Roma, 17 marzo 2002
“Intendiamo scrivere questa Lettera spinti (…) dal crescente desiderio di collaborare tra noi in modo più creativo e costruttivo, desiderio che si fa sentire forte soprattutto dove c’è sofferenza per la mancanza di questa collaborazione. Crediamo che il sogno di Daniele Comboni è stato quello di costituirci cenacolo di apostoli – uomini e donne di diverse nazioni e culture che fanno unità attorno all’intuizione carismatica scaturita dal Cuore Trafitto di Gesù Cristo. È da questa Fonte Vitale che nasce la collaborazione tra gli Istituti comboniani come una dimensione essenziale del comune carisma missionario. Siamo ugualmente convinti di ereditare da Daniele Comboni la collaborazione come espressione genuina della sua metodologia missionaria. Lui infatti contemplava nell’orizzonte del suo Piano sacerdoti, fratelli, suore, laici, maestri, artigiani, persone africane e di altri continenti, tutti partecipi dell’unica équipe missionaria”. [Le Direzioni Generali dei tre Istituti comboniani: comboniani, comboniane e secolari comboniane].

LE DIREZIONI GENERALI DEI TRE ISTITUTI COMBONIANI
THE GENERAL ADMINISTRATION OF THE THREE COMBONI INSTITUTES

COLLABORAZIONE PER LA MISSIONE

“Diamoci tutti a vicenda la mano”
(Scritti 2182)

Roma, 17 marzo 2002

Anniversario della beatificazione di Daniele Comboni

Genesi

In diverse occasioni molti confratelli e consorelle, a livello personale e comunitario, hanno manifestato il desiderio di promuovere tra i nostri Istituti Comboniani una collaborazione più stretta e fruttuosa, come dimensione essenziale del comune carisma missionario. Il desiderio di approfondire e discernere esperienze fatte a questo riguardo ci ha portato ad organizzare incontri come quello di Entebbe, Uganda (21 luglio - 10 agosto 1996) e a numerosi interventi durante vari raduni (in particolare nel contesto della preparazione alla beatificazione di Daniele Comboni).

I nostri ultimi Capitoli Generali ed Assemblee Intercapitolari hanno raccolto, seppur brevemente, questo stesso desiderio condiviso da tanti. I tre Consigli Generali – Missionari Comboniani, Suore Missionarie Comboniane e Secolari Missionarie Comboniane – radunati a Firenze (28 dicembre 2000) hanno discusso su questo tema e hanno pensato di organizzare a Roma un seminario, allargando l’invito, oltre che ai tre Consigli Generali, anche ad altri membri degli Uffici e Segretariati Generali (23 - 24 giugno 2001).

È stato alla fine di questo “workshop” che abbiamo deciso, fra altre iniziative, di scrivere questa Lettera indirizzata a tutta la famiglia comboniana.

SALUTO E FINALITÀ

Carissimi/e fratelli e sorelle,

1. Iniziamo questa riflessione con l’augurio del beato Daniele Comboni: “Diamoci tutti a vicenda la mano: uno sia il voto, uno lo scopo, uno l’impegno di tutti coloro che amano Gesù Cristo, quello di conquistargli l’infelice Nigrizia” (Scritti 2182). Preghiamo perché questo desiderio di Comboni possa diventare una realtà e trovarci uniti/e in un cuore solo per affrontare le sfide missionarie d’oggi con generosità e gioia.

2. Intendiamo scrivere questa Lettera spinti, prima di tutto, dai “segni dei tempi”. Il pensiero e gli avvenimenti contemporanei ci provocano fortemente a identificare il volto odierno della missione nella capacità di comunione e collaborazione. La Chiesa sta riscoprendo il suo compito profetico d’essere seme di una umanità solidale, portatrice di un processo radicale di fraternità, di giustizia e di pace. Gli uomini e le donne del nostro tempo si aspettano una collaborazione fatta di segni concreti a tutti i livelli che superi i pregiudizi e sia capace di aprire canali nuovi di speranza. 

3. Siamo spinti però in modo particolare dal crescente desiderio di collaborare tra noi in modo più creativo e costruttivo, desiderio che si fa sentire forte soprattutto dove c’è sofferenza per la mancanza di questa collaborazione.

4. Crediamo che il sogno di Daniele Comboni è stato quello di costituirci cenacolo di apostoli – uomini e donne di diverse nazioni e culture che fanno unità attorno all’intuizione carismatica scaturita dal Cuore Trafitto di Gesù Cristo. È da questa Fonte Vitale che nasce la collaborazione tra gli Istituti comboniani come una dimensione essenziale del comune carisma missionario.

5. Siamo ugualmente convinti di ereditare da Daniele Comboni la collaborazione come espressione genuina della sua metodologia missionaria. Lui infatti contemplava nell’orizzonte del suo Piano sacerdoti, fratelli, suore, laici, maestri, artigiani, persone africane e di altri continenti, tutti partecipi dell’unica équipe missionaria. 

Scopo

6. La finalità di questa Lettera è quindi di stimolare, seguendo le orme del nostro Fondatore, la collaborazione tra gli Istituti comboniani, come esigenza della nostra vocazione missionaria e testimonianza evangelizzatrice. 

7. Vorremmo anche incoraggiare ad accompagnare questa riflessione con proposte pratiche e mezzi concreti per introdurla nella prassi quotidiana del nostro servizio missionario e farla crescere sempre di più.

I. A PARTIRE DALLA NOSTRA REALTÀ

Guardando al positivo

8. Certamente la collaborazione è una realtà già in atto nelle persone stesse dei nostri Istituti. Molti sono gli ambiti (vita spirituale e i vari campi dell’apostolato), i modi e le circostanze nelle quali i membri dei nostri Istituti si impegnano a lavorare in armonia e condivisione. Molti di noi custodiscono esperienze di comunione fraterna che sono state fondamentali nell’affermare la propria vocazione e il lavoro apostolico. Come famiglia comboniana, iniziando dal primo gruppo missionario raccolto attorno al Fondatore, abbiamo una storia costellata da esempi luminosi di collaborazione come veri fratelli e sorelle. Infatti abbiamo davanti a noi delle icone che parlano più delle parole:

- Alla caduta della Mahdia Mons. Antonio Roveggio riceve Teresa Grigolini ad Asswan. L’ascolta e si convince che davanti a Dio ella si acquistava meriti grandissimi per questo nuovo ed inaudito genere di sacrificio (il suo matrimonio) compiuto per l’intero gruppo (missionari e missionarie prigionieri del Mahdi).

- Verso la fine di agosto del 1903 P. Giuseppe Beduschi è morente a Lul mentre Suor Giuseppa Scandola nella stessa missione appare in buona salute. Gli manda a dire: “…lei non morrà, in sua vece morirò io…” e per lui offre la vita. Infatti, Suor Giuseppa muore dopo qualche giorno, l’uno settembre 1903, e P. Giuseppe vivrà ancora per molti anni.

Daniele Comboni si mostrava orgoglioso dei suoi missionari e delle sue missionarie, uniti e fedeli nei tragici momenti di privazioni e di sofferenza, appunto quando la collaborazione si faceva carità e comunione di cuori.

9. Il dono della collaborazione viene incarnato nelle comunità concrete che lo rivestono delle loro bellezze e anche delle loro incoerenze. Vogliamo sperare che il dato positivo sia sempre più forte e alla fine possa superare ogni ostacolo. Ma, mentre riconosciamo i tanti passi in avanti, siamo pure consci del bisogno di coltivare gli atteggiamenti necessari per una collaborazione rispettosa e fiduciosa tra noi. Molti sono i nostri confratelli e consorelle che nella loro semplicità vivono questi valori, soprattutto in questo tempo in cui i nostri Istituti stanno crescendo nella internazionalità ed interculturalità.

10. Come Consigli Generali abbiamo ormai una bella tradizione di collaborazione basata sull’amicizia e sostegno reciproco. Ci raduniamo regolarmente per informarci mutuamente e condividere esperienze, iniziative, interrogativi, intuizioni. Alcune volte abbiamo anche fatto insieme gli esercizi spirituali. Nelle situazioni missionarie d’emergenza, ecc. ci confrontiamo, consultiamo e prendiamo decisioni insieme. 

11. I segretariati ed altri uffici sono quelli che maggiormente riescono a materializzare la collaborazione a livello generale. Organizzano incontri in cui si approfondiscono i principi, si programmano e si portano avanti iniziative congiunte nei vari settori come evangelizzazione, animazione missionaria, giustizia, pace e integrità del creato, formazione, promozione vocazionale ed economia.

12. Nelle province/delegazioni/regioni abbiamo costatato con piacere come in tanti posti ci sia la consuetudine di celebrare le feste comboniane assieme. Spesso si prega, si ascolta e si condivide la Parola di Dio comunitariamente. L’invito reciproco alle rispettive assemblee o agli incontri che possono interessare tutti e tutte è una pratica assai diffusa. Un po’ dovunque si cercano con creatività i mezzi e le modalità per promuovere questa dimensione di testimonianza e comunione collaborativa. C’è anche una crescente tendenza agli incontri congiunti fra i consigli provinciali o di delegazione.

Imparando dai nostri limiti

13. Rilevando la nostra fragilità, dobbiamo riconoscere che la collaborazione non si dà per scontata e bisogna impegnarsi per realizzarla. In questo senso occorre identificare le resistenze per saperle trasformare in opportunità di crescita. A volte “per delicatezza” si evita di chiarire le cause di conflitto o si vive ignorandosi a vicenda. Può capitare anche che non ci siano vere e proprie difficoltà, ma non c’è neppure una situazione di comunione feconda.

14. Le difficoltà sembrano venire soprattutto, ma non solo, dalla realtà psicologica della persona. Tutti risentiamo di lacune, frutto di una educazione che non aiuta la crescita umana, che possono tradursi in meccanismi di difesa come chiusura, rifiuto, apparente insensibilità, sete di dominio, paura, mancanza di equilibrio, ingenuità… Certe difficoltà relative al genere sono parte normale del processo di individuazione femminina o mascolina, per giungere a sentirsi a proprio agio nella complementarità a livello psicologico, spirituale e apostolico.

15. La non adeguata conoscenza delle rispettive vocazioni (sacerdote, fratello, religiosa/o, laico/a, secolare) può costituire un ulteriore motivo di difficoltà nella collaborazione, dando adito a malintesi o ad aspettative non realistiche. A volte c’è purtroppo una mancanza di accettazione e valorizzazione dei ruoli e ministeri diversi che rivela una visione ecclesiologica deficitaria.

16. Le difficoltà come il clericalismo (non solo del passato e non solo dei sacerdoti), il centrare tutto su se stessi, l’imporsi di un gruppo sugli altri, le opzioni di missionari/e che vivono ‘separati’ a svantaggio della missione o l’attivismo che non lascia spazio alla riflessione né allo stabilire delle priorità, manifestano non solo una idea di missione sbagliata che frena la collaborazione, ma soprattutto una identità vocazionale non sufficientemente interiorizzata.

17. Costatare come in alcuni luoghi l’atteggiamento di collaborazione cambia secondo l’interesse o gusto dei/delle responsabili di turno ci fa pensare. Forse mancano, oltre a delle convinzioni personali fondate sui valori, strutture e criteri comunemente accettati, che garantiscano una continuità e favoriscano la condivisione e collaborazione motivata.

II. RITORNANDO AI FONDAMENTI

18. Nella vocazione missionaria comboniana la “collaborazione tra di noi” è anzitutto un dono da ricevere con gratitudine, prima ancora che un compito da realizzare o un atteggiamento da promuovere. Un dono non conosciuto non può essere apprezzato. Il ritornare alle radici bibliche e carismatiche ci aiuta ad approfondire e ad apprezzare maggiormente il regalo di comunione ricevuto con la chiamata divina a far parte della famiglia comboniana per il servizio missionario.

Illuminati dalla Parola di Dio

19. Fin dal suo inizio la Scrittura ci rivela che siamo stati pensati e voluti da Dio e creati a Sua somiglianza. La vocazione dell’essere umano alla comunione con Dio e con gli altri è insita nella sua stessa natura: “E Dio disse: ‘Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza...’ Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1,26-27). L’opera della creazione è infatti opera dell’amore trinitario. L’immagine che la creatura umana è chiamata a riflettere, è quella di un Dio in comunione. 

20. La persona umana, creata ad immagine della “comunità divina”, è chiamata a riscoprire che la dimensione comunitaria–relazionale della vita non è un’opzione, ma la condizione indispensabile di crescita e sviluppo della personalità. Paradossalmente, quanto più ci si avvicina agli altri, tanto più si ottiene la piena realizzazione della propria identità. Come Dio-Trinità esiste per “donarsi”, così la creatura umana ritrova profondamente se stessa nella relazione interpersonale e più ancora nella complementarietà tra uomini e donne (cfr. Gen 2,18).

21. Sin dall’Antico Testamento Dio elegge Israele costituendolo “suo popolo” (Dt 7,7; Is 41,8-9) e stabilendo con lui un’alleanza. Il risultato di questo patto d’amore è la comunione di cuori tra i membri del suo popolo. Ciò che era semplice solidarietà naturale tra le famiglie, i clan e le tribù, diventa così comunione di vita a servizio del Dio che li aveva resi “uno”. Lealtà e fedeltà a Dio si esprimono nell’accoglienza reciproca e nella partecipazione attiva alla vita e al destino della comunità (Dt 22,1-4; 23,20).

22. Nel Nuovo Testamento Gesù inaugura un nuovo stile di missione in fraternità. La comunità di Gesù, 12 compagni (Mc 3,14) e un gruppo di donne (Lc 8,1-3), non sembra certo un modello di capacità collaborativa; anzi, spesso la chiusura, l’incapacità di sapere cogliere il messaggio e le sfide del Maestro, i dubbi e gli interessi personali dei prescelti, sembrano rallentare l’adempimento della missione stessa. Sono però queste persone, costituite Chiesa, popolo di Dio, che Gesù, nonostante tutto, anima, perdona, incoraggia e promuove, manifestando loro fiducia, liberandole dalle paure, coinvolgendole e rendendole partecipi del suo ministero di annuncio del Regno, di guarigione e di remissione dei peccati (Lc 9,1-6,9,12-16; 10,1-2; 24,44-48).

23. Allo stesso modo, Gesù, pur accettando il cammino lento dei più deboli, li chiama ad un cambiamento di mentalità educandoli ad accogliersi vicendevolmente senza giudicarsi (Mt 7,1-2), a perdonarsi anche “settanta volte sette” (Mt 18,22), ad assumere il suo stesso atteggiamento di servizio gratuito e di collaborazione reciproca: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10, 35-45). 

24. La comunità dei credenti accoglie e fa propria l’eredità di Gesù. Essi formano “un cuor solo e un’anima sola” (At 4,32) e realizzano la comunione tra di loro nella “frazione del pane”, nella condivisione dei beni, nel soffrire persecuzioni insieme (2Cor 1,7; Eb 10,33; 1Pt 4,13) e collaborando per l’annuncio del Vangelo (Fil 1,5). 

25. Gesù ha pregato perché anche in noi si realizzi il suo sogno di figliolanza e fraternità. Essere “una sola cosa” in lui e con il Padre è posto come condizione “perché il mondo creda” che Gesù è veramente venuto e il suo amore ci salva (cfr. Gv 17,20-23). Per farci capaci di tale testimonianza che ci vuole perfetti nell’unità, Gesù ha promesso: “…avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni…” (Atti 1,8).

26. È lo Spirito Santo, effuso nei nostri cuori, che ci conferma nella comune missione e ci rende capaci di superare gli ostacoli per giungere a sperimentare la gioia del collaborare alla costruzione del Regno di Dio (cfr. 2Cor 1, 22-24). “Vi sono, infatti, diversità di carismi; ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1Cor 12, 4-7). La disponibilità a collaborare con lo Spirito di Dio, protagonista della missione, ci mette necessariamente in comunione gli uni con gli altri, perché siamo tutti chiamati allo stesso ideale di servizio.

Sulle orme di Daniele Comboni

27. L’ideale di Comboni è quello di suscitare un coinvolgimento di tutte le forze nella rigenerazione della Nigrizia. La famiglia comboniana, oggi più che mai, si sente chiamata ad incarnare quell’ideale nella storia attuale, un’ideale che non è possibile realizzare senza una collaborazione a tutti i livelli: all’interno della famiglia comboniana stessa, in cui ciascuno mette a servizio della missione la peculiarità della propria vocazione e del proprio ministero, e all’esterno diventando, insieme ad altri Istituti e movimenti missionari della Chiesa, fermento di missionarietà fra i cristiani.

28. Comboni è convinto che l’opera a cui è chiamato affonda le radici nel disegno stesso del Padre che vuole trasformare il mondo nel suo Regno. Con profonda umiltà si pone a servizio di un progetto che non gli appartiene e la cui energia necessaria per compierlo viene dall’Alto. Questo atteggiamento è indispensabile per fondare una vera collaborazione, opposta ad ogni mira di protagonismo o di affermazione di sé in progetti personali che renderebbero vano l’annuncio missionario di cui siamo portatori e portatrici. 

29. La chiamata alla missione ci unisce, crea l’appartenenza ad un progetto comune, e come dice Comboni, ci costituisce “cenacolo di Apostoli per l’Africa, un punto luminoso che manda fino al centro della Nigrizia altrettanti raggi quanti sono i zelanti e virtuosi Missionari che escono dal suo seno: e questi raggi che splendono insieme e riscaldano, necessariamente rivelano la natura del Centro da cui emanano” (S 2648).

30. Daniele Comboni vive in prima persona questa esperienza di “cenacolo” nei rapporti con i suoi missionari/e (cfr. S 2742). L’essere “cenacolo” indica una realtà non basata su affinità di persone o di interessi umani, ma una particolare esperienza di Chiesa e di comunione che ha il suo fondamento in Cristo, Parola ed Eucaristia. È luogo d’incontro tra il mistero di Dio e la nostra realtà di persone diverse, limitate e fragili, in cui si congiungono l’iniziativa divina e la libera collaborazione umana. Il nostro essere “cenacolo di apostoli” ha lo scopo di “rivelare la natura del Centro” da cui i suoi membri traggono vigore e impulso missionario (cfr. S 2648). Questo è già “annuncio missionario”, il primo che siamo chiamati a dare.

31. Comboni, consapevole che è la Provvidenza a portare avanti l’opera missionaria, attraverso il concorso e la continuazione del lavoro di tanti (cfr. S 2700), ha perseguito con tutte le sue forze questa idea di collaborazione universale radunando attorno a sé uomini e donne, laici e religiosi, intellettuali ed operai, senza distinzione di nazionalità o di cultura: tutti elementi eterogenei, che egli doveva “mettere in perfetta armonia, ridurre ad unità di intenti e di bandiera” (cfr. S 2507-2508).

32. Significativa è l’ispirazione di Comboni: “far concorrere, per primo, nell’apostolato dell’Africa Centrale, l’onnipotente ministero della donna del Vangelo e della Suora di carità” che definisce “scudo, forza, e garanzia del ministero del missionario” (S 5284). In un periodo storico in cui si considerava l'apostolato femminile solo come un "sostegno" in tutto subordinato ai sacerdoti, Daniele Comboni, con una visione veramente profetica, parla del 'ministero' della donna e ritiene indispensabile, per la riuscita della sua opera, la collaborazione paritaria dell'uomo e della donna. Anzi, egli identifica il secolo in cui vive, come “il secolo della donna cattolica, della quale la provvidenza di Dio si serve come di veri preti, religiosi e apostoli della Chiesa, ausiliarie della Santa Sede, braccio del ministero evangelico, colonne delle missioni apostoliche straniere” (S 4465).

33. Guardando soprattutto al suo esempio, siamo certi che Daniele Comboni desiderava trasmettere ai membri dei suoi Istituti questo spirito e questa metodologia di collaborazione. Era infatti convinto che le opere di Dio, “separate le une dalle altre producono scarsi ed incompleti frutti, ed invece unite e dirette all’unico scopo, prenderebbero maggiore vigore, si svilupperebbero più facilmente e diventerebbero efficacissime ad ottenere lo scopo bramato” (S 1100).

III.  CAMMINI APERTI

Nel rapporto fra donna e uomo

34. La ricchezza più specifica che abbiamo da offrirci è il nostro essere donna o uomo. Esso ci apre alla reciprocità e complementarietà che si realizza sempre più nel conoscerci ed accettarci con apertura e maturità, nella messa in comune dei propri doni, nel vivere la consacrazione che ci unisce e nella totale dedizione alla missione che ci è stata affidata.

35. L’intuizione e la logica, le potenzialità di amare, le diverse sensibilità e modi di reagire, la percezione dei valori, i modi diversi nel vivere la fede, rendono indispensabile la complementarità e costituiscono una grande ricchezza nella comune missione.

36. Sia il nostro essere creati – uomo e donna – ad immagine e somiglianza di Dio, sia la forza del nostro comune carisma comboniano, ci rendono capaci di trasformare questi aspetti in fermenti di crescita per il Regno, coltivando atteggiamenti che ci preparano a rapporti costruttivi. Si tratta di sconfiggere sottili forme di pregiudizio e la mancanza di autenticità che impediscono relazioni responsabili e fraterne. Dobbiamo riconoscere e accettare di avere bisogno gli uni degli altri, con le nostre ricchezze e le nostre vulnerabilità.

Nel rapporto fra diversi ministeri

37. Per crescere in una positiva e feconda collaborazione all’interno della nostra famiglia comboniana c’è una premessa che non bisogna tralasciare o dare per scontata: la conoscenza reciproca che va oltre la stima e la simpatia sul piano umano e che mette in luce i doni diversi all’interno dello stesso carisma: laici e religiosi, sacerdoti e secolari, suore e fratelli. Proprio questa varietà di ministeri nello stesso carisma ne costituisce la grandezza ed è pure la dimostrazione della sua fecondità e capacità di incarnarsi nelle più diverse situazioni e stati di vita.

38. Tale conoscenza richiede uno sforzo e un impegno serio da parte di tutti, che porterà certamente il frutto di una comprensione più completa e profonda del proprio dono, oltre che di quello degli altri. Ci aiuterà a scoprire ancora meglio il vero “volto” di Comboni e la ricchezza di potenzialità del carisma che ci accomuna. Le nostre diversità-complementarietà comportano modi differenti di vivere e di esprimere la comune vocazione ad gentes, e questo si riflette sulle modalità concrete di collaborazione.

Nell’iter formativo e nella vita comunitaria

39. Vorremmo in particolare mettere in risalto il tesoro che sono le persone componenti la nostra famiglia comboniana nelle loro varietà e diversità. Questa molteplicità di età, formazione, cultura, nazionalità, personalità, esperienza e mentalità influisce necessariamente sulla collaborazione tra di noi e sulla sua dinamica pluralista.

40. Ne consegue che l’attenzione alle persone, alla loro crescita integrale ed armoniosa, risulta condizione indispensabile per creare rapporti fruttuosi fra di noi. Infatti una solida formazione nell’identità carismatica e nelle dinamiche di vita comunitaria stanno alla radice della nostra collaborazione.

41. La formazione di base e continua, che si concretizza in ogni provincia/regione/delegazione e comunità missionaria, deve prepararci al discernimento, alla condivisione e compartecipazione decisionale anche con gli altri. La formazione di “persone comunitarie”, che si avvale anche delle scienze umane, è quindi indispensabile per aiutarci ad entrare così in un mutuo processo di dialogo.

Nel servizio missionario

42. Il Concilio Vaticano II ha contribuito a un rinnovamento della nostra comprensione della missione, in particolare dandoci una visione di Chiesa come “popolo di Dio”, ministeriale, partecipativa, povera, serva e pellegrina. Altri documenti della Chiesa hanno in seguito ripreso o approfondito la dimensione della collaborazione. (Vedi Appendice 1) Le conseguenze di questa presa di coscienza sono molte. Per il nostro tema della collaborazione vogliamo soltanto sottolinearne alcune: la ricchezza e pluralità dei servizi nella missione, la costruzione di comunità ecclesiali in cammino, la compartecipazione piena del laicato e i ministeri non-ordinati, il posto della donna.

43. Collaborare tra di noi in questa prospettiva missionaria implica la scelta di una metodologia della reciprocità. Cioè, arrivare insieme ad una stessa visione o progetto comune, fiducia mutua nel lavoro in équipe per pianificare insieme, rispetto delle tappe, prudenza, pazienza, carità, perseveranza. Per riuscire in questo s’impone a tutti/e noi ascolto, riflessione, preghiera, dialogo e conversione ai valori evangelici della comunione e della partecipazione.

44. È segno di maturità apostolica porsi in atteggiamento di ricerca di vie nuove verso una sinergia di forze per giungere ad una programmazione pastorale più incisiva ed efficace. Aprirci alla collaborazione dà profondità, audacia e un respiro autenticamente “cattolico” al nostro servizio missionario, come auspicava Comboni.

Nella spiritualità comboniana

45. Collaborare nella ricerca delle nostre comuni radici rappresenta un compito prioritario. Conoscere più profondamente Daniele Comboni, la sua persona e la sua spiritualità, ci aiuterà a fare nostre la sua passione missionaria e le sue virtù. La comunione tra di noi, sull’esempio datoci da Daniele Comboni, dovrà essere focalizzata sul rapporto profondo con Gesù Cristo e l’impegno a seguirlo senza riserve, nutrito dalla preghiera nell’accoglienza umile della Parola e dall’apertura ai poveri.

46. Il confronto frequente con la vita del Beato Daniele Comboni e il quotidiano sostare in contemplazione del Cuore Trafitto di Cristo Buon Pastore, accompagnato da un lasciarci mettere in questione da Colui che ci illumina sulla verità di noi stessi, potrebbe favorire un cammino verso il raggiungimento della libertà necessaria per stare di fronte agli altri senza quella paura che blocca il dialogo e l’accoglienza fraterna.

47. La nostra spiritualità comboniana è incompleta se non consideriamo in essa i nostri defunti che vivono in Dio. Daniele Comboni e chi ci ha preceduto nei nostri Istituti sono presenti nella famiglia comboniana con la testimonianza e fedeltà della loro vita ed intercedono per noi. Nel farne memoria dobbiamo riappropriarci dell’energia carismatica specialmente di coloro che hanno incarnato in modo particolare la nostra spiritualità comboniana.

ALCUNE PROPOSTE OPERATIVE

48. È facile essere d’accordo sulla necessità di collaborare, ma mancano delle linee operative. Il più delle volte la collaborazione è lasciata all’iniziativa della singola persona o di una comunità. Cercare e usufruire dei mezzi che facilitano la collaborazione è un compito importante per tutti. (Nell’Appendice 3 abbiamo un questionario per le comunità che potrà servire come base).

49.  Proponiamo qui di seguito alcuni ambiti nei quali ci sembra che la collaborazione sia fattibile e indispensabile.

50. A livello di Direzioni Generali e Direzioni Provinciali (Regionali, di Delegazione, Zonali):

a) Promuoviamo uno sforzo comune per esplicitare gli elementi del carisma comboniano non ancora sufficientemente sviluppati o contestualizzati nei diversi continenti, ed anche per far emergere le figure storiche dei nostri missionari e missionarie che hanno incarnato e testimoniato questi valori in modo particolare. Ugualmente, impegna tutti noi, in vista della canonizzazione di Daniele Comboni, il ricupero dei luoghi dove egli visse e che contribuiscono in qualche modo a farcelo sentire più tangibile e più vicino.

b) Stimoliamo la ricerca sulla visione della missione a partire dallo studio biblico-teologico-storico fino alla metodologia missionaria negli ambienti di lavoro concreto. Un’opportunità unica ci viene offerta dalla preparazione ai prossimi Capitoli Generali dei comboniani e delle comboniane e dall’Assemblea Generale delle secolari comboniane che hanno scelto di approfondire gli aspetti dell’evangelizzazione e del come essere oggi missionari/e.

c) Il rapporto con la Chiesa locale nelle sue diverse componenti rimane sempre un aspetto prioritario del nostro servizio missionario. La collaborazione tra di noi è la manifestazione di un atteggiamento ancora più vasto e fondamentale di amore e servizio verso la gente e la Chiesa alla quale il Signore ci ha inviati. Daniele Comboni ha sempre cercato e voluto la collaborazione con la Chiesa in tutte le sue espressioni, ha avuto fiducia in essa e l’ha coinvolta in modo responsabile, disposto a condividere con amore le fatiche e miserie della gente. Anzi, è proprio la fraterna partecipazione alle gioie, angosce e speranze della Chiesa locale di cui facciamo parte che ci offre le motivazioni per la comunione tra di noi.

d) I Laici Missionari Comboniani sono una espressione concreta e stimolante della fecondità del carisma di Daniele Comboni. Loro partecipano all’attività missionaria della Chiesa, nella pluralità dei vari modelli d’impegno, secondo il carisma comboniano. Vogliamo ringraziare il Signore per il cammino da loro percorso e riconoscere nella loro testimonianza evangelica un segno dei tempi per la missione d’oggi. Con loro vogliamo mantenere rapporti di fraternità, incoraggiamento e collaborazione ai vari livelli.

e) Noi, Consigli Generali, secondo la nostre realtà, ci impegniamo a continuare il rapporto positivo di lavoro che già esiste (incontri, coordinazione delle emergenze, esercizi spirituali, informazioni), cercando di accrescere la collaborazione per il bene della missione. Sarebbe opportuno, per esempio, effettuare un coordinamento sia nelle programmazioni come nelle visite alle province/regioni/delegazioni attraverso una preparazione e valutazione insieme. Inoltre, potremmo cercare di utilizzare meglio i vari notiziari per comunicare alle nostre comunità informazioni gli uni degli altri.

51. A livello locale:

a) È nelle comunità locali dove essenzialmente si sperimenta la collaborazione tra di noi. Quindi è importante mantenere l’atteggiamento di dialogo, e dinamiche di comunicazione-informazione di qualità.

b) Già anteriormente abbiamo segnalato alcune iniziative in atto (raduni regolari dei consigli, invito a partecipare alle assemblee, celebrazione delle feste comboniane in comune, lavoro in équipe in distinti settori…). Continuiamo quindi su questa strada con entusiasmo e convinzione. 

c) Pensiamo opportuno invitare a stabilire dei criteri ed orientamenti di collaborazione nei vari settori che garantiscano anche la continuità.

d) Incoraggiamo i/le superiori/e locali ad incontrarsi e cercare con creatività mezzi di animazione per favorire la collaborazione tra le comunità.

e) Suggeriamo a tutte le province/regioni/delegazioni di organizzare un seminario (workshop) sulla collaborazione per dar modo a tutti di ascoltarsi mutuamente ed esprimere le loro aspettative e proposte circa la collaborazione. Questo potrebbe essere accompagnato da un momento celebrativo di preghiera che ci porti alla guarigione delle reciproche ferite passate e soprattutto conduca al ringraziamento per il dono della comunione realizzata.

52. A livello di Segretariati ed Uffici generali e provinciali (regionali, di delegazione, zonali):

a) A tutti i Segretariati ed Uffici chiediamo di ricuperare, nella prospettiva della collaborazione, le mozioni elaborate durante le diverse assemblee dei rispettivi settori. Abbiamo già una ricchezza di riflessione e di esperienza che ci deve stimolare a continuare.

b) La Storia degli Istituti comboniani è stata anche un cammino di collaborazione: con molte luci e qualche ombra. Invitiamo tutti i superiori/e (coordinatori/ci) provinciali/regionali/di delegazione e tutti i responsabili nei diversi settori a non risparmiare sforzi nel conservare la memoria del nostro passato ed approfondire le fonti della nostra identità. In particolare segnaliamo l’elaborazione della storia delle province e delle persone esemplari che hanno incarnato il nostro carisma, la cura degli archivi storici e dei beni culturali, la traduzione nelle varie lingue dei nostri testi fondamentali, ecc.

c) Accordiamoci nel promuovere progetti di Evangelizzazione comune nel senso della partecipazione più integrale; nella programmazione, attuazione e lavoro di équipe; o nel portare avanti centri di formazione e di appoggio alla missione.

d) Nella promozione della Giustizia, Pace e Integrità del Creato, parte integrale dell’evangelizzazione, partecipiamo non solo alle diverse iniziative, ma collaboriamo a creare una rete (networking) per una azione più audace e incisiva, a partire dal nostro impegno nei vari campi di lavoro, insieme ad altri Istituti ecclesiali e organizzazioni sociali (cfr. Lettera “La Giustizia come Relazione che Genera Vita”, 1 gennaio 2000).

e) Nella Formazione di Base incoraggiamo l’inter-scambio e la comunicazione sul processo formativo tra i nostri formatori e formatrici per quelle azioni comuni che aiutino i nostri giovani a crescere anche negli aspetti della conoscenza vocazionale, dello sviluppo psico-affettivo, della consacrazione e della missione nella complementarietà e reciprocità.

f) Nella Formazione Permanente, oltre agli aspetti essenziali sopra segnalati come l’approfondimento delle nostre radici spirituali comboniane, la visione della missione, ecc., si potrebbe pensare di approfittare meglio delle iniziative già in atto come “l’Anno Comboniano di Formazione Permanente” (MCCJ), il corso di rinnovamento in Terra Santa (SMC), le diverse iniziative riguardanti la spiritualità e il lavoro delle Secolari (Vedi Appendice 2), la preparazione ai voti perpetui (MCCJ - SMC), i seminari sulle diverse tappe della vita, sull’integrazione affettiva, sulla malattia e vecchiaia.

g) A livello di Animazione Missionaria, che offre tanti aspetti per il mutuo appoggio e collaborazione, favorire la promozione vocazionale aperta a tutte le forme di impegno di vita secondo il nostro carisma, l’animazione dei gruppi nella Chiesa locale, nei mass-media, l’appoggio e collaborazione con i Laici Missionari comboniani.

h) Sul piano dell’Economia, impegniamoci a coltivare uno stile di vita secondo lo spirito evangelico – lontano dal controllo dei soldi per il potere – e a praticare la collaborazione con gesti concreti a carattere non solo finanziario ma anche di servizi, come veri fratelli e sorelle, nella trasparenza e nella solidarietà.

53. Affinché l’impegno per la collaborazione tra i nostri Istituti produca dei frutti apostolici duraturi, ci incoraggiamo vicendevolmente ad essere concreti nel programmare le varie iniziative in comune definendo insieme oggettivi, strategie, mezzi, valutazioni (cosa? come? chi? quando?). Siamo certi che l’amore alla missione e la creatività, attivati dallo Spirito Santo, ispireranno tante altre iniziative costruttive.

CONCLUSIONE

54. Gesù ha inviato i suoi discepoli “due a due” perché, secondo la tradizione giudaica, la testimonianza d’una persona da sola non era valida, ma ci sono altre ragioni molto più rilevanti:

- noi andiamo “due a due” prima di tutto per assicurarci la Sua Presenza; lui ci dice infatti “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro” (Mt 18,20);

- e poi per evangelizzare come Chiesa, cioè come servitori gli uni degli altri, affinché vedendo come ci amiamo venga glorificato il Padre che è nei cieli (cfr. Mt 5,16).

55. La collaborazione tra di noi non ha come scopo il diventare più “efficienti” o “produttivi” secondo i criteri del capitalismo odierno, ma entrare nella logica evangelica e comboniana del morire perché l’altro/a viva. La Croce vuol essere un segno profetico, umile e radicale, della potenza di Dio che realizza in noi il suo disegno di comunione e fraternità tramite l’offerta generosa della nostra vita per il Suo popolo.

56. Il nostro augurio finale è che tutti e tutte noi possiamo riscoprire con gioia l’essere “tagliati dalla stessa Roccia” (cfr. Is 51,1) per vivere questa mistica ogni giorno nella gratitudine continua a Dio e gli uni verso gli altri.

57. Maria e Giuseppe, grandi protettori del Beato Daniele Comboni e dei nostri Istituti, ci accompagnino in questo arduo ed entusiasmante cammino.

Roma, 17 marzo 2002
Anniversario della Beatificazione di Daniele Comboni

Madre Adele Brambilla (Sup. Gen.)
Sr. Annunziata Giannotti
Sr. M. Aparecida Gonçalves
Sr. Margit Forster
Sr. Luciana Zonta

Silvana Bordignon (Resp. Gen.)
Anna Maria Menin
Clementina Lotti

Celeste Moreira de Paiva
Isabella Dalessandro

P. Manuel Augusto Lopes Ferreira (Sup. Gen.)
P. Venanzio Milani
P. Juan Antonio González Nuñez
Fr. Umberto Martinuzzo
P. Rafael González Ponce

APPENDICE 1

“GUIDATI DALLA CHIESA”

Molti sono i testi del magistero della Chiesa che ci ispirano a vivere la dimensione della collaborazione missionaria. Noi qui trascriviamo soltanto alcuni che ci sembrano particolarmente significativi.

 “L’uomo contemporaneo crede più ai testimoni che ai maestri, più all’esperienza che alla dottrina, più alla vita e ai fatti che alle teorie… La prima forma di testimonianza è la vita stessa del missionario, della famiglia cristiana e della comunità ecclesiale, che rende visibile un modo nuovo di comportarsi…” (Redemptoris Missio 41-42).

L’Evangelii Nuntiandi insiste sull’essenzialità della comunione all’interno della comunità evangelizzatrice che porta a compimento il suo mandato quando offre l’esempio “di persone mature nella fede, capaci di ritrovarsi insieme al di sopra delle tensioni concrete, grazie alla ricerca comune, sincera e disinteressata della verità” (EN 77).

Mutuae Relationes e Ad Gentes, insistono sulla mutua collaborazione tra i religiosi (MR 21) e la cooperazione tra gli Istituti missionari (AG 33), ai fini di un coordinamento pastorale e delle varie opere, fino ad incoraggiare un coinvolgimento di tutti i credenti laici, uomini e donne e della comunità cristiana nel suo insieme. 

Vita Consecrata ricorda che le comunità evangelizzatrici hanno “il particolare compito di far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale ed oltre i suoi confini… Soprattutto gli Istituti internazionali, in quest’epoca caratterizzata dalla mondializzazione dei problemi e insieme dal ritorno degli idoli del nazionalismo, hanno il compito di tener vivo e di testimoniare il senso della comunione tra i popoli, le razze, le culture” (VC 51).

Lo stesso testo rileva pure che: “il futuro della nuova evangelizzazione… è impensabile senza il rinnovato contributo delle donne”. La donna consacrata in particolare, “può contribuire ad eliminare certe visioni unilaterali, che non manifestano il pieno riconoscimento della sua dignità, del suo apporto specifico alla vita e all’azione pastorale e missionaria della Chiesa”. Inoltre, “…la nuova coscienza femminile aiuta anche gli uomini a rivedere i loro schemi mentali, il loro modo di autocomprendersi, di collocarsi nella storia e di interpretarla, di organizzare la vita sociale, politica, economica, religiosa, ecclesiale” (VC 57).

La chiamata all’unità deve diventare rapporto fraterno e mutua collaborazione anche tra i diversi Istituti di vita consacrata. “Persone che sono tra loro unite dal comune impegno della sequela di Cristo ed animate dal medesimo Spirito, non possono non manifestare, come tralci dell’unica Vite la pienezza del Vangelo dell’amore” (VC 52). “Soprattutto in quei Paesi dove per particolare difficoltà, può essere forte la tentazione di ripiegarsi su di sé, occorre che si aiutino a vicenda nel cercare di capire il disegno di Dio nell’attuale travaglio della storia, per meglio rispondervi con iniziative apostoliche adeguate” (VC 53). Risultano attuali e ispiranti le parole di San Bernardo citate in VC a proposito dei diversi Ordini religiosi: “Io li ammiro tutti. Appartengo ad uno di essi con l’osservanza, ma a tutti nella carità. Abbiamo bisogno tutti gli uni degli altri: il bene spirituale che io non ho e non possiedo, lo ricevo dagli altri… In questo esilio, la Chiesa è ancora in cammino e, se posso dire così, plurale: è una pluralità unica e una unità plurale…” (VC 52).

Il Papa Giovanni Paolo II ci presenta questo testo di spiritualità della comunione che noi dovremmo spesso meditare: “Fare della Chiesa la casa e la scuola della comunione: ecco la grande sfida che ci sta davanti nel millennio che inizia, se vogliamo essere fedeli al disegno di Dio e rispondere anche alle attese profonde del mondo. Che cosa significa questo in concreto? Anche qui il discorso potrebbe farsi immediatamente operativo, ma sarebbe sbagliato assecondare simile impulso. Prima di programmare iniziative concrete occorre promuovere una spiritualità della comunione, facendola emergere come principio educativo in tutti i luoghi dove si plasma l’uomo e il cristiano, dove si educano i ministri dell’altare, i consacrati, gli operatori pastorali, dove si costruiscono le famiglie e le comunità. Spiritualità della comunione significa innanzitutto sguardo del cuore portato sul mistero della Trinità che abita in noi, e la cui luce va colta anche sul volto dei fratelli che ci stanno accanto. Spiritualità della comunione significa inoltre capacità di sentire il fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come ‘uno che mi appartiene’, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia. Spiritualità della comunione è pure capacità di vedere innanzitutto ciò che di positivo c’è nell’altro, per accoglierlo e valorizzarlo come dono di Dio: un ‘dono per me’, oltre che per il fratello che lo ha direttamente ricevuto. Spiritualità della comunione è infine saper ‘fare spazio’ al fratello, portando ‘i pesi gli uni degli altri’ (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie. Non ci facciamo illusioni: senza questo cammino spirituale, a ben poco servirebbero gli strumenti esteriori della comunione. Diventerebbero apparati senz’anima, maschere di comunione più che le sue vie di espressione e di crescita” (Novo Millennio Ineunte, 43).

APPENDICE 2

Breve presentazione dell’ISTITUTO SECOLARE MISSIONARIE COMBONIANE

1. “L’Istituto Secolare Missionarie Comboniane, costituito a norma delle leggi della Chiesa, si compone di persone che si consacrano a Dio nel mondo per cooperare all’apostolato missionario secondo la spiritualità dell’apostolo dell’Africa Daniele Comboni e raggiungere così la propria evangelica perfezione” (Costituzioni).

2. Le Missionarie Secolari Comboniane si riconoscono come un’espressione della fecondità del carisma di Daniele Comboni. Si sentono parte della famiglia comboniana condividendone il carisma, che incarnano secondo le caratteristiche del loro Istituto. 

In Comboni – certamente sensibile al fermento che ha portato al riconoscimento del ruolo dei laici, avvenuto più tardi nella Chiesa – le Secolari Comboniane trovano profondi motivi di ispirazione, non solo sul versante della missionarietà, ma anche della secolarità.

3. La “secolarità” è l’elemento che maggiormente le contraddistingue, ed è proprio questa dimensione che vorrebbero fosse maggiormente conosciuta dagli altri membri della famiglia comboniana.

Questa conferisce un’impronta singolare alla consacrazione vissuta attraverso la professione dei consigli evangelici e alla vocazione missionaria “ad gentes”. La secolarità mette un accento particolare sulla persona, più che sull’istituzione, sull’essere fermento nascosto, più che sulla visibilità dell’organizzazione, delle opere o delle strutture.

“Seminate nella vita degli uomini per far germogliare il Vangelo al di dentro delle più svariate realtà e situazioni umane, per essere dappertutto anima e fermento di missionarietà: questa è la singolare incarnazione dell’eredità comboniana a cui Dio le chiama” (Bollettino La Nostra Voce, giugno ’97).

4. La finalità specifica dell’Istituto consiste nella “cooperazione” all’attività missionaria vissuta nelle sue diverse espressioni. Le Missionarie Secolari Comboniane privilegiano l’animazione missionaria, sia nel proprio ambiente di origine che nei Paesi in cui sono inviate per un servizio missionario. Essa è prima di tutto uno stile di vita, ma si esprime anche attraverso attività specifiche.

5. L’Istituto accoglie con gioia fra i suoi membri anche persone con handicap fisico o altra infermità cronica in atto, che sono in grado di impegnare tutta la propria vita per la missione, incarnando in modo particolare la dimensione della preghiera e del sacrificio (cfr. Col 1,24).

APPENDICE 3

QUESTIONARIO PER LA RIFLESSIONE COMUNITARIA

1. Che cosa desiderano gli uomini che le donne comprendano meglio a loro riguardo e viceversa? Che cosa dovremmo fare per accogliere le nostre reciproche aspettative? Come promuovere positivamente l’emergere e l’affermarsi del femminile nella Chiesa e fra di noi?

2. Che cosa ciascun Istituto (o realtà della famiglia comboniana) desidera che gli altri comprendano meglio della loro vocazione specifica?

3. Quale storia ciascun Istituto ha scritto per documentare agli altri la propria esperienza sia nell’ambito di vita religiosa come nella dimensione apostolica? Quali sono gli elementi del carisma comboniano da considerare più importanti come base ai nostri rapporti fraterni? Quali esempi abbiamo di confratelli o consorelle che hanno incarnato questi valori?

4. Come fare delle diversità una fonte di arricchimento e non di divisione? Che cosa considero prezioso in me che vorrei offrire agli altri? Come instaurare una collaborazione senza assolutizzare le mie idee o i miei sentimenti?

5. Che tipo di collaborazione tra i nostri Istituti (province, regioni, comunità) dobbiamo raggiungere per la comune missione? Come assicurare un processo di discernimento e di confronto/verifica per il bene della nostra azione missionaria?