Venerdì 3 giugno 2022
Nella seconda giornata (2 giugno) di lavoro del XIX Capitolo Generale dei Missionari Comboniani, che si sta svolgendo dal 1 al 30 giugno, nella Casa Generalizia dell’Istituto a Roma, ci sono stati due momenti particolarmente importanti. In mattinata, l’intervento di Mons. Erio Castellucci, Arcivescovi metropolita-abate di Modena-Nonantola (dal 2015) e Amministratore apostolico di Carpi (dal 2020), sul tema della sinodalità e missione. Nel pomeriggio, l’intervento di P. Gonzalo Fernández, claretiano, sul tema “Discernimento apprezzativo: un cammino spirituale”.
Mons. Erio Castellucci è anche Vicepresidente per l’Italia settentrionale della Conferenza Episcopale Italiana (dal 2021). Dalla sua riflessione sulla sinodalità e missione nella Chiesa, segue qui una nostra breve sintesi.
Il cammino sinodale mette in evidenza la natura della Chiesa e in particolare la dimensione dell’ascolto. Il Vaticano primo aveva messo un forte accento sul primato del Papa. Il Vaticano secondo, in un certo senso, lo completa con il decreto sulla collegialità dei vescovi. La realtà della sinodalità amplia l’orizzonte riferendosi all'interazione di tutti i membri del popolo di Dio. Primato petrino, collegialità dei vescovi e sinodalità del popolo di Dio sono dunque tre dimensioni che esigono di essere bene integrate tra di loro per evitare distorsioni o letture parziali circa la natura della Chiesa. Essa non è né una monarchia né una democrazia parlamentare ma un'espressione carismatica che nell'insieme deve esprimere il senso della fede. Purtroppo, siamo spesso abituati a parlare piuttosto che ad ascoltare, a guidare piuttosto che ad imparare in quanto discepoli. Il cammino sinodale implica saper ascoltare la Parola di Dio all'interno della dinamica complessiva della vita del popolo di Dio per scoprire ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Ciò costituisce una vera disciplina del discepolato. Gesù stesso per trenta anni ha soprattutto ascoltato. Nei tre anni di ministero ha poi annunciato parole essenziali che raggiungono il cuore. Finalmente nei tre giorni della passione ha realizzato l’opera fondamentale della redenzione dell'umanità.
In breve, il cammino di sinodalità ci invita a recuperare la dimensione discepolare. L'ascolto cui siamo chiamati non è solo sociologico ma soprattutto spirituale. Oltre a prendere atto delle statistiche e di altri indicatori sociali (cf. Riccardi la chiesa brucia) che tengono conto soprattutto di fattori quantitativi, occorre saper riconoscere i segni qualitativi che rivelano dove la fede è viva. Di fatto possono esserci gravi ambiguità laddove la Chiesa è sociologicamente rilevante, mentre possono esservi grandi potenzialità laddove essa è in sofferenza. Quando S. Giovanni scriveva l'apocalisse invitava ad ascoltare ciò che lo Spirito dice alle chiese e lo fa in termini critici. Anche oggi occorre rilevare che è possibile vedere i frutti delle Spirito in persone non praticanti e al contempo notare con disappunto che essi mancano in certe persone che praticano. Lo Spirito parla alle chiese attraverso segni di generosità, pace, benevolenza, fedeltà che possono emergere anche laddove non vi è una pratica assidua della fede. Lo Spirito non parla attraverso ragionamenti mentali ma attraverso uno stile di vita che ha a che fare con la cura e l’accoglienza. Questi sono spesso “gemiti” dello Spirito che per essere compresi necessitano di strumenti diversi da quelli della sociologia. In effetti l'azione dello Spirito intercetta soprattutto le sofferenze umane e per riconoscerla occorre farsi sensibili alle passioni del mondo attuale. Il discernimento naturalmente dovrà aiutare ad approfondire ciò che emerge in superficie nella forma di critiche, di richieste, di esperienze. La chiesa comunque non deve preoccuparsi di ingrossare le fila ma di essere strumento di unità con Dio e con il genere umano, interessandosi alle angosce di ogni uomo. Lo stesso Giovanni XXIII scrisse che la finalità del concilio era di mettere a contatto le energie vive del vangelo con il mondo contemporaneo. Gesù parla appunto della comunità cristiana non come fortezza o esercito ma come sale e luce, elementi cioè che non attraggono l’attenzione su sé stessi ma su qualcosa d’altro. Dobbiamo imparare a ridivenire discepoli che ascoltano piuttosto che apostoli che parlano.
Nel pomeriggio, c’è stato l’intervento di P. Gonzalo Fernández, che accompagnerà lo svolgimento dei lavori del Capitolo in qualità di facilitatore, sul tema “Discernimento apprezzativo: un cammino spirituale”. P. Gonzalo ha descritto alcuni punti essenziali circa la nuova metodologia che vuole proporre al Capitolo. Secondo P. Gonzalo, il punto di partenza della metodologia proposta è evitare quella verbosità che non cambia poi la vita concreta. Per affrontare più efficacemente questo Capitolo, P. Gonzalo ha presentato tre approcci necessari – sinodale, narrativo e apprezzativo – che ha spiegato di seguito in dettaglio.
Un approccio sinodale è un approccio partecipato e corresponsabile che coinvolge anche i laici. Sinodalità implica corresponsabilità nell'animazione e nel governo dell'istituto rispettando i principi di sussidiarietà, subordinazione, collaborazione e correzione fraterna.
L'approccio narrativo (che racconta la storia) tiene conto del fatto che Dio si rivela nella storia. Nel raccontare la nostra storia occorre considerare che il linguaggio non si limita a descrivere la realtà ma la crea e quindi occorre utilizzare termini che incoraggino uno sguardo positivo sulla realtà. L'approccio non è astratto-concettuale ma concreto-narrativo che non dia solo informazione ma che incoraggi l'agire pieno di speranza. Occorre allora guardare non solo ai problemi ma soprattutto alle benedizioni, non solo alla stanchezza e ai fallimenti ma anche al lavoro umile e generoso, non solo ai confratelli problematici ma a quelli fedeli e molto dedicati.
L'approccio apprezzativo, non si limita ad individuare i mali dell’Istituto per trovare un rimedio (approccio clinico) e nemmeno soltanto le sfide che vengono dalla situazione reale per trovare risposte (approccio profetico). L'approccio apprezzativo cerca di individuare i semi di vita presenti nella realtà anche se spesso nascosti. Sapendo che grano e zizzania crescono insieme, questo approccio guarda soprattutto al futuro, al capitale umano disponibile e alle cose che funzionano bene, a ciò che è realizzabile per un futuro diverso, alle possibilità attuali riconosciute da tutti. Esso suscita emozioni positive perché individua punti di forza personali e gruppali. Ogni persona conta in quanto gli individui rafforzano il gruppo. È un approccio che valorizza, elogia, riconosce, provocando una motivazione positiva che incoraggia il cambio e la crescita.
Esso si riassume in tre verbi: apprezzare, indagare (cercare, scoprire, informarsi, studiare), dialogare (comunicare, scambiare le visioni, condividere la saggezza).
Nell'approccio apprezzativo possono riconoscersi quattro fasi: scoprire, sognare progettare, insegnare.
Dietro la metodologia apprezzativa vi sono alcuni principi:
L'approccio apprezzativo esige quattro competenze
Il lavoro capitolare ha una componente relazionale molto importante. Occorre sapersi incontrare in modo regolare, fraterno e generativo, coltivando non solo il dibattuto o la discussione ma anche il dialogo. Per conversazione si intende un processo collettivo di ricerca del nucleo positivo, delle risorse e dei valori della congregazione. Essa implica la disponibilità a superare il linguaggio negativo per trovare un linguaggio positivo ma realistico con una genuina volontà di imparare e di cambiare. Cib implica:
Il lavoro può esser reso difficile da problemi linguistici, codici culturali diversi, pregiudizi e ferite di esperienze passate, mancanza di libertà di espressione, oppure mancanza di fiducia e di accettazione. Le conversazioni dovrebbero provocare un dialogo sincero e profondo su tutto ciò che può aiutare.
La giornata si è conclusa con l’Eucaristia, presieduta da P. Pietro Ciuciulla, assistente generale.