Mons. Daniele Comboni e la Missione dell’Africa Centrale – Memorie biografico-storiche

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Lunedì 10 ottobre 2022
“… Non appena mons. Daniele Comboni nell'ottobre del 1881 scomparve dal campo delle sue fatiche apostoliche e la sua morte destò sì largo rimpianto in Africa e in Europa, sorse in molti il desiderio che se ne scrivesse la biografia, e per mettere in luce quanto aveva egli fatto per la Missione Africana, e per rivendicarne l’onore dalle accuse, non sempre lievi, che l’avevano preso a bersaglio. Attendevano questa biografia soprattutto i Bresciani, nella cui provincia l’Apostolo avea veduto la luce, e i Veronesi che a buon diritto lo consideravano quasi un loro concittadino.” [Dalla prefazione del libro “Mons. Daniele Comboni e la Missione dell’Africa Centrale – Memorie biografico-storiche”, per cura del Sac. Prof. Michelangelo Grancelli, Istituto Missione Africane di Verona, 1923, p. V]

Curiosità legate all’infanzia e gioventù di Daniele Comboni
Dal libro “Mons. Daniele Comboni e la Missione dell’Africa Centrale – Memorie biografico-storiche”,
per cura del Sac. Prof. Michelangelo Grancelli, Istituto Missione Africane di Verona, 1923, pp. 408-409
]

(…) Alcuni episodi, riferiti qua e là, mostrarono qual forza di carattere, vivace e ardimentoso, avesse sin da giovine il Comboni. Ne ricorderò qualche altro. Siamo nell'estate '48; fra una camerata del Mazza e una del Collegio Accoliti si pattuisce una sfida al pallone; chi perde dovrà pagare una cesta di pesche. Il giovedì fissato s'impegna la lotta fuori di -Porta San Giorgio nella fossa ora tagliata dalla breccia presso la Madonna del Terraglio; un soldato austriaco fa la sentinella lungo la strada. Mancano 15 punti a tutte due le parti; i l Comboni, giovine di 17 anni, è battitore, ma una falsa manovra fa deviare il pallone verso il soldato, che, toltosi da armacollo il fucile, o per ischerzo o per ischerno infilza il pallone con la punta della baionetta. Non ci volle altro; il Comboni livido per rabbia senza dir nulla s'arrampica su per lo spalto, assale la guardia, impegnando con essa la zuffa e rotolandola a capo fitto nella fossa. Il Mazza per alcuni giorni fu in timore gliene derivassero brighe, perché l'Austria non risparmiava neppure le ragazzate, ma tutto si sciolse in un bicchier d'acqua. (3)

Un altro episodio, di 10 anni dopo; quando nel '58 percorreva la prima volta il Nilo, i missionari presso le Montagne Gebel-es-sech-abu-el-feddah, che scendono a picco sul fiume, corsero grave pericolo di naufragio. Il Comboni si leva -ad un tratto il giubbone, il panciotto, le. scarpe, pronto a cercar nuotando salvezza, e così infonde coraggio negli altri, mentre vanta la sua bravura nel nuoto e li accerta che li condurrà tutti incolumi. (4)

E ancora: un suo negro – era egli alle prime prove nell' Africa – acceso il fuoco in una notte fresca, vide due chimpanzè avvicinarsi, forse per godere il fuoco, e riuscì ad accalappiarli. Legatili per bene, li portò in dono al Comboni, che si accinse ad addomesticarli, istruirli, educarli con mille espedienti e per lungo tempo. Ma che! le due bestie con quel loro continuo e muto digrignare di denti e corrugare di fronte parea si facessero beffe della pazienza sprecata invano; tanto che un dì, stanco de' suoi tentativi, adirato contro la loro stupidaggine invincibile, brandì un pezzo di vincastro e misuratolo con energia sulla parte posteriore, che forse è la sola più simile a quella corrispondente dell'uomo, li cacciò, lasciandoli tornare di salti alle loro foreste. (5)

Altri fatti si potrebbero aggiungere. Con un suo compagno dell'Istituto ei s'accinse una volta a percorrere buona parte d'Italia senza un soldo in tasca; altra volta - e non una sola - si levò a mezzo il desinare, salutò i commensali, e lì per lì via per un viaggio in Francia od in Austria, come se facesse quattro passi per divertimento nei dintorni di Verona. Ad un pranzo sottrasse – per restituirle, si capisce, dopo lo scherzo – parecchie posate d'argento, senza che alcuno dei commensali se ne accorgesse .... Ma basti il detto fin qui. V'è da narrar ben di meglio.
(…)
(3) “Verona Fedele”, 13 dicembre 1910.
(4) Lett. di don Dal Bosco a don Donato Brighenti, Chartúm, 7 marzo 1858.
(5) L’episodio è narrato da G. B. Cipani nel suo libro “Esperienza”, p. 239; e lo dà come lo udì raccontare dal Comboni.

Casa di Comboni a Limone sul Garda - Camera natale.

Dagli Scritti del Comboni ricordando la sua infanzia:
“E parmi iersera quando era giovane; parmi iersera quando piccino imparava sulle ginocchia della mia madre a fare il segno di croce, o quando dalla famosa tesolica valle, ove respirai le prime aure di vita, partiva soletto, e mi recava in seno all'ottima patriarcale vostra famiglia, per apprendere i primi rudimenti della lettura italiana dal celeberrimo grammatico D. Pietro, vostro zio carissimo, il quale con una pazienza da Giobbe, con una costanza da tedesco, e sovente con qualche frutto non troppo piacevole di legnate, pel considerabile stipendio di 75 centesimi al mese, energicamente s'occupava alla mia istruzione”. (Lettera al Dott. Benedetto Patuzzi, 15 Marzo 1858 dalla tribù dei Kich nell’Africa Centrale. Scritti, n. 342)

Casa di Comboni a Limone sul Garda - Cucina.

Vocazione missionaria di Comboni:
Quando Daniele Comboni ebbe 11 anni fu ammesso nell’Istituto San Carlo, fondato dal sacerdote veronese don Nicola Mazza. Nell’Istituto si respirava un ambiente molto missionario e la presenza d’altri giovani sacerdoti come don Angelo Vinco, aiutarono il giovane Daniele nella scoperta della sua vocazione missionaria. Nel 1847, quando Comboni aveva quindici anni, mentre leggeva la vita dei martiri giapponesi, sentì una profonda ammirazione per essi. Pensò dunque che la sua vocazione fosse quella di evangelizzare l’Estremo Oriente e poter offrire la propria vita come martire della fede. Tuttavia sarà più avanti, a diciassette anni, davanti don Nicola Mazza, che Daniele Comboni prometterà di consacrare la sua vita all’apostolato dell’Africa Centrale.

Casa di san Daniele Comboni a Limone sul Garda oggi.

Dagli Scritti del Comboni sulla sua vocazione missionaria:
“Fu nel gennaio del 1849 che studente di filosofia, nell'età di 17 anni io giurai ai piedi del mio venerato Superiore D. Mazza di consacrare tutta la mia vita all'apostolato dell'Africa Centrale; né mai venni meno colla grazia di Dio per variar di circostanze al mio voto; e da quel punto non ad altro intesi che ad apparecchiarmi a così santa impresa”. (Lettera al card. Alessandro Franchi, 15 Aprile 1876, Roma. Scritti n. 4083)