Lunedì 27 luglio 2015
Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata missionaria mondiale del 2015, che si celebra in concomitanza con l’Anno della vita consacrata e con il 50° del decreto conciliare Ad gentes, richiama il “forte legame” tra la missione e i consacrati, ricordando che “chi segue Cristo non può che diventare missionario”. Ascoltando lo Spirito Santo, dunque, “ai consacrati è chiesto di andare verso le grandi periferie della missione”, là dove il Vangelo “non è ancora arrivato tra le genti”. La missione, infatti, non è né “proselitismo”, né “mera strategia”: la missione fa parte della “grammatica della fede” ed è quindi passione, passione per Gesù Cristo, passione per la gente, passione per il Vangelo. Le riflessioni che seguono – di P. Carmelo Casile – sono un tentativo di cogliere questo “forte legame” nel pensiero del Concilio Vaticano II. Ho cominciato a elaborarle agli inizi del mio ministero come formatore dei Novizi (1973) e anche in funzione della formazione permanente, almeno della mia. Forse possono ancora essere utili a qualcuno.
Nella foto: missionari comboniani nella Repubblica Democratica del Congo.

 

P. Carmelo Casile,
missionario comboniano.

 

Risvegliare la memoria del Concilio Vat. II
per attualizzarne la dottrina nel nostro oggi

La missione grammatica della fede


1. Vita missionaria e vita consacrata nel dinamismo del piano divino della Salvezza

La vita missionaria e la vita consacrata, secondo il Concilio Vaticano II, sono nella Chiesa due carismi distinti ma interdipendenti, fino all'incontro perfetto nella persona del religioso missionario; per questo la vita religiosa dimostra chiaramente ed esprime ai non-cristiani l'intima natura della vocazione cristiana (cfr. AG 18a).

Il decreto AG espone i principi della teologia missionaria, prendendo come punto di partenza la SS. Trinità e le sue missioni divine. Il Padre è «l'amore fontale» ed invia il Figlio (AG 2–3). Cristo invia la Chiesa per la forza e sotto l'influsso dello Spirito Santo, a cominciare dagli Apostoli fino al semplice fedele. La missione è infatti il tema centrale del Vangelo ed il principio costitutivo dell'esistenza della Chiesa è che tutti i Cristiani devono essere missionari (AG 55; cfr. anche LG 17; 33; AG 11a; 12; 41; AA 2; 3).

Tale missione della Chiesa consiste nel rendere presente e imitare la missione di Gesù Cristo: l'opera della Chiesa è la missione continuata di Cristo, quando la Chiesa si mantiene fedele al Vangelo. Il dovere missionario di ogni fedele è radicato quindi nel suo Battesimo, nella Cresima e nella partecipazione all'Eucaristia, attraverso cui Cristo unisce il fedele al Suo triplice potere (profetico, sacerdotale e regale), facendolo partecipe della sua missione salvifica.

Il Concilio, però, mentre riconosce che il dovere missionario è universale nella Chiesa, nello stesso tempo ammette la necessità di una vocazione specifica, di un carisma per la vita missionaria effettiva "ad gentes", che può essere dato a tutti i membri del popolo di Dio: sacerdoti, religiosi e laici (AG 23).

Ora, se ogni fedele, in virtù del Battesimo, Confermazione ed Eucaristia, è investito dell'obbligo missionario, che cosa si dovrà dire di coloro che, emettendo la professione religiosa, radicalizzano le esigenze della sequela di Gesù e consacrano la loro vita totalmente e per sempre a Dio e alla Chiesa?

Sembra che costoro, secondo il decreto AG, dovrebbero fornire alla Chiesa il modello e l'espressione più alta dell'attività missionaria (AG 18; 27; 40). Assumendo quest’atteggiamento nei confronti della vita consacrata, l'AG non fa che trarre le dovute conclusioni dalla dottrina sulla vita religiosa così come è presentata nei capp. V e VI della LG e nel PC.

La vita consacrata, infatti, nasce dal dinamismo del piano e dell'azione salvifica che Dio Padre opera per il Figlio nello Spirito Santo. Frutto di questo piano e azione salvifica è la Chiesa che è oggetto di salvezza e Sacramento di questa stessa salvezza. Il fedele, che per dono del Padre, si consacra, entra in questo dinamismo di salvezza; entra in maniera speciale in profonda comunione col Padre attraverso Cristo per la forza dello Spirito Santo ed assume in maniera speciale la missione salvifica della Chiesa nella totalità delle sue dimensioni: il consacrato è oggetto di salvezza e nello stesso tempo strumento privilegiato di questa salvezza. Questa posizione della vita consacrata nella Chiesa è ben presente nello sviluppo dell'AG, in maniera del tutto particolare quando traccia il profilo del missionario. Quando, infatti, il decreto AG traccia il profilo spirituale del missionario e descrive l'ambito della sua attività, si riferisce chiaramente alle caratteristiche e alle componenti della vita consacrata.

Nell’AG traspare così la convinzione che l'attività evangelizzatrice, come ogni apostolato, nasce nella Chiesa in quanto espressione della sua santità, cioè del suo camminare verso la carità perfetta, che si realizza nel seguire il Signore e che nella vita consacrata raggiunge il massimo di radicalità ed effettività.

È dallo stare con Cristo, dalla vita nascosta con Cristo in Dio, che nasce la missione. Questa ha significato solo se esiste la tensione costante di rispondere alla chiamata divina, che è chiamata alla comunione con Dio, che diventa partecipazione al piano divino della Salvezza. La missione da sola non trova fondamento né giustificazione, così come il seguire Cristo che non sfoci nella missione sarebbe pura e consolante ricerca di se stesso. La vita missionaria e la vita consacrata si possono capire solo alla luce dell'universale chiamata alla santità, che è ordinata sia al bene dell'individuo sia della Chiesa e del mondo. È in questa prospettiva che va ricercata, l'identità del missionario. È in questa prospettiva che la vita consacrata ha un influsso inevitabile sulla vita missionaria e viceversa, fino al punto da fondersi, diventando nella stessa persona l'una l'espressione dell’altra.

2. Rapporto tra vita missionaria e vita consacrata

II profilo spirituale del missionario e l'ambito della sua attività riflettono nell'AG le caratteristiche e le componenti della vita consacrata.

In effetti, la vita missionaria è un dono divino, che il cristiano realizza seguendo Gesù Cristo nella via della povertà, obbedienza e castità, sotto l'influsso dello Spirito Santo, per tutta la vita, in spirito di comunione fraterna, avendo come fondamento e meta la carità perfetta, diventando così segno e testimone dei beni escatologici e collaborando nell'ambiente dove è chiamato a vivere alla soluzione del problema umano, in intima comunione con Dio.

Questo profilo del missionario che si ricava dalla lettura del decreto AG corrisponde al profilo del religioso che lo stesso Concilio delinea nella LG e nel PC.

2. 1 La vita missionaria è un dono divino …

Il dovere missionario è universale nella Chiesa e cade su ogni fedele in proporzione alle sue possibilità; tuttavia non tutti sono chiamati all'attività missionaria diretta tra i non-cristiani, ma solo coloro a cui è dato questo carisma da Dio stesso (AG 23– 24).

Analogamente, tutti nella Chiesa sono chiamati alla santità (LG 39; 42); tuttavia alcuni sono chiamati da Dio ad accedere alla vita consacrata, che realizza in maniera peculiare l'universale chiamata alla santità (LG 46; 44; PC. 1; 5). Vita missionaria e vita consacrata hanno una radice comune e cioè Dio che gratuitamente chiama il fedele ad una più stretta intimità con Lui in vista di una missione da compiere nella Chiesa per il mondo.

2. 2 ... che il cristiano realizza seguendo Gesù Cristo nella via della povertà, dell’obbedienza e della castità (AG 5 ; 24–25) ...

Analogamente la chiamata alla vita consacrata si realizza seguendo Cristo, primo consacrato del/e al Padre, nella pratica dei consigli evangelici (LG 46; PC 1; 2; 5).

2. 3  ... sotto l'influsso dello Spirito Santo (AG 5; 24) ...

Analogamente la vita consacrata rivela la potenza infinita dello Spirito Santo nella Chiesa (LG 44), ed è abbracciata sotto il suo influsso (PC 1; 14; LG 47).

2. 4 ... per tutta la vita (AG 24) ...

Questa formulazione è stata mantenuta nonostante le obiezioni di molti Padri conciliari che volevano considerare missionari nel senso pieno del termine anche i laici e i sacerdoti che si impegnano nell'attività missionaria solo per un breve periodo di tempo. La formula "per tutta la vita" è rimasta e la commissione l'ha giustificata così: "Anche se importante, il contributo di coloro che si dedicano all’attività missionaria per un determinato periodo, esiste una differenza oggettiva tra una consacrazione per un periodo limitato e quella che impegna per sempre”. Si può applicare alla consacrazione missionaria ciò che la Costituzione Dogmatica LG afferma circa la consacrazione religiosa: la consacrazione a servizio della missione è tanto più perfetta quanto più stabili e solidi sono i vincoli (LG 44)…

Tuttavia quest’affermazione - "per tutta la vita" - non è in contraddizione con quello che, in altri passi del Decreto si afferma circa coloro che lavorano nella missione "per un periodo limitato". Ciò che qui è affermato è la visione generale dell'attività missionaria così come appare nelle Sacre Scritture e l'attività missionaria esige; mentre negli altri punti si parla di coloro che cooperano nella attività missionaria solo per un determinato periodo. (cfr. "Il destino delle missioni" pp. 307-311).

La totalità e radicalità dell'impegno della vita missionaria espressa nei nn. 24 e 25 del decreto AG è una eco fedele della descrizione del religioso fatta dal PC (cfr. PC specialmente i nn. 1, 2, 5).

2. 5 ... in spirito di comunione fraterna (AG 30; 25) …

Nello stesso tempo è necessario che i missionari formino vere comunità tra di loro: "perché nell'esercizio dell'attività missionaria si raggiungano quei risultai che ne costituiscono la finalità, tutti coloro che lavorano nelle missioni devono avere un cuor solo e un'anima sola" (AG 30a).

"...i presbiteri non devono essere mandati soli in una nuova regione... è meglio che vadano a gruppi di almeno di due o tre come i Discepoli del Signore, in modo di aiutarsi a vicenda" (PO 10c).

Questo spirito comunitario dei missionari deve suscitare comunità nuove che diano testimonianza di Cristo (AG 15b).

Ora nella vita consacrata la dimensione comunitaria ed ecclesiale è una componente essenziale. Infatti la vita consacrata è la più alta espressione della Chiesa, per il fatto che realizza in pienezza la vocazione della Chiesa, manifestando il mistero della carità fraterna come "stato di vita" (PC 15; LG 43; 44).

2. 6 ... avendo come fondamento e méta la carità perfetta (AG 24–25) …

II raggiungimento della "carità perfetta" costituisce la vocazione d’ogni Cristiano: è la vocazione universale della Chiesa ed abbraccia, quindi, lo spirito e l'azione del missionario. "Vivendo autenticamente il Vangelo ..., con la carità sincera, il missionario deve rendere testimonianza al suo Signore fino a spargere, se necessario, il suo sangue per Lui" (AG 24b). "Nel suo zelo per le anime spenda volentieri del suo ed anche tutto se stesso spenda per la loro salvezza, sicché nell'esercizio quotidiano del suo dovere cresca nell'amore di Dio e del prossimo" (AG 25b).

Analogamente la carità perfetta è il fondamento e la méta della vita consacrata, ne è l'anima e la sua ragione di essere. Infatti, la vita consacrata "ha le sue profonde radici nella consacrazione battesimale, e ne è una espressione più perfetta" (PC 5a; LG 44). Essa comporta una donazione totale del fedele a Dio sommamente amato (LG 44a; PC 1). La vita consacrata è di fatto ordinata a far sì che i suoi membri si uniscano a Dio (PC  2e) e vivano per Dio solo (PC 5a), abbiano di mira unicamente e sopra ogni cosa Iddio (PC 5d), prima di ogni cosa cerchino e amino Iddio (PC 6a) e si occupino solo di Dio (PC 7a), alimentino la carità stessa verso Dio (PC 8).

Questa donazione totale di sé a Dio il fedele la realizza unendosi a Cristo, seguendolo, imitandolo e vivendo per Lui (PC 2; 1). Ne consegue che la donazione totale di sé a Dio si realizza "lasciando ogni cosa per amore di Cristo, seguendolo come l'unica cosa necessaria, ascoltandone le parole e pieni di sollecitudine per le cose sue (PC 5).

L'ideale della vita consacrata è, pertanto, "il raggiungimento della carità perfetta per mezzo dei consigli evangelici" (PC 1). La norma, fondamentale di questo cammino è "il seguire Cristo come è insegnato dal Vangelo" (PC 2a).

La donazione di sé a Dio in Cristo mette il fedele in uno stato di disponibilità, che si traduce in servizio dello stesso Dio e dei fratelli nella Chiesa e nel mondo. Dall'amore totale a Dio, dalla vita nascosta con Cristo in Dio, "scaturisce e riceve impulso l'amore del prossimo per la salvezza del mondo e l'edificazione della Chiesa" (PC 6,1; PC 25).

È proprio questo che il decreto Ad Gentes chiede al missionario nei nn. 5; 24; 25; 11; 12.

2. 7diventando segno e testimoni dei beni escatologici... (AG 9)

II n. 9 dell'AG presenta la dimensione escatologica come essenziale all'attività missionaria. La missione è "inizio della fine". Il mondo procede nel cammino della sua storia. La Chiesa come ha fatto Gesù con i discepoli di Emmaus si unisce a lui per mezzo dell'attività missionaria. Ora la Chiesa è la comunità di coloro che credono in Cristo e sperano in Lui (LG 9); è "la comunione di vita degli uomini con il Padre e tra di loro, in Cristo, per mezzo dello Spirito Santo". Questa comunione di vita, però, è sottoposta ad un processo di crescita e maturazione. Per questo si dice che la Chiesa è popolo di Dio in marcia o pellegrino; possiede le primizie e la caparra del Regno, ma aspetta la sua manifestazione ed il possesso definitivo nella Parusia. Situandosi tra il già della Pasqua di Cristo e il non ancora della Parusia finale, la Chiesa vive una situazione pasquale, segnata dalla gioia della salvezza realizzatasi ma anche dalla tensione nell'attesa della sua consumazione.

La Chiesa si colloca rispetto al mondo tra il già o la prima venuta storica di Cristo e il non ancora della Parusia o del suo ritorno, ora nella quale la Riunione degli uomini, che Essa vuole essere, avrà la sua piena realizzazione nel Regno di Dio. Intanto l'attività missionaria è già, sotto diversi aspetti, inizio di questa ora finale.

"La Chiesa... ha una finalità salvifica ed escatologica, che non può essere raggiunta pienamente se non nel mondo futuro. Essa poi, è già presente qui sulla terra ed è composta da uomini, i quali appunto sono membri della Città Terrena, chiamati a formare già nella storia dell'umanità la famiglia dei Figli di Dio, che deve crescere costantemente fino all'avvento del Signore" (GS 40b).

Questa irruzione o manifestazione del disegno di Dio nella storia viene realizzata dall'attività missionaria attraverso tre movimenti:

  1. l'attività missionaria rende presente nel mondo Cristo, autore della Salvezza attraverso la Parola e la predicazione, la celebrazione dei Sacramenti e la celebrazione eucaristica che ne è il centro e la massima espressione (AG 9).
  2. l'attività missionaria restituisce a Cristo tutti i valori esistenti tra le genti. L'attività missionaria purifica dalle scorie i valori di verità e di grazia che sono presenti nella vita dei non-cristiani e li restituisce al suo autore, che è Cristo (AG 9).
  3. l'attività missionaria, dando Cristo al mondo, restituendo il mondo a Dio, tende alla sua pienezza escatologica (= l'incontro in pienezza dell'uomo con la SS. Trinità e con tutti i santi).

Questa pienezza può essere considerata sotto il punto di vista di tre grandi attori del "dramma essenziale" del mondo:

  1. II demonio viene confuso. La pienezza escatologica viene presentata come confusione del demonio. Il Concilio non ha accettato la moda del silenzio sul demonio. La LG al n. 16 parla di uomini ingannati dal demonio.
  2. L'uomo entra nella pienezza della felicità per mezzo della contemplazione di Dio che è trasfigurazione appagante tutti i desideri e attese. "Così finalmente quando tutti coloro che sono partecipi della natura umana, rigenerati in Cristo per mezzo dello Spirito Santo, potranno ripetere, volgendo concordi lo sguardo alla gloria di Dio: -Padre nostro-, allora finalmente si compie davvero il disegno del Creatore che creò l'uomo a sua immagine e somiglianza" (AG 7c).
  3. La Trinità. Dio Padre vede ampliarsi la sua Famiglia e il "Suo popolo"; Cristo vede aumentare il Suo Corpo mistico fino alla misura piena della sua età adulta, e crescere il tempio dello Spirito (AG 9).

È qui che il Padre è adorato in spirito e verità, secondo le parole di Gesù alla Samaritana (Gv 4,23): questa costruzione richiede apostoli e profeti, che sono i missionari; ed il reclutamento dei missionari esige la folgorazione di una grande visione.

È necessaria una visione entusiasmante, quella appunto che il decreto AG al n. 9 vuole presentare a tutti i Cristiani, ed in particolare alla gioventù che deve essere attirata: l'immensa ascesa, attraverso il mondo, di questa grande Chiesa da costruire sul solo fondamento che è sufficientemente solido e largo, Gesù Cristo. Egli stesso, infatti, si è impegnato, al momento di mettere sulle spalle degli Apostoli il carico di tutte le nazioni, di essere con loro, e con noi, fino al compimento della storia. Ed anche la Chiesa non cesserà "di pregare e lavorare, affinché l'intera massa degli uomini diventi Popolo di Dio, corpo del Signore e Tempio dello Spirito Santo e, in Cristo, centro di tutte le cose, sia reso onore e gloria al Creatore e Padre dell'universo" (LG 17)[1].

II dinamismo escatologico è dunque il termine ed il fulcro di tutta l'attività missionaria. Una vita dedicata all'attività missionaria che non sia imbevuta da questa realtà non ha senso. Ora nella vita consacrata la realtà escatologica è una delle dimensioni essenziali, senza dubbio la più caratteristica, ed è carica di un altissimo valore missionario nella linea del segno-testimonianza.

  1. I religiosi sono segni efficaci di Cristo sempre presente nella Chiesa. Il religioso infatti rende presente:
    • Cristo nella Sua santità (LG 44c; PC nn. 1; 2; 5).
    • Cristo nella Sua attività caritativa (LG 46a; PC 13e).
    • Cristo e la Trinità tutta nella Sua potenza di grazia (LG 44c; 47; PC 1a).
  2. I religiosi sono segno efficace della Chiesa nella sua duplice attività di amore, che si realizza come amore reciproco nella comunità fraterna (PC 15 ), e come risposta all'amore preveniente del Padre in Cristo per lo Spirito Santo (PC 12a; LG 44a; 44c).
  3. I religiosi sono segno efficace della vita cristiana nel suo valore già celeste e nel suo movimento verso il Cielo (LG 44c; PC 12a).

Qui la funzione escatologica dello stato religioso raggiunge il suo vertice. I religiosi, infatti, morti al mondo, prefigurano ed annunciano direttamente la vita celeste, proclamano che il demonio è stato vinto in loro, che il loro unico desiderio è l'incontro pieno con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Per mezzo della loro vita testimoniano davanti a tutti, ricchi e poveri, che "il mondo non può essere trasfigurato ed offerto a Dio senza lo spirito delle beatitudini" (LG 31b), e collaborano così spiritualmente con i laici "affinché l'edificazione della città terrena sia sempre fondata nel Signore e a Lui diretta, né avvenga che lavorino invano quelli che la stanno edificando (LG 46b; GS 38b). I religiosi, non solo con il cuore e le parole, ma con tutte le strutture stesse della loro vita in comune, povera, casta e obbediente, in una parola, con la loro vita concreta proclamano apertamente che Dio esiste, che Lui è la realtà e il valore supremo, che Lui è l'amore assoluto e merita di essere amato, infine, che l'uomo diventa se stesso soltanto nell’incontro con l'Assoluto di Dio.

È la testimonianza esistenziale suprema a favore di Dio, la cui forza è oltrepassata solo dalla testimonianza dei "martiri". Naturalmente, perché tutto ciò sia realtà, è necessario che la vita consacrata sia vissuta realmente. Allora soltanto la vita consacrata diventa il culmine della risposta che la Chiesa dà al mondo intero sul destino dell'uomo: reso partecipe della vita divina in Cristo Gesù[2].

Ancora una volta, la vita consacrata proprio in virtù della sua indole escatologica non resta estranea all'attività missionaria "ad gentes"; anzi è già in se stessa la più alta espressione di questa missione.

2. 8 e collaborando con coloro con cui vive per la soluzione dei problemi umani.

Nell'attività missionaria l'aspetto escatologico e quindi di conversione al Vangelo deve essere integrato con la dimensione di servizio per 1'umanizzazione del mondo.

Certamente "dobbiamo essere convinti che la comunicazione della fede in Cristo è il dono maggiore e il servizio più disinteressato che i cristiani possano fare agli altri uomini"[3].

Il decreto AG sottolinea in modo molto incisivo questa convinzione della Chiesa quando afferma: "La Chiesa, che da Cristo è stata inviata a rivelare e a comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini ed a tutti i popoli, comprende perfettamente che le resta ancora da svolgere un'opera missionaria ingente. Ben due miliardi di uomini - ed il loro numero cresce di giorno in giorno - o non hanno ancora, o hanno appena ascoltato il messaggio evangelico” (AG 10).

Tuttavia la missione della Chiesa nei confronti di questi popoli non si esaurisce qui. È vero che passa l'aspetto di questo mondo, ma esso porta in germe il mondo futuro; il Cristiano deve pensare al Cielo, ma allo stesso tempo deve cooperare al progresso della famiglia umana; Gesù che ci ha salvato con la Sua croce, ora è il Signore che domina il mondo e vuole rendere più umana la stessa vita.

La salvezza alla quale 1'uomo è chiamato e che la Chiesa deve portargli, non è qualcosa che si realizza esclusivamente dopo la morte, nella vita che deve venire, ma è una salvezza radicale della vita umana in questo stesso mondo, che naturalmente porta conseguenze anche per la vita dell'aldilà. "Si tratta - afferma il Concilio nella GS - di salvare la persona umana, di edificare l'umana società. È l'uomo dunque, ma l'uomo integrale, nell'unità di corpo e di anima, di cuore e coscienza, di intelligenza e volontà." (GS 3b).

Il missionario deve, pertanto, incarnarsi nella realtà umana dove è chiamato a vivere, prestando la sua collaborazione in ordine ad un progresso anche umano. La missione non si può ridurre a questo, ma è anche questo.

Ora la vita consacrata tende ad armonizzare queste due istanze della missione. Il Concilio, infatti, presenta il religioso come se già vivesse con il Cristo celeste, ma contemporaneamente afferma che il religioso vive la forma migliore della Vita del Figlio di Dio incarnato (LG 44), quindi pienamente solidale con il cammino dell’umanità nella storia. La comprensione della Vita Religiosa come donazione totale di sé a Dio è nello stesso tempo spinta all’incontro con il prossimo; nella misura che il missionario religioso si va addentrando nell’incontro con il Signore Gesù, si va aprendo agli altri, va creando spazi d’amore con il suo prossimo. Al progresso de suo incontro con Dio, corrisponde un passo in avanti nell’incontro con gli altri, nella creazione di un “noi” di amore, che è il “noi” dell’inclusione degli altri nella propria vita, che è dono dello Spirito Santo, protagonista della Missione.

Non è possibile, dunque, cadere nell’equivoco di pensare che "la santità o spiritualità religiosa" e "la santità o spiritualità missionaria" stiano in opposizione tra loro. È vero esattamente il contrario: quanto più è radicale la donazione di sé a Dio, tanto più è radicale l’idoneità per l'apostolato.

Si deve però tener presente che la "regolarità monastica" e la "regolarità apostolica" sono due cose ben distinte[4]. Spetta agli Istituti Missionari creare quello stile di vita richiesto dalla consacrazione a Dio per l’attività missionaria "ad gentes".

2. 9in intima unione con Dio.

L'elemento catalizzatore delle componenti dell'attività missionaria (evangelizzazione ed umanizzazione) è dato dalla contemplazione. "I messaggeri del Vangelo, per non trascurare la grazia, che è in loro, devono rinnovarsi di giorno in giorno interamente nel loro spirito. Gli Ordinari ed i Superiori da parte loro procurino di riunire in determinati periodi i missionari per rinvigorirli nella speranza della loro vocazione, e per aggiornare il ministero apostolico, fondando anche delle case a questo scopo" (AG 24c).

II missionario deve essere uomo di preghiera; questa è una esigenza incontestabile, che scaturisce dalla natura stessa della sua vocazione. "Nessuno può avvicinarsi a me con fede, se non lo attira il Padre che mi ha mandato" (Gv 6,44).

II Padre deve "attirare", al contrario ogni sforzo è inutile; è in forza di questa azione soprannaturale che il fedele prende coscienza della missione da compiere, che lo rende corresponsabile nella realizzazione del piano salvifico divino attraverso la Chiesa.

È questo un elemento essenziale nella descrizione "biblica di ogni vocazione particolare. L'incontro con Dio, per esempio, fa prendere coscienza a Mosè della miseria dei suoi fratelli Ebrei (Es 3,1-12). Mosè in effetti aveva già una esperienza personale della miseria del suo popolo, la sentiva nella sua stessa carne ed era intervenuto in favore dei suoi fratelli. Il suo intervento si è però risolto nel fallimento dell'incomprensione e nella fuga in esilio (Es 2,11-22).

La novità della vocazione di Mosè consiste nel fatto che Dio opera in lui, e sotto l'influsso di quest’azione Mosè comincia a guardare alla miseria dei suoi fratelli attraverso lo sguardo di Dio. Dio non dice a Mosè: "Pensa alla miseria di questo popolo", ma "Io ho ben veduto la miseria del mio popolo" (Es 3,7): ecco l'aspetto specifico della missione soprannaturale.

La presa di coscienza delle necessità degli uomini, la visione di un mondo povero e infelice, che ha bisogno di liberazione, ma non trova le forze per farlo, tutto ciò non è sufficiente affinché un uomo capisca che ha una vocazione e missione divina. La vocazione e la missione possono essere percepite solo quando è presente nell'uomo una visione soprannaturale delle necessità degli uomini, una visione cioè illuminata dalla fede e dal conseguente contatto abituale dell'uomo con Dio, che è Padre e conduce lo svolgimento della storia.

Questa visione soprannaturale è però soltanto la base di una vocazione ad una missione. È necessario che Dio intervenga ancora una volta con una mozione del Suo Spirito, che è il vero elemento costitutivo della vocazione-missione. Non può esserci vocazione-missione, se Dio non chiama e manda esplicitamente; "Vieni, ti manderò..." (Es 3,10). Quest’ordine ha come spiegazione la volontà salvifica di Dio: "Sono sceso per liberarlo dalle mani degli Egiziani, per farlo salire da quella terra verso una terra buona" (Es 3,8).

In questa linea si esprime lo stesso Gesù quando, dopo aver sottolineato la necessità della messe, raccomanda ai discepoli di chiedere operai al padrone della messe (cfr. Lc 10,2). Il Cristiano e la Chiesa tutta, anche dopo essersi resi conto delle necessità della redenzione, sono incapaci di prendere qualsiasi iniziativa senza un libero intervento divino. Di fronte a questa assoluta gratuità e libertà di Dio, al cristiano, al missionario resta unicamente la possibilità e il dovere di sollecitare continuamente l'intervento di Dio attraverso la preghiera. Convinto di ciò, J. Lowe afferma: "L'apostolato è una misteriosa unione di azione e di passione. I veri incontri con gli uomini si realizzano nella misura in cui avremo veri incontri con Dio". Papa Francesco esplicita che questa “passione” è passione per Gesù Cristo, passione per la gente, passione per il Vangelo.

Del resto Gesù stesso è l'esempio più eloquente. Con Lui 1' "Ascolta Israele" ha ricevuto una dimensione nuova. La Parola che Dio rivolge agli uomini, arriva adesso attraverso Gesù. E anche l'A.T. sarà ascoltato in modo nuovo dalla sua bocca. Egli stesso ha chiesto di essere ascoltato in nome di Dio, e il Padre conferma questa richiesta: "Questo è il mio Figlio diletto... ascoltatelo" (Mt 11,5).

Il missionario è tale perché chiamato a penetrare nella vita e nella missione di Cristo, e ciò significa che, da una parte, il Signore opera attraverso il missionario, ma anche che il missionario deve essere tale secondo l'esempio di Cristo stesso, in una continua unione con Dio Padre, in una preghiera piena di fiducia.

Ora la vita consacrata non si capisce al di fuori della comunione con Dio e quindi della preghiera. Nella vita consacrata la preghiera è elemento indispensabile e fondamentale, per vivere la consacrazione integrale al servizio di Dio, seguire Cristo, progredire con fervore continuo nella perfezione della carità e dedicarsi in pienezza al servizio della Chiesa (cfr. PC 5; 6).

Al di fuori di tale intenso e costante contatto con Dio, la vita del religioso e la sua attività apostolica non hanno significato. Perciò i religiosi, in tutte le circostanze, si sforzino di alimentare la vita nascosta con Cristo in Dio, donde scaturisce e riceve impulso l'amore del prossimo per la salvezza del mondo e l'edificazione della Chiesa (PC 6a). Negli Istituti votati all'apostolato "tutta la vita dei membri sia compenetrata di spirito apostolico, e tutta l'azione apostolica sia animata da spirito religioso. Affinché i religiosi corrispondano in primo luogo alla loro vocazione che li chiama a seguire Cristo, e servano Cristo nelle sue membra, bisogna che la loro azione apostolica si svolga in intima comunione con Lui" (PC 8a).

Conclusione

Ciò a cui si aderisce mediante la professione religiosa è uno stile di vita: vita di ricerca di Dio e di preghiera, al seguito di Cristo nella fedeltà al suo Vangelo, comunità, celibato, obbedienza, povertà, servizio e ministero per la Chiesa e per il mondo. Entrare nella vita religiosa significa optare, sotto l'influsso della chiamata divina, per questo tipo di esistenza cristiana: fede, preghiera, comunità, missione. La professione perpetua è una conferma ed una attestazione pubblica di questa scelta.

Allo stesso stile di vita ed impegno pubblico è sostanzialmente chiamato il missionario. La vita consacrata è aperta alla missione globale della Chiesa, non si esaurisce pertanto nell'attività missionaria "ad gentes", ma la include, fino ad assumerla specificamente. Il carisma missionario “ad gentes” non è esclusivo della vita consacrata, ma si esprime in pienezza in essa, fino a diventare paradigmatica per l'attività missionaria della Chiesa.

L'Istituto Comboniano deve prendere coscienza che è una comunità cristiana consacrata mediante la professione dei consigli evangelici all'amore di Dio e dei fratelli, in modo speciale dei fratelli non-cristiani, particolarmente bisognosi di di una liberazione integrale (Cfr. RV 5 e 61). Questa realtà è l'elemento catalizzatore della vita personale di ogni membro dell'Istituto e deve determinare la struttura della comunità Comboniana.

La vita consacrata nell’Istituto Comboniano non può essere considerata una dimensione a se stante e la missione un'altra. Missione e consacrazione sono realtà intrinsecamente unite una all’altra. La missione si alimenta nella consacrazione e la consacrazione si esprime nella missione. Missione e consacrazione sono, nel Comboniano, i due elementi costitutivi del suo “essere consacrato" a Dio per i fratelli che ancora non conoscono Gesù Cristo.

Casavatore, luglio 2015
P. Carmelo Casile, mccj

 

[1] J. Masson, "L’attività missionaria della Chiesa", Elle Di Ci 1969, pp. 442-447.

[2] J. Aubry, "Teologia della vita religiosa", Elle Di Ci 19882, pp. 61 – 90.

[3] Mondo e missione", Febbraio 1973.

[4] "I1 destino delle missioni", p. 319.