In Pace Christi

Se p. Angelo Fiocco avesse tirato avanti ancora qualche mese, avrebbe fatto il settantesimo anniversario di sacerdozio e di vita missionaria, trascorsa quasi esclusivamente nelle diocesi di Gulu e di Lira. Eppure è sempre stato gracile fin dalla nascita avvenuta "per caso" a Padova, benché lui fosse veronese a tutti gli effetti.

Il segreto di tanta longevità è da ricercarsi nella serenità di spirito, nell'ottimismo che ha sempre caratterizzato questo nostro confratello, nella gioia di vivere e nell'appagamento che la vocazione missionaria gli dava.

Al don Mazza

Il papà di p. Angelo, Luigi, faceva il ferroviere ma, un brutto giorno, si accorse di essere colpito dalla TBC, "il male che non perdona", si diceva allora.

La mamma, Anna Sartori, donna coraggiosa e piena di fiducia in Dio, non si perse d'animo. Lasciati i quattro figlioletti ai suoi parenti di Colognola ai Colli, dove la famiglia abitava, andò a Padova per frequentare la scuola di ostetriche, portandosi in grembo il quinto. E proprio a Padova, il 2 febbraio 1901, Angelo vide la luce.

Ritornato a Verona, frequentò la scuola elementare "paterna". Con questo termine s'intende che fu la mamma o il suo parroco a fargli scuola (il papà morì quando aveva otto anni). Angelo andò a fare gli esami pubblici presso le scuole di Soave e fu promosso con tutti "9". Era l'anno 1912.

Poi fu accolto nel Collegio don Mazza di Verona dove venivano accolti i ragazzi "poveri, dotati di particolare ingegno e di buoni costumi", proprio come Comboni.

Tra gli alunni del don Mazza e i missionari comboniani c'era molta familiarità, per cui le idee missionarie e i racconti di vita africana erano all'ordine del giorno. I missionari si recavano spesso presso l'Istituto don Mazza per tenere conferenze e per far vedere le proiezioni sull'Africa agli alunni.

Il piccolo Angelo ne rimase affascinato e manifestò al rettore, don Giuseppe, il desiderio di farsi missionario.

"Sei un po' gracilino - gli disse questi - ma se il Signore ti chiama ti darà anche la forza e la salute sufficienti. Va'! Diventerai un bravo missionario. Io ti benedico". Nella lettera che inviò al superiore dei comboniani in data 18 settembre 1913, il rettore scrisse: "Durante i quattro mesi di permanenza nell'istituto Mazza ha tenuto ottima condotta".

Piccolo Missionario

Anche a Brescia tenne ottima condotta Angelo Fiocco. Frequentava l'Istituto Arici per la scuola, ottenendo buoni risultati. In casa, con gli altri "apostolini" si prestava ad aiutare il cuoco a lavare le posate e i bicchieri e a preparare la tavola. Allora non c'erano le suore.

Durante la ricreazione Angelo si mostrava esuberante, allegro e sempre contento; un ragazzino, insomma, amante della pace e della concordia tra i compagni e, per questo, era disposto a perdere.

Il superiore lo mandò in noviziato il primo novembre 1917 dicendo che Angelo era un bravo piccolo missionario.

A 16 anni, dunque, cominciò il suo cammino nel noviziato che allora si trovava a Savona, per diventare un buon religioso e uno zelante missionario.

P. Bernabè, suo maestro, scrisse:"E' un buon veronese che non trova nessuna difficoltà. Ciò in parte perché è tanto giovane, e in parte perché è un carattere mite e tanto buono".

Grazie a queste doti, il p. maestro lo fece "bidello". Ma dovette pentirsi in fretta. Sinceramente, Angelo non era fatto per il comando. P. Bernabè scrisse: "Era bidello da cinque mesi, ma in questi giorni dovetti togliergli quest'ufficio a causa di troppe amnesie che mi mettevano il noviziato in confusione per gli orari, ecc.".

Alla fine dei due anni aggiunse sulla sua cartella: "E' progredito bene nella virtù. Mostrò sempre grande amore alla castità e all'obbedienza. Diligente nello studio. Non ebbe mai dubbi quanto a vocazione. Il difetto che ebbe maggiormente a combattere fu una certa durezza di giudizio e poca condiscendenza con i compagni, non con i superiori. Ora le cose vanno proprio bene". Ed ecco che il primo novembre 1919 emise la professione temporanea.

Eterno vice parroco

Dopo lo scolasticato a Verona (frequentava il seminario diocesano) fu ordinato sacerdote il 12 luglio 1925 da mons. Girolamo Cardinale, vescovo di Verona.

Ventiquattrenne, partì per la missione. Nel dicembre del 1925 lo troviamo a Kitgum come coadiutore e vi rimase fino al 1934.

Dal 1934 al 1936 fu a Kalongo.

Dal 1937 al 1938 ebbe le prime vacanze in Italia. Fu inviato a Sulmona come insegnante, ma la sua esperienza di "professore" durò poco perché, più che il greco o il latino, preferiva raccontare ai ragazzi le sue esperienze di vita missionaria. E poi c'era la questione della disciplina che lui, buono com'era, non riusciva proprio ad ottenere.

Dal 1938 al 1939 fu a Gulu.

Dal 1939 al 1952 fu ad Aber con l'interruzione della prigionia a Katigondo insieme agli altri confratelli d'Uganda. Di questo periodo i confratelli ricordano le esilaranti esibizioni di pezzi d'opera (quelle che si cantano all'Arena di Verona) che estasiavano anche le rigide guardie inglesi che erano di guardia ai prigionieri. Le sue esibizioni canore lo accompagnarono per tutta la vita, fino agli oltre settant'anni. Poi dovette ripiegare su melodie più modeste o accontentarsi di qualche fischiettatina.

Dal 1952 al 1954 fu ad Alito, "padre e amico dei malati di lebbra", dice un confratello. Dal 1954 al 1955 seconde vacanze in Italia. Fu a Crema come confessore e poi anche a San Tomio a Verona.

Nel 1955 ebbe una piccola esperienza di superiore ad Aduku, questa volta come parroco. Ma fu un'esperienza breve perché si concluse come il "bidellato" in noviziato.

Dal 1955 al 1975 fu ad Aboke come vice parroco e padre spirituale del locale seminario minore.

Dal 1975 fu a Lira-Ngeta come addetto al ministero e confessore delle Suore insieme a p. Albrigo.

I catecumeni costituivano la pupilla dei suoi occhi. Li amava, li seguiva, voleva che fossero ben preparati a ricevere il battesimo e gli altri sacramenti. In essi vedeva la Chiesa di domani e sentiva tutta la responsabilità di questo suo ministero. Scherzosamente, ma con molto realismo diceva: "Sono come un muratore che mette le fondamenta di una casa. Devono essere buone".

Cappellano delle suore

Dal 1980 alla morte fu cappellano delle suore della casa madre e del noviziato delle Suore Missionarie di Maria Madre della Chiesa, fondate dal primo vescovo di Lira, mons. Cesare Asili.

"Cosa ti piace di più nella vita missionaria?", gli chiesero un giorno.

"Predicare, insegnare il catechismo e confessare", rispose con semplicità quasi non rendendosi conto che aveva detto ciò che ogni vero evangelizzatore deve fare, proprio secondo il comando di Cristo che ha detto "andate, predicate, perdonate i peccati".

Quando cominciava le sue prediche, si agganciava subito a un episodio biblico chiamando per nome il personaggio del Vecchio o del Nuovo Testamento. Ciò produceva scenette esilaranti. Un giorno, per esempio, cominciò: "Ester!". E una ragazza in chiesa:

"Sono qua, Padre!". Ma lui parlava della moglie di Assuero.

Nelle relazioni dei superiori sulla vita missionaria di p. Fiocco ci si imbatte continuamente in espressioni come: "Ottimo religioso, buonissimo padre, caro confratello allegro e di compagnia, elemento ideale di vita comunitaria...". Ma subito si aggiunge: "Non è adatto a fare il superiore perché incerto e senza iniziativa". Insomma, p. Angelo era un perfetto e obbedientissimo esecutore.

Gli acioli e i lango furono i due popoli che il Padre servì e dei quali apprese lingua, usi e costumi. Il suo forte, era il ministero tra la gente con la quale, grazie al suo costante buon umore, alla sua allegria e alla gioia di vivere, si trovava a suo agio. Amava ed era riamato.

Incredibile

In 69 anni di vita missionaria p. Angelo scrisse una sola lettera ai superiori maggiori. Segno che per lui andava sempre tutto bene. E non poteva essere diversamente per un'anima candida come la sua.

Quest'unica lettera fu quella di ringraziamento a p. Pierli, allora superiore generale, in risposta agli auguri per il suo 65 anniversario di ordinazione sacerdotale.

Anche quest'unica lettera è su una facciatina di quaderno a righe (forse aveva dimenticato che esistono i fogli da lettera). Dato che è corta, la riportiamo perché rispecchia lo stupore di quest'anima semplice nel sentirsi ricordato dai superiori.

"Ngeta, 14 luglio 1990. Molto Reverendo e Carissimo p. Pierli, i suoi auguri e quelli del Consiglio generale per il mio 65 anniversario di messa mi sono giunti assolutamente inaspettati e perciò tanto più graditi. Sono veramente commosso nel vedere l'unione fraterna che regna fra noi comboniani e la partecipazione vicendevole alla nostre gioie e dolori. Godo che vi uniate a me nel ringraziare il Signore per tante sante messe celebrate. Vi domanderei pure di domandare scusa al Signore per la mia negligenza a corrispondere a tante grazie elargitemi senza alcun merito mio.

Creda, Padre, che sono veramente riconoscente a lei a a tutti. Ricordiamoci a vicenda al Sacro Cuore, alla Madonna, al grande Comboni e agli ottimi confratelli che ci aspettano in paradiso".

Un ricordo personale

Durante una sua vacanza in Italia, p. Angelo chiese a p. Gaiga, allora a Verona, di portarlo dai suoi parenti a Colognola.

"Però - disse - dobbiamo trovarci nel cortile di casa per le ore 9.20 precise perché devo salutare un mio nipote che posso vedere solo per pochi secondi".

"Se è per questo, arriveremo anche prima", rispose l'interpellato.

Nel cortile della casa c'era altra gente in attesa. Alle 9.20 precise un aereo militare a reazione attraversò il cielo di Colognola abbassandosi leggermente di quota.

Tutti salutarono e poi rientrarono in casa soddisfatti, mentre l'aereo era già sopra Villafranca.

"Era mio nipote che aveva l'appuntamento con me per salutarmi", commentò p. Angelo tutto contento.

Il Signore è il più tenero dei Padri

Il 6 agosto 1994 p. Fiocco scrisse a fr. Elia (che doveva essere ricoverato in ospedale) una lettera di auguri nella quale gli disse di non aver paura perché "il Signore è il più tenero dei Padri e tutto ciò che dispone per noi è il meglio".

Poi passò a parlare della sua salute. "Da anni soffro di bronchite inguaribile e di altri disturbi che mi hanno molto indebolito, tanto che non ho più la forza di andare in chiesa. Celebro la santa messa in stanza mia, privatamente, e cerco di prepararmi alla chiamata del Padre che è molto vicina. Anzi, ogni mattina mi meraviglio che non mi abbia ancora chiamato".

E venne Gesù Bambino

Alle ore 7.30 del mattino di Natale Gesù Bambino venne a prenderselo. Un uomo così non poteva essere chiamato che da Gesù Bambino nel giorno del suo compleanno, perché nella sua vita p. Angelo fu simile ai bambini "ai quali appartiene il Regno dei Cieli".

P. Fiocco ha visto la nascita della Chiesa locale di Lira e la sua crescita. "Si chiamava Angelo, e fu un vero angelo per questa regione - ha detto p. Marchetti. - Ha scritto anche un bellissimo libro di meditazioni in acioli e lango.

Negli incontri coi sacerdoti preferiva parlare la lingua locale piuttosto che l'inglese. Ma ciò che colpiva tutti era la sua semplicità e gioia che ben si accordavano con la sua vita di preghiera. Si adattava ai cambiamenti dei tempi per la Chiesa e per l'Istituto senza essere turbato. Anzi incoraggiava anche gli altri ad adeguarsi. Accettò il Concilio e le innovazioni con entusiasmo degno di un giovane. Viveva con partecipazione la vita delle missioni che costituivano l'interesse principale della sua vita. Grazie alla sua lunga esistenza visse l'intera storia della missione d'Uganda con i suoi numerosi cambiamenti e seppe leggere i segni dei tempi come manifestazione della volontà di Dio. Da qui il suo perenne ottimismo.

Nel tempo della guerriglia infondeva calma e serenità a tutti, appellandosi alla Provvidenza divina che non può abbandonare chi a lei si affida.

Fu padre spirituale di tanti confratelli. E capiva se c'era qualcosa che non andava. Allora s'interessava subito e incoraggiava, quasi addossandosi le croci e le preoccupazioni degli altri, cercando di risolverle in una visione di fede.

La sua vita è stata invidiabile, come lo fu anche la sua morte. Infatti si spense come una candela che ha esaurito tutta la cera, circondato dai confratelli che pregavano per lui e lui con loro, alla maniera degli antichi patriarchi.

Dal cielo certamente intercede per noi insieme a mons. Comboni di cui si sentiva figlio devoto".

C'erano tutti

Con il vescovo di Lira, ai suoi funerali c'erano 60 concelebranti, poi fratelli, suore e novizie di Maria Madre della Chiesa. Queste volevano mostrare la loro gratitudine al loro cappellano. Poi catechisti e fedeli in un numero sterminato perché a padre Angelo tutti volevano bene.

Più che piangere la morte di un missionario, di un evangelizzatore, di uno di loro, gioirono per i 94 anni di vita e i quasi 70 consumati nell'annuncio del Vangelo.

Ora il suo corpo riposa in quella terra che ha fecondato con il suo sudore, con il suo zelo e la sua preghiera. E certamente dal cielo otterrà alla Congregazione tante vocazioni, e all'Uganda un clero indigeno (per il quale ha tanto lavorato) ecclesiasticamente sempre più impegnato. Con p. Fiocco scompare un altro missionario della prima ora, uno che ha fatto tanto onore alla Congregazione dei comboniani e che ha veramente lavorato per il Regno di Dio in Africa.    

P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 188, luglio 1995, pp.65-70

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Fr. Fiocco had hung on a few months more, he would have celebrated the 70th anniversary of his priesthood and missionary activity - which was carried out almost entirely in the dioceses of Gulu and Lira. Yet his health was never robust right from birth, which took place "accidentally" in Padua, though he was a fully-qualified `Veronese'.

The secret of such a long life has to be found in his serenity of spirit and the optimism which always characterised this confrere; in his joy of life and in the satisfaction that he got from his missionary vocation.

At the Mazza Institute

Luigi, Fr Angelo's father, was a railwayman; but one day he found he had TB, and consumption was a real killer in those days.

His mother, Anna Sartori, a courageous woman full of trust in God, had to take on the full burden of the family. She left her four children with relatives at home in Colognola ai Colli, and went off to become a midwife in Padua. She was expecting her own fifth child. That is why Angelo was born in Padua, on 2nd February 1901.

When he returned to Verona, he went to "domestic" primary school: that is, his mother and parish priest gave him his early education (his father died when he was eight). Angelo went for his public exams to Soave, and got a row of "9"; it was 1912.

Then he entered the Mazza College in Verona, which still, as in Comboni's time, took in "poor boys, intellectually gifted and well-behaved".

There was a lot of contact between the pupils and the Comboni Missionaries, so missionary ideas and stories about life in Africa went around constantly. The missionaries would go to the Mazza Institute to give talks or show slides to the lads.

Angelo was enthralled. He went to the Rector, don Giuseppe, and told him he wanted to be a missionary.

"You're not very strong," was the answer, "but if the Lord is calling you, he will give you the health and strength. Try! You'll make a good missionary. You have my blessing." In the letter he wrote to the superiors on 18th September 1913, the Rector wrote: "During his four months here at the Mazza Institute, he has been extremely well-behaved".

Little Missionary

The good behaviour continued at Brescia, where Angelo went to school as the Arici Institute, with good results. In the house, along with the other "apostolini", he did housework and helped with the washing-up. The Sisters arrived later.

At play, Angelo was energetic, enjoyed himself, and was always content: he liked peace and concord, and never minded losing. When the superior sent him off to the Novitiate on 1st  November 1917, he stated that Angelo was a fine little missionary.

In the Novitiate, which was then at Savona, Angelo began his training to become a good religious and a zealous missionary. He was still 16. The Novice Master, Fr. Bernabè, wrote: "He's a good Verona man, without problems. That's partly due to his youth, and partly to his character, which is both good and quiet."

Because of these qualities, he was made "bidello" (organiser and timekeeper). But after a while, Fr. Bernabè had to find someone else. He wrote: "He has been bidello for five months, but I have had to remove him from the office, because he is so forgetful that he throws the whole time-table and the Novitiate into confusion." But at the end of the two years, he could add: "He has made good progress in virtue. He always shows great love for chastity and obedience. Good application in studies.

Has never shown doubt about his vocation. The defect he had to correct most was a tendency to be hard in his judgement of others, and rather unyielding - with his companions, not the superiors. Now things are going very well." And on 1st November 1919, Angelo made his First Profession.

Permanent Curate

After the Scholasticate in Verona (where he studied in the diocesan seminary) he was ordained on 12th July 1925 by the Bishop of Verona, Girolamo Cardinale.

Still only 24, he went to the missions, and in December 1925 we find him as assistant priest in Kitgum, where he remained until 1934, moving the short distance to Kalongo for the next two years.

In 1937 he went for his first home leave. He was sent to teach at Sulmona, but he did not last long: instead of Latin or Greek, he preferred to impart stories about his missionary life. Then there was the question of discipline, which he was unable to enforce because of his good nature.

In 1938 he was back in Uganda, at Gulu. Then he was assigned to Aber, and stayed there from 1939 to 1952, apart from the period of internment at Katigondo during the War. The confreres interned with him remember the wonderful rendering of arias and lyrical pieces with which he gladdened many occasions. Even the British soldiers guarding the camp were thrilled. His good voice and public performances lasted until he was in his seventies; then he had to fall back on easier pieces, or just to whistle a tune.

He was at Alito from 1952 to 1954, "friend and father of the leprosy sufferers", a confrere has written.

His second year of home leave in Italy (1954-5) saw him in Crema and then at San Tomio in Verona, in pastoral ministry, especially Confessions.

He was given a try-out as superior and Parish Priest at Aduku in 1955, but like his "bidellate" in earlier times, the experience was short-lived. So he went to Aboke where, from 1955 to 1975 he was curate, and spiritual director in the local junior seminary. Having reached "retirement age", he was sent to Lira-Ngeta in 1975, for ministry and spiritual assistance to the communities of Sisters, along with Fr Albrigo.

Catechumens were his great joy. He followed them closely, and wanted them to be well-prepared for Baptism and the other Sacraments. He saw the Church of the future in them, and felt ministry to them as a great responsibility. He used to joke, but with a big element of truth: "I'm like a builder, laying the foundations of a house. They have to be good."

Sisters' Chaplain

From 1980 until his death, he ministered to communities in the Mother House and the Novitiate of the Missionary Sisters of Mary, Mother of the Church, founded by the first Bishop of Lira, Cesare Asili.

"What do you like most in your missionary life?", he was asked one day.

"Preaching, teaching catechism, hearing confessions", he answered simply, almost unaware of the fact that he was summarising the great joys of any evangeliser who is carrying out the mandate of Christ: "Go, preach, teach, forgive sins..."

Sometimes, in his sermons, he would start with a Biblical episode, calling to the main character. And sometimes there were hilarious results. One day, he called, dramatically: "Esther!" A woman in church jumped up: "Here I am, father!" - to the delight of those who realised he was calling on the wife of Assuerus.

In the comments of superiors on his life and work, two expressions are frequent: "Very good religious, wonderful priest, a dear confrere who is cheerful and mixes well - ideal for community life" and "Unsuitable for command: little initiative and can't make up his mind". In other words, he was a perfect and very obedient "foot-soldier".

His work took place among the Acholi and the Langi. He learned their language and customs, and served them zealously. His strong point was his ministry among the people with constant kindness and obvious joie de vivre. He genuinely loved the people, and they felt it, and loved him in return.

Incredible

In 69 years of missionary life Fr Angelo wrote a single letter to the major superiors. A sign that for him everything was OK. And it could not be otherwise for such a candid soul.

The single letter was written to thank Fr Pierli, Superior General at the time, for the congratulations sent on the occasion of the 65th anniversary of his ordination. It is penned on one side of a ruled sheet from a copy-book (maybe the father had forgotten there are such things as letter pads), and since it is short we can quote all of it. His wonder that the superiors should think about him at all is a mark of his great simplicity of heart.

"Ngeta, 14th July 1990. Very Reverend and Dear Fr Pierli, your best wishes and those of the General Council for my 65th anniversary of ordination came as a total surprise, and were therefore so much the more welcome. I am really moved by this experience of the brotherly union that exists among us Comboni Missionaries, and this mutual sharing in joys and sorrows. I rejoice that you join with me in thanking the Lord for all the Masses celebrated. I would request you also to ask pardon of the Lord for my negligence in cooperating with all the graces poured out on me without any merit of my own.

Believe me, father, I am very much obliged to you and to all. Let us remember each other to the Sacred Heart, to Our Lady, to the great Comboni and the marvellous confreres who are awaiting us in paradise."

A personal recollection

During one of his holidays in Italy, Fr Angelo asked Fr Gaiga who was then at Verona, to take him to his relatives in Cologna. "But it has to be for 09.20 sharp," he specified, "because we have to be in the yard to greet my nephew; I will only see him for a few seconds." "In that case", replied Gaiga, "we'll make sure we get there a bit earlier."

In the yard quite a group of people waited. At exactly 09.20 an Airforce jet flew over Cologna, and dipped slightly. Everybody waved, and then turned back to the house, pleased at the successful "visit". The aircraft was already past Villafranca by then.

"That was my nephew", said Fr Angelo, with a proud grin. "He had an appointment to come and say farewell."

The Lord is the most tender of Fathers

On 6th August 1994, Fr Fiocco wrote to Bro Elia (who was due to go into hospital) to wish him well and encourage him. "Don't be afraid; the Lord is the tenderest of Fathers, and everything he decides for us is for the best".

Then he mentioned his own health. "I have had chronic bronchitis for years, and other problems that have left me very weak. I don't have the strength to reach the church, and I celebrate Mass in my room, privately, and try to prepare for the Father's call, which must by very near. In fact, I am surprised every morning that He hasn't called me yet".

2nd Baby Jesus came

At 7.30 on Christmas morning, Baby Jesus came to take him. A man like that deserved to be called by the Holy Infant on His Birthday, because for the whole of his life Fr Angelo was like one of those children "to whom belongs the Kingdom of Heaven".

Fr Fiocco witnessed the birth of the local Church in Lira, and its growth. "His name was Angelo, and he was a real angel for this area", writes Fr Marchetti. "He wrote a book of beautiful meditations in Acholi and Lango.

"At clergy meetings he would speak in the local language rather than English. But what struck everyone was his simplicity and joy, which went together well with his life of prayer. He adapted well to the changes in the Church and in the Institute, without being at all put out. Indeed, he encouraged everyone else to adapt. He accepted the Council and its innovations with truly youthful enthusiasm. He truly "felt" the life of the missions, which were always the main interest of his life. One might say that he lived the whole cycle of the mission in Uganda, with all its events and changes, and was able to read the signs of the times as evidence of the Will of God. This was the source of his perpetual optimism. During the civil war and episodes of banditry he encouraged and calmed everyone, reminding them of divine Providence, that never abandons those who have trust.

"He was the spiritual father of many confreres. And he had a powerful intuition: when he saw that things were not right, he would immediately console and encourage, as though taking on himself the crosses and anxieties of others, trying to find a solution in the viewpoint of faith.

"His life was enviable, as was his death. He went out like a candle that has burned down to the last drop of wax, surrounded by confreres praying for him - and he with them - like one of the old patriarchs.

"He is certainly interceding for us from Heaven, along with Bishop Comboni, of whom he was a dedicated son".

They were all there

With the Bishop of Lira there were 60 concelebrating priests at the funeral; then the Brothers, the Sisters, the novices of Mary Mother of the Church. And the catechists with a huge crowd of people: all of whom Fr Angelo had loved, and now wanted to show their own appreciation and love.

Rather than mourn the loss of a missionary an evangeliser, one of them, they rejoiced over the 94 years of his life, of which almost 70 had been spent proclaiming the Gospel.

Now his body rests in the land he helped to make fertile with his sweat, his zeal, his prayer. And his intercessions will certainly bring many vocations to the Institutes and committed pastors to Uganda (he worked hard to build up the local clergy).

With Fr Fiocco another of the "grand old men" has disappeared: one who truly laboured for the Lord of the Harvest in Africa, and brought great honour to the Institute of the Comboni Missionaries.