarra, an old friend, was quite willing to have him. And so Fr. William set out again. He did well at Corlaví-Ibarra and, being alone, had no community problems. One of his last actions was to propose to the Provincial that the Combonis buy a piece of land near the church where he ministered, to found a Comboni Missionary project.

But his health put a full stop to everything. He was found to have a lung tumour, and had hardly arrived back in the Mother House where he had spent a good number of years of his priestly and missionary life, than he died.

Comboni-style missionary

Fr. Miglioranzi was a restless missionary, always on the move, full of ideas and projects - one might say in a true "Comboni" spirit - to tell the good news and extend the Kingdom of God. In 45 years of priesthood, he worked for 21 in Italy, and 24 in various missions of America and Africa.

He was generous, ingenious, creative, with a very active imagination, and quite determined to achieve his aims. The intention was the Gospel and human development, but the manner did cause a lot of friction with confreres and superiors. But his missionary group at home in San Massimo followed and supported him with devotion.

One who loved much

A confrere who was a student with Fr. Guglielmo and later worked with him in Kenya writes: acle. Suddenly he exclaimed aloud: "I offer my life for the Pope, the Church, the missions, the Congregation, and for all those in need of God's mercy."

After a long silence he added: "I vow that if I recover, I will dedicate the rest of my life to assisting my sick and elderly confreres".

Then: "Jesus Crucified, receive my spirit as you did that of the Good Thief."

`But you're not a good thief; you have been a good missionary priest!' He just smiled: his goodbye to all of us.»

He leaves us with the memory of an ardent, overpowering spirit, as a man and as a missionary. He was a rather eccentric but dear confrere.

Vittorio Messori concludes his letter with these words: