Nel solco dell’autentica spiritualità di Daniele Comboni
(Articolo pubblicato sull'Osservatore Romano)
"E poiché ho parlato della Chiesa, la Madre veramente cara e venerabile dei fedeli, per la cui esaltazione noi saremmo troppo felici di versare tutto il nostro sangue e di dare mille volte la vita, permettetemi che (…) io Vi rivolga dall’Eterna Città una supplica. Io non ho alcuna autorità, miei venerabili fratelli, di ripetervi ciò che voi avete tante volte udito (…). Io sono il più piccolo tra i fedeli, il più indegno tra i ministri di Gesù Cristo, ma (…) oso sperare che voi avrete la bontà di ascoltare la voce fraterna di colui che Voi avete colmato di tanti benefici. E’ una parola di amore e di dedizione verso la Chiesa e il suo Capo, quella che io vi indirizzo (…). Pregate per la venerabile Sposa di Cristo, (…). Pregate per colui (…) che è stato costituito come il centro dell’unità cattolica, la pietra fondamentale della sua Chiesa. (…) la sua voce risuona dall’Oriente all’Occidente, dal settentrione a mezzodì, e il suo manto ricopre i popoli, come il firmamento del cielo copre l’universo. (…) Pregate per colui che l’Onnipotente ha eletto nella sua Provvidenza infinita (…) come il Vicario di Gesù Cristo (…) e che è stato costituito come il centro dell’unità cattolica, la pietra fondamentale della sua Chiesa.(…) Pregate perché il nostro santo Padre (…) possa contemplare il felice inizio dell’Opera della rigenerazione dell’Africa.” (Cf. Relazione alla Società di Colonia, Dicembre 1866, in Collezione completa degli Scritti, Vol. II, pp. 631-632).
È difficile sottrarsi all’intenso afflato spirituale che emana questo vibrante testo di Comboni, che, a chi lo conosce, comunica subito le sue caratteristiche inconfondibili: immediatezza di linguaggio e candore disarmante nell’esternare i suoi sentimenti, anche i più intimi. L’ ho citato all’inizio di questa rivisitazione dei testi del suo magistero, per dare una griglia interpretativa a questa sua particolare esperienza del mistero cristiano.
I - Caratteristiche della sua spiritualità giuseppina
Due sono le note qualificanti la sua ammirazione per S. Giuseppe, ministro singolare del Piano salvifico di Dio: essa è ecclesiale e apostolica.
Ecco due esempi, che ci mettono in contatto diretto con la spiritualità giuseppina di Comboni: “ (…) fra non molto la S. Chiesa potrà annoverare definitivamente gli Africani fra i suoi diletti figli, raccolti all’ombra dell’Arca mistica dell’eterno patto, del pacifico ovile di Cristo, ove solo si trova la salute” (Scritti, 3375); “ (…) ho dato tanti assalti a S. Giuseppe, e ho fatto talmente pregare che, ne sono certissimo, l’attuale critica posizione dell’Africa Centrale si cambierà, fra non molto, in prospera condizione. Il tempo e le sciagure passano, noi diventiamo vecchi, ma S. Giuseppe è sempre giovane, ha sempre buon cuore e testa dritta e ama sempre il suo Gesù e gli interessi della sua gloria e la conversione dell’Africa Centrale interessa vivamente e sempre la gloria di Gesù.” (Scritti, 5197). Interessante notare come, (sia nell’ampio testo d’apertura, come nei due che seguono), alla visione universale della Chiesa, (dal respiro ampio e sicuro, tipico di chi rifletta su posizioni ormai consolidate nel tempo), Comboni alterni una visione della Chiesa particolare d’Africa. La sua prospettiva è sempre scandita da una fiduciosa speranza per il futuro della Chiesa africana, anche se venato da espressioni di dolente e preoccupata consapevolezza per un presente avaro di slanci missionari, segno evidente d’immaturità ecclesiale:“(…) noi siamo profondamente convinti che ora incomincia il gran fatto della reale rigenerazione della Nigrizia, per il quale sotto gli auspici della Vergine Immacolata, di S. Giuseppe, degli Apostoli e dei Santi e Martiri Africani si inizia il termine delle secolari sventure” (Scritti, 3411).
La Grazia in ciascun cristiano, per i doni infusi dallo Spirito Santo nel Battesimo e nella Cresima, porta a maturazione determinati carismi, mentre lascia altri potenzialmente attivi, ma latenti, pronti a emergere su sollecitazione dello Spirito Santo, per il bene della comunità dei credenti. Ci sono poi carismi specifici, che lo Spirito tiene in serbo per situazioni d’emergenza o di particolare bisogno; ne è un esempio il carisma personale di Comboni nei confronti dell’Africa nel XIX secolo. In lui lo Spirito Santo, datore della varietà e della quantità dei carismi, ha suscitato un amore appassionato per”la Chiesa mia Signora e Madre” (Scritti, 7001), per “la santa Chiesa, eco dell’eterna Parola del figliuolo di Dio attraverso i secoli” (Cf. Piano, Torino, Dicembre 11864, in Collezione completa degli Scritti, vol. I, n.123, p.379), definizione pregnante, quest’ultima, dalle forti reminiscenze patristiche, che testimonia del buon livello teologico raggiunto, frutto d’una solida e oculata formazione di base, ricevuta negli anni giovanili all’Istituto S. Carlo e nel Seminario Vescovile di Verona, che entrambi godevano d’una prestigiosa tradizione culturale, risalente a Pastori sagaci e illuminati come Mons. Innocenzo M. Liruti OSB (1807-1827), Mons. Giuseppe Grasser (1828-1839) e Mons. Pietro Aurelio Mutti OSB (1840-1852).
II - Rilevanza ecclesiale di S. Giuseppe
Gesù ha trovato in Giuseppe un padre che Lo ha aiutato a crescere (cf. Lc. 2,40.52). É in questa relazione d’amore paterno e d’autorità che si plasma l’esperienza di Gesù, esercitando un ruolo decisivo nella formazione della sua personalità. Gesù è passato dal vissuto della paternità di Giuseppe, all’invocazione del Padre comune. Gesù è passato da Giuseppe, padre verginale, a Dio, Padre Celeste. L’esperienza di precedenza, che Gesù ha conosciuto con il padre verginale Giuseppe, sarebbe divenuta fondamento della Sua esperienza di Dio come Padre Celeste, un’esperienza di gratuità e d’amore preveniente, che avrebbe insegnato a Gesù l’amore personale e intimo di Dio, Suo Padre da tutta l’eternità. È grazie all’amore paterno di Giuseppe, se Gesù prese chiara coscienza di sé e del suo ruolo messianico. L’umanità di Gesù rimase segnata per sempre dalla singolare personalità di Giuseppe, dal suo silenzio protettivo, dalla sua intensa pietà, dalle sue parole sagaci, dai suoi esempi di fedeltà discreta ma costante, dalla sua carità concreta e premurosa,…e così Giuseppe, che non ha generato Gesù secondo la carne, Lo ha generato come uomo ai solidi valori della vita, in tutta la loro vasta gamma, fatta di relazioni umane, di lavoro, d’iniziazione alle pratiche religiose del popolo d’Israele, ecc... È importante riconoscere in Giuseppe una missione paterna, in perfetta armonia con la paternità celeste, volutamente inclusa nel progetto divino dell’Incarnazione. Di questa paternità ha voluto avere bisogno Gesù, per arricchirsi dei valori specifici dell’ambiente familiare. Per il fatto che Giuseppe non era il padre biologico di Gesù, ciò non ha impedito lo sviluppo d’una paternità assunta a un livello superiore: "Non carne sed caritate" dice S. Agostino . La paternità di Giuseppe consiste in un esigente impegno personale e non in una titolazione puramente giuridica, che la legge giudaica gli riconosceva. Di tutte queste idee c’è traccia nel copioso epistolario di Comboni: “(…) come è buono Gesù, e come tratta la Madonna e il Suo Santissimo Sposo S. Giuseppe” (Scritti, 3221); “(…) S. Giuseppe, illibato sposo di Maria. (…) Cristo se Lo scelse per suo fidato Custode.” (Scritti, 6019).
III - S. Giuseppe precursore dei missionari
Alla Chiesa, come a S. Giuseppe, è data la missione di cooperare alla salvezza del mondo anzitutto mediante la fede. Credere significa acconsentire alla Parola e al Piano di Dio ben al di là d’ogni umana comprensione. Maria e Giuseppe vivono la fede esigente delle scelte difficili e solitarie. Il disegno divino su Gesù non è rivelato loro che gradualmente, in un abbandono fiducioso alla volontà di Dio, e in una totale accettazione, anche se spesso sofferta e stupita. Giuseppe ha svolto un ruolo di notevole rilevanza, quando con la sua educazione paterna ha favorito la crescita di Gesù. Con il suo affetto Gli ha mostrato un volto amabile, che lasciava trasparire il Volto paterno di Dio, del quale diffondeva la predilezione e la gioiosa compiacenza. Per il suo ministero di padre e di educatore, Giuseppe fu fatto segno di grazie straordinarie da parte dello Spirito Santo, per orientare Gesù verso la Sua missione redentrice. Gesù, figlio di Giuseppe, assunse su di Sé il destino d’Israele, Suo popolo d’appartenenza radicale, per condurlo verso il suo compimento finale.
Nell’episodio evangelico della fuga in Egitto, S. Giuseppe ha rifatto il viaggio d’Israele e dell’antico Giuseppe, l’ultimo dei Patriarchi (cf. Gen. 37,6-11; 50,22-26), affinché si compisse in se stesso, in Maria sua sposa e in Gesù, il nuovo esodo (cf. Mt. 2,13-23; Os. 11,1) per un’alleanza definitiva con Dio, che sarebbe stata sancita nel sangue del loro Figlio. È per opera del ministero di Giuseppe che Gesù, “fanciulletto in Egitto”(Scritti, 3323), santifica l’Africa. Proprio per questo motivo Comboni ha una grande ammirazione per S. Giuseppe, oltre al desiderio d’imitarne lo zelo di precursore dei missionari. Come S. Giovanni Battista fu il precursore di Gesù, così S. Giuseppe è stato il precursore degli evangelizzatori di tutti i tempi. Comboni ha una connaturale simpatia per S. Giuseppe, un’innata consonanza con il suo stile; questo si evince dalle espressioni entusiastiche di molte sue lettere, e il motivo è perché è stato il precursore dell’evangelizzazione in Africa, quindi il prototipo dei missionari di tutti i tempi.
In Egitto, Giuseppe condivise la sorte di tante persone costrette, come lui, a cedere davanti alle ripetute prevaricazioni di Governanti brutali e senza scrupoli, affamati solo di potere. In Egitto, terra amara e fatale per Israele, S. Giuseppe condivise il lavoro umile degli artigiani egiziani. Il Vangelo afferma che Egli esercitò il mestiere di tèkton (cf. Mt. 13, 55), vale a dire di operaio del legno (questo mestiere-mistero, perché Suo Figlio diverrà legno di redenzione saturo di dolore per la redenzione dell’umanità), ma che si adattava anche a fare i lavori propri del fabbro e del muratore.
In questo preciso contesto l’Africa “il continente a forma di cuore” diventa sinonimo di terra solidale, terra dell’accoglienza, terra della fraternità ritrovata, dove si rimarginano le ferite sanguinanti della vita, terra della riconciliazione. In sintonia con lo stesso ordine d’idee, Bernard Dadié, noto poeta Africano contemporaneo, così si esprime:
”Asciuga le Tue lacrime, Madre Africa.
I figli Tuoi ritornano, a Te ritornano.
Colme le mani di doni, colma l’anima d’amore,
ritornano per vestirTi di speranze e di sogni.”
In un raro e prezioso frammento comboniano sull’argomento, tutto questo è presente, ma anche pudicamente sottaciuto e farà come da trama di fondo allo sviluppo successivo del suo pensiero sul Precursore di tutti i missionari:”(…) apersi al Cairo Vecchio due Istituti nelle vicinanze della S. Grotta, dove, secondo la tradizione, la Santa Famiglia deve aver trascorso la maggior parte dei suoi sette anni d’esilio.” (Scritti, 4810); “(…) la Grotta o Santuario del Santo Rifugio, ove la Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, abitò durante i 7 anni del loro esilio in Egitto, in seguito alla persecuzione di Erode.”(Scritti, 1885). Giuseppe è una figura fondamentale nel disegno di salvezza che Dio ha in serbo per l’umanità, col compito particolare di essere segno privilegiato della paternità di Dio; della paternità di Giuseppe ha voluto avere bisogno anche la Chiesa, corpo mistico di Cristo nei secoli, che, per opera del Beato Pio IX, fin dal 1870 Lo ha eletto Suo Patrono universale.
IV - S. Giuseppe custode e amministratore dell’Africa
Da qui in poi il pensiero giuseppino di Comboni è lineare. È proprio perché S. Giuseppe ebbe un ministero di custode del piano di Dio su Gesù di Nazareth, che Comboni Lo deputa a economo sia della Chiesa particolare di Khartoum (Sudan), come degli Istituti da lui fondati. Ma c’è bisogno di un’inversione di tendenza, d’una correzione interpretativa dei testi tante volte usati, da essere spesso stravolti nella loro valenza originaria. In occasione della Sua prossima canonizzazione, noi Comboniani per primi, siamo chiamati a una corretta esegesi dei testi paterni alla luce dello Spirito, che in Comboni si è fatto Maestro e Guida autorevole: ”Il Vicariato dell’Africa Cenrale, grazie alla poderosa assistenza dell’ inclito Patriarca S. Giuseppe, (…) dopo che il S. Padre lo proclamò Protettore della Chiesa Cattolica, non mancherà mai di sufficienti risorse (…). Come si potrà dubitare della Provvidenza divina e di quel solerte economo S. Giuseppe? (…). I mezzi pecuniari e materiali per sostenere la missione sono l’ultimo dei miei pensieri. Basta pregare.” (Scritti, 4170-4171).
S. Giuseppe esercita un’attrattiva particolare su Comboni anche per la Sua laicità, per la sua condizione di operaio, cioè di uomo comune in mezzo al popolo, in una situazione normale di vita senza privilegi di casta o di censo, ma portando le innegabili gioie e le fatiche di ogni giorno della gente semplice, che fa la storia dei popoli. Giuseppe rappresenta il mondo del lavoro, ancor oggi bisognoso di considerazione, di sostegno e di giustizia, oltre al fatto che deve essere un diritto acquisito e inalienabile per tutti e non un privilegio di pochi fortunati. Fin dagli inizi, Comboni associò i Laici alla sua opera di formazione e di evangelizzazione dell’Africa, al punto che la presenza d’un laico consacrato è sempre richiesta in ogni stazione missionaria: ”In ciascuna missione vi sono parecchi fratelli coadiutori, versati in diverse arti e mestieri, tra i quali eminente è il valorosissimo veterano della Missione Augusto Wisnewsky della Diocesi di Emerland in Prussia, venuto nel Vicariato nel 1856 senza uscirne mai, versatissimo in molte arti e nelle lingue, d’anni 55 e che serve come un missionario.” ( Scritti, 3936). Comboni ha un’alta opinione anche dei laici non consacrati, che vivono con coerenza i loro impegni battesimali nell’esercizio delle loro professioni e all’interno delle loro famiglie, offrendo l’esempio d’una testimonianza costante ed efficace: “ (…) mi immagino di vederla colloquiare con alcuni ed esercitare l’apostolato con quelli che non amano la Chiesa Cattolica (…). Certo è che la parola d’un uomo del mondo è più efficace di quella d’un ecclesiastico. Io dico che mi commuove molto di più l’accento d’un secolare che quello d’un Vescovo.” (Scritti, 1264).
Ma c’è un ultimo importante e prezioso legato spirituale per noi Comboniani, che ci apprestiamo a celebrare il nostro XVI Capitolo Generale ordinario che tratterà il tema “La nostra missione all’inizio del terzo millennio”, e questo legato verte proprio sulla specificità del nostro carisma ad Gentes, dalla ininterrotta fedeltà al quale dipende la qualità, il senso, la garanzia della nostra diakonia missionaria ai popoli ai quali siamo inviati e la stessa sopravvivenza dell’Istituto negli anni a venire: ” (…) non dubito che il caro Santo Protettore della Chiesa Cattolica e della Nigrizia non faccia il suo dovere (…). A tale scopo sono rivolte le nostre preghiere in questo mese a lui consacrato.(…) S. Giuseppe rimedierà a tutto. Voi pregate e fate pregare per me, perché mi mandi il necessario e affinché tutti ci facciamo santi salvando la Nigrizia.” (Scritti, 3768; cf. anche 5976).
Il nascondimento è stato la nota caratteristica della vita di S. Giuseppe. La sua inapparenza, l’emergere poco a poco nel tempo, sembrano far parte dello straordinario ruolo che Gli è stato assegnato nella storia della salvezza, accanto a Maria Sua Sposa. La coniugalità di Maria e Giuseppe, in cui è adombrata la prima chiesa domestica della storia cristiana, anticipa la condizione finale del Regno (cf. Lc. 20,34-36; Mt. 22,30), divenendo già qui sulla terra prefigurazione del Paradiso, dove Dio sarà tutto in tutti.
S. Giuseppe ha ormai compiuto la sua missione: per lui è giunta l’ora di eclissarsi davanti ai diritti prioritari e inalienabili del Padre Celeste. Adempiuto bene e con fedeltà tutto quello che doveva fare, Egli scompare. Giuseppe, il Giusto di Nazareth, padre e figlio del suo amatissimo e unico Figlio Gesù, è anche colui che per primo, con Maria Sua Sposa e condiscepola, ha messo in pratica gli insegnamenti del giovane Rabbi di Galilea: ” Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: "Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".” (Lc. 17,10). Comboni sembra essere stato contagiato per frequentazione e per imitazione dallo stile del ministero ecclesiale di San Giuseppe, e prima di lasciare ad altri il testimone della sua corsa apostolica, intrapresa per amore di Cristo e degli Africani, così scrive: “ (…) io sono un umile e indegno operaio dell’Africa.” (Scritti, 6200).
Conclusione
Le cause di beatificazione di Mons. Antonio Maria Roveggio, primo successore di Comboni sulla cattedra della Chiesa particolare di Khartoum (Sudan), di P. Bernardo Sartori, di P. Giuseppe Ambrosoli e di Suor Giuseppa Scandola, che spesero la loro esistenza per il bene degli Africani, sono la dimostrazione tangibile che la direzione intrapresa dai compagni di fatiche apostoliche di Comboni è quella giusta. Preghiamo affinché, per intercessione di S. Giuseppe, anche se tra crescenti difficoltà e sfide nuove nel campo sterminato dell’evangelizzazione, continui a esserlo con sempre maggiore coerenza, generosità e profetismo anche per il futuro.
P R E G H I E R A
In S. Giuseppe, si è manifestata la capacità di saper aspettare, di saper soffrire con animo umile e generoso, le situazioni pesanti e oscure della vita.
Siano rese grazie a Dio per le meraviglie operate in S. Giuseppe, Giusto d’Israele, sposo fedele di Maria, padre verginale di Gesù, custode della Famiglia di Nazareth, patrono della Chiesa universale, vero Padre dell’Africa, precursore dei Missionari di tutti i tempi. A M E N.
* TESTI PER LA PREGHIERA: (Lectio - Meditatio – Oratio – Contemplatio)
Gn. 41, 55; 49, 22; Sal. 79, 2; Sir. 49, 17; Mt. 1, 16; Lc. 1, 26-27; 2, 16; 2,33; 3, 23; Gv. 6, 42.
* TESTI PER LA DISCUSSIONE: (Collatio – praticatio)
Mt. 1, 18-25; 2, 13-23.
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P. Antonio Furioli, mccj