Lunedì 9 settembre 2019
Dopo la narrazione della Pentecoste, atto fondatore della Chiesa, l'evangelista Luca – in At 2,42-47 – descrive in maniera esemplare i primi frutti dell'azione dello Spirito che si manifestano nel vissuto della comunità cristiana primitiva: l'ascolto obbediente della Parola, la comunione, l'eucaristia e la preghiera, il tutto accompagnato da un atteggiamento fondamentale, la perseveranza. [Alessandro Gennari – in Missione Oggi]

Missionari comboniani e la comboniana Paola Moggi a Firenze.

PER NON PERDERSI NELLA CONFUSIGNE DEL MONDO

Il fatto che i primi "battezzati" nella Pentecoste fossero "perseveranti" significa che la loro decisione battesimale, animata dall'azione dello Spirito, si esprimeva anzitutto nella durata. Il verbo greco utilizzato da Luca significa "aderire fermamente", "dedicarsi intensamente", con una nota di ostinazione che si può ben immaginare in un contesto tutt'altro che favorevole. L’evangelista sembra voler affermare che, come il giudaismo aveva i suoi pilastri (Legge, culto, opere di misericordia), così anche il cristianesimo ha i suoi ed è proprio ad essi che i primi cristiani si "aggrappavano" con tutto loro stessi per non perdersi nella confusione del mondo.

IL PRIMO PILASTRO

Il primo pilastro della comunità primitiva è l’insegnamento degli apostoli. Con tale espressione Luca allude alla predicazione apostolica, il cui oggetto era chiaramente il mistero di Cristo illuminato dalle Scritture di Israele. Per tale motivo possiamo ritenere che la formula "insegnamento degli apostoli" sia sinonimo di "Parola di Dio/di Gesù". Giustamente Daniel Marguerat, nel suo prezioso commento agli Atti, afferma: "Tale sottolineatura ci invita a non considerare la fede come qualcosa di intimistico, dal momento che il suo fondamento poggia su una Parola che non viene da noi, ma ci è trasmessa dalla tradizione apostolica. Solo attraverso l'ascolto di questa Parola può instaurarsi un vero dialogo con Dio". Le parole di Marguerat sono particolarmente importanti, soprattutto in un tempo caratterizzato da un soggettivismo esasperato e da un relativismo inquietante, in nome dei quali ciascuno prende dalla religione ciò che ritiene utile e sdogana senza troppi scrupoli ciò che non interessa o viene percepito come scomodo. Insomma, sembra che Luca insista col ribadire che l'ascolto docile della Parola di Dio è indispensabile per non deviare dal cammino tracciato dallo Spirito.

IL SECONDO PILASTRO

Il secondo pilastro è la "comunione". Certamente in questo vocabolo rientrano parecchi significati. Dando uno sguardo all’intera opera lucana, sembra che per l'evangelista esso rimandi sia alla concreta condivisione dei beni, sia a quella unanimità spirituale indispensabile perché la testimonianza dei credenti sia credibile. Per quanto riguarda la dimensione materiale della comunione, è utile ricordare quanto scrisse il grande esegeta Jacques Dupont: “L'ideale perseguito non è precisamente quello della spoliazione e della povertà volontaria, ma quello di una carità che non può accettare che dei fratelli siano nel bisogno. Si abbandonano i propri beni non per desiderio di essere poveri, ma perché non vi siano poveri tra i fratelli”. La comunione di cui parla Luca non è dunque una sorta di comunismo ante litteram, piuttosto è l’espressione di un autentico spirito di fede e di carità e scaturisce dalla consapevolezza che la povertà è un male da combattere anzitutto con la solidarietà: "tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; vendevano le loro proprietà e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bi­sogno di ciascuno" (w. 44-45).

IL TERZO PILASTRO

Il terzo pilastro è dato dall'assiduità nella "frazione del pane", espressione tipicamente lucana che indica la celebrazione dell'eucaristia. Se da un lato, in quella prima fase del cristianesimo delle origini, il tempio di Gerusalemme rimaneva comunque un punto di riferimento per la vita cultuale e per la preghiera, dall'altro lato colpisce che il luogo privilegiato per la celebrazione dell'eucaristia fosse la "casa". Proseguendo nella lettura degli Atti emergerà in maniera molto evidente che le case dei primi cristiani diventeranno il luogo dove i missionari troveranno accoglienza e dove i credenti potranno sentirsi accolti, proprio come "a casa". Il lettore poi non deve lasciarsi sfuggire un particolare molto importante, ovvero i sentimenti che accompagnavano i primi credenti in questa prima esperienza ecclesiale: la letizia e la semplicità di cuore. L’eucaristia, così come l'appartenenza alla Chiesa che ne deriva, è per Luca motivo di gioia e al tempo stesso, per essere autentica, chiede di essere vissuta "con semplicità di cuore", espressione che indica una retta intenzione, una decisione senza condizioni, un impegno totale, senza riserve. Certo, leggendo queste poche ma efficaci righe viene da chiedersi: quanto spesso le nostre chiese e le nostre celebrazioni eucaristiche sono distanti dal quadro ideale tracciato dall'evangelista!

IL QUARTO PILASTRO

Il quarto e ultimo pilastro sono "le preghiere". Per Luca la preghiera, prima ancora che essere espressione di una richiesta dettata dai bisogni e dalle mancanze, è lode a Dio che scaturisce dall'esperienza della salvezza dentro alla storia, fin dalle primissime pagine del Vangelo, come bene attestano i cantici di Maria (Lc 1,39-46), di Zaccaria (Lc 1,67-69), degli angeli (Lc 2,14) e di Simeone (Lc 2,29-32).

PER UNA CHIESA APERTA, ACCOGLIENTE...

In At 2,49 compare infine un'affermazione curiosa, che merita particolare attenzione. Luca dice che i primi cristiani "godevano il favore di tutto il popolo". In greco tale espressione può essere tradotta in due modi: o, come nella Bibbia Cei e nella stragrande maggioranza delle traduzioni, "avevano il favore del popolo", oppure con "avevano favore verso il popolo". A ben vedere, la seconda traduzione ricorda che i primi cristiani, profondamente uniti al Signore, guardavano agli uomini e alle donne del loro tempo con un atteggiamento di "favore", ovvero di apertura e di accoglienza, non con un'aria di superiorità e di saccenteria, e probabilmente per questo motivo godevano del favore del popolo, come le pagine successive del libro mostreranno.

... E ATTRAENTE

La seconda parte del v. 49 poi è importante: "Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati". Se da un lato Luca riconosce che la vita esemplare della comunità è ricompensata dalla crescita, dall'altro ricorda che la forza di attrazione – o, se vogliamo, il successo missionario –non dipende dall'eroicità dei membri, ma dalla grazia salvifica del Signore Gesù. Ciò ovviamente non significa che la testimonianza dei credenti non sia importante, ma ricorda implicitamente a tutti i cristiani di tutti i tempi quanto sia necessario guardarsi da uno dei mali peggiori che minaccia costantemente la vita della Chiesa: il protagonismo.

Missionari comboniani e la comboniana Paola Moggi a Firenze.

PARADIGMA DELLA MISSIONE OGGI

Cosa possiamo imparare noi, oggi, da questa splendida pagina degli Atti? Per rispondere a tale domanda, vorrei citare un passaggio del commento di Daniel Attinger: "L'autore degli Atti non invita all'imitazione. E non invita neppure alla colpevolizzazione, ma espone un modello di vita comunitario e autentico e lo offre come specchio alla cristianità del suo tempo [e del nostro!].Così quest'ultima può misurare la sua vita con l'utopia comunitaria, interrogarsi sulla sua osservanza delle quattro caratteristiche identitarie e, di conseguenza, stabilire i valori della sua strategia pastorale". Ecco, in un tempo in cui da più parti molti si interrogano su quali "strategie" adottare per rendere la missione "efficace", nessuno dovrebbe mai dimenticare questa eccezionale pagina che Luca ha voluto regalarci e che, a distanzia di duemila anni, continua ad essere così attuale.
[Alessandro Gennari – in Missione Oggi]

Alessandro Gennari, presbitero della diocesi di Brescia, classe 1979, ha ottenuto la Licenza in Sacra Scrittura presso il Pontificio Istituto Biblico e il Dottorato in Teologia Biblica presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma. Insegna Introduzione alla Scrittura, Esegesi del Nuovo Testamento e Teologia Biblica presso lo Studio Teologico "Paolo VI" del Seminario Diocesano di Brescia.