Giovedì 3 giugno 2021
I recenti passi compiuti da papa Francesco hanno interpellato la comunità internazionale con significative ricadute sia mediatiche che di riflessione. Ultima, a mia conoscenza, quella dell’ambasciata del Senegal presso la Santa Sede che, con la comunità di Sant’Egidio, ha tenuto recentemente a Roma una conferenza online su «Fratelli tutti». [Foto: Giotto, “Francesco incontra il Sultano”. Assisi, basilica di San Francesco]
Non è mio intento ripercorrere qui quanto Francesco ha fatto, sollecitato, promosso. Mi sembra che la Chiesa cattolica abbia fatto dei passi sulla via del dialogo interreligioso molto significativi, rafforzando una collaborazione con attori non cristiani con i quali si sono sviluppati delle relazioni amichevoli, di conoscenza reciproca inimmaginabili fino a qualche anno fa.
La cosa che colpisce è che questo atteggiamento non è confinato nelle dorate sale Vaticano o dell’Al Azhar, ma trova una sua messa pratica in diversi paesi, per esempio – come richiamato sopra – il Senegal. Sono testimone di ciò anche per quanto riguarda il Ciad, dove alla «Tenda d’Abramo», all’uscita di «Fraternità umana», abbiamo svolto una conferenza pubblica con la partecipazione attiva di amici musulmani, cosa che ha avuto un seguito quando l’enciclica «Fratelli tutti» è stata resa pubblica. Insieme – cristiani e musulmani – abbiamo riflettuto sulla sua importanza per la vita quotidiana, soprattutto dei giovani ciadiani.
Dietro tutto questo fervore – come dimenticare le scene d’accoglienza e felicità viste durante il viaggio apostolico di Papa Francesco in Iraq? – c’è un vasto e forse sconosciuto mondo fatto di persone, situazioni, riflessioni e preghiera che non si è mai dichiarato sconfitto di fronte all’odio, all’intolleranza, alla separazione, ma con pazienza, coraggio e fede ha perseguito ostinatamente la via del dialogo con chi professa una fede differente dalla mia.
Evocato spesso come modello del dialogo tra Cristianesimo e Islam, l’incontro di San Francesco con il Sultano Al Malik Al Kamil, a Damietta – 800 anni fa – riveste ancor’oggi una sua particolare importanza.
Un’altra figura che merita d’essere ricordata è quella di un sapiente francese cattolico, professore del prestigioso College de France, ricercatore appassionato delle tematiche connesse all’Islam, in primis la spiritualità, a cui ha dedicato la sua tesi di dottorato, punto di riferimento inevitabile per chi è interessato a queste tematiche. Si tratta di Louis Massignon, morto sacerdote cattolico.
Mi piace mettere insieme questi due uomini di Dio: il poverello d’Assisi – in realtà ricco di Dio – e il professore, diplomatico, amico sincero dei musulmani. Francesco e Louis hanno interpretato alla loro maniera, secondo il loro tempo, in un linguaggio – quello di Francesco – dell’amore, simpatia, scientifico e – quello di Louis – appassionatamente schierato tale da suscitare nei loro interlocutori reazioni varie e qualche volta apertamente ostili.
Francesco a Damietta supera le barriere sociali, religiose e si rivolge al Sultano nella sua umanità, riconoscendogli la leadership politica ma niente altro. Louis nel corso della sua vita, attraverso la sua produzione scientifica, i suoi interventi politici a favore dei popoli arabi ancora sotto il dominio coloniale, una spiritualità che lo porta a chiedere d’essere ordinato sacerdote di rito orientale: papa Pio XII chiamava Louis «musulmano cattolico». Un complimento? Alla luce di quanto si sta vivendo grazie al Francesco argentino, direi di sì.
Su Francesco d’Assisi e Louis Massignon c’è una quantità enorme di materiale, ho tentato di schizzare qualche suggestione sull’incontro, il dialogo, la conoscenza tra fedeli di credi religiosi differenti perché ho l’impressione che essi – ma insieme ai tanti che nel corso della storia hanno contribuito a creare chiamiamola l’atmosfera della fraternità – sono stati quelli che hanno fissato i «paletti» riassumibili nelle due parole del titolo; dialogo e fraternità. Il cammino è lungo e irto d’ostacoli. Personalmente credo che la fraternità declinata nell’ambito religioso sia la chiave per creare sempre e di nuovo una umanità che prega, loda l’Unico sebbene appellandolo con nomi differenti.
Fr. Enrico Gonzales, mccj
“Tenda d’Abramo”