Comboni sogna a lungo di arrivare in Uganda, per predicare il vangelo ad africani non ancora toccati dall’islam. Si dà da fare per organizzare una spedizione verso la regione dei laghi, che è parte del suo immenso vicariato. Ne parla anche con l’esploratore Stanley. Questi, scrive Comboni nel 1878, “mi diede opportune istruzioni per giungere fino alle sorgenti del Nilo e piantarvi una missione cattolica, e mi fece una raccomandazione presso il Re M’tesa….” Una serie di circostanze sfavorevoli gli impedisce però di realizzare il suo progetto. La zona viene anzi affidata al cardinale Lavigerie e ai suoi Padri Bianchi, che sbarcano vicino ad Entebbe, sul Lago Vittoria, nel 1879.
Nell’ultimo scorcio della sua vita, Comboni segue da lontano con interesse e apprensione le vicende di quella missione. A quasi trent’anni dalla sua morte, nel 1910, il secondo successore di Comboni, Mons. Geyer, guida personalmente lungo il corso del Nilo il primo gruppo di comboniani che dal Sudan entrano nel nord Uganda, ad Omach, tra gli Alur. La malattia del sonno li obbliga ben presto a spostarsi.
Il piano dei Missionari Comboniani di spostarsi più a sud risale a quando Mons. Roveggio, nel 1890, chiese il permesso di entrare in Uganda, ma gli amministratori britannici a Entebbe rifiutarono. Mons. Francesco Saverio Geyer chiese allora il permesso di entrare in Uganda dal nord (Khartoum) e nel 1906 il permesso gli venne concesso.
La stazione missionaria di Santa Croce in Sudan, dove Comboni aveva vissuto per un breve periodo di tempo, non era lontana dall’Uganda e questo spiega il motivo per cui i missionari erano stati felicissimi di trovare i loro primi ugandesi cattolici, alcuni ex-portatori Baganda, che lavoravano nella zona. Procedettero, a dorso di mulo o a piedi, verso Nimule che raggiunsero il 2 febbraio 1910. Fu un viaggio faticoso attraverso colline, paludi e boschi. Finalmente, il 17 febbraio 1910, Mons. Francis Xaver Geyer, Fr. August Cagol e P. Albino Colombaroli, saliti a bordo del piroscafo che due volte al mese navigava tra Nimule e Butiaba sul Lago Albert, raggiunsero la loro destinazione di Koba, un insediamento sulla riva orientale del Nilo, a sud di quella che oggi è Pakwach.
Il 6 marzo 1910, Mons. Geyer benedisse una grande croce fatta con due tronchi d’albero e, con gli occhi pieni di lacrime di gioia, i tre pionieri la innalzarono nel cielo, simbolo di fede e di speranza. Non avrebbero potuto immaginare che nel giro di pochi anni la maggior parte della gente del Nord Uganda, vale a dire gli Alur, gli Acholi, i Logbara, i Langi e i Karimojong, avrebbero conosciuto i vantaggi della redenzione che Gesù Cristo aveva portato a tutta l’umanità attraverso la Croce.
Alla fine del gennaio 1911, P. Giovanni Fornasa arrivò a Omach dopo aver attraversato il Kenya, il lago Vittoria, il regno del Buganda e del Bunyoro. Tre settimane più tardi, lui e P. Colombaroli, che erano a Gulu, il 19 febbraio 1911, in condizioni di estrema povertà, iniziarono la prima missione tra gli Acholi. Fu un periodo in cui i protestanti avevano lasciato temporaneamente la regione. Fin dall’inizio vi fu una stretta collaborazione tra i Comboniani, sotto la guida di Mons. Geyer e i Missionari d’Africa (Padri Bianchi), tanto che alcuni catechisti e sacerdoti provenienti da Hoima aiutarono i Comboniani nel processo di inserimento nella loro nuova realtà di missione. Mons. Vignato chiese alla Superiora Generale delle Suore Missionarie Comboniane a Verona di poter avere delle suore per il lavoro in Uganda. Le prime raggiunsero Gulu nel dicembre 1918.
L’anno seguente si apre così la missione di Gulu, fra gli Acholi. È l’inizio di una vera epopea missionaria, che tra grosse difficoltà fa sorgere a poco a poco numerose missioni in tutto il territorio del nord Uganda, dal West Nile (1917) al Lango (1930) al Karamoja (1933).
A pochi anni dagli inizi, nel 1918, arrivano a Gulu anche le Suore comboniane, per dedicarsi in particolare alle donne. Il lavoro di prima evangelizzazione e sviluppo si svolge in un intreccio che vede collaborare fianco a fianco i due istituti comboniani, ciascuno con i propri doni e caratteristiche, nel campo della pastorale e catechesi, dell’assistenza sanitaria, della scuola e della promozione integrale della gente e del suo territorio. Il nord del paese, infatti, è considerato arretrato e primitivo e perciò spesso trascurato dalle autorità del tempo. È impossibile anche solo elencare le chiese, catecumenati, centri catechistici, dispensari, maternità, ospedali, scuolette rurali e scuole di ogni tipo e grado, secondarie, magistrali, agrarie e tecniche costruite e dirette dai missionari comboniani, suore, fratelli e sacerdoti, in tutto il nord. La seconda guerra mondiale porta con sé l’internamento di tutto il gruppo per 18 mesi a Katigondo, vicino a Masaka. Ma è solo una pausa.
Gli anni ’50 e l’inizio dei ’60 segnano l’apice dell’impegno nel settore della scuola. Il periodo che precede l’indipendenza è marcato da un particolare impegno nella formazione sociale e politica di leaders cristiani, perché sappiano assumersi le loro responsabilità nella conduzione del paese. A ciò contribuisce il mensile “Leadership”, stampato dalla tipografia di Gulu, che pubblica il giornale “Lobo Mewa” e numerosi sussidi per la formazione religiosa, liturgica, morale e civica della gente. Dopo la nazionalizzazione delle scuole, i missionari sono più liberi di impegnarsi nel lavoro pastorale.
L’espulsione in massa dei comboniani dal Sud Sudan nel 1964 diventa l’occasione per aprire nuove presenze al Sud, nelle diocesi di Kampala, Hoima e Kabale e per inserire la presenza comboniana nel tessuto ecclesiale del resto del paese. Le vicende politiche che dai tempi di Idi Amin alla presa di potere dell’attuale presidente Museveni hanno sconvolto il paese anche attraverso la lotta armata, hanno certo reso più difficile ma non impedito il lavoro missionario. La testimonianza più importante data dai missionari durante questi anni è la capacità e volontà di restare a fianco della gente, anche in situazioni di grave pericolo personale. Una decisione che costa la vita a 10 di loro, 9 padri e una suora.
Nel 1960 i Comboniani chiesero al Vescovo di Kampala un posto dove costruire una casa; fu loro assegnato un luogo situato a Mbuya Hill, dove si sviluppò la parrocchia di Mbuya e più tardi lo Scolasticato internazionale. Poi, a Namugongo, fu aperto il Centro di promozione vocazionale e missionaria.
I Comboniani si spostarono anche nella diocesi di Kasana-Luwero. Kasaala (dove, durante la guerra civile, nel 1982, fu gravemente ferito P. Cristoforetti) fu la prima missione dei Comboniani nel 1962. Fu poi aperta la missione di Katikamu, successivamente consegnata al clero diocesano. A Kasaala, nel frattempo, i Comboniani avevano sviluppato il Collegio Daniele Comboni, ora gestito dai Laici Missionari Comboniani.
Entrarono anche nella diocesi di Kabale (1966-1990) in Kigezi, stabilendo missioni a Makiro, Nyamwegabira, Buhara, Rwenyana e Kambuga. Il ritiro da questo territorio iniziò nel 1978 e l’ultimo missionario lasciò il Kigezi nel 1990.
Nel 1970 i Comboniani arrivarono nella diocesi di Hoima, impegnandosi nelle quattro parrocchie di Kigumba, Kiryandongo, Katurukire, Kyatira. Ora non c’è più nessuna presenza comboniana in questa diocesi.
Il 7 ottobre 1990 arrivarono nell’arcidiocesi di Mbarara, a Kyamuhunga, in precedenza gestita dai Missionari d’Africa. L’obiettivo principale era concentrarsi sulla promozione missionaria e vocazionale. Nel 2000 iniziarono l’attività di evangelizzazione a Nyabushozi, tra i Bahima, una zona semi pastoralista, con una comunità a Rushere. Infine, aprirono il postulato nella diocesi di Jinja.
La storia della presenza comboniana in Uganda non è certo esente da lentezze, incapacità e sbagli, ma conta al suo attivo tante realtà suscitate dalla grazia di Dio, come il martirio dei catechisti acholi Jildo e Daudi, beatificati nel 2001, e la fioritura di varie congregazioni religiose locali, maschili e femminili. Fondati e/o accompagnati da comboniani/e, questi istituti guardano a Comboni come ad un loro antenato nella fede, la roccia che li ha generati attraverso l’opera dei suoi figli e figlie. Dall’albero piantato a Gulu, Prefettura Apostolica nel 1923 ed ora arcidiocesi, sono nate le diocesi di Arua, Lira, e Moroto, che a loro volta hanno già dato origine a quelle di Nebbi e Kotido.
Molte comunità cristiane conservano nel cuore la memoria di tante comboniane e comboniani, che riposano nei cimiteri delle missioni o che sono partiti per non più tornare. Fratelli, suore e sacerdoti che hanno speso la vita per l’Uganda come pastori, medici, infermiere, insegnanti, costruttori, linguisti, meccanici, ostetriche, antropologi, ma soprattutto come madri e padri, fratelli e sorelle dei “loro” ugandesi. Solo tre nomi, scelti fra i troppi che qui non è possibile ricordare: Sr. Gabriella Menegon, viva nel cuore dei suoi lebbrosi di Alito, P. Bernardo Sartori, l’apostolo dello West Nile e P. Giuseppe Ambrosoli, il medico della carità di Kalongo. Di questi ultimi due è iniziato il processo per una eventuale canonizzazione.
Per molti anni la presenza comboniana in Uganda è stata massiccia: le comboniane hanno aperto complessivamente 42 comunità, mentre i comboniani nel 1971 toccano la punta massima di 344. Le cifre attuali (16 comunità per le comboniane e meno di 150 membri per i comboniani) indicano un progressivo ridimensionamento, una presenza più discreta, volta ad affiancare e collaborare con la chiesa locale, cercando di suscitare e mantenere viva in essa lo stesso spirito missionario e la passione per l’evangelizzazione dei poveri che ha condotto i comboniani in Uganda.
Queste sono le altre istituzioni che portano il “marchio” comboniano:
West Nile: Angal Hospital, Ediofe Health Centre, Centro Pastorale e Spirituale a Lodonga, Casa Betania per la formazione dei giovani ad Arua, Radio Pacis a Gulu e Arua, St. Joseph College a Ombaci, il PTC di Lodonga, l’S.S.S. per ragazze a Ediofe, etc.
L’Ospedale di St. Mary Lacor, il Collegio di San Giuseppe, il Centro di Spiritualità e l’Istituto Professionale Daniele Comboni a Layibi, l’Ambrosoli Memorial Hospital di Kalongo, la Sacred Heart Senior Secondary School, il PTC e il Centro Catechistico di Gulu, ecc.
Lira: Centro Catechistico e il Don Bosco Junior Vocational School.
Karamoja: Matany Hospital, la Scuola Professionale di Daniele Comboni a Naoia, Scuola per ragazzi e ragazze a Kangole.
Le sfide
Uno sguardo sommario alle zone in cui sono ancora presenti, può aiutare a capire le sfide e gli impegni che aspettano i comboniani e le comboniane nella missione in Uganda oggi.
West Nile (Diocesi di Arua e di Nebbi)
Fra le tre parrocchie della diocesi di Arua, due sono vicine al confine col Sudan e presentano notevoli difficoltà, anche perché la maggioranza della gente è musulmana. La diocesi di Nebbi, eretta da pochi anni tra gli Alur, sta ancora facendo i primi passi, alla ricerca di una sua identità. Si continua la presenza nei centri di animazione spirituale e pastorale per tutto il West Nile.
Acholi (Arcidiocesi di Gulu)
Gulu, fra gli Acholi, è la più antica missione comboniana, madre di tutte le Chiese del nord Uganda. È anche quella che conta il maggior numero di opere e strutture ecclesiali, sanitarie, scolastiche o di altro genere, dal seminario al centro catechistico, dall’ospedale alla tipografia, affidate ormai alla responsabilità della Chiesa locale. Ma la situazione sociale ed ecclesiale è resa difficile e precaria dall’insicurezza e dalle atrocità causate dall’Esercito di Liberazione del Signore (LRA) che dal 1986 affligge i distretti di Gulu, Kitgum e Pader. Il governo non ha dimostrato la capacità o volontà di risolvere il problema. Oltre che per un rinnovato impegno di evangelizzazione, dopo tanti anni di violenza e divisioni, la presenza delle suore e dei missionari comboniani in questa zona è testimonianza di solidarietà e fonte di speranza per il popolo. Qui sono stati uccisi P. Egidio Biscaro nel 1990 e P. Raffaele Di Bari nel 2000.
Lira
La diocesi di Lira, fra i Lango, ha zone che richiedono ancora un lavoro serio di evangelizzazione. Importante anche la collaborazione comboniana nel centro catechistico e pastorale, come pure l’aiuto per l’apostolato della radio diocesana Radiowa. I comboniani sono incaricati anche del santuario mariano di Iceme, meta di pellegrinaggi.
Karamoja (Diocesi di Moroto e di Kotido)
È la più giovane delle missioni comboniane, fra la popolazione semi-nomade dei Karimojong. È certamente un’area di prima evangelizzazione. I primi sacerdoti locali sono stati ordinati solo venti anni fa. La missione è resa più difficile dalle ricorrenti razzie di bestiame, carestie e lotte fra i diversi clan, che sottolineano l’esigenza di un coinvolgimento più efficace ed intelligente della Chiesa in progetti di sviluppo e promozione umana. Altri due missionari, P. Mario Mantovani e Fr. Godfrey Kiriwo, sono stati uccisi nell’agosto 2003, vittime della mancanza di sicurezza nella zona, portando a 14 il numero dei “martiri comboniani” in Uganda.
Il Sud (Diocesi di Kampala e Mbarara)
In genere, tra i Baganda ed altre popolazioni bantu del sud, la Chiesa è ben stabilita.Oltre all’impegno fra i Bayima di Mbarara e nella pastorale rurale ed urbana a Kampala, si collabora a livello nazionale nel campo dei Mass media (Radio Maria, Leadership), della coordinazione delle strutture sanitarie della chiesa, nell’università di Makerere e nei seminari nazionali come pure nell’impegno per la giustizia e la pace e nell’animazione missionaria della Chiesa locale.
Uno dei frutti della presenza comboniana in Uganda è il numero di giovani che chiedono di entrare nella nostra famiglia. 15 suore comboniane, oltre 30 sacerdoti e 4 fratelli comboniani ugandesi lavorano in varie parti del mondo, mentre vari candidati sono ospiti delle case di postulato e noviziato in Uganda. Accanto ad essi recentemente sta crescendo il numero di laici che si sentono chiamati a condividere il carisma di Comboni,diventando apostoli della loro stessa gente come Laici Missionari Comboniani.