Mercoledì 12 marzo 2025
Il cardinale Jean-Claude Hollerich è arcivescovo di Lussemburgo e membro del Consiglio dei cardinali (il cosiddetto C9). Essendo stato per diversi anni presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece) e tuttora vicepresidente del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee), è un attento conoscitore delle dinamiche politiche europee. [Credit photo: Vatican News]
Intervista al cardinale Jean-Claude Hollerich
Eminenza, qual è la sua valutazione del programma ReArm Europe approvato dai leader europei nei giorni scorsi?
Vorrei intanto dire che è estremamente preoccupante se non spaventevole questa corsa al riarmo che si è scatenata in tutto il mondo, non solo in Europa. Prima di ogni considerazione politica, occorre riflettere sulla caduta di tensione morale che sembra pervadere i governanti di gran parte del mondo. Quel tabù della guerra che aveva influenzato gli orientamenti politici dopo la tragedia della seconda guerra mondiale sembra aver esaurito il proprio corso. Senza il recupero di quella tensione morale non ci sono politiche che tengano e il mondo rischia di scivolare su una china pericolosa.
Una questione morale, certo, ma sovrastata da mutamenti politici importanti.
Sicuramente. Direi che il principale di questi mutamenti consista nella tendenza ad archiviare il multilateralismo. Appare oggi evidente invece la riaffermazione del vecchio concetto di super-potenza che tende a privilegiare i propri esclusivi interessi economici e geopolitici. Il mondo invece, credo, possa tornare a vivere in pace solo all’interno di una cornice di multilateralismo. Papa Francesco, con ragione, insiste molto sull’importanza del multilateralismo; anzi, oserei dire che è il cardine su cui la Santa Sede fonda la sua presenza politico-diplomatica.
Intanto anche l’Europa si riarma con un programma che vale 800 miliardi di euro. Secondo lei, l’Europa corre veramente dei pericoli strategici?
Sicuramente in alcuni paesi che appartengono all’Unione europea, o sono candidati a entrarvi, c’è la percezione di un pericolo abbastanza vicino, e una sensibile preoccupazione. Penso ai paesi baltici limitrofi alla Russia o anche alla Moldova che ha un contenzioso aperto sulla Transnistria. L’annunciato progressivo disimpegno militare americano spaventa questi paesi. Credo che pur ravvisando la necessità di un rafforzamento militare dell’Unione europea, questo debba avere un carattere obbligatoriamente difensivo. E questo dovrà essere evidente anche dalle tipologie di armamento che potranno essere adottate. Penso per esempio all’importanza crescente della digital security. L’Europa, come istituzione, è nata dalle ceneri lasciate dalla tragedia della seconda guerra mondiale; pertanto la vocazione alla pace è la sua cifra fondativa. Anzi direi che la pace è la ragione sociale dello stare insieme; l’Unione è nata perché non ci siano mai più guerre tra europei e in Europa.
Il nuovo corso statunitense quindi è all’origine di questa volontà di rafforzare le difese europee?
Vede, anche per l’Europa il multilateralismo è stata l’opzione politica decisiva e condivisa. Al di là dell’Atlantico questo orizzonte sembra oggi tramontato. Se l’Europa, oltre alla capacità di difendersi autonomamente, sarà in grado anche di recuperare una soggettività politica — che è andata un po’ appannandosi — renderà un servizio non solo a se stessa ma all’intero mondo, realizzando de facto un ruolo multilaterale. Aggiungo che l’Europa farebbe bene ad autonomizzarsi anche sul piano della produzione militare; tutt’oggi è ancora largamente dipendente dagli Stati Uniti. Una dipendenza che rende vulnerabili.
Non crede che rimane stridente un investimento militare così massiccio mentre in Europa lo stato sociale appare scricchiolante? Molti obiettano: sanità, scuola, assistenza e previdenza sociale sono in crisi ovunque e spendiamo 800 miliardi in armi?
Credo che anche in questo caso la proposta più sensata l’abbia fatta Papa Francesco: tutti i profitti derivanti dalla produzione intra-europea di armi vengano investiti, in forma vincolante, in attività sociali. Non ci si deve arricchire con le armi; con i profitti si facciano ospedali e scuole piuttosto. È una proposta immediatamente praticabile che ho intenzione di rigirare all’ambasciatore dell’Unione europea presso la Santa Sede, che ho in programma di incontrare nei prossimi giorni.
Roberto Cetera – L’Osservatore Romano