Mercoledì 8 dicembre 2021
“Con Comboni la ‘missione’ subisce una trasformazione profonda che tocca tutti gli ambiti della vita umana, che mira alla trasformazione della società, che implica intensa collaborazione di genere, spirito di squadra e apertura al diverso. Tutto questo è un imperativo categorico. Include ‘africani/africane’, cioè, popoli originari, locali, come soggetti della propria evangelizzazione e del proprio sviluppo”. (P. Francesco Pierli)
Contributo alla Riflessione per il XIX Capitolo Generale MCCJ
Vedere lo stato del carisma fondazionale (Papa Francesco, 2021)
Tornare alle fonti – Primigenia ispiratio (Vaticano II, 1965)
Un aspetto fondamentale
Daniele Comboni e la collaborazione
Breve nota storica
Comboni partì per l’Africa la prima volta il 10 settembre del 1857, appartenendo ad un gruppo che Don Mazza aveva destinato all'aspetto del suo programma apostolico che coinvolgeva l’Africa. Don Mazza era molto impegnato soprattutto a Verona, che era un po’ il centro d'influenza delle guerre d'indipendenza italiana dall'impero austroungarico. Quindi c'erano molti orfani e Mazza si dedicò a questa categoria di poveri, con un Collegio prima femminile e poi con quello maschile, dove, nel 1843, entrò anche Daniele Comboni, pur non essendo orfano ma carente di mezzi economici.
L’obiettivo di quei Collegi era preparare ragazze e ragazzi per la vita ecclesiale e sociale; quindi, venivano loro insegnati arti e mestieri e, se qualcuno si fosse sentito chiamato al sacerdozio, sarebbe stato trasferito in seminario. Comboni, quindi, ricevette la sua educazione primaria dal Mazza.
Don Angelo Vinco, il primo prete mazziano che era andato in Africa e che era tornato, nel 1849, per cercare altri preti e aiuti finanziari, parlò coi ragazzi del Collegio di Don Mazza, tra i quali c’era Comboni. La permanenza, per alcuni mesi, di Don Vinco nel Collegio, entusiasmò Comboni che già dal 1846 aveva scoperto la dimensione missionaria, avendo letto la Storia dei martiri del Giappone di Alfonso de’ Liguori. Quindi mostrò subito interesse per quella missione nell’Africa Centrale, territorio immenso che al tempo dei Romani era chiamato Nubia, mentre nel 1800 Nigrizia. Dopo questo incontro con Don Vinco l’idea di diventare sacerdote missionario cominciò ad essere parte del progetto di vita di Comboni. Don Mazza riconobbe il valore di questo suo desiderio e lo fece preparare al sacerdozio mandandolo a studiare nel seminario della diocesi di Verona, che si trovava a un quarto d'ora dal Collegio dove Don Mazza ospitava ed educava i suoi ragazzi. Così, nel 1849, a 18 anni, Comboni concordò e definì con Don Mazza, con promessa solenne, la sua decisione di diventare missionario. Da quel momento, consacrò tutta la sua vita e ogni suo pensiero all’Africa.
Il Mazza sosteneva la “missione” ma non ne aveva nessuna esperienza personale; quindi, la immaginava secondo le esperienze delle parrocchie italiane: pensava cioè a dei preti che andassero in Africa a fondare parrocchie che essi stessi avrebbero diretto nel mondo cosiddetto pagano. La sua visione di missione era molto clericale e basata sul modo in cui i preti ordinati esercitavano il loro ministero in Italia. Il suo progetto era legato alla religiosità e al clericalismo di quel tempo, incentrati sulla parrocchia, sul ministero sacerdotale, sui sacramenti. E Comboni era uno dei cinque missionari inviati in Africa da Don Mazza nel 1857.
Genesi della svolta del pensiero di Comboni
Quando, come membro di questa spedizione apostolica, Comboni vede, studia, analizza la realtà… si accorge che quella visione di “missione” con la quale erano partiti, era inadeguata. Che la “missione” avrebbe dovuto toccare sia la religiosità, sia la vita sociale e culturale in tutte le sfere possibili, come l’educazione, l'artigianato, l'agricoltura, l'ambito sanitario, ecc. Perciò elabora una visione di missione diversa, molto meno clericale di quella di Don Mazza, molto più globale e includente: portare la fede sì, ma insieme anche lo sviluppo umano integrale. E specifica per esempio: attenzione alla salute, insegnamento di arti e mestieri, attenzione alle donne… con una espressione dei suoi tempi: la missione include “fede e civiltà”, secondo il suo vissuto da Don Mazza, forse sotto quello stimolo. Ma egli vede l’urgenza di una “ministerialità pluralistica” e di una “fraterna collaborazione” di tutti gli agenti, uomini e donne, che sarebbero stati coinvolti.
Convinzione
Quindi, più tardi, ispirato da Dio e da incontri con conoscitori della realtà africana, arriverà a strutturare un raffinato piano di missione che abbracciasse il campo religioso e quello sociale, confidando nel fatto che con degli istituti di formazione elevata in tutti gli ambiti, fino alla fondazione di università, sarebbe stata possibile l'evangelizzazione e, con essa, lo sviluppo a tutti i livelli. È bene ricordare che in quegli anni, in quel secolo, c’è la nascita e lo sviluppo della Dottrina Sociale detta anche Insegnamento o Magistero Sociale della Chiesa.
Comboni giunse alla convinzione che gli agenti missionari dovevano essere pluralisti, come pluralisti erano i ministeri per tutti i settori dello sviluppo umano integrale. Questo significa un salto qualitativo nella metodologia missionaria, che lo portò a “soffrire” per sostenere la sua convinzione.
Evoluzione
Possiamo affermare che Comboni è all’avanguardia perché ideatore di una missione molto più olistica. Non riduttiva, non esclusiva dei preti, ma pronta ad avere fratelli laici e aperta al “genio femminile”, suore o laiche. Confrontandosi con la realtà, Comboni fa evolvere il concetto di missione, teoria e prassi. Con Comboni la “missione” subisce una trasformazione profonda che tocca tutti gli ambiti della vita umana, che mira alla trasformazione della società, che implica intensa collaborazione di genere, spirito di squadra e apertura al diverso. Tutto questo è un imperativo categorico. Include “africani/africane”, cioè, popoli originari, locali, come soggetti della propria evangelizzazione e del proprio sviluppo.
Ci è caro a questo punto citare il teologo e sociologo camerunense Jean-Marc Ela il quale, con le sue riflessioni, contenute nel suo libro su “La mia Fede di Africano”, non è obsoleto, anzi, è molto attuale adesso che prepariamo il XIX Capitolo Generale: “È chiaro che la penuria di sacerdoti si farà sentire più profondamente quanto più si continuerà a riprodurre un modello di prete tridentino, adatto ad un certo periodo della chiesa, fatto su misura per una tradizione religiosa e teologica che non è affatto la nostra…”. Certamente “Si tratta dunque di rinnovare i ministeri non a partire dalla crisi del clero, ma in funzione delle situazioni e dei bisogni delle comunità”.
Originalità
L’originalità di Comboni nel ribaltare il pensiero missiologico dominante del suo tempo, dimostra che la “missione” è un’iniziativa molto più complessa di quanto si pensi e che esige creatività e coraggio. Che coinvolge molti più attori e attrici per la trasformazione delle comunità della società e del mondo. Questa originalità di Comboni dovrebbe “mettere ali” al nostro cuore, al nostro intelletto, e scuoterci forte, sfidando la nostra creatività e il nostro slancio missionario e, di conseguenza, risvegliando il nostro obbligo bellissimo di prepararci sempre meglio “a così ardua impresa”. Non come protagonisti: né come individui né come Istituto singolo, no, ma uniti fianco a fianco con altre forze missionarie. Ma per incominciare, questa originalità di Comboni potrebbe e dovrebbe ispirarci a valorizzare sempre più la donna come componente fondamentale e determinante nella “missione”, come fu per lui, in qualunque iniziativa avessimo di nuova e coraggiosa “ministerialità missionaria”.
La donna missionaria e Comboni
Alla Società di Colonia, nella sua Relazione del 1871, Comboni scrive: “Prima ancora si sarebbe dovuto dar vita ad una Congregazione di Suore Missionarie, per mezzo della quale si sarebbe dato alla missione un aiuto potente e indispensabile per la diffusione della fede”. “Queste missionarie costituiscono un elemento inestimabile e sotto ogni rapporto essenziale”. E a Madre Emilie Julien: “Io non posso fare una grande missione senza le suore, le suore sono il braccio destro del nostro apostolato. La suora è una difesa, una garanzia per il missionario”. All’Associazione del Buon Pastore, ad un certo punto, scrive: “Le opere per stabilire l’apostolato nell’Africa interna, si compendiano nella creazione di Istituti maschili e femminili in Europa, per formare missionari e missionarie”. A Cristoforo Milone: “Sono stato con molti pii missionari tedeschi e italiani tra quelle genti, ma senza suore non abbiamo fatto nulla e, fu grazia di Dio che non fossimo in pericolo noi stessi. Quando la S. Sede affidò a me questo grande compito, mia prima cura fu di stabilire le ottime suore di S. Giuseppe dell’Apparizione di Marsiglia, e poi fondare una nuova Congregazione femminile, con apposite regole, per l’apostolato dell’Africa Centrale”. E ancora a madre Emilie Julien: “La suora di carità è un prete, anzi, più di un prete. Una grande stazione dove ci sono tre preti missionari e quindici suore, è come se essa avesse venti preti missionari. La suora di carità nell’Africa centrale fa come tre preti in Europa e, questo secolo di persecuzioni contro la Chiesa cattolica, che è privata dell'aiuto di tanti ecclesiastici e religiosi, è il secolo della donna cattolica, di cui la Provvidenza si serve come di veri preti, religiosi e apostoli della chiesa, donna ausiliatrice della Santa Sede, braccio del ministero evangelico, colonna delle Missioni Apostoliche e straniere”. Tempo addietro aveva scritto riguardo alle suore a P. Alfonso M. Ratisbonne: “Le suore sono la vera immagine delle antiche donne del Vangelo”.
Lo spirito di collaborazione di Comboni con altre forze femminili non venne meno neanche dopo la fondazione della sua Congregazione di Suore Missionarie, le “Pie Madri della Nigrizia”. La sua forma mentis era di approfittare di tutte le forze possibili per la nobile causa. Di fatto, già molti anni prima, dal 1865, aveva chiesto la collaborazione delle suore di Notre Dame de Charité du Bon Pasteur di Angers e delle Francescane Missionarie d’Egitto, per le sue opere in Cairo.
Nel suo Piano per la Rigenerazione dell’Africa, Comboni vede la donna come colei che, per sua stessa caratteristica, genera e rigenera: Iddio Padre vuole co-creatori, co-creatrici. Inoltre, l'Incarnazione del Figlio si renderà visibile con le donne, con quella “vicinanza, carezza e tenerezza”, come continuamente ci viene richiesto da Papa Francesco nel suo Magistero illuminato, tanto contestualizzato adesso, a proposito della solitudine dei malati e degli anziani. Quindi la donna diventerà l'amore dello Spirito Santo: “Padre dei Poveri… Consolatore Perfetto… Dolcissimo Sollievo… Nella Fatica Riposo… Nel Pianto Conforto” (Sequenza della Pentecoste).
L’onnipotente ministero della suora
Comboni grande intellettuale, ma pragmatico, ha visto a priori che il mondo sarebbe stato in mano alle donne. Le donne, le suore sarebbero state amiche, sorelle, madri, degli Africani, perché gli schiavisti che avevano conosciuto fino a quel tempo erano uomini. Quindi si sarebbero fidati delle donne, non così tanto degli uomini. Da notare che egli stesso aveva parecchie amicizie con donne di ogni rango in Europa. Poi, in Africa, conosce le mogli dei missionari protestanti che avevano un impatto positivo tra gli africani. Comboni impara da tutti. È un ascoltatore, super versatile, straordinariamente creativo, aperto e grandioso innovatore missionario, unico. Pionieristico nella metodologia missionaria in riferimento alla collaborazione tra uomini e donne, si vanta con la verità: “Io, il primo ho fatto concorrere l’onnipotente ministero della donna del Vangelo e della Suora della carità, che è lo scudo, la forza, la garanzia del ministero del missionario” (A Madre Maria Annunziata Coseghi).
È auspicabile che chiunque ne avesse, presentasse testimonianze su Fratel Giovanni Girelli (R.I.P.) il quale spesso e volentieri “raccontava” della sua positiva esperienza di collaborazione con le Missionarie Comboniane e portava fatti concreti sull’indispensabile presenza della donna-suora nel ministero missionario.
Congratulazioni
Da quanto risulta nel libro “Noi siamo Missione”, in tanti nostri ministeri siamo sul buon orientamento della collaborazione. Ma c'è ancora molta strada da fare. Aspettiamo una svolta da parte dei creativi e coraggiosi che ci sono da qualche parte. Nuove presenze missionarie? È difficile inventare qualcosa? Centri per la Trasformazione Sociale Missionaria? Anche in Europa? In Italia?
Ci congratuliamo con le Province che stanno dando vita a comunità miste di comboniani e comboniane. Ci congratuliamo con la Provincia italiana che sta esaminando la possibilità di avere due comunità di Comboniani, Comboniane e Laici Missionari Comboniani: una per il ministero giovanile e un’altra per inserzione tra situazioni sociali emergenti che ci sollecitano come seguaci di Comboni. A proposito dei Laici Missionari Comboniani: ci congratuliamo con loro per la saggia e luminosa iniziativa di approfondire la ministerialità nell’areopago dell’economia e della politica. Ci congratuliamo con i tanti Fratelli che sono coinvolti in servizi qualificati di grande portata con i movimenti sociali in molte nazioni.
Invito – Magistero sociale della Chiesa
Un altro aspetto che desideriamo proporre come invito a tutti è cercare di conoscere e applicare di più il ricchissimo e illuminante Insegnamento Sociale della Chiesa. Quest’oggi, alla presentazione di un libro della curia romana, il Card. Monterisi ha detto: “Il cattolicesimo di oggi si deve vedere nella pratica, ma serve un bagaglio di conoscenze della Dottrina Sociale della Chiesa per metterlo nel concreto”.
Papa Francesco: “Essere cristiani non è una dottrina di un ideale morale, ma è “relazione”. “Non esiste cristianesimo a distanza”. Mentre ammette di patire la mancanza di Piazza San Pietro, ed è contento di ritrovare la vicinanza con la gente, parla di tre verbi: Guardare, Toccare, Mangiare. “Relazione viva con Gesù Risorto, lo guardiamo, lo tocchiamo, ci nutriamo di Lui e, trasformati dal suo Amore, guardiamo, tocchiamo e nutriamo gli altri come Fratelli e Sorelle” (Regina Coeli, 18 aprile 2021).
Castel D’Azzano, 30-11-2021
P. Francesco Pierli MCCJ
Sr. Teresita Cortes Aguirre CMS – Segretaria