Venerdì 24 gennaio 2025
Domenica 26 gennaio si celebra la 72ª Giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita da Raoul Follereau. Nel corso del 2023 sono stati registrati in totale 182.815 casi globali di lebbra con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. Per promuovere il tema del diritto alla salute globale, centinaia di volontari saranno nelle piazze e parrocchie d’Italia con il “Miele della solidarietà” e il “Kit - Stare bene è un diritto” il cui ricavato finanzierà i progetti sociosanitari di Aifo nel mondo, in particolare quelli per la lotta alla lebbra. (Foto Aifo)

 “Chi è malato guarisce solo se qualcuno lo abbraccia”

AIFO

Dario, è stato diagnosticato per tempo e ha iniziato il suo percorso di cura e speranza,
grazie all’aiuto di Aifo. Oggi sta riscrivendo il proprio destino,
rendendosi progressivamente indipendente.
(Foto Aifo)

Domenica 26 gennaio si celebra la 72ª Giornata mondiale dei malati di lebbra, istituita da Raoul Follereau. In Italia l’iniziativa è promossa da Aifo (Associazione italiana Amici di Raoul Follereau Ets) che, da oltre 60 anni è in prima linea nel mondo per la lotta alla lebbra per garantire il diritto alla cura e all’inclusione per tutti. In occasione della Giornata mondiale Aifo organizza in molte regioni italiane diverse iniziative per informare e sensibilizzare le persone sulla malattia che, nonostante sia curabile, rappresenta ancora un problema sanitario importante in diversi Paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America latina, dove persistono condizioni socioeconomiche precarie che ne favoriscono la trasmissione. Per promuovere il tema del diritto alla salute globale, centinaia di volontari dell’Aifo saranno nelle piazze e parrocchie d’Italia con il “Miele della solidarietà” e il “Kit – Stare bene è un diritto” il cui ricavato finanzierà i progetti sociosanitari di Aifo nel mondo, in particolare quelli per la lotta alla lebbra. Accanto ad Aifo, Agesci, Gifra, Sism e alcune diocesi, oltre all’alto patronato del presidente della Repubblica.

Il tema scelto dall’Aifo per il 2025 è l’abbraccio come concetto che unisce. Lo slogan “Chi è malato guarisce solo se qualcuno lo abbraccia” pone infatti l’accento sulla centralità della persona e non della malattia e sottolinea l’importanza dell’inclusione, della cura e del sostegno per chi è malato, a partire dalle persone colpite dalla lebbra e per tutti coloro che vivono ai margini. Nonostante appaia molto distante dall’Occidente, la lebbra esiste ancora e rimane un problema di salute pubblica in vari Paesi del mondo. Oggi la lebbra si trova nella lista delle malattie tropicali neglette (Mtn) dell’Oms e i malati di lebbra sono ancora emblema dell’esclusione sociale, di un isolamento che spesso li condanna alla povertà e alla disabilità.

Nel corso del 2023 sono stati registrati in totale 182.815 casi globali di lebbra con un aumento del 5% rispetto all’anno precedente, come emerge dall’ultimo rapporto annuale sull’andamento della lebbra nel mondo pubblicato a settembre 2024 dall’Oms. La concentrazione delle persone diagnosticate è soprattutto in tre Paesi: India, Brasile e Indonesia. Tra i nuovi casi il 5,7% sono bambini (minori di 15 anni), mentre il 39,9% dei casi globali si riscontrano tra le donne. Nel 2023, tra le persone diagnosticate, il 5,3% presentavano disabilità gravi, di cui il 2,7% era costituito da bambini.

Aifo, nei progetti che gestisce, segue la Road Map 2021-2030 dell’Oms per il controllo delle Mtn, a sua volta in linea con la Strategia globale per l’eliminazione della lebbra (Towards zero leprosy, 2021-2030).

Il cammino verso un mondo senza lebbra presuppone azioni integrate verso l’obiettivo “tre zeri”: zero trasmissione, zero disabilità e zero discriminazione.

A questo si aggiunge l’importanza della ricerca scientifica. “Il cammino verso zero lebbra comprende la promozione della ricerca scientifica costruendo il consenso sulle priorità di ricerca della comunità mondiale: vedi il vaccino attualmente nell’ultima fase di sperimentazione e l’identificazione di nuovi farmaci, come il ‘Telacebec program for leprosy’ sostenuto anche da Aifo”, dichiara Giovanni Gazzoli, medico dell’Aifo specializzato in malattie tropicali.

Oltre alla sensibilizzazione e informazione della popolazione, Aifo promuove un approccio multisettoriale che include la riabilitazione fisica e socioeconomica delle persone con disabilità causate dalla malattia e dei loro familiari. “Aifo lavora prevalentemente in Paesi dove non esistono diritti, figuriamoci le opportunità, ma il nostro lavoro è creare consapevolezza sui propri diritti, umani e sociali e cercare con ostinata determinazione di creare condizioni di crescita, di autonomia, mostrare a chi è più vulnerabile che ce la può fare”, afferma il presidente di Aifo, Antonio Lissoni. Ecco, aggiunge, “questo è il significato della Giornata mondiale dei malati di lebbra: cura, formazione, ma non solo; soprattutto capacità di creare opportunità perché chi non lo è mai stato possa sentirsi persona, in grado di gestire la propria vita”.

In Mozambico, classificato al 183° posto tra i 193 Paesi più poveri al mondo, Aifo ha incontrato Dario, la cui vita è stata segnata dalla lebbra: si tratta di un giovane di 18 anni che vive in un piccolo villaggio della provincia di Manica. La lebbra, contratta sette anni fa, ha lasciato segni sul suo viso, su un occhio e sulle mani, diventando causa di isolamento e vergogna. I coetanei lo evitavano per paura, e lui, per tre anni, ha dovuto interrompere la scuola. La malattia non è solo fisica: l’esclusione e la discriminazione causano profonde ferite nella psiche delle persone colpite. Dario è stato diagnosticato per tempo e ha iniziato il suo percorso di cura e speranza grazie all’aiuto di Aifo. Oggi sta riscrivendo il proprio destino: dopo aver ripreso gli studi, ha frequentato un corso da barbiere e ora è in grado di guadagnare, rendendosi progressivamente indipendente. Orfano di genitori, vive con i nonni, ma sogna un futuro dove potrà prendersi cura di sé e realizzare i propri progetti.

La provincia di Nampula in Mozambico è la più colpita dalla lebbra. Qui è nato il Gruppo Nikahianeke, che in lingua Macua significa “Stiamo insieme per aiutarci a vicenda”: 14 donne con vite straordinarie, che oggi con orgoglio coltivano un campo che permette loro non solo di nutrire le famiglie, ma anche di vendere per comperare beni di prima necessità. Tra loro Julieta, che ha vinto la lebbra contratta da bambina e che oggi è una nonna. È una signora timida, ma molto inserita nella comunità. Vive con le sue quattro figlie. La più grande ha un bambino molto affezionato alla nonna. Julieta ha scoperto di avere la lebbra quando era solo una bambina. Purtroppo, la diagnosi è arrivata tardi e di conseguenza anche la cura. Così, oggi, Julieta non vede più da un occhio e ha una disabilità che ha colpito le mani e le gambe.

Per tanto tempo, a causa della disabilità, Julieta ha fatto fatica a prendersi cura di se stessa e delle sue figlie, ma nonostante tutto, grazie alle cure e ai trattamenti a cui ancora oggi è sottoposta, può avere la sua indipendenza e fare piccoli lavori nei campi gestiti dal Gruppo di auto mutuo aiuto guadagnando da vivere per lei e le sue figlie. Da sola non riuscirebbe a coltivare un campo, invece grazie al Gruppo di donne può dare da mangiare alla sua famiglia e a ricavare qualcosa dalla vendita. Oggi Julieta è serena. Ha una vita produttiva, una vita che, come dice lei, “serve a se stessa e agli altri”.

Gigliola Alfaro – SIR