Padre Carmelo Casile: “Ricordare, lodare e purificare la memoria per avanzare verso nuovi orizzonti”

Immagine

Venerdì 14 aprile 2023
Continuando nel discernimento del ‘sogno di Dio per l’Istituto comboniano’, il Capitolo Generale del 2022 ha affrontato la revisione della Regola di Vita, orientando il cammino verso una triplice fedeltà: al dono fondante che è il carisma di consacrazione missionaria ricevuto tramite la vita e la parola di San Daniele Comboni; al cammino di missione percorso dai confratelli che ci hanno preceduto, cammino che continua ad avanzare oggi verso nuovi orizzonti nella vita donata di tutti i missionari – giovani ed anziani – che formano l’Istituto; alla trasformazione che Dio sta realizzando nell’umanità e nel nostro mondo anche attraverso la nostra missione che riaffermiamo ad gentes, ad pauperes, ad vitam, ad extra (AC ’22, 44.2).

La triplice fedeltà a cui ci invita il Capitolo del 2022, ci riporta alla radice della nostra vita di “Consacrati a Dio per la missione mediante la professione dei consigli evangeli”, che troviamo delineata all’inizio della Regola di Vita: nel Preambolo, unito al primo numero e ai suoi sotto numeri 1-4:

A) Nel Preambolo ci vengono indicati, anzitutto, l’origine e l’orizzonte verso cui tende la nostra consacrazione missionaria, che nasce dalla universale volontà salvifica di Dio, che si è rivelata e si realizza in modo definitivo e pieno in Cristo Gesù per mezzo della Chiesa attraverso un pluralismo di doni e di carismi. Nella realizzazione di questo disegno divino l’Istituto missionario comboniano è un’espressione specifica della missionarietà della Chiesa. I suoi membri partecipano attivamente alla missione della Chiesa al mondo, attraverso il servizio all’uomo e la testimonianza della loro consacrazione e vita comunitaria. I missionari comboniani si impegnano pubblicamente a un particolare stile di vita, per attuare meglio il servizio missionario nella responsabilità ed edificazione reciproche. Consci di rispondere a tale chiamata in modo insufficiente e frammentario, accettano di rivedere costantemente il loro stile di vita per servire nel mondo come un segno di salvezza.

B) Nel primo numero la specificità dell’Istituto Comboniano nella missionarietà della Chiesa viene esplicitata mettendola in rapporto con il carisma di san Daniele Comboni, da cui l’Istituto desume la sua identità e il suo modo specifico di seguire Cristo, vissuto nella consacrazione, alla luce dei segni dei tempi (RV 1).

C) Nel sotto numero 1.4 viene messo in evidenza il ruolo del patrimonio spirituale dell’Istituto, che “include le sane tradizioni che hanno nutrito la vita dei membri, la storia del suo lavoro di evangelizzazione e il ricordo di quei missionari la cui vita ha offerto la migliore esemplificazione del carisma originario” (RV 1.4). Il Preambolo assieme al primo numero della Regola di Vita, dedicato all’ “identità e nome”, possiamo considerarli come il nucleo del «Credo missionario comboniano», cioè, l’atto di fede dell’Istituto nella missione che la Chiesa riceve da Cristo, e che l’Istituto è chiamo a realizzare mediante il servizio missionario all’uomo e la testimonianza della sua consacrazione nella vita comunitaria, desunti dal carisma del Fondatore.

Per tanto, consacrazione-vita comunitaria-servizio missionario costituiscono una triade che serve di base alla formulazione delle varie parti della Regola di Vita in quanto espressione o esplicitazione qualificata del nucleo del «Credo missionario comboniano», che l’Istituto è chiamato a vivere nel suo cammino di fede nel mondo e per il mondo intimamente legato all’umanità e alla sua storia (cfr. RV 16).

Per camminare nella triplice fedeltà indicataci dal Capitolo del 2022 in consonanza con il nostro carisma originario o il nostro “Credo comboniano”, ci può far da guida la parola di Papa Francesco nella sua “Lettera apostolica a tutti i consacrati” in occasione dell’Anno della Vita Consacrata nel 2014.

Tra gli obiettivi che Papa Francesco disegna in questo documento, ce ne sono tre che siamo esortati ad applicare alla nostra realtà e alla nostra esperienza come persone, come comunità, come province e come Istituto.

Tali obiettivi, illustrati per noi Comboniani dal Consiglio Generale nella Lettera “Consacrati per la missione” del 15 gennaio 2015, sono un invito a guardare il passato con gratitudine, a vivere il presente con passione e ad abbracciare il futuro con speranza.

Si tratta di un invito che ci stimola “nel processo di trasformazione personale e comunitario che dura tutta la vita come impegno del singolo confratello, ma anche come un sogno di tutto l’Istituto (Cfr. AC’ 22, 2).

Questo processo comporta: “Recuperare la documentazione sulla vita e sul ministero dei nostri missionari che riconosciamo come confratelli esemplari nel loro modo di vivere il carisma comboniano e renderla presente e fonte d’ispirazione per i confratelli e per i nostri giovani in formazione” (AC ’22, 24.3).

Entriamo così in un atteggiamento di accoglienza della nostra storia che illumina il nostro presente, e quindi ci allarga gli orizzonti e ci rende capaci di “prestare attenzione e approfondire l’appello della Chiesa ad una conversione all’ecologia integrale e ai suoi effetti sul nostro stile missionario” (AC ’22, 25.6).

Ad entrare in questo atteggiamento di accoglienza della nostra storia, siamo incoraggiati ancora una volta dal recente commento fatto da Papa Francesco nella Veglia Pasquale di quest’anno sulle parole di Gesù Risorto alle donne, che erano andate a trovarlo nel sepolcro: “Andate ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno” (Mt 28,8-15):

“…che cosa significa andare in Galilea? Due cose: da una parte uscire dalla chiusura del cenacolo per andare nella regione abitata dalle genti (cfr Mt 4,15), uscire dal nascondimento per aprirsi alla missione, evadere dalla paura per camminare verso il futuro. E dall’altra parte – e questo è molto bello –, significa ritornare alle origini, perché proprio in Galilea tutto era iniziato. Lì il Signore aveva incontrato e chiamato per la prima volta i discepoli. Dunque andare in Galilea è tornare alla grazia originaria, è riacquistare la memoria che rigenera la speranza, la “memoria del futuro” con la quale siamo stati segnati dal Risorto” (Papa Francesco, Vigilia Pasquale 2023).

Con la presente riflessione vorrei contribuire all’approfondimento di questo percorso che ci viene riproposto, riprendendo delle riflessioni elaborate in occasione della beatificazione e canonizzazione di san Daniele Comboni, con l’intento di approfondire le indicazioni ricorrenti su questo argomento negli ultimi Capitoli Generali.

Nel clima che si era creato tra noi in quei momenti era, infatti, forte lo stimolo a ricordare in clima di preghiera… e quindi a leggere il passato… per vivere il presente, proiettandoci nel futuro.

Leggendo il nostro passato missionario nel contesto della beatificazione e della canonizzazione di Comboni e ora anche della beatificazione di P. Giuseppe Ambrosoli, nasce in noi il bisogno di lodare il Signore e di purificare la nostra memoria; nel contempo siamo sollecitati ad aprire gli occhi sul presente, che il Signore ci dà e ci chiama a vivere con nuovo entusiasmo e slancio missionario, e così continuare a sognare un domani missionario aperto a nuovi orizzonti, carichi di speranza… come i vari Atti Capitolari continuano a suggerirci.

Il ricordare, infatti, in clima di preghiera, ci collega con il tema del deserto biblico, luogo dove Dio parla al suo popolo Israele, luogo della tentazione e della prova, e anche luogo figurato, cioè spazio interiore, che rimanda ad una relazione che si consuma nell’intimità di ciascuno di noi: è lo spazio in cui siamo da soli con Dio, in cui il cuore è la sua dimora più profonda e la coscienza il suo sacrario. Il deserto, infatti, è tempo e luogo della memoria di Dio per l’uomo e della memoria dell’uomo per Dio. Normalmente, ogni ricordo reciproco tra due persone richiama avvenimenti passati che hanno creato relazione tra i protagonisti: il richiamo di questi eventi rinnova la relazione e la qualifica nuovamente, arricchendola di nuove sfumature.

Tutto questo, per tanto, accade anche tra noi e Dio, soprattutto nell’evento della consacrazione per la missione, vissuta secondo il carisma di san Daniele Comboni nell’Istituto Comboniano.

Un testo fondamentale per approfondire il tema della memoria è Deuteronomio 8, 1-20, che si apre con un invito che sembra un imperativo imprescindibile: “Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere … (Dt 8, 2). Senza memoria del passato, del vissuto, del ricevuto, la nostra identità si sbiadisce e non siamo in grado di leggere adeguatamente il presente ed essere quindi aperti al futuro… È dentro di noi che ci giochiamo la vita.

Gli ultimi Capitoli Generali si sono adoperati a far sì che i membri dell’Istituto si rendano consapevoli di questo dinamismo, indispensabile per “ripartire dalla Missione affidataci da Cristo buon Pastore attraverso san Daniele Comboni” [“Preghiera per l’accoglienza del Capitolo” 2009].

Il Capitolo ’97 ci invitava a “ricordare”, cioè, a fare memoria del nostro punto di partenza, del nostro percorso missionario, nel contesto dell’avvenuta beatificazione del Fondatore e nell’avvicinarsi del Giubileo della Redenzione, per “ripartire dalla Missione con l’audacia del beato Daniele Comboni”: nn. 1-9.

È un invito sempre attuale, che ritorna con particolare enfasi nel Capitolo del 2003, terminato con la Canonizzazione del beato Daniele Comboni, avvenuta il 5 ottobre.

Quest’evento costituisce “un forte richiamo alla santità, alla radicalità evangelica, alla preghiera, a una profonda comunione con Dio, di cui egli ha dato autentica testimonianza. Il Comboni santo ricorda ad ogni comboniano/a che il “correre a grandi passi nelle vie di Dio e della santità” (S 2375), l’essere “santi e capaci” (S 6655) sono esigenze inderogabili perché la nostra vita di consacrati a Dio per la Missione si realizzi in pienezza e porti abbondante frutto apostolico” [I Consigli Generali dei 3 Istituti Comboniani, 10 ottobre 2003].

Il Comboni santo ci invita a promuovere “la pastorale della santità” nelle nostre comunità e così essere missionari “santi e capaci per far causa comune… con i più poveri e abbandonati” (Daniele Comboni).

È significativo inoltre che questo richiamo alla santità, legato alla canonizzazione del Comboni, coincida con quello di Giovanni Paolo II nella NMI (30-31), dove suggerisce di ritornare al Capitolo V della LG, per riscoprire tutto il suo valore programmatico per la vita dei cristiani all’inizio del Nuovo Millennio. È, per tanto, un richiamo che riguarda anche il missionario e i destinatari dell’attività missionaria. È un richiamo che ribadisce l’affermazione della RMi: il vero missionario è il santo, perché “l’universale vocazione alla santità è strettamente collegata all’universale vocazione alla missione: ogni fedele è chiamato alla santità e alla missione” (90).

Il primo passo per fare memoria del nostro percorso missionario, è rifarci al nostro Fondatore e Padre e alla tradizione viva di tanti confratelli e consorelle, “che con la loro vita hanno testimoniato il Vangelo in mezzo a difficoltà, sofferenze, persecuzioni ed anche fino allo spargimento del sangue” [I Messaggio dei Consigli Generali…, d, p. 5s Cf anche AC ’97, 1-3].

La necessità di far memoria del nostro passato per “ravvivare e riqualificare la nostra identità carismatica” ritorna ancora negli Atti Capitolari del 2009 soprattutto nelle prime due tematiche: Identità (4—5) e Spiritualità (18—21). In esse è facile cogliere l’appello dei capitolari a “guardare a Comboni come alla ‘roccia da cui siamo stati tagliati’, e “al tesoro della testimonianza di tanti nostri confratelli identificati con la loro vocazione”, che costituiscono la ‘fonte di rifondazione’ per noi oggi.

Questo nostro bisogno di ricordare è, per tanto, conseguenza della nostra presenza nella Famiglia Comboniana come risposta alla chiamata divina ad essere missionari seguendo le orme di san Daniele Comboni: RV 1; 20; 81.

Questa risposta significa, in fatti, che abbiamo fatto nostro il “cammino evangelico”, cioè, che abbiamo accettato di “morire” ad una vita vissuta secondo le nostre preferenze personali e siamo “nati” di nuovo ad una vita di consacrazione per la missione, prendendo come guida e compagno di viaggio san Daniele Comboni.

In questo momento portiamo con noi l’esperienza di un percorso missionario che ormai è parte inalienabile della nostra storia personale e comunitaria. In questo percorso Comboni è per noi una mediazione specifica per la nostra continua crescita in Cristo e nell’identità carismatica; è per tanto una presenza che esperimentiamo in una triplice direzione: di Padre e Fondatore, di intercessore, di ispiratore di audacia missionaria.

Per rimanere inseriti, approfondire e progredire in questo cammino di donazione evangelica, abbiamo bisogno di:

  • abbandonare la superficialità delle vicende storiche e della nostra propria vita;
  • scendere nella profondità del nostro spirito;
  • incontrarci con noi stessi e così
  • arrivare ad un perfetto risveglio dentro di noi, che ci permetta
  • ricordare e, ricordando,
  • aprirci all’azione dello Spirito Santo
  • e contemplare i fatti alla luce della Parola che è Cristo Gesù ed essere noi stessi trasformati e così sentire quale Buona Notizia siamo chiamati a vivere e ad annunciare (cf. AC 97, 24), con un atteggiamento di fede e generosità (cf. AC ‘09, 5).

Con questo cammino verso l’interiorità ci apriamo all’azione dello Spirito Santo che illumina la nostra vita, allarga i nostri orizzonti e fa nascere in noi la risposta all’”appello della Chiesa ad una conversione all’ecologia integrale e ai suoi effetti sul nostro stile missionario”. Da questo cammino nascono i “sogni”, cioè quegli atteggiamenti interiori che suscitano in noi la speranza di costruire un mondo secondo il disegno di Dio, Creatore e Salvatore, che possiamo realizzare soltanto mettendoci in gioco per imparare il dono di noi stessi a Dio Padre in Cristo e, in alleanza con Lui, prenderci cura degli altri e del creato.

Infatti, il ricordare in questo modo, mentre ci libera dal rischio di ritrovarci in una specie di vuoto e di intollerabile isolamento (S 2698), ci mantiene in continuo processo di crescita e rinnovamento, che crea in noi energie che ci consentono di partire sempre di nuovo, accogliendo le sfide del momento presente, e così vivere con passione il nostro presente.

In effetti, perché si dia un processo di continua crescita e rinnovamento, deve realizzarsi un vincolo armonioso tra tre componenti:

– l’incontro con le radici della propria origine,

– l’identità nel presente,

– la proiezione verso il futuro, abbracciandolo con speranza (ideali, motivazioni…).

Anche il comboniano, dunque, ripartendo da Cristo che lo chiama alla santità nell’attività missionaria (cf NMI 29-41) seguendo le orme di Daniele Comboni, ha bisogno di coltivare una memoria grata del passato, una passione nella pazienza per il suo presente e fiducia per il suo futuro (NMI 1b). Coinvolto in questo dinamismo, ogni missionario abbraccia con tutta la sua vita l’ordine di Gesù di prendere il largo, di guardare oltre, con una fede coraggiosa alla ricerca quotidiana del proprio cammino di santità nel servizio missionario. In questo modo, la comunità comboniana si propone al mondo come una comunità missionaria impegnata a trovare risposte adeguate alle sfide del momento attuale.

Se è vero che ripiegarsi nostalgicamente sulle proprie radici è causa di stagnazione e di perdita di visione storica e quindi di vitalità, è anche vero che la dimenticanza o l’ignoranza delle proprie origini genera incertezza, impoverisce l’identità individuale e di gruppo e quindi la concordia del gruppo stesso nel suo cammino verso nuove mete come risposta alle sfide della storia.

Nel fare memoria del Fondatore e della Nigrizia, dei confratelli e delle consorelle della prima ora, e di tanti altri dopo di essi “fortemente identificati con la loro vocazione” (cf RV 1.4; AC ‘09, 5), rivive in noi la freschezza della nostra vocazione (“la certezza della vocazione”), nasce nel nostro cuore la lode al Signore e il bisogno di purificare la stessa memoria.

Il dinamismo messo in atto dal far memoria è l’unico antidoto contro un certo senso di pessimismo, di rassegnazione e quasi di impotenza di fronte alle attuali urgenze dell’evangelizzazione (cf AC ’97, 9), giacché diventa per noi come un canale di acqua fresca che irriga le vite di noi che “ci sentiamo ‘come terra secca, arida e senz’acqua’, con una grande sete che ci spinge a ritornare alle fonti originali per affrontare le sfide del nostro tempo” (AC ’09, 18).

Nello stesso tempo è un antidoto contro una certa filosofia della globalizzazione che volatilizza la vita, pretendendo prescindere dal particolare, cioè dalle radici, dalla memoria, dalle tradizioni, dalle culture locali, dal senso di appartenenza alla comunità…. Lo stesso Gesù, Salvatore universale, raggiunge l’universalità degli uomini mediante il particolare; egli, infatti, eterno Figlio del Padre, non si è fatto genericamente uomo, ma uomo ebreo servo-povero-perseguitato e crocifisso. Gesù è veramente l’uomo estremamente “solo”, unico, particolare al sommo, che da questa solitudine volontaria aperta alla solidarietà verso tutti, raggiunge la piena universalità e diventa il Signore dell’universo.

In questa prospettiva, assumere l’interculturalità inerente alla globalizzazione, non è un imbottirsi di conoscenze enciclopediche delle altre culture né di folklore. La vita nell’interculturalità nasce dalla capacità di ricordare e saper narrare se stesso, le proprie origini storiche, la propria vita, le persone che formano il tessuto della nostra vita, la propria esperienza di missionario comboniano a partire dai valori della propria identità culturale …

Deve essere però una capacità di ricordare e narrare accompagnata dal desiderio di ascoltare e imparare dall’ “altro”, creando così un rapporto di reciprocità tra le persone, di scambio di doni nella gratuità. Nasce allora la comunità come gruppo di persone fondato anzi tutto sulla condivisione della vita, sulla cultura del dono di sé, nella quale si condividono anche compiti e responsabilità.

Oggetto primario del nostro far memoria che fonda il nostro stare insieme, è Dio vissuto e narrato in sintonia con lo spirito che guidò Daniele Comboni nel suo cammino missionario.

Parafrasando Dt 8, 2-6.20 e 1Tim 2, 8, possiamo formulare l’imperativo divino a ricordare in questi termini:

“Ricordati del Signore tuo Dio…,
ricordati di Gesù Cristo, Buon Pastore dal Cuore Trafitto…
ricordati di tutto il cammino che il Signore, tuo Dio,
ti ha fatto percorrere sulla via della Missione
che ha aperto per mezzo del suo servo Daniele Comboni”.

Ricordare Dio in sintonia con Daniele Comboni significa metterci in ascolto di san Daniele Comboni, il quale ci narra anzitutto Dio nel suo Mistero Trinitario, che ci consacra con lui al servizio missionario:

“Il cattolico, avvezzo a giudicare delle cose col lume che gli piove dall’alto, guardò l’Africa non a traverso il miserabile prisma degli umani interessi, ma al puro raggio della Fede; e scorse colà una miriade infinita di fratelli appartenenti alla sua stessa famiglia, aventi un comun Padre su in cielo, incurvati e gementi sotto il giogo di Satana, posti nell’ordinaria economia della divina Sapienza in sull’orlo del più orrendo precipizio. Allora, trasportato egli dall’impeto di quella carità accesa con divina vampa sulla pendice del Golgota, ed uscita dal costato di un Crocefisso, per abbracciare tutta l’umana famiglia, sentì battere più frequenti i palpiti del suo cuore; e una virtù divina parve che lo spingesse a quelle barbare terre, per stringere tra le braccia a dare un bacio di pace e di amore a quegl’infelici suoi fratelli, sovra cui par che ancora pesi tremendo l’anatema di Canaan” [Piano per la rigenerazione dell’Africa, Torino 1864 (prima edizione italiana); S 2742. RV 20-21; 46; 56; VC 17-22].

Il Dio di questo Mistero

  • è il Dio della vita, il Padre di tutte le genti, che è autore della “più nobile avventura”, che è precisamente l’“ardua e difficile vocazione” di proclamare la Buona Notizia a tutti i popoli;
  • è il Dio della vita che si manifesta a noi nel Cuore Trafitto di Gesù, Buon Pastore;
  • è il Dio che, unendoci al Cuore di Cristo e alla sua Croce, trasforma il nostro cuore rendendolo capace di coinvolgersi nella sorte dei “più poveri e abbandonati” e così “fare causa comune” con essi.

Imparare il Mistero di Dio sotto la guida di san D. Comboni ci porta a:

  • rimanere in continua crescita nell’identificazione vocazionale, qualificata dagli ideali e dall’esperienza di Daniele Comboni: RV 81-82; 85;
  • individuare la presenza provvidente di Dio nella nostra propria vita, nella nostra comunità e nel mondo di oggi sconvolto da contrasti interplanetari, ma che non cessa di cercare il cammino della salvezza (cf AC ’97, 3-9);
  • vivere con la certezza di essere abitati da una PRESENZA che è Provvidenza e che, perciò, dà senso alla nostra vita, fatta di successi ma anche di avvenimenti che ci appaiono in contrasto con il nostro cammino di dedizione missionaria (cf AC ‘ 97, 5-9);
  • vivere la nostra consacrazione missionaria come dono e come risposta responsabile alla gratuità della chiamata divina e così attingere nuovo vigore per la nostra consacrazione “ad vitam” per la missione “ad Gentes” (RV 10.1; 13.1; AC ’97, 14; AC ’09, 5.1);
  • imparare a tenere gli occhi fissi sul Cuore Trafitto di Gesù Cristo per condividere i suoi palpiti per il dolore, le ansie, le gioie, e le vittorie dei popoli a cui ci invia (cf AC ’97, 12-14; AC ’09, 5.3);
  • saper tirar fuori dall’archivio del nostro cuore cose antiche e cose nuove, che ci impegnino con entusiasmo nel presente e che ci proiettino con speranza nel futuro (AC ’97, 13; AC ’09, 5.7).
  • ispirandoci alla vita delle primitive comunità cristiane e promovendo uno stile missionario che rispecchia l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, contestualizzata oggi dai documenti del Magistero di papa Francesco: Evangelii Gaudium – la gioia del Vangelo –, Laudato Si’ – l’ecologia integrale – e Fratelli Tutti – la fratellanza universale e l’amicizia sociale (AC ’22, 27).

La finalità e gli ambiti del nostro ricordare ce li suggerisce l’Esortazione Apostolica “Vita consacrata” (1996) nei nn. 36-37, dove ci invita alla fedeltà al carisma e alla fedeltà creativa.

Far memoria, in fatti, significa ritornare alle nostre origini, riallacciarci alle nostre radici, da cui riceviamo energie sempre nuove che ci spingono ad approfondire la nostra identità e a ravvivare il senso di appartenenza alla Famiglia Comboniana. Significa riconoscere che la nostra storia personale è entrata a far parte del percorso missionario della Chiesa mediante l’Istituto, che il nostro nome fa parte dell’albero genealogico di questa famiglia missionaria; significa, per tanto, sentire che nel mio cammino missionario non sono solo ma faccio parte di una catena di vite di generosa santità missionaria creata da Dio mediante il suo servo Daniele Comboni, che si espande intorno a me e attraverso di me…

La Vergine Maria ci insegna come ricordare, per proseguire il cammino, capaci di discernere e favorire i doni che lo Spirito Santo distribuisce a tutti, promovendo una Chiesa ministeriale: Lc 2, 12.51; At 1,12; RV 24; 47.3; AC’ 97, 18.

La Vergine Maria che ricorda è la figura centrale nei primi due capitoli del Vangelo di Luca, che possono essere considerati come i “capitoli del cuore”, poiché questo termine è presente per 6 volte: “Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, per ricondurre i cuori dei padri verso i figli e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto (Lc 1,17)”; “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore” (Lc 1,51); “Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: “Che sarà mai questo bambino?” si dicevano. E davvero la mano del Signore stava con lui” (1,66); “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (2,19); “perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (2,35); “Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore” (2,51) mostrando come la sede fondamentale nella quale la Parola è chiamata a penetrare è proprio il cuore, che è capace di ricordare.

Il cuore di Maria è totalmente disponibile a Dio che le parla e Maria diviene per tutti il modello del discepolo che ascolta e ricorda. Maria è la Vergine che scolta; in lei la Parola mediante l’ascolto radica nel suo cuore e diventa vita in gestazione, in crescita; poi, Maria “ricorda ed attualizza” di continuo questo seme generato in Lei, la memoria contiene in sé germi vivificanti, immette e sprigiona energie innovative.

Maria… “ricorda ed attualizza”! Maria ci insegna come si accoglie la Parola (Annunciazione), la si genera (Natività), la si presenta al mondo (Epifania), la si conserva dentro di sé (vita di Nazareth), le si crede (presenza a Cana), la si diffonde (Visitazione), le si è fedeli nell’ora della prova (Crocifissione), la si testimonia nella condivisione della fede (Pentecoste).

Per la riflessione personale

— Dt 8: Ricordati del cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere…

  • Richiama alla tua memoria questi ultimi anni: nella missione, nella provincia, nella tua comunità; cerca il filo conduttore tracciato dalla mano provvidente di Dio Padre…; rendigli grazie, perché dove abbondarono le difficoltà, sovrabbondò il suo amore…

— 2Tim 2, 1-14: Ricordati di Gesù Cristo, risuscitato dai morti…

  • e accogli la pro-vocazione che viene dalla sofferenza attraverso la quale sei passato o stai passando…
  • Domandati: Dalle difficoltà attraversate unito a Cristo Gesù, quale risurrezione è avvenuta in me? Qual è la resurrezione che Gesù sta preparando per me, per noi, nelle difficoltà che sto attraversando, che stiamo attraversando?

— Impara a ricordare con la Vergine Maria: Lc 2, 19.51; At 1, 12; RV 24; 47.

P. Carmelo Casile
Casavatore, gennaio 2014 / aprile 2023
[comboni2000]