Venerdì 2 aprile 2021
Questa frase di S. Paolo s’addice perfettamente all’ultimo periodo della vita del Comboni, consumata sulla breccia in un lento e sempre più martoriato olocausto, che lo rende tanto simile al Crocifisso del Golgota. È proprio in questa ultima tappa della sua dolorosa Via Crucis che fioriscono le pagine forse più commoventi, con accenti toccanti, che testimoniano l’autenticità del suo apostolico eroismo, fondato su una fede pura e su un amore ardente per l’Africa da salvare. E il tutto si apre verso una speranza che si fa quasi certezza: egli soffre e muore, ma l’Africa si salverà.

Quasi alla vigilia dell’ultimo ritorno in Africa, una lettera di Propaganda pone alla sua umiltà il doloroso timore di non essere più utile all’apostolato africano, unica ragione della sua vita. È il tormento dell’apostolo che attribuisce a proprio demerito una incomprensione, infondata, dovuta a contingenze del momento:

241. Ho ricevuto da circa due settimane in Ischl, ove andai ad ossequiare l’Imperatore d’Austria Protettore della Missione, il venerato suo Foglio del 3 corrente; del quale avendo bene compreso tutta la portata ed il significato, mi sono concentrato a ponderare seriamente se, attesa la mia nullità e debolezza, io possa ancora essere veramente utile all’apostolato africano, che è senza dubbio il più arduo e spinoso della terra, o se invece gli torni dannoso; tanto più che adesso, in causa di tante fatiche, privazioni, malattie, febbri, crepacuori, lotte e contraddizioni sostenute per molti anni, specialmente nell’ultimo terribile periodo della carestia e pestilenza, sono diventato realmente più debole a portare le croci.

Ma siccome si deve sempre confidare unicamente in Dio e nella sua grazia, e chi confida in sé confida (scusi) nel più grosso asino di questo mondo, al riflesso che le Opere di Dio nascono sempre appiè del Calvario, e devono essere contrassegnate col sigillo adorabile della sua Croce, ho pensato di abbandonarmi in braccio della divina Provvidenza, che è fonte di carità per i miseri, e tutrice sempre dell’innocenza e della giustizia; e per conseguenza di mettermi nelle mani dei miei Superiori, veri rappresentanti di Dio, e del Vicario di Gesù Cristo, e di Vostra Eminenza Reverendissima, e dell’Eminentissimo Card. di Canossa, da Vostra Eminenza e dalla p.m. dei suoi venerandi predecessori nel governo della Sacra Congregazione deputato ad assistermi nella mia santa Impresa (S 6084-6085).

  • Al card. Giovanni Simeoni da Verona, 27 agosto 1880.

Fra le altre preoccupazioni e croci del momento si tenga pure presente quanto scriverà poco dopo:

241bis. È una grande miseria per me il non aver segretario, perché non posso rispondere a tutto, ed anch’io oltre ai gravi pensieri e responsabilità, ho mille incomodi. Poi dispiaceri gravi mi hanno cagionato quelli che più ho beneficato (S 6119) … Sia fatta la volontà di Dio. Cristo ha fabbricata la Croce e non la carrozza per andare in Cielo (S . 120)

  • A don Giulianelli da Roma, 25 settembre 1880.

Ritornato sul campo del lavoro, a contatto con la dura realtà, si convince sempre più che la via cline Dio gli ha tracciato è la Croce, alla quale si abbandona facendo proprio il grido “O Crux, ave spes unica”:

242. La via che Dio mi ha tracciato è la Croce. Ma siccome Cristo, che per l’umana ingiustizia morì in Croce, avea la testa dritta, così è segno che la Croce è una bella cosa ed è una cosa giusta. Dunque, portiamola, e avanti (S 6519).

  • A P. Giuseppe Sembianti da Khartoum, 5 marzo 1881.

243. Ai 15 del corrente ho compiuto 50 anni: mio Dio! Diventiamo vecchi, e a me si accrescono le pene e le croci. Ma siccome queste croci son tutte mandate da Dio, così spero nel suo divino aiuto: O Crux, ave, Spes Unica (S 6585).

  • A P. Giuseppe Sembianti da Khartoum, Khartoum, 19 marzo 1881.

Nel giorno del suo compleanno, al card. Canossa aveva scritto:

243bis. Oggi compio 50 anni! Mio Dio! Si diventa vecchi a gran passi senza far niente. È vero che mi trovo qui dinanzi un Vicariato il più laborioso e difficile del mondo, che cammina abbastanza bene e che è portato ad un punto, mercè la grazia divina, che otto anni fa non avrei mai creduto di vedere, in vista degli enormi ostacoli che avea preveduti, ed al cui progresso vi ho fatto concorrere per volere di Dio e col suo aiuto anche il mio dito. Ma dopo tutto, è una grazia se io non vi posi ostacolo, e possa solo esclamare a tutta ragione coll’Apostolo: servus inutilis sum (S 6561).

  • Al card. Canossa da Khartoum, 15 marzo 1881.

Era come un presentimento del molto e molto più che gli restava da soffrire in quell’ultima fase del suo Calvario; comunque, la Croce resta per lui un prezioso tesoro:

244. È tanto pesante il caldo estremo e soffocante di El-Obeid alla mia fisica costituzione che non posso chiudere occhio né mangiare. Si patisce per Gesù e basta, ma non posso accudire a tutti i miei gravi incarichi (6680) …

Sono tante le ingiustizie e le pillole amare che ho dovuto trangugiare dai santi matti, che è un miracolo che possa sopravvivere. Ma io ho altre idee che le loro: io lavoro unicamente per la gloria di Dio e per le povere anime e meglio che posso, e poi vo avanti, e non mi curo d’altro, certo che tutte le croci che debbo portare è pura volontà di Dio, e quindi mi saran sempre care (S 6682).

  • A P. Sembianti da Malbes, 1 maggio 1881.

Ma la sua vera crocifissione morale inizia quando una odiosa calunnia viene ordita, contro di lui, coinvolgendo i suoi collaboratori:

245. L’altro giorno ricevetti la posta, che mi portò il più grande affanno e dolore, che superò di gran lunga tutte le afflizioni che Dio mi ha mandato dal 1878 in poi, e che mi gettò a letto per ben tre giorni e che chi sa quando potrò respirare. I Missionari credono che sia mal di schiena perché realmente sono un po’ stanco dalle esplorazioni che ho fatto a cavallo; ma la vera causa nota solo a Dio ed a me, è una profonda e tremenda afflizione, che supera tutte le umiliazioni e afflizioni subite e per tante ingiustizie e dispiaceri sofferti (S 6790) …

Ma io sono troppo infelice. Gesù mi aiuterà certo, la Vergine Immacolata e S. Giuseppe mi aiuteranno: ringrazio Gesù delle Croci, ma la mia vita è un oceano di affanni procuratimi da chi è buono e mi ama (6795). Mio Dio! Caro Paradiso, dice Sr. Vittoria, ed ha ragione. Ma ho il cuore impietrito. Ma l’Africa sarà convertita, viva Noè, e Gesù aiuterà a portar la Croce (S 6796).

  • A P. Sembianti da Delen, 24 giugno 1881.

La sua afflizione si accentua ulteriormente quando anche il Canossa, irretito nella trama dei falsi accusatori, mal interpretando l’acquisto di una casa a Sestri, giudica sinistramente e abbandona il Comboni proprio mentre sta soffrendo e morendo unicamente per servire il Signore e “salvare i poveri Neri”:

246. Ieri giunsi da Gebel Nuba dopo immensi calori e preso gran pioggia in uno stesso giorno. Ebbi due febbri negli ultimi giorni della mia dimora a Delen; ed ora pure sono tutt’altro che bene, oppresso da Croci tremende, non ultima delle quali è una lettera dell’Eminentissimo Card. Vescovo di Verona, in cui dice cose che non mi appartengono… che Egli tenda solo alla sua Diocesi ed io alla mia, che io ne faccia pure di quel colore che mi piace che egli penserà d’ora innanzi ai casi suoi, che ne ha di troppa, e che egli non vuole essere avvolto nelle imprese che poi sieno criticate o, condannate e disapprovate (S 6811) …

Quello che più mi addolora è quel che segue: ecco parole testuali del nostro caro Eminentissimo: “Chi ha spinto lei per secondi fini a fare codesto infelice affare di Sestri?…” (1813).

Io non so più in quale mondo oggi si vive. Io sono qui esposto alla morte a servire il mio Gesù fra le pene e le croci contento di morire per salvare i poveri neri, e per essere fedele alla mia vocazione ardua e difficile e santa; e poi mi lascerò guidare da bassi fini indegni di un Apostolo della Nigrizia etc.

Io non ho più fiato di scrivere, né lena: io sono stupito nel vedermi trattato così, nel sentire che a Verona si ha questa stima di Mons. Comboni dal mio primo benefattore. No, non è Gesù Cristo che insinua all’Eminentissimo questi sentimenti verso di me: non è Sua Eminenza ora come è sempre stato (S 6814).

Benché sia certo di soccombere fra breve a tante croci, che mi pare in coscienza di non meritare, pure sia sempre benedetto il mio Gesù, vero vindice dell’innocenza, e protettore degli afflitti; la Nigrizia si convertirà, e se nel mondo non avrò consolazione, l’avrò in cielo. Vi è Gesù, Maria, Giuseppe, e se vengono meno gli uomini non verrà meno Dio che salverà la Nigrizia (S 6815).

  • A P. Sembianti da El Obeid, 9 luglio 1881.

Nonostante la grave insinuazione calunniosa rivoltagli dal Canossa, Comboni serba nei suoi riguardi la più sentita gratitudine e benedice la Croce, pur sentendosi in dovere di chiarire l’equivoca interpretazione fatta circa il proprio agire ispirato unicamente a retti fini:

247. Non ho ancora potuto chiudere occhio nemmeno un momento dopo il mio ritorno da Nuba in causa dei gravi dispiaceri e croci che il Signore proprio mi manda, senza che io vi abbia mai dato vera causa, come mi assicura la mia coscienza, specialmente coll’ultima lettera ricevuta da Sua Eminenza, il nostro Card. Vescovo di Verona, che è solo spinto dalla più pura carità ed amore verso di me e dell’Opera santa, che senza di lui non avrebbe nemmeno avuto esistenza… Quindi è che serbo per Sua Eminenza la più sentita gratitudine non solo per il gran bene che ha fatto all’Africa, ma per i rimproveri che mi fa (S 6816), perché non li merito questa volta, ed il tacere e non difendermi sarebbe un vero danno all’opera, perché scemata la stima e la fiducia nel Capo, ne perde l’Opera stessa, così forse mi risolverò a scrivergli e fargli le mie discolpe e giustificazioni e a non tacere, come tante volte ho taciuto e non mi sono difeso, affidando a Dio ogni cosa, che è protettore dell’innocenza e vindice della giustizia (S 6817) …

Ma sia benedetto sempre Gesù e la sua Croce Santissima, di cui l’Eminentissimo Principe ne ha spiegati sì bene i misteri e i tesori inestimabili nella sua stupenda Omelia sulla Trasfigurazione recitata il giorno di Pasqua in Duomo in quest’anno, che lessi sulla Verona Fedele, e della quale bramerei una copia a parte (S 6818) … Benedetta la santa Croce! (S 6819) … Viva la Croce! Essa agli apostoli e alle missionarie d’Africa sarà sempre la preziosa compagna, come a chi dee salvare anime (S 6821) …

Insomma viva la Croce, viva Gesù, viva il Card. di Canossa! Oh! in paradiso solo vi sarà il pieno contento, e spero che vi andremo tutti (S 6829).

  • A P. Sembianti, El Obeid, 11 luglio 1881.

In mezzo a tante croci e patimenti si dichiara deciso a servire Dio fino alla morte, a costo del sacrificio della sua vita:

248. Il Signore sia sempre con voi; spero che pure sia sempre con me, perché l’ho sempre servito e lo servo adesso, e lo servirò sempre fino alla morte in mezzo alle più gran croci e patimenti, e col sacrificio della mia vita (S 6900).

  • Al padre da El Obeid, 18 luglio 1881.

A Verona vengono prese delle misure drastiche in contrasto con le direttive date da lui, senza che gliene siano date ragioni:

249. Qui trovai alcune lettere sue… che raddoppiarono le mie afflizioni (S 6929)… Posso dirle, caro Padre mio, che in questi affari, tanto lei che Sua eminenza (che io ambedue tanto amo ed amerò fino alla morte) non hanno avuto nessun riguardo al mio parere e giudizio; ed in ciò non veggo sinora nessun motivo solido che io abbia loro dato per disprezzare cotanto le mie vedute (S 6931).

Ma non me ne adonto, perché chi lavora con tanta costanza, come io ho sempre fatto, per Dio e la sua gloria, deve star sempre preparato (e lo sono da molti lustri) a tutte le prove e croci, ed al caro ed indispensabile pro nihilo reputari.

Ma Dio vi è per tutti, benché la vera carità di Cristo urgeat paucos in mundo. Non dico che in loro sia mancata questa, perché anzi ritengo che non vi sia stato che un fine, tutto buono e santo. Ma anch’io giuro innanzi a Dio di non aver operato… che per il solo Iddio e la sua gloria; e lo sa il Signore (S 6932).

  • A P. Sembianti da Khartoum, 13 agosto 1881.

Il dolore del Comboni in questo caso raggiunge il colmo quando viene a sapere che nel vortice della calunnia è stato coinvolto anche il suo vecchio padre, al quale si è fatto credere vera la insinuazione calunniosa contro suo figlio Vescovo:

250. Ecco il mio estremo e grande dolore. Che si inveisca contro di me, che mi si denunci al Papa. Sarà un danno per la missione qualche anno di mia assenza dall’Africa, per giustificarmi davanti all’infallibile Vicario di Cristo, che è Padre di tutti, e fa solo ciò che è retto e giusto, come vero rappresentante di Dio. Ma disturbare e affliggere un santo vecchio, che non solo mi ha dato la vita materiale, ma più ancora la spirituale, questo è troppo…

Sia fatta la divina volontà. Tutto è disposto da Dio che accoglie sempre il gemito degli afflitti e protegge l’innocenza; e mio padre morendo con una piaga al cuore, basata sulla calunnia, sul sospetto, e sulla menzogna… acquisterà una nuova corona in cielo, ove spero tra breve ci troveremo insieme (S 6938).

Le domando perdono, mio caro P. Sembianti, di recarle questi e tanti disturbi; ma con chi devo sfogare il mio dolore, se non con chi si consuma a prestarmi il più serio e valido aiuto nella santa mia Opera, che è tutta di Dio? (S 6939).

Nelle piaghe adorabilissime di Gesù e nella sua carità, mio P. Sembianti, raccomando mio padre Luigi Comboni, che non merita di terminare col dolore i suoi giorni per causa di un figlio (è tutto basato sul falso) che gli ha sempre dato, e gli deve dare tutti i motivi di consolazione spirituale (S 6940).

  • A P. Sembianti da Khartoum, 13 agosto 1881.

Mancano poche settimane alla morte e sente di aver toccato il fondo della umiliazione, che però accetta per “amore di Dio e dell’Africa” ma davanti a Dio sente il dovere di fare una dichiarazione:

251. Dichiaro con la più ferma persuasione che anche io ho operato… senza l’ombra di passione, e per dar gloria a Dio, per la carità, e pel bene dell’opera: e se lei e Sua Eminenza dicono che opero per passione, io rispondo a tutti e due che se hanno avuto un torto verso di me (sono convinto, ripeto, che hanno operato per santo fine e per coscienza) è stato quello di non dare nessun peso alle mie asserzioni, e al mio giudizio… ma di aver piuttosto creduto ai contadini, e ad altri meno competenti di me; del che non me ne lamento nulla, perché Christus humiliavit semetipsum usque ad mortem, etc. e così sono lieto di leccare la terra e ricevere qualunque umiliazione per amore di Dio e dell’Africa (S 6964).

  • A P. Sembianti Khartoum, 27 agosto 1881.

Mentre Comboni si ispira a Cristo “umiliato fino alla morte e morte di Croce”, altre pene amareggiano il suo spirito; ritornano le malattie a insidiare la vita dei suoi missionari:

252. Quante croci e tribolazioni al mio spirito! Ma Gesù portò la Croce, e la portarono tutti i suoi seguaci. Alla notte (non dormo quasi mai; ma questa notte dormii tre ore e mezza) mi trovo contento di aver molto sofferto e patito nelle 24 ore precedenti, contento assai più che quando a Londra, a Parigi, a Vienna, a Pietroburgo tornava a casa da un gran pranzo aristocratico.

Ah! Gesù è più grazioso coi suoi cari quando li va a trovare nelle spine. Le rose sono pel mondo (S 6981) …

Ad ogni modo tutto succede per disposizione adorabile di Dio; amiamolo dunque di cuore, e tutta la nostra fiducia sia in Lui; e lei coraggio e avanti, che canteremo un giorno in paradiso le divine glorie, perché, benché indegni, ci ha fatto strumenti della redenzione dei Negri, che sono le anime più abbandonate dell’uni verso.

A me non importa nulla delle chiacchiere che già forse si fanno in Verona a disdoro e discredito della mia dignità, del mio carattere… Cupio anathema esse pro fratribus: amo pro nihilo reputati etc. Quello che mi importa è unicamente (e questa è stata l’unica e vera passione della mia vita intera, e lo sarà fino alla morte, e non ne arrossisco per nulla) che si converta la Nigrizia, e che Dio mi accordi e conservi quelli strumenti ausiliari che m’ha dato, e mi darà (S 6987).

  • A P. Sembianti, Khartoum, 30 agosto 1881.

E siamo agli ultimi giorni, amareggiati dalla morte di vari suoi missionari, ma anche illuminati dall’unico conforto che la fede dona alle anime grandi. Ecco come si esprime in una lettera alle sorelle Girelli:

253. Io vorrei scrivere alla Signora Bettina tante cose per S. Giuseppe, il S. Cuore e la vita di Gesù Cristo, che ogni giorno si leggono e si meditano e dai missionari e dalle suore dell’Africa Centrale. Ma ora non ho tempo, e sono in grandi tribolazioni, perché così vuole Gesù Cristo, quello, come dicono i Veronesi, che l’ha fatto i pipoli alle zirèse (S 7151) …

Ah! mio Gesù! che Croce per un Vescovo Missionario! Ma, caro Gesù, noi abbiamo testa e abbiamo il naso corto: se avessimo il naso più lungo, e potessimo vedere il perché così Dio opera, dovremmo lodarlo e benedirlo, perché così è bene per ogni riguardo (S 7152).

  • Alle sorelle Girelli (Angeline di Brescia) da Khartoum, 26 settembre 1881.

La sua afflizione raggiunge il colmo, per cui sotto il peso della Croce può affermare di essere “crocifisso” come Gesù:

254. Gesù ci bastona e dà la Croce…

Sia sempre benedetto Gesù. Sulla Croce si fonda solidamente la nostra santa Opera (7155) …

Pregate sempre Gesù e il suo SS. Cuore per me; che san crocifisso, affinché ami sempre più davvero la Crocee le spine, che convertiranno la Nigrizia (7156).

  • A don Francesco Giulianelli da Khartoum, 27 settembre 1881.

Nuovo motivo di profondo dolore da Verona. La Superiora delle Pie Madri fraintende il senso di una sua lettera, per cui si sente come abbandonato dall’Istituto che ha fondato e coltivato con amore di Padre:

255. Mi recò molta meraviglia nel sentire il turbamento della Superiora nell’aver ricevuto la mia lettera, in cui le chiedeva cose che riguardavano il mio dovere, e che io aveva diritto di chiederle coscienziosamente.

Se la cosa è così, siccome io non voglio essere causa di nessun incomodo, assicuro lei, e lei assicuri la Superiora che io non la disturberò mai più con nessuna mia lettera o scrittura.

Che magnifici rapporti passano fra un Istituto, ove deve fiorire la carità, l’obbedienza, la fiducia, ed il rispetto all’autorità, che magnifici rapporti, dicea, passano fra l’Istituto delle Pie Madri della Nigrizia col suo Fondatore che suda, fatica, e non dorme per sostenerlo e far sì che non gli manchi niente! Che spirito del Signore! (S 7216) …

Sento nel cuore il peso della Croce (S 7220) … O mio dolce Gesù! Ah! ha fabbricata la croce non per complimento, ma perché la portiamo. Sì, la porteremo, e volentieri… Preghi e faccia pregare per noi (S 7221).

  • A P. Giuseppe Sembianti da Khartoum, 2 ottobre 1881.

Al Cardinal Prefetto di Propaganda riassume il dramma doloroso di quei giorni, in cui la missione sta trasformandosi in un cimitero; eppure tutto è visto nella luce della Croce, segno di amore e di redenzione:

256. A ragione io ho ordinato di lasciare intatto il catafalco, quando si sono celebrati gli Uffici e Messa da Requiem dei tre defunti accennati nell’ultima mia. Stamane soccombeva per febbre tifoidea con morte edificantissima il fratello laico Paolo Scandi di Roma…

All’ora in cui scrivo mi ha chiesto gli ultimi Sacramenti Don Francesco Pimazzoni, che per pietà e santità vera è senza dubbio il primo soggetto della Missione, e mi congiunge un criterio e talento ammirabili (S 7223) …

Perciò abbiamo messo in Croce S. Giuseppe, e lo supplichiamo ardentemente che non muoia. Ah! non deve morire. Perciò appena compiuto il funerale di Paolo Scandi, ho fatto subito togliere il catafalco, perché il Pimazzoni per ora non vi deve andare sopra.

Il mio ottimo D. Battista Fraccaro, mio futuro Vicario Generale, appena finite le esequie del defunto, che assistette per tutta la notte, essendo anche suo confessore, dovette coricarsi, perché assalito dalla febbre (S 7224).

Mio Dio! sempre croci! Ma Gesù dandoci la Croce, ci ama; e tutte queste croci pesano terribilmente sul mio cuore; ma ne accrescono la forza e il coraggio nel combattere le battaglie del Signore, perché le Opere di Dio nacquero e crebbero sempre così; la Chiesa fu fondata nel sangue dell’Uomo Dio, degli Apostoli e dei Martiri; tutte le Missioni Cattoliche dell’universo che han dato frutti crebbero così ad immagine della Chiesa, così prosperarono, così si consolidarono, e proseguirono in mezzo alle morti, al sacrificio ed all’ombra del salutifero albero della Croce (S 7225).

  • Al card. Giovanni Simeoni da Khartoum, 3 ottobre 1881.

Così Comboni si trova ad approntare la morte, “pieno di croci da capo a fondo”, solo, abbandonato anche dai suoi, come Gesù sul Calvario; ma dopo un ultimo grave dispiacere, le sue parole finali si illuminano nella luce completa del mistero pasquale:

257. Ricevetti oggi la sua lettera raccomandata 31 agosto p.p. sottoscritta anche dal R.mo P. Vignola.

Dal complesso della lettera ne rimasi sorpreso… ed anche scandalizzato… Non so se il peso delle care croci che mi manda Gesù contribuisca a questo mio sentimento e giudizio (S 7243) …

Che avvenga pure tutto quello che Dio vorrà. Dio non abbandona mai chi in Lui confida. Egli è il protettore dell’innocenza ed il vindice della giustizia. Io sono felice nella croce, che portata volentieri per amore di Dio genera il trionfo e la vita eterna (S 7246).

  • A P. Giuseppe Sembianti da Khartoum, 4 ottobre 1881.

NB: I testi sopra riportati sono tratti dal libretto «A servizio della Missione. Antologia di testi», Cap. 10, COL SIGILLO DELLA ROCE, la sezione “Crocifisso con Cristo sulla Croce”, nn. 241-257, pp.314-333).

P. Carmelo Casile