In Pace Christi

Rizzoli Fabio

Rizzoli Fabio
Date of birth : 08/03/1923
Place of birth : Cavalese (TN)/I
Temporary Vows : 07/10/1943
Perpetual Vows : 24/09/1948
Date of ordination : 11/06/1949
Date of death : 29/09/1999
Place of death : Verona/I

La notizia della morte di P. Rizzoli per molti è giunta inaspettata, tanto rapido è stato il suo passaggio dal lavoro presso la S. Sede, alla malattia, ben presto grave e alla morte. Fino al mese di marzo del 1999, egli aveva lavorato, come da trent'anni, nel Dicastero per l'Evangelizzazione dei Popoli. Solo cinque mesi dopo venne sepolto nel suo paese natale, a Cavalese, in Val di Fiemme (Trento).

 Dalle radici familiari

 A Cavalese appunto era nato il 3 marzo 1923, da Alvise e Teresa Cemin, primogenito di tre fratelli. La madre era una normale casalinga, mentre il padre era capo di una segheria demaniale in un minuscolo paese di alta montagna, Paneveggio. Era una località piuttosto isolata: vi si celebrava la S. Messa appena due volte all'anno. Qui si svolse la fanciullezza di P. Fabio: nei giochi coi fratelli e con i cugini tendeva a prevalere. Di conseguenza, fino ai dieci anni, egli si trovò lontano dall'ambiente di parrocchia e di oratorio. Leggeva volentieri, specialmente un settimanale locale.

Quell'ambiente di montagna, aspro e dolce insieme, ha certamente influito sul suo carattere buono e riservato, e anche piuttosto chiuso, come afferma il fratello Alvise, che ci ha fornito queste prime notizie di Fabio.

Poi la sua vita cambiò in modo decisivo. Verso gli 11 anni frequentò a Predazzo, centro notevole, la scuola di avviamento commerciale. Per tale occasione fu ospite di uno zio, molto religioso, tanto è vero che un suo figlio divenne sacerdote diocesano. Questa circostanza, come pure la possibilità di frequentare gli ambienti parrocchiali, crearono un clima favorevole alla maturazione della sua vocazione missionaria. E occorre dire che i genitori appoggiarono con molto favore la sua scelta vocazionale.

 Alla formazione missionaria

 Ci sfuggono del tutto i motivi della sua scelta missionaria comboniana. Abbiamo solo la sua domanda, controfirmata dai genitori, di ammissione alla Scuola apostolica di Trento, datata il 18 agosto 1937. È una semplice carta, ma importante per noi, poiché è l'unico documento che ci assicura che egli entrò in quel seminario nell'autunno 1937. Benché fosse un ragazzo di ormai 14 anni, frequentò regolarmente in quella casa le prime tre classi, come si diceva allora, di ginnasio.

Il sottoscritto, in quegli anni fu assieme a lui, ma in una classe inferiore. Non ha di lui ricordi particolari, anche perché allora v'era una certa separazione tra le classi. Però un fatto colpì la memoria: cioè, siccome al termine di ogni trimestre, venivano esposte le classificazioni di tutti, ricorda che P. Fabio era tra i primi della classe, segno evidente delle future specializzazioni.

Nel 1940 passò al Scuola apostolica di Brescia per il ginnasio superiore. Però alla fine della 4ª ginnasio avvenne un fatto per noi singolare, ma per allora quasi necessario. Fabio venne invitato a saltare la 5ª ginnasio e andare subito in noviziato. Egli aveva già 18 anni, e si era in piena guerra, col rischio di arruolamento anche solo per lavorare. In noviziato era già considerato religioso.

Quindi dal 1941 al 1943 fece il suo regolare noviziato di Venegono Superiore, sotto la direzione del Padre Maestro, che allora era P. Antonio Tedesco. Il quale ci ha lasciato del novizio Rizzoli il seguente giudizio, che ci manifesta così il senso della sua formazione. Scrisse infatti di lui: "Il suo progresso è stato buono e si mantiene di buona volontà. Deve lavorare ancora nel suo carattere alquanto altezzoso e un po' a sé…Ama la pietà, l'osservanza regolare ed è di buona sincerità coi Superiori". E aggiunge poi: "Ingegno buono, criterio buono".

Fece la sua professione religiosa il 7 ottobre 1943. Per i successivi due anni di liceo non dovette cambiare casa, poiché lo scolasticato filosofico, per motivi di sfollamento da Verona, era a Venegono stesso. Terminato il corso filosofico, terminava anche la guerra, per cui lo scolastico Rizzoli nel 1945 poteva passare a Verona ove frequentò i primi tre anni di teologia.

Di conseguenza a Verona ricevette la tonsura e anche gli ordini minori per le mani di mons. Girolamo Cardinale. A tali ordinazioni era preceduto un giudizio di P. Agostino Capovilla, Superiore di quello scolasticato teologico. Scriveva pertanto di lui: "Capacità distinta, diligente, pietà sentita, costumi sempre illibati, buon carattere, docile, di criterio".

Nel 1948 le principali comunità di formazione comboniana subivano un cambiamento. Il noviziato veniva trasferito a Gozzano (Novara) e la casa di Venegono Superiore veniva riservata allo scolasticato teologico. Per cui lo scolastico Fabio Rizzoli ritornava a Venegono Superiore per frequentare l'ultimo anno di teologia. Fece subito i voti perpetui il 24 settembre 1948. Ricevette l'ordinazione sacerdotale a Milano dal card. Idelfonso Schuster l'11 giugno 1949. Ebbe così la grazia di essere ordinato sacerdote da un beato. Infatti, il card. Schuster è stato beatificato nel 1997 in P.zza San Pietro.

 Sulla via della specializzazione

 La classe di P. Fabio Rizzoli era giunta all'ordinazione sacerdotale in numero rilevante. Per cui i Superiori poterono con una certa facilità sceglierne alcuni per una specializzazione negli atenei romani e a Milano all'Università Cattolica.

Il P. Fabio, che nel corso della teologia aveva avuto classificazioni ottime, fu scelto per lo studio del Diritto Canonico nella Università Gregoriana di Roma. Per due anni fino al diploma di Licenza la sua comunità comboniana fu a S. Pancrazio (Gianicolo).

C'è poco da dire circa i due anni di studio giuridico nella facoltà romana. Almeno un richiamo egli stesso ce l'ha comunicato, ed è il felice ricordo di uno dei suoi professori gesuiti, cioè di P. Cappello, che oltre alla grande competenza in campo di Diritto Canonico, godeva della fama di sacerdote santo.

Nel 1951 conseguì la licenza in Diritto Canonico, e dispiace di non poter avere la rispettiva classificazione. La licenza era anche abilitazione all'insegnamento. E difatti i Superiori l'hanno destinato subito allo scolasticato teologico di Venegono Superiore, come Professore di Diritto Canonico. Ritornava quindi per la quarta volta a Venegono Superiore, e questa volta come formatore sul piano scolastico. Vi rimase due anni (1951-53): tale insegnamento completava la sua specializzazione giuridica, ma con attenzione alle esigenze scolastiche. Era un buon preludio, non solo per la missione, ma specialmente per il futuro servizio presso il Dicastero delle missioni.

Al termine di due anni di insegnamento, il Superiore dello scolasticato, P. Alessandro Medeghini, scriveva di P. Fabio: "È un gran buon figliolo, pieno di buona volontà ed amante del dovere e dello studio". Era un buon passaporto spirituale per la missione.

 L'apostolato missionario in Sudan

 Infatti i Superiori destinarono P. Rizzoli alle missioni del Sudan settentrionale. Per cui dopo quasi un anno di studio della lingua inglese in Inghilterra, col 1° luglio 1954 era addetto alla provincia di Khartoum, e vi rimase per circa 15 anni. Dopo gli anni precedenti, completamente dediti allo studio, iniziò il suo apostolato nella vita pastorale, come vice-parroco ad Ondurman, per due anni, fino al 1956.

Occorre precisare subito che la sua vita missionaria in Sudan, fu tutta una alternativa tra l'insegnamento e la vita pastorale. Dopo l'esperienza pastorale di Ondurman, P. Rizzoli passò al Cairo per lo studio della lingua araba, per ben due anni (1956-1958). Ritornò poi in Sudan, per dedicarsi per tre anni, ancora nel ministero pastorale nella missione di Atbara (1958-1961).

Ritornò poi all'insegnamento come professore al Comboni College di Khartoum. Ma tutti i successivi anni, dal 1961 al 1969, furono dedicati all'insegnamento: prima al Comboni College di Khartoum, poi a Comboni School di El Obeid (1966-1969). In questi ultimi tre anni di El Obeid fu anche Superiore della comunità comboniana locale.

Un giudizio complessivo della fase strettamente missionaria della vita di P. Fabio, ce lo dà P. De Tommasi: "È un uomo che prega molto e ha doti intellettuali speciali". Non mancava però di accennare anche ai limiti: "È consapevole della sua intelligenza" per cui facilmente "non cede ai suoi modi di vedere". Per quanto riguarda il suo modo di insegnare - aggiungeva - "è sempre stato di una condotta esemplare".

Il risultato più significativo dei suoi 15 anni di vita missionaria e anche di superiorato negli ultimi anni, fu la sua elezione a delegato al Capitolo Generale del 1969, in rappresentanza della provincia comboniana sudanese. Partiva quindi per l'Italia, certamente con l'idea di ritornare in Sudan. Non poteva immaginare allora che quello era il suo ultimo addio all'Africa; perché avrebbe trascorso il resto della sua vita al servizio della S. Sede nel Dicastero per le missioni.

 Al servizio della S. Sede per le missioni

 Ancora durante la celebrazione del capitolo speciale comboniano, P. Fabio Rizzoli, precisamente il 1° luglio 1969, venne nominato officiale della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli. I superiori di quel Dicastero avevano chiesto all'Istituto comboniano un padre ben preparato a svolgere quel delicato ufficio. E i superiori comboniani pensarono appunto a lui, dotato dei giusti requisiti. Infatti ci si può chiedere se vi poteva essere preparazione migliore: specializzazione in Diritto Canonico, esperienza missionaria di vita pastorale e di insegnamento, doti di mente e di criterio. Fu un lavoro che svolse lodevolmente per 30 ani, vale a dire per la maggior parte della sua vita sacerdotale.

Circa una corretta valutazione del suo lavoro a servizio missionario presso la S. Sede, ci vorrebbe l'intervento dei membri di quel Dicastero, che probabilmente sarà fatto in altra sede, naturalmente oltre quello che ne possiamo sapere ed esprimere noi.

Per cui ci limitiamo per questo periodo, specialmente alla sua vita comunitaria presso la Curia generalizia, alla quale apparteneva. Diciamo subito che la maggior parte della giornata la passava al Dicastero. Celebrava la S. Messa presto la mattina, da solo, a parte, per recarsi presto al suo lavoro, dal quale ritornava quando i confratelli avevano già mangiato ed erano al riposo. Talvolta si recava al Dicastero anche nel pomeriggio. Quindi necessariamente la sua vita comunitaria era piuttosto ridotta. Però bisogna riconoscere che egli era sempre fedele alla Messa intercomunitaria del venerdì, al consiglio di comunità e al ministero domenicale. Ed aiutava volentieri nelle pratiche dell'Istituto presso il Dicastero, in cui lavorava.

Pur essendo limitata la sua presenza in casa comboniana, vi erano dei momenti di dialogo con i confratelli. Per cui è giusto dire qualcosa del suo comportamento comunitario. Di carattere era piuttosto taciturno, per cui a volte bisognava trovare qualche motivo di suo interesse per parlare insieme. Tuttavia talvolta sapeva intervenire anche con forte animazione, quando si trattava, ad esempio, di correttezza nella vita liturgica, e circa la vera vita religiosa e missionaria, oppure nella fedeltà all'autorità della Chiesa. Del resto serbava il silenzio, anche perché aveva il segreto professionale, che serbava gelosamente. Anche quando veniva stuzzicato da qualcuno, per sapere, ad esempio, nomi di futuri vescovi comboniani, egli sorrideva, ma non rivelava niente.

 Africa o Roma?

 Dopo circa sette anni di servizio presso il Dicastero missionario di Roma, è stata ventilata la proposta di un eventuale ritorno di P. Rizzoli in Sudan. Lo sappiamo da una lettera del superiore provinciale di Khartoum, P. Ottorino Sina (1876) al Superiore Generale P. Tarcisio Agostoni. Dal contenuto della lettera veniamo a sapere che prima era stato interpellato lo stesso Rizzoli, il quale si era detto "ancora disponibile per la missione del Sudan". E il superiore provinciale precisava che detto Padre "potrebbe svolgere un lavoro molto utile in questa terra", per cui al Consiglio generale chiedeva il suo ritorno. Ma la cosa non ebbe seguito, per cui è rimasta quasi del tutto ignota.

Si trattava quindi di scegliere tra la missione e il servizio di Propaganda, al quale era pronto a rinunciare per sentirsi in missione. Ma continuò ancora il suo lavoro a Roma, per servire non una missione, ma tutte le missioni della Chiesa nel dicastero apposito. E col passare degli anni si perfezionava la sua competenza specifica, con l'apprezzamento dei Superiori e dei colleghi.

Una prova del tutto sicura di questa qualificata competenza, fu la sua promozione, con nomina pontificia, a capo ufficio. Infatti il S. Padre stabiliva tale nomina col decreto del 1° febbraio 1989.

Cresceva così l'importanza del suo lavoro missionario, come cresceva la stima di tutto il dicastero, a cominciare dal card. Giuseppe Tomko, che rese pubblica quella nomina. Nella sua lettera d'occasione, estendeva il suo compiacimento, non solo al P. Rizzoli, ma in modo significativo anche all'intero Istituto comboniano: "nell'esprimere l'apprezzamento e la gratitudine per il contributo che i Missionari Comboniani del Cuore di Gesù offrono alla causa missionaria anche mediante le presenza di propri membri nell'ambito di questa Congregazione".

 Nella casa del Padre

 Si può dire che P. Fabio Rizzoli è passato piuttosto rapidamente dal lavoro alla casa del Padre. Nel mese di marzo 1999 era ancora in pieno servizio presso il Dicastero di Propaganda Fide, e nel settembre successivo non era più tra noi, dopo aver dato un singolare esempio di costanza nel suo lavoro negli ambienti della S. Sede.

Di fronte alla rapidità del suo declino, bisogna dire che già da qualche anno soffriva di un diabete piuttosto forte con altri disturbi sempre crescenti. Ma benché si sottoponesse a qualche cura debita, pare che non ne facesse gran che caso. Quando la primavera scorsa lasciò finalmente il suo lavoro nel Dicastero, stette circa un mese nella comunità della Curia generalizia. Quando poi fu invitato a recarsi a Verona presso la comunità dei malati, si vedeva che era veramente malato, ma non sembrava ancora grave.

Giunto a Verona divenne quasi subito grave; e nonostante qualche ripresa, piuttosto leggera, la gravità si accentuò sempre più, e probabilmente non riuscì a reagire alle cure premurose del caso. Nonostante fosse assistito amorevolmente dagli infermieri, nonostante la soddisfazione del 50° di Messa (11 giugno 1999), nonostante fosse visitato dai confratelli a lui vicini, e nonostante la visita perfino del card. Joseph Tomko, non si riprese più, e si avviò rapidamente alla fine (29 settembre).

Le sue esequie hanno dimostrato quanto fosse benvoluto non solo dai confratelli comboniani, ma anche, e in modo particolare, dai membri del Dicastero delle missioni. Infatti ai funerali di Verona, il 1° ottobre 1999, oltre ai confratelli e ai parenti, erano presenti i rappresentanti di quel dicastero. Il Segretario aggiunto mons. Schleck Ch., ha presieduto l'Eucaristia e ha rivolto ai presenti significative parole d'occasione: "Oggi - disse - noi affidiamo al Signore la vita e l'opera di un esemplare sacerdote, oltre che di un generoso religioso missionario. Noi tutti perdiamo un fratello e un laborioso ed esperto collaboratore".

È oltremodo significativo il fatto che i rappresentanti del Dicastero romano abbiano voluto accompagnare la salma di P. Rizzoli da Verona al suo paese natale, Cavalese, e assisterono alla sua sepoltura.

Ma v'è di più. Il card. Tomko, Prefetto di Propaganda, ha saputo della sua morte, quand'era in America Latina, in qualità di Legato pontificio al congresso missionario pan-americano. Quando rientrò in Roma ha voluto presiedere a una Messa esequiale, alla presenza dei membri del Dicastero e di diversi comboniani, nella cappella ove a suo tempo il beato Daniele Comboni era stato consacrato Vescovo.

 Una preziosa eredità spirituale

 Il desiderio di leggere, almeno qualche pagina, dei suoi scritti, ci offre l'occasione di concludere la sua memoria con qualche pensiero edificante, che ci ha lasciato.

Si tratta di alcuni quaderni scritti durante alcuni corsi di Esercizi Spirituali. Notiamo, come sua caratteristica personale, quella di scrivere molto dopo ogni predica, il che non rende sempre facile individuare qual era il pensiero del predicatore e qual era il suo pensiero. Ed è questo che abbiamo cercato di cogliere, sia pure brevemente.

In questi suoi pensieri non parla del Dicastero per le missioni, benché gli Esercizi che riferisce riguardano proprio il tempo in cui vi lavorava. Si vede che durante quel tempo di grazia, voleva pensare non al lavoro, ma alla sua anima, alla sua spiritualità. Intendeva conoscere di se stesso l'autenticità come cristiano anzitutto, ma l'autenticità di missionario.

I primi due pensieri, che riferiamo, sono espressi sotto forma di preghiera, che dà così più forza al suo movimento spirituale: "Il Signore ci conceda di essere degli autentici testimoni del suo Vangelo nel mondo". In secondo luogo la testimonianza si concentra sull'Eucaristia: "Il Signore ci aiuti a gustare, vivere ed insegnare convenientemente il mistero dell'Eucaristia". Il richiamo al ministero, già accennato, viene concretamente qualificato in un chiaro proposito: "Diamoci da fare per acquistare sempre di più quelle doti umane e soprannaturali che contribuiscono a rendere il nostro ministero sacerdotale più efficace e fruttuoso".

Vediamo a parte l'ultimo pensiero, che in qualche modo si riferisce anche alla morte. Dopo la predica sul tema "incontro con Cristo", scriveva: "Solo incontrandoci con Cristo realizziamo la nostra salvezza. A che punto è il mio incontro con Cristo? Credo realmente in Cristo?". Certamente egli pensava all'incontro con Cristo, per fede, nella sua vita consacrata, e anche nel suo ministero pastorale. Ma in questa nostra prospettiva ci si permetta il riferimento al suo incontro con Cristo, il 29 settembre 1999, quando esso divenne vera realtà. Come diceva S. Paolo: "Desidero morire per essere con Cristo" (Fil 1, 23).

In conclusione possiamo dire che P. Fabio Rizzoli ci ha insegnato che la vita missionaria è un servizio per il Regno di Dio, come lui che l'ha servito coerentemente nell'Istituto, nella Missione e nella Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli.      P. Aldo Gilli MCCJ

Da Mccj Bulletin n. 205, gennaio 2000, pp. 96-103