Mercoledì 29 gennaio 2025
“Il Giubileo ci invita a sperare contro ogni speranza”, afferma suor Elena Balatti dalla diocesi di Malakal, in Sud Sudan, Paese che accoglie quasi 1 milione di profughi dal conflitto in Sudan. La Caritas locale lancia un appello urgente: “Senza nuovi aiuti esterni, entro marzo non potremo garantire il pacchetto alimentare quotidiano”. [Credit photo: Caritas italiana. Testo SIR]
“Di fronte a situazioni difficili da vivere giorno per giorno, il messaggio di speranza del Giubileo 2025 è una luce all’orizzonte ed è un incoraggiamento ad andare avanti anche per chi è davvero stanco”. A raccontare al Sir la situazione in Sud Sudan, che sta accogliendo quasi 1 milione di persone in fuga dal conflitto in Sudan iniziato nell’aprile 2023, è la missionaria comboniana suor Elena Balatti, direttrice della Caritas di Malakal, capitale della regione dell’Alto Nilo.
La diocesi di Malakal è il territorio che ha visto il maggior afflusso di profughi e la Caritas è impegnata, insieme alle grandi organizzazioni umanitarie, nella distribuzione di aiuti nel campo di transito aperto dal governo locale e gestito dalle agenzie Onu. Secondo dati recenti delle Nazioni Unite oltre 7-10.000 persone al giorno stanno attraversando il Sud Sudan dall’inizio di dicembre, a seguito dell’intensificarsi dei combattimenti vicino al confine.
A Malakal nel più grande campo di transito di profughi dal Sudan. “A Malakal la situazione dei profughi dal Sudan si mantiene critica. Si tratta di persone che fuggono dalla guerra, sia cittadini sud sudanesi che a suo tempo si erano rifugiati in Sudan a causa della guerra civile nel proprio Paese, e che ora sono costretti a rientrare a causa di un altro conflitto nel Paese ospitante, sia di cittadini sudanesi che cercano rifugio in aree relativamente più sicure”, racconta suor Elena. Nelle aree di confine è in corso anche una grave epidemia di colera.
Il vicino Sudan sta attraversando una delle peggiori emergenze umanitarie al mondo da quando è scoppiato il conflitto tra l’esercito (Saf) e le Forze di supporto rapido (Rsf) nell’aprile 2023, con decine di migliaia di morti, 150.000 feriti e milioni di sfollati. 26,5 milioni di persone – circa la metà della popolazione del Sudan – sono vittime di una grave insicurezza alimentare. Di questi oltre 8 milioni sono a un passo dalla catastrofe umanitaria. In alcune aree nel Darfur settentrionale centinaia di migliaia di persone sono già in condizioni disperate. Entrambe le parti sono state accusate di crimini di guerra, tra cui l’uccisione di civili e il blocco degli aiuti umanitari. Le Rsf anche di pulizia etnica, saccheggi e violenza sessuale sistematica. Nei giorni scorsi il ministro della Sanità sudanese ha dichiarato che i civili deceduti in ospedale in 20 mesi di guerra civile ha superato le 12.000 persone, ossia il 10% dei morti in 20 mesi di guerra.
La maggioranza delle persone in fuga dal Sudan arrivano in Sud Sudan con i barconi, navigando sul fiume Nilo. La stessa Caritas di Malakal aveva messo a disposizione una imbarcazione per trasportarli da Renk, in Sud Sudan, al campo di transito ma ora il servizio è stato sospeso perché le condizioni sono peggiorate. A Renk e negli insediamenti informali lungo il confine, nelle ultime settimane il numero di persone sfollate ha superato le 80.000, tra cui centinaia di persone con ferite di guerra.
“I profughi hanno bisogno di soddisfare le necessità essenziali di cibo, acqua potabile, riparo e medicine”. Tra i partners della Caritas di Malakal, che ne sostengono le iniziative, vi sono Caritas italiana, Caritas Austria, Misereor, Cafod, il Centro Missionario di Trento e Sudan Relief Fund. “Abbiamo ininterrottamente contribuito ai bisogni alimentari di base al campo di transito, ma diventa sempre più difficile, a fronte delle molte crisi umanitarie attuali, reperire fondi. Se non riceveremo nuovi aiuti esterni, entro la fine di marzo non saremo più in grado di fornire il pacchetto alimentare quotidiano”, è il suo grido di aiuto.
In Sud Sudan l’enorme afflusso di profughi dal Sudan ha esacerbato inoltre una situazione umanitaria già difficile. “A causa del conflitto, l’oleodotto che trasporta il greggio dal Sud Sudan in Sudan, fino al Mar Rosso dove viene imbarcato, non è praticamente più operativo – spiega la religiosa – e ciò ha negativamente inciso sull’economia nazionale che dipende in gran parte dalle esportazioni di petrolio. La crisi economica è acuta, e lo si nota particolarmente nel periodo natalizio, in cui le famiglie vorrebbero celebrare come di consueto ma non possono farlo”.
Il Sud Sudan è anche vittima delle alluvioni legate al cambiamento climatico. “Pur non avendo una produzione industriale e non essendo responsabile se non in parte minima dell’inquinamento che ha causato il riscaldamento dell’atmosfera terrestre – precisa -, il Paese ha visto il livello dell’enorme bacino fluviale del Nilo innalzarsi, ciò che ha causato lo sfollamento di decine di migliaia di persone che vivevano in villaggi lungo il fiume”.
Perciò celebrare il Giubileo della speranza in terra di missione, tra così tante necessità ed emergenze, è quanto mai “calzante per la situazione del Sud Sudan”, osserva la missionaria. Dopo 50 anni di guerra con il Sudan che ha portato all’indipendenza nel 2011 e poi un’altra guerra civile dal 2013 al 2020, il Paese sta scontando ora una grave crisi economica, oltre all’instabilità politica.
“Il Giubileo ci invita a sperare contro ogni speranza – afferma suor Balatti –. Il tema della speranza è in sintonia con la capacità di sopportare e andare avanti del popolo sud sudanese, che dice che le cose vanno bene quando in realtà ci sono difficoltà”.
Come le diocesi sud sudanesi celebreranno il Giubileo. Il Giubileo è stato annunciato con differenti sottolineature nelle varie diocesi sud sudanesi. A Juba il cardinale Stephen Ameyu Martin Mulla ha esortato la gente a utilizzare l’Anno santo “come occasione di riconciliazione, molto necessaria in presenza delle divisioni lasciate dalla guerra civile”, riferisce la missionaria. A Bentiu, una diocesi creata dal Papa lo scorso agosto e affidata alla guida del vescovo comboniano monsignor Christian Carlassare, l’anno giubilare coinciderà con il centenario dell’evangelizzazione, “la celebrazione di una fede che ha raggiunto una certa maturità e l’impulso a continuare a far penetrare il messaggio del Vangelo in tutti gli strati della società”.
A Malakal il giorno di Natale il vescovo, mons. Stephen Nyodho, ha informato i fedeli dell’anno giubilare come “un’opportunità per ravvivare la speranza e ha chiesto a ogni cattolico di sentirsi parte coinvolta di tutte le celebrazioni”. Il calendario giubilare diocesano prevede giornate per vari gruppi e categorie, sul modello degli appuntamenti in programma a Roma: il Giubileo delle famiglie, dei professionisti, dei giovani, eccetera.
Patrizia Caiffa – SIR