In Pace Christi

Ghirotto Domenico Ernesto

Ghirotto Domenico Ernesto
Date of birth : 02/11/1921
Place of birth : Bastia di Rovolon (PD)/I
Temporary Vows : 07/10/1940
Perpetual Vows : 07/10/1945
Date of ordination : 07/07/1946
Date of death : 11/03/2000
Place of death : Milano/I

P. Ghirotto è nato in un tempo e in una zona dove i segni della prima guerra mondiale da poco terminata erano ancora evidenti soprattutto per lo strascico di povertà e disoccupazione che aveva lasciato. Papà Pasquale faceva lo stradino, rompeva la ghiaia, l’ammucchiava ai bordi della strada e, ogni tanto la sistemava dove si formavano delle buche. Un lavoro da poveri, mal retribuito e senza contributi. Mamma Carolina Cartolari si dedicava alla cura dei quattro figli (due maschi e due femmine) che il Signore le aveva mandato, dei quali il nostro Domenico era il secondo.

Le sorelle, rivivendo la loro infanzia e quella del fratello, ricordano Domenico come un ragazzo vivacissimo, dispettoso, terribile e molto intelligente. Pensava solo a giocare, ma era anche preciso, volitivo; gli piaceva comandare, insomma.

“Quando tornavamo da scuola, in cinque minuti faceva i suoi compiti e poi faceva anche i nostri, ma non per niente, dovevamo dargli un po’ della nostra focaccia o della nostra frutta. Era un bel sacrificio perché, a quei tempi, il cibo era misurato e l’appetito era tanto”.

“Come mai a Domenico è venuta l’idea di farsi missionario?”

“Un giorno è passato dal paese un missionario di Padova, ha parlato ai ragazzi e Domenico ha detto subito che quella vocazione era proprio per lui e partì. Aveva terminato le cinque elementari il 22 giugno 1932 ed era in attesa che succedesse qualcosa per dare una direzione alla sua vita. Questo qualcosa è stata la voce di Dio che lo ha chiamato attraverso la parola del missionario. La mamma soffrì un po’ per quella scelta perché era molto attaccata ai suoi figli, ma non si oppose. Era una donna di grande fede. E anche il papà si mostrò contento. Anzi, il papà stesso seguì il figlio nel seminario comboniano come lavorante. Vi rimase alcuni anni.

In un biglietto (datato 7 ottobre 1933) il suo parroco, sac. Antonio Brusamarello, scrisse al superiore dei Comboniani di Padova: “Il figliolo è ottimo. Spero riesca bene. Però è poverissimo ed a ciò supplirà la Provvidenza. Verremo insieme, io stesso lo accompagnerò. La famiglia, pur essendo povera, è cristiana e stimata”.

Entrato a Padova nel 1933, Domenico iniziò le medie e andò avanti sempre bene riportando ottimi voti. Poi passò a Brescia. Nell’anno scolastico 1935-1936 frequentò la terza media. Anche qui i registri del tempo riportano, agli esami finali, cinque “10”, due “8” e un “7”. Concluse la quinta ginnasio nel 1938 e passò al noviziato di Venegono Superiore. Il superiore di Brescia scrisse di lui: “Un buon giovinetto con una tinta un po’ affettuosa. Ha una bontà distinta, spirito di pietà molto rimarcato, obbedienza e regolarità esemplari. Carattere delicato, aperto e sincero. Ha molto migliorato nel vincere se stesso e dimostra buona volontà”.

Il nostro giovane, nella domanda di ammissione al noviziato, disse: “Vedo che non merito affatto un simile dono del Signore a causa delle mie manchevolezze, ma conosco anche l’immensa misericordia di Dio alla quale mi affido ad occhi chiusi”.

Verso il sacerdozio

Il giovane Ghirotto è entrato in noviziato a Venegono Superiore il 10 ottobre 1938. Aveva 16 anni e un gran desiderio di consacrare la sua vita alle missioni. Il maestro dei novizi era p. Antonio Todesco, futuro Superiore generale della Congregazione. Questi notò subito le buone disposizioni del candidato. Scrisse di lui: “Di giorno in giorno mostra di capire sempre di più lo spirito religioso e procede con sempre maggior generosità. Si è sempre mostrato entusiasta ed amante della vocazione. Lavora con impegno, con convinzione, con profitto”. Indubbiamente queste sono espressioni che denotano stima e apprezzamento.

Emessi i primi Voti il 7 ottobre 1940, festa della Madonna del Rosario, Domenico venne inviato a Verona per il liceo. Vi rimase fino al 1942. Intanto la seconda guerra mondiale, iniziata due anni prima, imponeva ai futuri missionari grossi sacrifici e frequenti paure (anche il cibo era limitato e di riscaldamento neanche si parlava). Verona era soggetta ai bombardamenti aerei americani e la casa dei Comboniani ospitava dei tedeschi. Ad un certo punto gli studenti di teologia furono mandati a Rebbio, vicino a Como, lontano dai pericoli.

Domenico Ghirotto, invece, per i primi anni di teologia venne mandato a Padova dove, con gli studi in seminario diocesano, prestava la sua opera come assistente ai giovani seminaristi di quel seminario comboniano. L’appartenere a una comunità numerosa e fervorosa giovò alla sua formazione. Dobbiamo, tuttavia, riconoscere che egli stesso fu un protagonista di quel fervore missionario che si respirava in comunità.

Spiluccando nei suoi scritti del tempo, particolarmente nelle sue domande per la rinnovazione dei Voti, troviamo delle frasi molto significative a questo proposito. Sentiamole: “Posto davanti al bivio che mi lascia libere scelte, non esito ad abbracciare la via segnata dalla Croce e dal Cuore di Cristo. La risoluzione a proseguire nel cammino intrapreso proviene dalla mia esperienza, dal consiglio del padre spirituale e dalla mia coscienza”.

Nel chiedere di essere ammesso ai Voti perpetui ed all’ordinazione sacerdotale, Domenico non nasconde la sua trepidazione e timore, ma esprime anche la fonte della sua forza e sicurezza e specifica le finalità che reggeranno poi la sua vita. Sentiamolo:

“Non nascondo il timore che provo nel decidermi a un tale passo, ma confido nel Signore il quale continuerà ad aiutarmi come ha fatto finora. Da parte mia non cercherò altro che essere fedele nella pratica di tutto quello che può giovarmi per una perfetta osservanza degli obblighi che intendo assumermi. A tale decisione non mi muovono secondi fini di interesse umano, coercizioni o timori, ma il motivo unico che mi spinge a legarmi in perpetuo al Signore nella Congregazione è la salvezza dell’anima mia e quella delle anime che il buon Dio si degnerà di affidarmi.

Il Sacerdozio è un desiderio ardente del mio cuore, la meta fissa che da anni sto sognando e al quale - con un sentimento di devota obbedienza alla santa madre Chiesa - chiedo di essere ammesso”.

Con queste disposizioni il Signore aveva preparato p. Domenico ad un lungo e fruttuoso pellegrinaggio nella via della perfezione e del servizio ecclesiale e missionario.

In Libano e in Egitto

Il 7 luglio 1946 p. Domenico Ghirotto venne ordinato sacerdote e, subito dopo, fu inviato in Libano per lo studio dell’arabo (1947-1950). Poi fu per otto anni in Egitto (1950-1958). Di questo tempo abbiamo una testimonianza di fr. Aldo Benetti:

“Nel 1953 trovai p. Ghirotto a Zamalek. Era vice parroco di p. Zanini e poi lo fu anche di p. Mengoli. Ma aiutava anche nella Procura. Ho sempre avuto di lui un’ottima impressione. Era intelligente, fine, delicato nel trattare, amato da tutti: dai Superiori e dai Monsignori della Nunziatura Apostolica, che lo stimavano. Era molto amato anche dalla gente. Conosceva bene il francese, l’inglese e l’arabo. Aveva un modo di trattare signorile e semplice.

In quel tempo io ero nella comunità di Assouan, ma il Padre, avendo notato come mi trovavo bene tra i giovani, mi fece andare a Zamalek dove i ragazzi e i giovani abbondavano. Devo dire che con p. Ghirotto, p. Mengoli, p. Salleby, fr. Mattanza e fr. Malacrida passai gli anni più belli della mia vita grazie anche all’apporto di serenità, di comprensione e di sano umorismo che p. Ghirotto sapeva infondere in tutti.

Era anche un tipo coraggioso. Ricordo che, nel gennaio del 1952, quando al Cairo ci furono delle sommosse e degli incendi, egli volle uscire di casa per vedere come andavano le cose, anche se la Nunziatura ci aveva detto di non muoverci. Il Padre non era uscito per curiosità, ma perché pensava che ci fosse qualcuno in pericolo che avesse bisogno. Solo quando sentì le pallottole fischiargli vicino alle orecchie, credette bene di prendere il primo taxi e precipitarsi a casa. Poi trovai p. Ghirotto a Roma come Procuratore generale. Ma di questo parleranno altri. Io posso dire che è sempre stato un comboniano doc”.

Nell’esercizio del ministero si fece benvolere dai confratelli e dai fedeli. Scrisse il suo superiore, p. Mengoli: “P. Ghirotto è uno che sa cooperare volentieri con gli altri; prende a cuore ciò che gli si affida e lo porta a termine con scrupolo e precisione Ha delle belle doti sia come carattere che come attività. E’ molto apprezzato negli uffici per il suo modo di trattare. Con i superiori è sottomesso e accondiscendente. Pietà distinta e molto zelo per il bene della gente”. P. Zanini aggiunse: “Ama la musica e riesce bene con i giovani dei quali cura la formazione”.

Nella sua famiglia, intanto, ci furono dei cambiamenti importanti.

All’inizio degli anni Cinquanta, una delle sorelle si trasferì ad Aosta dove aveva il fratello maggiore, Ottorino, che faceva il tecnico in sala operatoria. In confronto al Veneto di allora, la Val d’Aosta era un paradiso, soprattutto per la possibilità di lavoro per cui, un poco alla volta, anche il resto della famiglia emigrò in quella regione.

Papà Pasquale e mamma Carolina trovarono lavoro nel seminario minore diocesano, lui come factotum e addetto alla stalla (il seminario aveva della terra e delle mucche), lei come cuoca.

“La mamma - dice la sorelle Bertilla - voleva tanto bene a quei ragazzi e li trattava come fossero figli suoi. Stava attenta ai più deboli e ai magrolini e, di nascosto, metteva accanto alla loro scodella qualche biscotto in più o qualche frutto, e diceva: ‘Speriamo che i missionari trattino così’ anche il mio’. I seminaristi le volevano un gran bene e, quando la incontravano da anziana per la strada, - essi erano già sacerdoti - la abbracciavano e la baciavano con riconoscenza chiamandola mamma. Lei godeva per questo. E’ morta nel 1988 a 91 anni di età assistita da p. Domenico. Il papà, invece, era deceduto nel 1965 mentre il Padre era a Saint Jean in Canada. Non poté essere presente al funerale per la troppa distanza. Il papà era un buon cristiano e ci ha sempre insegnato cose buone e belle”.

Dal 1958 al 1960 p. Ghirotto fu a Roma come collaboratore di p. Bevilacqua, procuratore presso il Vaticano. In quell’ufficio, al quale si era preparato aiutando in Procura al Cairo, dimostrò notevoli capacità, precisione e intuizione dei problemi. Presso gli ambienti del Vaticano si fece molto stimare. Da una lettera del 5 dicembre del 1959 si vede il suo amore per gli studenti che si trovavano a San Pancrazio: “Gli scolastici sono buoni e si applicano con molto impegno. Sarebbe, però, auspicabile che il vitto fosse preparato un po’ meglio. Gli stessi Padri di passaggio mi dicono che a Roma si mangia male. Il cuoco, poveretto, fa quello che può, ma forse il lavoro di cucina non è il suo mestiere”.

In Canada

Nel 1960 i superiori gli fecero cambiare completamente aria e lo mandarono negli Stati Uniti con uno scopo ben preciso: incrementare l’opera comboniana in Canada. Fece prima una tappa a Londra per approfondire l’inglese, poi partì per la nuova destinazione. Vi giunse il 12 gennaio 1962: “Sono arrivato a Cincinnati inatteso ospite perché il telegramma si era fermato per strada. In Canada ho trovato un freddo terribile e una bufera di neve. Ma tutto sommato il viaggio è andato bene”. Ecco le destinazioni di p. Ghirotto in quella Provincia:

1962-1966 superiore locale a San Jean di Quebec, Canada. P. Ghirotto fu l’iniziatore di quell’opera comboniana destinata all’animazione vocazionale. In pratica i padri presenti in quella casa, presa in affitto da due anziane signorine (molto amiche dei missionari), si prestavano a fare da parroci in “parrocchie personali” frequentate da persone di lingua inglese in quella città dove si parlava francese. Inoltre andavano nelle scuole cattoliche al mattino e in visita alle famiglie nel pomeriggio. Proprio attraverso i ragazzi della scuola entravano in contatto con le famiglie e potevano fare tanto del bene.

I compagni di lavoro di p. Ghirotto, per alcuni anni, furono i padri Valente, Adelmo Spagnolo De Maldè, poi p. Nobili e p. Mariani ed altri. La Curia concesse loro di tenere otto Giornate Missionarie in modo da poter arrotondare le scarse entrate. A questo proposito, in una lettera del 1° agosto 1963 p. Ghirotto scrisse: “Abbiamo chiesto delle giornate missionarie agli altri vescovi del Québec; l’unica risposta che abbiamo ricevuta è stata nettamente negativa: ‘Troppi religiosi e missionari in diocesi, perciò niente giornate missionarie’, ma ciò che è peggio: ‘Neppure nessuna propaganda nelle scuole’. Speriamo bene!”.

I Comboniani erano presenti in quel vasto territorio (Canada) dal 1956 con una cappella a Brossard, che fungeva da parrocchia per i fedeli anglofoni. Nel 1960 si sentì il bisogno di fare un passo avanti. Ecco cosa scrive p. Tarcisio Agostoni sul Bollettino n. 93 (aprile 1971) a pag. 19: “Una menzione speciale merita la comunità di Brossard iniziata dieci anni fa per lanciare l’Istituto nel Canada, allora molto fiorente di vocazioni. Fu poi costruita una casa, senza però definirne le finalità. La nostra presenza in Canada, comunque, è stata voluta ed è ancora accettabile per la promozione vocazionale. Ora tutto il lavoro in questo settore è un po’ in crisi, ma è un discorso che deve essere portato avanti”. Dal 1966 al 1967 p. Ghirotto fu superiore locale proprio a Brossard.

“Quando venne in vacanza prima della partenza - dice la sorella Bertilla - p. Domenico fece il seguente commento: ‘Vedete come è bello essere missionario: si passa con la stessa disinvoltura dalle sabbie ardenti del deserto d’Egitto ai ghiacci del Canada. Si impara una lingua e si mette da parte per impararne un’altra. Davvero il missionario è l’uomo del mondo. Non è bello questo?’”.

P. Ghirotto, oltre alle normali attività di ministero, si manifestò come apprezzato consigliere e confessore di sacerdoti e religiosi. Sapeva che, per fare breccia nel cuore dei fedeli, prima bisognava penetrare il cuore dei sacerdoti.

Dal 1967 al 1970 fu vice parroco a Washington (Georgia) e dal 1970 al 1971 addetto al ministero a Cincinnati. Aiutava p. Branchesi nel mandare avanti varie iniziative atte a sostenere le opere missionarie, prima fra tutte quella del Bingo, una specie di tombola.

In quei 12 anni di presenza nella provincia Americana p. Ghirotto fece, dunque, la spola tra Stati Uniti e Canada. Furono anche anni difficili perché, nella super organizzata Chiesa americana, qualche volta non c’era spazio per i missionari italiani. In una lettera del febbraio del 1971 scritta da Montclair p. Ghirotto dice al suo compagno di messa p. Agostoni (allora Superiore generale): “E’ terribile passare giorni, settimane e mesi senza un programma di lavoro, senza un’occupazione ben determinata. Sembra che il Vescovo non abbia bisogno di noi. Ciò che mi sostiene in questa situazione è il bene che ci vogliamo in comunità e il fatto di andare tutti d’accordo. Qualcuno potrebbe dire che siamo beati, pacifici e contenti e che non abbiamo nessuna preoccupazione… Sarei ancor più contento se avessi qualcosa da fare”.

Procuratore e p. spirituale

Il suo lavoro in quella Provincia si concluse nel 1972 quando venne scelto come procuratore generale dell’Istituto con sede a Roma. Il suo servizio consisteva nel curare i contatti dell’Istituto con la Santa Sede e di prestare il suo servizio per gli aiuti economici ai vescovi comboniani e a quelli locali nei territori di missione. Fu stimato dai Superiori e dai Vescovi e sacerdoti e religiosi che nei paesi di missione hanno beneficato della sua indefessa disponibilità e assoluta discrezione. E’ ciò che ha sottolineato anche il Card. Tomko nel suo messaggio di cordoglio, inviato al Superiore generale, alla notizia della sua morte:

“Nell’apprendere dolorosa notizia scomparsa p. Domenico Ghirotto, Congregazione Evangelizzazione dei Popoli rievoca commossa la sua figura di zelante e benemerito missionario e, nel ringraziare per il prezioso lavoro da lui svolto, prima come Procuratore Generale e poi come Direttore spirituale del Collegio Mater Ecclesiae, porgo a Lei, ai suoi confratelli e ai suoi familiari sentite condoglianze, assicurando particolari suffragi”.

“Torno a Roma volentieri - scrisse al Padre generale dopo aver ricevuto l’obbedienza - e sono certo che il caldo (parlo di caldo morale) farà bene alla mia salute, anche se il cuore è sempre in Africa”.

Dal 1988 il Padre si dedicò anche alla direzione spirituale degli alunni del Collegio Mater Ecclesiae che prepara catechisti dei paesi di missione, suore e sacerdoti in modo da essere in grado di svolgere una approfondita attività di animazione ecclesiale nelle loro diocesi di origine. Affidandogli questo incarico, il Superiore generale p. Pierli gli scrisse: “Come tu sai, il Consiglio generale ritiene questo servizio molto importante e coerente con la nostra vocazione. Comboni ha insistito di salvare l’Africa con l’Africa e si è subito impegnato a preparare gli africani nei suoi collegi del Cairo, mandandone alcuni anche a Roma. Questo tuo servizio è da vedersi in questa prospettiva di fedeltà al carisma comboniano e all’ispirazione originaria del Fondatore. Sono certo che attraverso questo tuo ministero il Signore farà crescere la statura spirituale dei laici e religiosi che sono a Castel Gandolfo, e dalla cui formazione dipende molto il futuro delle giovani Chiese”.

In questo delicato incarico p. Ghirotto dimostrò subito doti eccezionali. Era pronto a capire l’individuo e metteva a fuoco il problema di ognuno con nitidezza, risultando così di grande aiuto agli alunni.

Ad un certo punto il card. Tomko, prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, lo chiese ai Superiori per quel servizio a tempo pieno. Dal 1994, perciò, il Padre si trasferì a Castel Gandolfo, dove viveva ed esercitava il suo ministero, pur continuando a far parte della comunità della Curia dei Comboniani. Qui è sempre stato considerato come un dono prezioso ricco di umanità e di spiritualità.

Di salute fu sempre piuttosto cagionevole. Nel 1974 aveva subito un infarto che lo aveva costretto a un genere di vita molto controllato, tuttavia ciò non gli aveva impedito di continuare a lavorare e di essere efficiente.

In questo ufficio ha rilevato capacità insospettate di intelligenza nel rilevare e capire i problemi degli studenti internazionali. La sua finezza d’animo e la sua dolcezza di carattere hanno lasciato in questi studenti un ricordo straordinario e unanime.

Un vero gentiluomo

A questo punto inseriamo la testimonianza di p. Antonino Orlando su p. Ghirotto. Essa ci illustra altri aspetti di una vita così intensa che non sono registrati nei documenti ufficiali.

“Lo conobbi a Verona, dal 1940 al 1942, quando venne a completare gli studi di filosofia. Io cominciavo gli studi teologici ed ero assistente (bidello) dei Filosofi e, nello stesso tempo, organista ufficiale. P. Ghirotto aveva una bellissima voce da tenore primo, delicata, pastosa. Era un piacere sentirlo a fare gli ‘assolo’ alla messa cantata.

Poi fu inviato come assistente dei seminaristi nella Scuola Apostolica di Padova: segno di maturità. Questo gli servì di tirocinio per il suo futuro lavoro in Egitto tra i ragazzi della scuola. Prima, però, fu inviato nel Sud della Francia per imparare il francese lavorando come assistente dei piccoli seminaristi in un Istituto.

Al Cairo fu addetto alla parrocchia di Saint Joseph di Zamalek, quale aiutante di p. Roberto Zanini. Conosceva bene anche l’arabo. Nel mese di aprile del 1953, p. Francesco Cazzaniga ed io fummo inviati dal Collegio Comboni di Khartoum al Cairo per sostituire p. Olivetti e p. Zanini che dovevano andare al Capitolo generale. Un viaggio straordinario, durato cinque giorni fra treno e battello, nella Valle del Nilo. P. Ghirotto ci ospitò per tre mesi, con bontà e pazienza, sempre cortese e gentile. Ci lasciava perfino le offerte delle sante Messe. Un vero gentiluomo.

Dopo il Capitolo del 1953 ci fu un grande scambio di personale tra Egitto e Khartoum: p. Zanini divenne Principal del Comboni College, p. Mengoli dalla Cattedrale di S. Matteo a Khartoum andò al Cairo quale parroco di S. Giuseppe; p. Minoli da Helouan passò quale Regionale a Khartoum. Anche p. Ghirotto fu spostato a Khartoum, come parroco di S. Matteo. Ma vi rimase neanche un anno. Fu forse il clima? Fu l’ambiente così diverso da quello del Cairo? Fatto sta che dovette ritornare al Cairo dove rimase fino al 1958.

Dopo due anni in Italia, nel 1960 fu inviato nella provincia del Nord America. Quivi perfezionò la lingua inglese. Quando, nel 1973, sostituì p. Armido Gasparini tornato in Etiopia, era certamente ben preparato ad assumere l’incarico di Procuratore presso la Santa Sede, sia per la sua preparazione linguistica come per la sua pratica di diplomazia a contatto con la Nunziatura Apostolica d’Egitto. Posso dire che p. Ghirotto ha lasciato sempre e in tutti un ottimo ricordo”.

A proposito di “gentiluomo”, chi scrive ricorda che nelle sue rare visite a Roma, trovava p. Ghirotto che gli offriva la sua macchina, senza che gliela chiedesse, se aveva bisogno di spostarsi in città per salutare qualche amico o benefattore.

Una fine veloce

Il 16 dicembre 1999 p. Ghirotto approdò a Milano al Centro Ambrosoli accompagnato da p. Luciano Benetazzo, suo successore al Collegio, da p. Valdameri e da tre suore del Collegio. Era stato all’ospedale di Albano, tenuto dalla Pie Discepole. La diagnosi fu “tumore già in metastasi”. Da tempo il Padre sentiva dei disturbi nel suo fisico ma, abituato ad una salute precaria, non ci fece gran caso e continuò il suo lavoro.

“Non si può dire che si sta male - disse un giorno a un confratello - finché si riesce a lavorare. Guardiamo l’esempio del nostro Papa. Anzi, il lavoro con un po’ di sofferenza acquista una luce diversa, più brillante direi”.

Sottoposto a cure energiche ebbe un certo miglioramento, tanto che si cominciò a sperare in una guarigione. Ma nel mese di marzo del 2000 ebbe un crollo improvviso con dolori molto forti. E’ spirato nel Centro Giuseppe Ambrosoli alle ore 1.00 di sabato 11 marzo. I funerali, nella chiesa della Madonna di Fatima, sono stati solennissimi grazie anche alla partecipazione di un centinaio di studenti del Collegio Mater Ecclesiae di Castel Gandolfo che hanno pregato in varie lingue, hanno cantato e animato la messa con danze, fiori, luci e bastoncini d’incenso. E’ stato particolarmente toccante il momento in cui tutti si sono stretti attorno alla bara cantando un’ode alla Madonna con la quale affidavano il loro Padre alla sua materna intercessione.

La voce del silenzio

Il funerale è stato proprio un rito pasquale. I giovani del Collegio hanno visto in p. Ghirotto un modello anche nell’accettare la morte, come lo era stato per anni con la sua vita dedicata. Anche i confratelli di Milano testimoniano quanto il Padre sia stato cosciente e raccolto nell’accettare il genere di morte che il Signore gli offriva. Uno ha detto che ha fatto suoi gli atteggiamenti interiori di Papa Giovanni XXIII che, quando seppe che la sua ora si avvicinava, disse: “Mi rallegro perché mi è stato detto: andremo nella casa del Signore”.

Si è visto quanto i suoi studenti l’amassero anche dal fatto che, alcuni di essi, richiesti di una parola sul Padre, invece di rispondere, scoppiavano a piangere. Tuttavia quel silenzio aveva una voce forte e ben nitida. P. Domenico aveva inciso profondamente nel loro cuore ed ora essi, andando nel mondo, avrebbero portato un po’ di anima e un po’ di cuore del loro Padre che tanto li aveva aiutati negli anni di formazione.

Due segreti della sua vita

Scrive p. Pietro Ravasio: “Vorrei svelare quelli che mi sembrano i due segreti della vita di p. Domenico. Il primo era la sua totale dedizione agli altri. I giovani del Collegio lo hanno esperimentato. Inoltre, dopo la sua sepoltura è stata trovata una sua lettera sigillata con la scritta: ‘Disposizioni per dopo la mia morte’. L’ha scritta il 19 febbraio 1973. In essa dice: ‘Dispongo che dopo la mia morte, il mio corpo possa essere fatto oggetto di prelievo a scopo di trapianto terapeutico a norma delle vigenti leggi’.

Ventisette anni prima di morire desiderava già di essere utile anche dopo la morte. Davvero una vita per gli altri.

Il secondo segreto è la celebrazione della santa messa da parte di p. Domenico. La messa era il centro della sua vita. Gesù ha anticipato la sua morte istituendo l’Eucaristia: ha spezzato il pane e fatto bere il calice con suo sangue nell’intimità con i suoi discepoli.

Celebrando l’Eucaristia p. Domenico non solo ha partecipato alla morte di Gesù ma ha preparato la sua. Ha offerto ogni giorno la vita attraverso Gesù al Padre facendo salire il suo ‘sì’ nella salute precaria per anni e, alla fine, nell’accettazione del genere di morte che il Signore ha permesso per lui. E’ stato chiamato nel sessantesimo anniversario della sua consacrazione religiosa e nel cinquantatreesimo di sacerdozio”.

P. Domenico Ghirotto è stato sepolto nella cappella dei Comboniani nel cimitero di Venegono Superiore, Varese. Di lui ci resta il ricordo di un confratello cordiale ed umano in tutti gli aspetti della sua vita. Ci resta l’esempio della sua Fede e della la sua Carità verso tutti, fatta soprattutto di cortesia, di tratto amorevole, di prudenza e di rispetto in ogni circostanza e con tutti. Che dal cielo interceda per la Congregazione e per la Chiesa sia di Africa come quella di America dove ha lavorato con dedizione.     P. Lorenzo Gaiga

Da Mccj Bulletin n. 206, aprile 2000, pp. 142-151