Giovedì 11 maggio 2023
Ricorre quest’anno il 150° anniversario dell’Omelia di Khartoum, che Daniele Comboni ha pronunciato in lingua araba nel giorno del suo “ingresso solenne” nella diocesi sudanese, attorniato da molta gente, tanto che, come lui ha scritto: “n’era piena la cappella, i portici e la corte della missione” (S.3170). Correva l’anno 1873, e l’intrepido missionario era da pochi giorni ritornato in Khartoum...
150° anniversario dell’Omelia di Khartoum
11 maggio 1873 – 11 maggio 2023
Finalmente e per Sempre!
Ricorre quest’anno il 150° anniversario dell’Omelia di Khartoum, che Daniele Comboni ha pronunciato in lingua araba nel giorno del suo “ingresso solenne” nella diocesi sudanese, attorniato da molta gente, tanto che, come lui ha scritto: “n’era piena la cappella, i portici e la corte della missione”. (S.3170)
Correva l’anno 1873, e l’intrepido missionario era da pochi giorni ritornato in Khartoum (4 maggio) dopo un lungo viaggio iniziato al Cairo il 26 gennaio del medesimo. Così scriveva al Card. Alessandro Barnabò, prefetto di Propaganda fide, il giorno dopo la festa d’ingresso: “E.mo Principe, dopo novantotto (98) giorni dacché partii dal Cairo, giunsi finalmente colla gran carovana a Chartum. Non le posso a parole esprimere le pene, i disagi, le fatiche, gli aiuti e le grazie celesti, e le vicende che ci accompagnarono in questa perigliosa ed ardua peregrinazione. I SS.mi Cuori di Gesù e di Maria, che furono incessantemente il dolce e soave argomento delle nostre speranze e preghiere ci hanno salvato da tutti i pericoli, e protetti mirabilmente tutti e singoli i membri della ragguardevole nostra carovana, specialmente nell’arduo e terribile tragitto del gran Deserto di Atmur, in cui per ben 13 giorni dal mezzodì alle 4 p.e avevamo 58 gradi di Réaumur galoppando sul cammello da 16 a 17 ore al giorno; sicché tutti giungemmo ai 4 corr.te sani e salvi a Chartum”. [S. 3165]
La forza inesauribile di un sogno
L’annuncio del Vangelo nel Cuore dell’Africa era un sogno che Propaganda Fide aveva coltivato sin da quando, con un Breve del 3 aprile 1846, Papa Gregorio XVI aveva creato il Vicariato dell’Africa Centrale. Lungo il corso di quasi tre decenni, innumerevoli e infaticabili testimoni del Vangelo, passo dopo passo, erano divenuti parte della grande avventura. La maggioranza con il dono totale della loro vita.
Daniele Comboni era passato l’ultima volta da Khartoum nel 1859, proveniente dalla missione di Santa Croce e in viaggio verso l’Italia per riprendere le forze fisiche. Tra il primo viaggio del giovane sacerdote dell’Istituto Mazza nel cuore dell’Africa (1857-1858), e il suo sesto viaggio (1872-1873) tutto in lui era stato segnato da un crescendo di consapevolezza e di dedizione alla causa a cui si era votato non ancora ventenne.
Sicuro che Dio lo ha chiamato alla predicazione del Vangelo in Africa, non si arrende di fronte a ostacoli di varia natura, e con l’evento di grazia che fu l’ispirazione del Piano per la Rigenerazione dell’Africa con l’Africa stessa (Roma, Basilica San Pietro, 15 settembre 1864) il figlio del Teseul di Limone sul Garda persegue il divenire dell’agognato sogno con il cuore di un innamorato alla costante ricerca della sua Amata.
Nel maggio 1873 Comboni ritorna a Khartoum come Provicario Apostolico. Con questa nomina, Papa Pio IX gli aveva affidato la responsabilità pastorale dell’Africa Centrale (11 giugno 1872). In Khartoum, Comboni viene accolto con grande entusiasmo, e nella sua quasi prima Lettera Pastorale non manca di rispondervi con altrettanta generosità. “Sono ben felice, o carissimi di trovarmi finalmente reduce a voi dopo tante vicende penose e tanti affannosi sospiri” così inizia l’Omelia. Il neo Provicario rilegge in filigrana la sua storia alla luce del “primo amore della mia giovinezza” per il quale “or sono sedici anni” si era separato da ciò che di più caro aveva al mondo, i due anziani genitori. Per la “cagionevole salute” era stato obbligato a lasciare il Sudan, ma da subito afferma che: “Partii per obbedire: ma tra voi lasciai il mio cuore, e riavutomi come a Dio piacque, i miei pensieri ed i miei passi furono sempre per voi”.
Miglior incipit non poteva scegliere, ed ora si trovava di nuovo là, dove aveva lasciato ciò che, con la chiamata di Dio, gli era divenuto più caro: “Ed oggi finalmente ricupero il mio cuore ritornando fra voi”.
Novello Mosè per il Vangelo
Una delle figure bibliche che si impone in questo percorso è quella di Mosè, con il quale Comboni può vantare di condividere una medesima esperienza mistica. Ambedue hanno sentito il battito del Cuore di Dio rispondere ai gemiti del Popolo oppresso, e ambedue sono stati coinvolti in prima persona per accompagnare il Popolo loro affidato verso una vita libera e piena. L’intervento divino nella vita personale di Mosè e di Comboni segna il passo del loro divenire un tutt’uno con il Popolo ricevuto in eredità.
“Io ritorno fra voi per non mai più cessare di essere vostro”, è il destino del condottiero che sente di essere ormai parte del Popolo che deve guidare. In quel felice maggio 1873 Daniele Comboni aveva da poco compiuto 42 anni, e sorretto dall’energia apostolico-martiriale che lo caratterizzava, poteva ben dire: “Io prendo a far causa comune con ognuno di voi”. D’ora in poi niente e nessuno lo distoglierà dal suo proposito, perché “il più felice de’ miei giorni sarà quello in cui potrò dare la vita per voi”.
Come Mosè, anche Comboni dovrà affrontare i poteri forti del tempo, e non indietreggia: “Non ignoro punto la gravezza del peso che mi indosso” e accoglie la sua missione vestendo la tunica del “pastore, maestro e medico”. Tale investitura lo rende capace di affrontare la vita senza riserve: “Il giorno e la notte, il sole e la pioggia, mi troveranno egualmente e sempre pronto ai vostri spirituali bisogni”. Sa però di non essere solo, perché “voi tutti mi aiuterete a portare questo peso con allegrezza e con gioia nel nome di Dio”.
Pastore e Popolo cammineranno insieme, e su di loro veglierà la “Regina della Nigrizia come Madre amorosa”. Passeranno solo pochi mesi, quando, in El Obeid, nella regione del Kordofan, il 14 settembre 1873, festa dell’Esaltazione della Santa Croce, Comboni solennemente consacrerà il Vicariato dell’Africa Centrale al Sacro Cuore di Gesù. Così scriverà nella Lettera Pastorale emanata in preparazione all’evento: “Noi confidiamo, che questo fausto avvenimento, mentre produrrà in voi tutti un incremento di fede e di amore, schiuderà nuove vie di salute al gran popolo a Noi dilettissimo della Nigrizia Interiore”. (S. 3326)
Eredità da custodire, sempre
Daniele Comboni ha vissuto contribuendo in un modo unico alla realizzazione di un grande sogno ecclesiale. Con il passare degli anni, l’annuncio del Vangelo in Sudan, come in tutta l’Africa, si è fatta esperienza accolta, vissuta e condivisa.
Nell’anno in cui celebriamo il 150° anniversario dell’Omelia di Khartoum, cosa dice Daniele Comboni al Popolo di Dio con l’invito a “recuperare” il suo/ nostro cuore?
Cosa dice Comboni all’amato Popolo del Sudan, sul quale oggi incombono enormi sofferenze e profonde incertezze?
Cosa dice Comboni alla Chiesa che è oggi in Sudan, un albero rigoglioso di frutti, che ha sostenuto la crescita di numerose comunità cristiane, e abbracciato il cammino dei suoi molti popoli, fedi e culture?
Cosa dice Comboni alla Famiglia Comboniana, in queste prime settimane post pasquali 2023, quando il precipitare degli eventi dovuti all’improvvisa esplosione di violenza impongono scelte colme di sofferenza e di forzato distacco?
Sono domande con le quali bisognerà confrontarsi, perché questo è il significato più profondo di una celebrazione giubilare. Possono esserci di guida e di sostegno le parole che Sr Anne Marie Quigg, Superiora Generale delle Suore Missionarie Comboniane, ha condiviso con tutte le comunità della Congregazione gli ultimi giorni di aprile 2023: “Sorelle, la nostra presenza come Chiesa in Sudan rimane ora piccolissima. (…) Cerchiamo di vivere questi avvenimenti con quello stesso forte senso di Dio che caratterizzava il nostro Padre e Fondatore San Daniele Comboni. Il sogno di un ritorno non si spegne mai”.
Sicuramente, l’Omelia di Khartoum continuerà a segnare il passo, per mantenere alta la fiamma della passione missionaria che San Daniele Comboni ci ha lasciato come preziosa eredità da custodire. Sempre.