Siamo giunti all'ultima domenica dell'Anno liturgico (B). Intanto l'anno si chiude con una bellissima festa in onore del Signore: la solennità di Cristo Re dell'universo. Egli, infatti, inaugura la sua attività pubblica in Galilea proclamando l'Evangelo del regno di Dio. Alla fine, egli viene appeso alla croce come "Re dei Giudei". E la Chiesa attende la sua venuta che manifesterà e realizzerà la piena e definitiva regalità di Dio. È proprio quest'aspetto escatologico che ritroviamo nella liturgia della Parola di questa solennità.

Quello strano re che serve i suoi sudditi

Dn 7,13-14; Salmo 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37

Siamo giunti all'ultima domenica dell'Anno liturgico (B). Intanto l'anno si chiude con una bellissima festa in onore del Signore: la solennità di Cristo Re dell'universo. Egli, infatti, inaugura la sua attività pubblica in Galilea proclamando l'Evangelo del regno di Dio. Alla fine, egli viene appeso alla croce come "Re dei Giudei". E la Chiesa attende la sua venuta che manifesterà e realizzerà la piena e definitiva regalità di Dio. È proprio quest'aspetto escatologico che ritroviamo nella liturgia della Parola di questa solennità.

Esso è presente in modo particolare nelle due prime letture, di matrice apocalittica. Nella prima, il profeta Daniele descrive un personaggio misterioso chiamato “Figlio dell'uomo”, che riceve il dominio su tutto. Dio gli dà "potere, gloria e regno". E tutti i popoli, nazioni e lingue lo servivano". Poi si afferma che "il suo potere è un potere eterno, che non tramonta mai. Il suo regno è tale che non sarà mai distrutto. Sono quindi definiti tre aspetti di questo regno del figlio dell'uomo: l'universalità, l'eternità e l'indistruttibilità. In questo oracolo profetico, la tradizione cristiana ha identificato Gesù risorto e tornato al Padre e da lui accolto e riconosciuto re.

Nella seconda lettura Gesù viene piuttosto detto "Principe dei re dalla terra", cioè il principale e più importante. Si auto-presenta come "l'alfa e l'omega", cioè il principio e la fine, o meglio il fine. In questo testo profetico viene chiaramente annunciata la regalità di Cristo. Però Gesù aveva idee ben diverse della sua regalità che ha niente vedere con gli abusi dei potenti di questo mondo. Spiegava appunto: "I re delle nazioni le dominano, e i grandi esercitano su esse il potere, invece il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la vita". Il regno di Gesù coinvolge le persone concrete, ma dal dentro, nei cuori. È come dice il prefazio del giorno, un “regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace”. Non vi è questione di forza o potenza, di onori e privilegi. È un regno in cui la gloria, a imitazione del Re, consiste nell'abbassamento e nel servizio. In questo regno "diverso" si entra soltanto diventando "come bambini". Le nostre ambizioni, il nostro insopprimibile orgoglio e desiderio di sentirci importanti, superiori agli altri, esibirci, di farci ammirare, ecc. non devono impedirci di essere cittadini di questo regno. La cittadinanza del regno di Gesù si ottiene da una vita coerente fondata sulla semplicità e sull'umiltà, che generano l'amore e il servizio dei fratelli, come pure la fedeltà perfetta nei riguardi di Dio.
Don Joseph Ndoum

Il Regno di un Dio crocifisso, che non fallisce
Daniele 7,13-14; Salmo 92; Apocalisse 1,5-8; Giovanni 18,33-37

Riflessioni
Che strano modo di proclamarsi Re! Il Cristo della Passione, in dialogo con il procuratore romano (Vangelo), ha le insegne da re: una corona sul capo, un bastone in mano, un manto scarlatto, i saluti ‘ossequiosi’ dei soldati... Tutti segni di un re sconfitto! Ormai i capi religiosi, la gente in piazza, i soldati romani ne sono convinti: pensano di aver vinto, di averlo distrutto. Pilato rimane perplesso davanti alla serenità di quel uomo che, pur in quelle condizioni, continua a chiamarsi re, anche se non di un regno di questo mondo. Pilato non è in grado di intendere questo linguaggio, e meno ancora il discorso sulla verità (v. 36-37). Le sue domande inquisitorie hanno un senso politico: gli basta aver capito che quel tipo, così conciato, non costituisce una minaccia per l’impero di Roma. Anche oggi, il segno dell’uomo-Dio crocifisso, appeso a una parete, è lungi dall’essere una minaccia. È anzi un segno benefico! Lo capisce serenamente qualunque persona minimamente informata, che ha un cuore retto e libero da ideologie fuorvianti.

Sarà lo stesso Pilato, rappresentante dell’impero più potente del mondo di allora, a riconoscere la regalità di Cristo, con quella tabella affissa alla croce: “Gesù il Nazareno, il re dei Giudei” (Gv 19,19). Gesù incarna il vero “figlio d’uomo”, quel misterioso personaggio - preludio di un nuovo popolo - annunciato dal profeta Daniele (I lettura), che riceve da Dio potere e regno presso “tutti i popoli, nazioni e lingue”: un regno che “non sarà mai distrutto” (v. 14). Il popolo di Daniele, in quel momento, stava sperimentando l’oppressione, senza per questo rinunciare a sogni grandiosi per il futuro. Il popolo del nuovo Regno avrà come punto di convergenza il Cristo. Lo trafissero, ma Egli è “l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!” (II lettura).

Gesù non rinuncia al suo titolo di re, ma lo svuota delle cose vane dei regni di questo mondo e lo arricchisce di contenuti nuovi, evangelici: chi è primo deve servire gli altri; non si allea con i potenti e i ricchi, ma sceglie di stare dalla parte degli ultimi; non dà ordini, ma obbedisce; non uccide nessuno, ma muore Lui per tutti; l’importante non è essere servito, ma farsi servitori; stare dalla parte di coloro che sono emarginati, prendersi cura, essere fratello e custode del prossimo.(*)

Pilato mostra a tutti l’uomo (“ecce homo” – ecco l’uomo – Gv 19,5), il re sconfitto, coronato di spine... Gesù ha già proclamato più volte la sua identità, il suo Vangelo. Chi ha voluto capire l’ha capito. Ora Gesù è lì, davanti a tutti, attende in silenzio. Ognuno deve dare la sua risposta personale, fare la sua scelta di vita: optare per la via facile del potere e delle ricchezze, o ‘trionfare’ facendosi discepoli umili e poveri di un re sconfitto, crocifisso e risorto. Tutto per amore! Seguire i passi di un re sconfitto può sembrare un’impresa fallimentare; eppure il Regno di Dio non fallisce! Ricordiamo la parabola degli invitati alla grande cena (cfr. Lc 14,15-24). Alla fine il re riesce a riempire la casa. Nonostante i continui rifiuti da parte della libertà umana, Dio non fallisce. Egli trova sempre nuovi cammini per realizzare il suo piano di salvezza per tutta la famiglia umana.

In quest’opera di salvezza Dio vuole coinvolgere tanti amici e impegnarli per la Missione in tutto il mondo. I modi e i tempi di coinvolgimento sono molteplici. Accanto ad iniziative che danno visibilità all’opera evangelizzatrice (congressi, sinodi, documenti, pubblicazioni, opere grandi, edifici…), c’è il lavoro capillare e nascosto di missionari e di missionarie; c’è la presenza continua di sacerdoti e di laici, educatori e catechisti; ci sono i gesti generosi di ragazzi e di giovani; c’è il supporto di preghiere e sofferenze offerte dagli ammalati; esiste l’impegno per la promozione della giustizia e dei diritti delle persone più deboli; e tante altre iniziative che, pur limitate e nascoste, servono a rinnovare e sostenere l’ardore missionario per il Regno di Dio.

Parola del Papa

(*) «Guardando il volto di Gesù morto e risorto, vediamo innanzitutto il volto di un Dio ‘svuotato', di un Dio che ha assunto la condizione di servo, umiliato e obbediente fino alla morte (cfr. Fil 2,7). Il volto di Gesù è simile a quello di tanti nostri fratelli umiliati, resi schiavi, svuotati. Dio ha assunto il loro volto. E quel volto ci guarda... Se non ci abbassiamo, non potremo vedere il suo volto. Non vedremo nulla della sua pienezza, se non accettiamo che Dio si è svuotato. E quindi non capiremo nulla dell’umanesimo cristiano e le nostre parole saranno belle, colte, raffinate, ma non saranno parole di fede. Saranno parole che risuonano a vuoto».
Papa Francesco
Discorso ai partecipanti al V Convegno nazionale della Chiesa italiana (Firenze, 2015)

Sui passi dei Missionari

21 Solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell’Universo.

21 Festa della Presentazione della B. V. Maria al tempio.

* Giornata Pro Orantibus, istituita da Pio XII (1953) per pregare per le religiose e i religiosi di clausura e per far conoscere le comunità monastiche sparse in tutto il mondo.

22   S. Cecilia, martire romana (s. II-III). La basilica a lei dedicata nel quartiere trasteverino a Roma attesta l’antichità del suo culto. È patrona di musicisti e cantanti.

23   S. Colombano, (c. 525-615), abate di origine irlandese, missionario itinerante in Francia, Svizzera e Italia, e fondatore di numerosi monasteri, fra i quali Luxeuil (Francia) e Bobbio (Italia).

·     B. Bartolomeo Poggio (1768-1810), emigrò con i genitori da Savona (Italia) in Argentina, entrò presso i Mercedari, divenne sacerdote e fu inviato nella Patagonia, dove per 10 anni rese testimonianza di zelo e di vita povera. Inaspettatamente, un gruppo di indigeni rapinarono la cappella, uccisero 15 persone e il padre Bartolomeo, aggrappato all’altare. È considerato come il protomartire della Patagonia.

·     B. Miguel Agustín Pro (1891-1927), martire gesuita messicano, ucciso durante la persecuzione contro la Chiesa. Assieme a lui si ricordano tanti altri martiri dello stesso periodo.

24   Nel 2013 Papa Francesco pubblicò l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium –Sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale, come documento programmatico del suo pontificato.

·     Ss. Andrea Dung-Lac (1795-1839), sacerdote, e molti altri compagni martiri in Vietnam. Nel 1988 Giovanni Paolo II ne canonizzò 117. Fra di essi, 96 vietnamiti e 21 missionari stranieri (11 domenicani spagnoli e 10 francesi delle Missioni Estere); erano vescovi, sacerdoti e laici uccisi per la loro fede in vari luoghi e modi fra 1745 e 1862. Si calcola che, in quegli stessi anni, in seguito a una cinquantina di editti contro i cristiani, siano stati uccisi circa 130 mila fedeli.

·     Bb. 188 Martiri in Giappone, appartenuti a nove diocesi, uccisi per la loro fede durante le persecuzioni tra il 1603 e il 1639. Tra essi, quattro sacerdoti, 84 sposati (di cui 28 coppie), bambini e adolescenti, neatificati nel 2008. A capo del gruppo è stato posto Pietro Kibe Kasui (1587-1639), gesuita giapponese, che affrontò il martirio il 4 luglio 1639 in quella che oggi è Tokyo.

* Questo è il terzo gruppo numeroso di martiri del Giappone elevati all’onore degli altari, dopo quelli dell’anno 1597 (vedi 6/2) e delp’anno 1622 (vedi 10/9 e 6/10). A questi si aggiungono altri gruppi meno numerosi (Vedi la nota del 25/8).

25   Giornata internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, istituita dalle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999.

26   S. Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), sacerdote francescano italiano, itinerante, dedicato alle missioni popolari. Diede la struttura definitiva alla pratica della Via Crucis, ideata dal B. Álvaro di Córdoba (cfr. 19/2), e la diffuse ampiamente.

·     B. Giacomo Alberione (1884-1971), fondatore della Famiglia Paolina (che si compone di una decina di istituzioni: per sacerdoti, fratelli, suore, membri di Istituti secolari e laici) per la promozione delle vocazioni e la diffusione del Vangelo con i mezzi di comunicazione sociale. Il suo programma per tutti gli associati era: «Vivere Gesù Maestro, Via-Verità-Vita, secondo lo spirito di san Paolo».

·     Ricordo di Charles Lavigerie (1825-1892), vescovo francese di Algeri e cardinale, fondatore (1868 in Algeria) dei Missionari d’Africa (conosciuti prima come Padri Bianchi) e delle Missionarie di Nostra Signora d’Africa.

·     Ricordo di Joseph-Pierre-Albert Wittebols (1912-1964), dehoniano belga, vescovo missionario di Wamba (nell’odierna Rd Congo), ucciso durante la ribellione dei simba.

* Intorno a questa data, 28 missionari dehoniani furono assassinati a Wamba e a Kisangani, provenienti per lo più dai Paesi Bassi e Belgio; tra loro anche il SdD. Bernardo Longo, italiano (vedi 3/11). Molti altri furono uccisi in quel periodo: 26 missionari nella diocesi di Isiro (nov-dic 1964): 13 domenicani, 9 suore domenicane, e 4 giovani comboniani italiani (i padri Remo Armani, Lorenzo Piazza, Evaristo Migotti e Antonio Zuccali); 33 missionari della Santa Croce (Crocigeri) a Bondo; 22 missionari dello Spirito Santo a Kongolo (1962); 4 oblati di Maria Immacolata a Kilembe; 4 missionarie domenicane del santo Rosario, spagnole; 3 missionari saveriani italiani a Uvira (nov 1964); e altri in diversi luoghi del Congo. In mezzo alla bufera, Dio ha suscitato un fiore: la B. Clementina Anwarite Nengapeta. (Vedi 1/12).

·     Nascita di Adolfo Pérez Esquivel (1931), pacifista argentino, artista e scrittore, organizzatore di comunità e promotore dei diritti umani attraverso la nonviolenza. Ricevette il Premio Nobel per la Pace 1980 per le sue denunce e opposizione alla dittatura militare, durante la quale fu imprigionato e torturato.

27   B. Raimondo Lullo (c. 1235-1316), terziario francescano nativo di Maiorca, studioso e scrittore. Andò missionario nel Nordafrica per dialogare con musulmani, ma lo rifiutarono e incarcerarono. Morì sulla nave di ritorno a Tunisi, o già a Maiorca. Il tema del martirio è lasciato all’opinione degli storici e alla devozione dei fedeli. Si spera nella sua canonizzazione «per culto immemorabile».

28   I domenica di Avvento, tempo liturgico nell’attesa del Signore e tempo missionario per ricordare la lunga attesa dei popoli che ancora aspettano il primo annuncio di Cristo Salvatore.

P. Romeo Ballan, MCCJ

La solennità di Cristo Re

La solennità di Cristo Re è la più recente festa di idea in onore del Signore. Fu istituita nel 1925 da Pio XI, nell’ enciclica Quas primas, all’occasione del 1600° anniversario del primo concilio ecumenico di Nicea, il cui insegnamento sulla uguaglianza di natura del Cristo col Padre è la base di riconoscimento della sua regalità.

Il pontefice dichiara che questa festività vuol affermare la sovrana autorità di Cristo sulle istituzioni davanti ai progressi del laicismo nella società moderna. Egli afferma inoltre che il rimedio più potente ed efficace contro questa Forza distruttrice dell’epoca è il riconoscimento della regalità di Cristo. I suoi frutti sono “giusta libertà, ordine, tranquillità, concordia e pace”.

La propagazione il più ampiamente possibile della dignità regale del nostro Redentore doveva passare assolutamente attraverso l’istituzione di una festa propria e particolare di Cristo Re, poiché le celebrazioni liturgiche hanno un’efficacia più grande di qualsiasi documento del Magistero: istruiscono infatti i fedeli non una volta sola, ma tutti gli anni, e raggiungono non solo lo spirito, ma anche e soprattutto i cuori. Non è questione di strumentalizzazione di una festa cristiana, perché si tratta in realtà di proclamare altamente la gloria di Cristo e di sviluppare le ricchezze della sua figura sotto nuovi aspetti: e questo corrisponde bene con l’idea cristiana della festa.

Come data di celebrazione, all’inizio, il papa stabilì l’ultima domenica di ottobre, con riguardo specialmente alla seguente festa di tutti i santi, affinché venga proclamata la gloria di colui, il quale trionfa su tutti i santi e gli eletti. Ma più tardi, La solennità del nostro Signore Gesù Cristo Re dell’universo spostò di data e cominciò ad essere celebrata all’ultima domenica dell’anno liturgico, quando il corso dell’anno cristiano si è compiuto e i misteri cristiani per così dire si sono conclusi. Così essa è più felicemente e saldamente collocata nel contesto escatologico che già da sempre è delle ultime domeniche dell’anno liturgico. Infatti, con questa nuova impostazione è più chiaro che il Cristo e Re glorificato è non solo il punto cui mira l’anno liturgico, ma tutto il nostro pellegrinaggio terreno. Il Signore della gloria è quindi il fine della storia umana, il punto focale dei desideri del genere umano, il centro e la pienezza delle loro più profonde aspirazioni. Egli è “l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine” (Ap 22, 13). Egli costituisce la finale perfezione della storia dell’umanità, secondo il disegno del suo amore e del Padre: “Ricapitolare tutte le cose in Cristo, quelle del cielo come quelle della terra” (Ef 1, 10). La sua esaltazione nel mistero pasquale sta alla base del suo insediamento a capo dell’intera creazione.

La tematica della solennità del Cristo Re la si trova in altre celebrazioni dell’anno liturgico (Natale, Epifania, Pasqua, Ascensione…); e anzi in ogni domenica, “giorno del Signore” o giorno di festa del Kyrios-Cristo, si proclama la sua sovrana signoria. Da questa prospettiva, si potrebbe dire che l’ultima domenica dell’anno liturgico vuol celebrare in modo più organico ciò che costituisce il nocciolo di ogni celebrazione domenicale.