Roma, dicembre 2012
“Eccoci ancora una volta arrivati all’appuntamento della festa del Natale, la festa che ci permette di contemplare il Signore Gesù e in lui l’umiltà missionaria di Dio che viene in mezzo a noi per manifestarci il suo grande amore. Auguro a tutti voi, anche a nome del Consiglio Generale, un santo Natale e prego per tutti voi. Chiedo anche tante benedizioni per le vostre comunità e le vostre missioni”. Padre Enrique Sánchez G.
Buon Natale 2012
“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna” (Gv 3,16 ).
Cari fratelli,
Eccoci ancora una volta arrivati all’appuntamento della festa del Natale, la festa che ci permette di contemplare il Signore Gesù e in lui l’umiltà missionaria di Dio che viene in mezzo a noi per manifestarci il suo grande amore.
Trattandosi di una festa, non è difficile vedere che ci sono tanti modi di festeggiare e nella nostra società ognuno sembra trovare quello che meglio risponde all’esperienza che fa di Dio.
Il Natale celebrato in questi giorni, in tanti posti sarà, per non pochi, una semplice occasione per fare una pausa e permettersi alcuni giorni di vacanza, per altri, il momento per fare delle spese o acquistare dei regali. Ci saranno quelli che non potranno festeggiare a causa della crisi o perché si trovano in situazioni di guerra e di violenza. Ci saranno anche gli indifferenti, quelli ai quali il Natale non dice niente, e tanti che non lo celebreranno perché ignorano che c’è un Dio che abita in mezzo a noi.
Nonostante questo, il Signore non manca al suo appuntamento e ci sorprende ancora una volta con la delicatezza, la semplicità, il rispetto, la discrezione e l’amore con cui si avvicina al nostro mondo e a ognuno di noi per chiederci uno spazio nel nostro cuore, nella nostra vita, nei nostri pensieri e nelle nostre azioni, dove possa stabilire la sua dimora.
In questo senso, la festa del Natale ci sfida a risvegliare in noi un atteggiamento contemplativo, vissuto nel silenzio, nell’ascolto e nell’accoglienza della Parola di Dio che vuole diventare anche oggi, per il nostro mondo, presenza e impegno di Dio, caparra di autentica felicità e risposta alla ricerca di senso della nostra esistenza umana.
Il presepio, come icona che ci lascia vedere il Dio invisibile, non è altro che la porta d’ingresso al mistero immenso di Dio che vuole farsi conoscere, che vuole mostrarci il suo volto, che non accetta di rimanere nell’anonimato e desidera condividere la nostra storia, rinunciando alla sua eternità e diventando così vicino da camminare con noi nella nostra quotidianità.
Ma come festeggiare, quando nel mondo esistono oggi miliardi di persone che ignorano la Buona Notizia? Come celebrare, quando vediamo intorno a noi tanta ingiustizia e tanta violenza? Come far festa quando siamo testimoni di tanta povertà e miseria, tanto disprezzo per la vita e per i valori che potrebbero darci l’opportunità di vivere il nostro essere umani con la dovuta dignità?
A noi missionari, queste e tante altre domande fanno capire quanto sia necessario e urgente vivere la nostra consacrazione come testimoni autentici e credibili del Signore che non soltanto scopriamo presente in noi, ma che abbiamo accettato come unico padrone e proprietario della nostra vita.
Noi siamo i primi chiamati a correre per le strade ad annunciare che Dio ha deciso di condividere la sua vita con noi e questo vuol dire che siamo invitati ad uscire da noi stessi, a mettere in discussione le nostre sicurezze, a ripensare i nostri stili di vita, ad assumere la radicalità del Vangelo come regola di vita.
Si tratta di aprire una porta al Signore nella nostra vita in modo che appaia chiaro che è lui che occupa il nostro cuore e tutto quello che siamo e che facciamo.
A noi missionari è chiesto di mostrare all’umanità che Dio si è fatto missionario per venire incontro ad ogni persona e, in modo particolare, ai più poveri e abbandonati.
Da noi ci si aspetta che continuiamo a essere le sentinelle che di notte portano la luce della speranza, il calore della giustizia e la scintilla dell’amore che aiutino i nostri contemporanei a ritrovare i motivi per credere e le ragioni per scoprire Dio che non si è mai allontanato e non chiede altro che una piccola opportunità per dimostrarci che in lui si nasconde la nostra felicità.
Cari fratelli, facciamo festa, celebriamo questo Natale come il primo accaduto due millenni fa e ringraziamo Dio per il dono del Figlio suo, perché in questo gesto della sua generosità trovano origine la nostra vocazione e il nostro ministero.
Celebriamo con gioia il giorno in cui Dio ha deciso di farsi missionario per venire incontro a noi e chiediamo la grazia di poter corrispondere mettendo a disposizione tutta la nostra vita affinché la Parola fatta carne nel corpo del Signore possa essere riconosciuta, accettata e celebrata da tanti fratelli e sorelle che non hanno ricevuto la bella notizia: Dio si è fatto uno di noi.
Auguro a tutti voi, anche a nome del Consiglio Generale, un santo Natale e prego per tutti voi. Chiedo anche tante benedizioni per le vostre comunità e le vostre missioni.
Un abbraccio fraterno,
P. Enrique Sánchez G., mccj
Superiore Generale