In Pace Christi

Romanò Egidio

Romanò Egidio
Geburtsdatum : 12/01/1884
Geburtsort : Paderno Dugnano MI/I
Zeitliche Gelübde : 03/06/1910
Ewige Gelübde : 15/06/1922
Todesdatum : 21/04/1976
Todesort : Verona/I

Nasceva a Paderno Dugnano (Milano), quarto di 18 figli, il 12 gennaio 1884. A 24 anni entrava nell'Istituto dei Missionari Comboniani e a 26 anni si consacrava a Dio per le Missioni, il 3 giugno 1910. Servì la Patria per quattro anni durante la prima guerra mondiale, ed ottenne il grado di sergente maggiore. Nel 1919 partì per le missioni del Sudan. Là incominciarono subito per lui le stazioni di quella Via Crucis, la cui devozione divenne poi un cardine della sua vita missionaria e religiosa.

Un patto con Dio

Subito le febbri lo colpirono violentemente, tanto che i confratelli dicevano: «È questione di ore e Fr. Egidio ci lascerà». Gli consigliarono di prepararsi a morire bene... ma lui rispose: «Datemi piuttosto da mangiare!». Ma quando si accorse che il pericolo era imminente, allora Fr. Egidio si rivolse al Signore e lo pregò così: «Signore! Voi mi avete salvato tante volte durante la guerra, là dove ho visto così spesso la morte faccia a faccia, nelle trincee... e vorrete ora farmi morire per una febbre? Signore! datemi trent'anni di vita ed io Vi servirò fedelmente!». Il patto fu accettato in Cielo e Fr. Egidio si vide impegnato a mantenere la sua promessa: così incominciò la sua carriera missionaria. Gondokoro, Rejaf, Loa, Okaru, Torit, Palotaka sono nomi indicanti tappe luminose sulla carta geografica di una fedeltà generosa ad una professione, ad una promessa. Tornato in Italia nel settembre 1932 (dopo 13 anni di assenza) e passato un anno nella casa di Carraia, ritornò in Missione e là vi rimase, senza più ritornare in patria, fino al 1964 (esattamente 30 anni!). All'età di ottant'anni, venne espulso dal Sudan con tutti gli altri missionari. I soldati gli diedero un'ora di tempo per partire; si preoccupò di una sola cosa: impedire la profanazione della Santissima Eucaristia, e si recò in chiesa per consumare le Ostie. Chi lo fece soffrire moltissimo in quei tempi fu il governatore di Juba, Ali Baldo, che egli stesso si definiva il «Nerone» dei missionari. Più tardi questi divenne cieco e morì nel nord Sudan, assistito dalle nostre Suore. Quando giunse la notizia della sua morte, dissero a Fr. Egidio: «Se lo troverete in Paradiso, che faccia farete?». Rispose: «L'abbraccerò e gli dirò: ringraziamo il Signore che ti ha fatto soffrire e ha salvato anche te».

La settima stazione

Il restante dei suoi anni, passati nella casa madre, sono noti a tutti. E così arrivò la sua partenza per il Cielo. Il 2 aprile, venerdì della IV settimana di Quaresima, facendo la Via Crucis, pratica di pietà quotidiana, alla settima stazione, compiendo la genuflessione, cadde per terra. «Quando mi vidi per terra, insanguinato - disse a Fr. Benetti -, mi rivolsi al Signore con questa invocazione: “Bonum mihi quia humiliasti me", e poi “Signore, eccomi, sono pronto”. A P. Farè, suo superiore, che lo andò subito a trovare disse: «Se il Signore mi fa morire, gli canto un Te Deum!». L'ultima caduta avvenne il mattino del 21 aprile 1976, nel segreto della sua stanza, e Fr. Egidio se ne andò umilmente e silenziosamente così come aveva amato vivere. Il Signore, che mai si lascia vincere in generosità, concesse a Fratel Egidio 45 anni di apostolato missionario in Africa e la grazia di essere fedele nel suo servizio. Di tutti questi anni di vita spesa in Africa per la diffusione del Vangelo, fra le altre testimonianze che vari confratelli hanno rilasciato su di lui, come sintesi, sembra siano sufficienti le parole che ha scritto, all'annuncio della sua morte, Mons. Sisto Mazzoldi, che fu suo Vescovo per parecchi anni: «Fr. Egidio è stato un missionario che ha vissuto in pieno la sua vita religiosa e apostolica. Praticò con perfezione i Voti Religiosi, e si distinse particolarmente nel voto dell'obbedienza. Un cenno qualunque dei Superiori era sufficiente per farlo operare in ogni settore, umile ed alto. Sapeva che con ciò faceva la volontà di Dio e dava onore e gloria a Lui. Fu sempre povero; non c'era pericolo che facesse delle spese inutili, né per se stesso, né per le opere apostoliche”.

Mattoni e rosari

Fu di uno spirito di dedizione completa: lavoro incessante, animato da spirito di fede e sicuro di glorificare Dio e salvare anime. Si può ben dire che egli ha dato tutta la sua vita per il popolo africano, che amava profondamente. La sua vita era sostenuta da una profonda pietà e spirito di preghiera. Sempre pronto alla sua meditazione, per tempo, al mattino, alla S. Messa e Comunione che riceveva con grande edificazione di tutti. Aveva una devozione spiccata al S. Cuore ed a Maria Santissima. Si vedeva col Rosario in mano sopra i tetti delle case che stava costruendo. Ebbe una volontà tenace, forte, volente, pronto ad ogni sacrificio per Dio e le anime. Si può ben dire che egli fu il “bonus miles Christi". Fr. Egidio è un esempio luminoso per tutti di vita religiosa, apostolico-missionaria. Credo che alla fine, poté ripetere con S. Paolo: “Cursum consummavi... in reliquio reposita est mihi corona iustitiae". Noi lo pensiamo e lo onoriamo nella gloria del Regno di Dio». Del tempo poi che Fr. Egidio ha passato a Verona, possiamo lasciare la parola a Fr. Benetti: «Tutti noi abbiamo potuto ammirare la santità autentica di questo servo fedele del Signore. La sua perfezione si manifestava nella finezza d'animo, sia nella preghiera come nei rapporti con gli altri. Ciò che lo caratterizzava maggiormente era la sua vita interiore: era sempre assorto in Dio, pur operando con attenzione alle sue molteplici occupazioni. Sono milioni i mattoni che egli impastò, ma, penso, sono miliardi le giaculatorie che accompagnavano la sua giornata. Pregava con il fervore di un bambino della prima comunione; viveva come un novizio dei più fervorosi».

“Viva il cielo!”

P. Giorgio Montemanni, che visse in missione con Fr. Egidio, durante l'omelia funebre disse di lui: «II suo dialogo con Dio si è affinato e ampliato ognor più, spiritualizzando una fecondissima attività personale nell'edificazione materiale di strutture intese a facilitare la venuta del Regno di Dio nel mondo africano...». E il Padre lo ricorda a Palotaka: avendo la stanza vicino a quella di Fr. Egidio, poteva ascoltare le fervorose giaculatorie che accompagnavano i suoi passi al mattino, quando si alzava per suonare la sveglia comune. Anche allora. come sempre qui, in Casa Madre, nonostante il freddo, il maltempo o i disturbi fisici, si faceva un onore di essere in chiesa prima degli altri. Ci teneva tanto alle pratiche comunitarie. Perderne anche una soltanto, o arrivare in ritardo, lo si notava, era per lui causa di dispiacere». Fr. Benetti, nella relazione che ha steso per ricordare Fr. Egidio, nota alcune particolarità che ci servono per conoscere la ricchezza di tante virtù di cui egli era dotato. Fr. Egidio non voleva mai disturbare nessuno e ringraziava gentilmente per ogni servizio che veniva a lui prestato. Era sempre sereno e cordiale, anche se sotto tanta mansuetudine filtrava un poco del suo carattere focoso, che si faceva notare quando, nel massimo della sua reazione, sbottava con la sua caratteristica espressione: «Viva il cielo!». Non era facile a lamentarsi e quando proprio non ce la faceva più, allora alzava le mani con un suo tipico gesto e ripeteva: «Il Signore è con noi, alleluia!». Un giorno Fr. Viviani gli chiese se aveva bisogno di qualche cosa ed egli rispose che aveva bisogno soltanto di un po' di amor di Dio; Fr. Viviani allora gli disse: «Va bene; andrò in chiesa e glielo chiederò e, se me lo darà, ve lo porterò».

“Non ho il diritto di mangiare”

Fr. Egidio era dotato di una grande nobiltà d'animo e di sincera delicatezza; era rispettoso con tutti, specialmente con i superiori. La sua umiltà si traduceva in servizio costante e allegro. Entrando ogni mattina in ufficio, salutava tutti: «Buon giorno, signori!»; diceva le sue preghiere, sempre, prima e dopo il lavoro, per il quale aveva una vera passione. Non poteva stare fermo, senza lavorare: faceva festa quando vedeva tanto lavoro. Quando non c'era nulla da fare nell’Ufficio Nigrizia, passava a raccogliere la carta straccia o a fare qualche cosa d'altro. Teneva l'orologio sul tavolo per non mancare all'orario... perché, diceva, “Ho tanti debiti da pagare”. Un giorno, non avendo potuto far nulla di lavoro, si presentò a tavola, ma non mangiò. Fr. Viviani gli chiese se stava poco bene. «No - rispose Fr. Egidio - oggi non ho lavorato e quindi non ho il diritto di mangiare». In una delle sue ultime lettere, scritte ai suoi familiari, che amava moltissimo, ci sono due frasi che rivelano il suo cuore. Una è la preghiera che faceva per i suoi parenti: «O dolce Gesù, vi prego per la famiglia e parenti tutti, che ho lasciato per vostro amore e per poter seguire la mia vocazione, di cui sono contentissimo ed esulto di gioia. Per loro vi chiedo e voglio una sola cosa: fatemi vedere tutta la mia famiglia e tutti i miei parenti, nessuno eccettuato, nella celeste e vera patria del Paradiso per tutta l'eternità. Così spero e così sia». L'altra esprime l'unico suo desiderio che, secondo lui, non ha mai realizzato; e lo scrive ai suoi familiari: «io sto bene; mi manca una cosa sola: l'amore di Dio. Per quanto Lo si ama, non si può mettere fine. Più si ama il Signore e meglio è». Queste parole di Fr. Egidio sono il messaggio che lascia a noi suoi confratelli: egli ci ottenga la grazia di realizzarlo.                                (P. G. Canestrari)

Da Bollettino n. 113, luglio 1976, p.77-80