Lunedì 24 giugno 2019
Io sono stato ordinato il 7 aprile 1969. Tempo lungo che mi ha mostrato come Dio è fedele e ha misericordia. Essere missionario è più facile da capire: è come avere lo sguardo verso i poveri, verso quelli che il mondo lascia indietro. Essere prete è qualcosa di più intimo, da scoprire un po’ alla volta; ma è come avere lo sguardo che cerca il volto di Dio.
Quando partivo per l’Africa la prima volta avevo detto alla mia gente di Romano: “Parto anche a nome vostro, portando in me quella voglia di solidarietà che è in tutti voi, portando quel desiderio che è anche vostro di impegnarsi per la dignità di tutti, di fare qualcosa di bello per gli altri, cominciando da chi ha più bisogno”. E qui mi piace ricordare le parole di Papa Francesco quando ha scritto “La gioia del Vangelo”: se qualcuno ha fatto qualcosa di bello per migliorare la vita di un altro, la sua vita è stata utile.
Cinquant’anni di prete. Dicevo: per me, è come avere lo sguardo che cerca il volto di Dio. Eucaristia è una parola del messale ma vuol dire: Rendere grazie al Signore. Madre Teresa di Calcutta cercava i moribondi sui marciapiedi e se li portava dove potevano morire in pace. Le hanno chiesto a cosa serve. Ha risposto: “Almeno 5 minuti prima di morire, che possano sentirsi amati, che possano arrivare a dire Grazie della vita”. Ecco, ho sempre avuto questo desiderio, che tutti possano arrivare a rendere grazie al Signore per la vita. E non perché hanno incontrato me, ma perché hanno incontrato il Signore che li ama. E poi, la seconda cosa che vorrei dire dell’Eucaristia, è che Gesù ha preso il pane e l’ha spezzato, e ha detto: “E’ il mio corpo, dato per voi”. La messa non è un rito religioso ma una maniera di vivere. E’ come dire: “Questa mia vita vorrei che fosse un dono per te. vorrei che per te fosse una cosa buona come il pane. Pane spezzato, dato per te”. E poi una terza cosa: per me essere prete è ricevere e dare il Signore. Nella Comunione, è come accogliere dentro di me il Signore, affinché lui viva dentro di me, e faccia maggioranza, così chi mi incontra non trova solo me stesso, ma il Signore che mi vive dentro. Cioè, il Corpo e il Sangue del Signore dovrebbero trasformare la mia umanità, il mio corpo che è il mio modo di mettermi in relazione con gli altri. Nessuno ha bisogno del mio carattere o delle mie idee. Se lui fa maggioranza in me, chi mi incontra dovrebbe gustare e vedere com’è buono il Signore. E qui tutti vedono che mica funziona così in fretta. E tante volte ho detto: “Mària Santa Signore, in tutti questi anni sei arrivato a fare così poco dentro di me? Dài, riprovaci, e grazie che mi offri ancora i tempi supplementari”.
Guardo a voi, gente di casa, gente di paese, guardo a tutti i miei amici, e mi viene voglia di ringraziare il Signore per voi. Regola generale: siete tutti sulla buona strada. Il Signore si è fatto strada dentro di voi. Guardo i più grandi, che mi sembrano i più anziani, e mi viene da dire: Siamo parenti. Avete tribolato, avete amato, avete tanto lavorato, anche perché intorno a voi la vita si faccia migliore, la famiglia abbia da vivere con serenità. Ma mi viene anche da dire: Sapete quanto è più bella la vita quando tutto questo è vissuto dando un posto esplicito al Signore! Mi piacerebbe che tutti noi potessimo vivere come quella famiglia di Betania dove Gesù era di casa, si sentiva bene accolto, e loro sentivano che Gesù gli voleva bene e sorrideva loro quando li guardava. Se mi perdonate, vi dico: Per me siete veramente buoni, siete più bravi di me, ma vi resta una povertà dentro, quando la luce del Signore non è accesa dentro casa. Gesù diceva alla donna di Samaria: “Se tu conoscessi il dono di Dio!” Ecco, Gesù dice a ciascuno di noi: “Se tu conoscessi il dono di Dio!” E Dio ha tanto amato il mondo da donare l’Unico Figlio.
Cinquant’anni di prete. Ci guardiamo intorno, e di preti sotto i 50 anni ne vediamo pochi. Anche i missionari: pare che siamo gli ultimi, da trattare con riguardo. Ci domandiamo perché. Forse la prima ragione è che manca la materia prima: i bambini. Una volta, con dieci figli a tavola, un uomo poteva trovare bello darne un paio al Signore per fare cose buone nel mondo. Adesso che ce n’è uno, lo teniamo caro, per dargli in eredità la casa. Ma forse c’è di più. Il Signore ha poco posto tra le cose di casa, è spinto sullo sfondo dell’orizzonte della vita, sta sullo sfondo di tutto e guai che manchi, ma è fuori mano. E poi, ci sono gli altri; e sono tanti. Missionario è uno sbilanciato verso gli altri. Direte: datti una calmata. Abbiamo già i nostri problemi, c’è troppa insicurezza sul mondo di domani, difendiamo quello che ci resta, la nostra repubblica familiare è dentro il recinto del giardino di casa, per favore non dateci un mondo a carico. Adesso giochiamo in difesa, facciamo quadrato, “muso duro bareta fracà”. Una volta, quando noi eravamo giovani, nel secolo scorso, c’era fiducia, c’era euforia, tanto lavoro e tanti progetti. Adesso siamo in luna calante. C’è disagio, insicurezza, difficoltà economica. Anche paura e intolleranza. Frutti di stagione, i tempi sono cambiati. Soprattutto siamo cambiati noi.
Ma qui mi dovete scusare, mi tocca fare un discorso da prete, e in più da missionario. Io sono convinto che Dio ha tanto amato il mondo da dare l’Unico Figlio; e non si è mai pentito. Dio è convinto che la nostra storia, a causa di Gesù, finirà bene, che la vita vincerà, che un mondo diverso è possibile. Forse Dio uno sbaglio l’ha fatto, almeno secondo me. Si è fidato troppo di gente come noi, quasi non ci conoscesse. Si è messo in testa di fare un mondo nuovo, ma di farlo insieme con noi, con le nostre mani, con le nostre teste. La sua idea gli resta dentro, dura come ferro: cioè vuole farci nuovi noi, vuole far vivere Gesù dentro di noi. Gesù era uno e adesso è tanti, e una volta che ci ha dato un cuore nuovo gli viene facile fare un mondo nuovo. Io ci credo. Io voto per lui. Vorrei fargli fare bella figura. Papa Paolo VI diceva: “Gli uomini possono fare ritardo a Dio”. Meglio tirarsi fuori dal comitato dei freni, meglio mettersi dalla parte dell’acceleratore, e andare dritti verso il futuro che Dio ci prepara. A me piace fare questo, continuando a essere prete, continuando a essere missionario.
P. Vittorio Farronato