Roma, domenica 28 aprile 2013
P. Benito de Marchi (foto) ha elaborato una riflessione sul Settimo Simposio di missionari e missionarie Comboniani tenutosi a Limone sul Garda dal 3 al 6 aprile. Dal Simposio è emersa in modo chiaro la ‘necessità di forme ministeriali che provochino le Chiese in Europa ad uscire dalla ‘trincea’ della auto-referenzialità’ e ‘muoversi verso le periferie geografiche ed esistenziali e vivere i tanti nuovi confini, per lo più antropologici, partecipando in un comune cammino di viandanti ai vari processi di ricerca della società secolare e facendosi ponte tra le sue tante pluralità’.


Missione Comboniana in Europa: Quali ministeri?

Si è celebrato dal 3 al 6 aprile il settimo simposio di Limone che con una riflessione sui ministeri chiude un primo ciclo di incontri – un percorso di ricerca per “rinnovare la missione rivisitando il Comboni”. La riflessione e condivisione si è sviluppata su un duplice registro. Dalla missione alla ministerialità: ci si è innanzitutto soffermati sulla configurazione di una ministerialità che sia articolazione concreta della missione, ridefinita a sua volta come partecipazione all’unzione messianica di Gesù in vista della grande festa della liberazione e della vita che irrompe con la risurrezione di Colui che era stato ‘scartato’.

A questo riguardo, alcuni importanti aspetti sono stati sottolineati:
Non esiste ministerialità ecclesiale che non sia al tempo stesso missionaria e sinodale: ogni forma ministeriale nella Chiesa è internamente qualificata in termini di missione e riguarda l’insieme della comunità dei discepoli e ciascuno di loro. La sua base sacramentale è il battesimo stesso.

Tale ministerialità missionaria ha una valenza storico-sociale e politica: testimonianza propositiva di un mondo ‘altro’, a partire dalla decostruzione stessa che la storia di Gesù fa di Dio, la cui ‘sovranità’ viene ridefinita dalla kenosi/espropriazione di sé. Dio-Dono diventa il seme di una nuova polis, evento di tenerezza materna, fraternità, condivisione e mutuo prendersi cura.

Se alla fonte la ministerialità è un fatto teologico-carismatico, radicato in un incontro personale e partecipativo col Signore, nelle sue forme concrete essa è dettata dal bisogno dell’‘altro’, che ci raggiunge come appello ed ingiunzione di umanità: soggettività ministeriale come ‘responsabilità per l’altro’, e il carisma ministeriale come abilitazione a rispondere a sempre nuove situazioni in termini di dono e servizio.

Lo Spirito, che agisce nel mondo e attraverso la storia porta avanti la missione di Dio, fa sorgere forme di ministerialità del ‘Regno’ anche ai margini e al di là stesso delle comunità ecclesiali, come provocazione per la Chiesa ad un cammino condiviso con donne e uomini di buona volontà e ad un comune servizio nella costruzione di un mondo nuovo.

Ministerialità dice competenza a diversi livelli, perché il servizio sia vero ed efficace; il che fa della ministerialità un processo interdisciplinare.

Piste per nuovi ministeri missionari in Europa: il secondo registro della riflessione sviluppatasi al simposio ha riguardato l’identificazione di nuove forme ministeriali per gli Istituti missionari, specificamente per la famiglia Comboniana, all’interno del contesto Europeo. Più che arrivare a determinare specifici ministeri, sempre rispondenti alle diverse situazioni locali, la condivisione si è limitata ad indicare ‘piste ed ambiti di servizio’.

È stato innanzitutto ribadito che qualunque possa essere il ruolo ministeriale giocato dagli Istituti missionari, esso va visto all’interno delle Chiese locali quali soggetti primari della missione: un ruolo non sostitutivo, ma sussidiario, in una dinamica di comunione ecclesiale. Importante al riguardo è individuare il ‘punto di ingresso’, per un’inserzione che sia rigenerativa e trasformante. Si è pure osservato che uno dei criteri per la stessa ristrutturazione del governo degli Istituti dovrebbe essere la sua funzionalità a questo servizio missionario nel territorio, e come ciò domandi una sempre maggiore reciprocità tra i vari Istituti missionari.

In questo particolare momento storico si è vista la necessità di forme ministeriali che provochino le Chiese in Europa ad uscire dalla ‘trincea’ della auto-referenzialità e “prendere il largo”: un ricupero dell’ad gentes nel suo senso più positivo e comprensivo di andare alle genti/alla gente ed esporsi agli ‘altri’. Se l’Europa è sempre più un ‘crocevia di popoli’, è necessario immettersi negli snodi di questo crocevia, nella condivisione delle tensioni, drammi e novità che là quotidianamente si vivono; muoversi verso le periferie geografiche ed esistenziali e vivere i tanti nuovi confini, per lo più antropologici, partecipando in un comune cammino di viandanti ai vari processi di ricerca della società secolare e facendosi ponte tra le sue tante pluralità.

Come un’espressione della libertà dello Spirito e parte di un momento ‘antistrutturale’ nella configurazione delle Chiese locali, la famiglia Comboniana si è sentita sollecitata ad iniziative ministeriali capaci di aprire spazi per una nuova creatività laicale e per un’affermazione della libertà cristiana nella testimonianza del Vangelo e nel servizio degli altri.

In un’Europa afflitta dalla dimenticanza e disaffezione di Dio e dalla perdita di senso, sono sembrati di prioritaria urgenza ministeri di evangelizzazione che riaprano il cuore ad un’esperienza nuova di Dio e contribuiscano ad un nuovo linguaggio di Dio, in modo che il suo annuncio ritorni a essere percepito dalla donna ed uomo d’oggi come buona notizia. Ciò è particolarmente vero nei riguardi delle nuove generazioni, seguendo un approccio umile e maieutico che parta dalle loro attese esistenziali.

Sulla medesima lunghezza d’onda, vanno messe in atto iniziative ministeriali dirette a ricreare l’immaginario di cui vive l’Europeo, promuovendo una cultura alternativa della gratuità e della compassione come partecipazione alla sofferenza dell’altro. Gli Istituti missionari possono qui giocare un ruolo unico, mediando la memoria pericolosa della passione di quanti nel mondo subiscono i meccanismi di esclusione e le dinamiche sacrificali che comandano l’ethos delle società europeo-occidentali. Si tratta di un insieme di forme ministeriali che nascono da condizioni di marginalità: una missione che parte dalla periferia del mondo e ha nelle vittime e nei poveri i primi protagonisti; ministeri che hanno a che fare con la violenza del mercato, la guerra come regolatore dei rapporti sociali e internazionali, lo sfruttamento e la tratta degli esseri umani, l’accaparramento delle terre, l’espropriazione del diritto all’acqua, il degrado ambientale…

Parallelamente, si può immaginare una pista di ministerialità missionaria che affronti la realtà della ‘fortezza-Europa’, per aprirla all’esperienza evangelica dell’ospitalità, senz’altro nei confronti della drammatica situazione dei rifugiati ed immigrati, ma anche in relazione a un processo di interculturalità e al dialogo interreligioso.

Infine, un ministero di evangelizzazione nell’Europa d’oggi schiava di una visione di “uomo ad una sola dimensione’ – l’homo economicus – richiede d’essere anche un ministero di rigenerazione del ‘tempo’, che crei spazi celebrativi della vita in alternativa al ‘tempo del mercante’ e ricostruisca la festa come tempo di libertà e gratuità, dove la solidarietà regni al posto dell’interesse, contro il livellamento ‘feriale’ prodotto dal mercato nel quale anche il cosiddetto ‘tempo libero’, assorbito nella logica del consumo, rimane funzionale al processo produttivo. Liberando l’homo ludens pasquale viene resa possibile l’esperienza dei “figli di Dio” e della nuova fraternità umana, e si apre uno spazio per il rivelarsi di Dio come il Dio della vita.