Martedì 20 marzo 2018
Un altro mondo è possibile. Questo nuovo mondo è il Regno del Padre. Dal 10 al 20 di marzo, siamo riuniti a Salvador de Bahia (Brasile) per due Forum Sociali, quello Mondiale (FSM) e quello Comboniano (FC). Siamo una cinquantina di missionari e missionarie e ci presentiamo come Comboni Network, identificandoci come laici, sorelle, fratelli, sacerdoti della Famiglia Comboniana. Veniamo dall’Africa – Congo, Kenya, Sud Sudan per esempio –, dall’Europa e dall’America Latina e Stati Uniti.
La lettera di “benvenuti” ci riporta alla Galilea delle Nazioni: “Salvador! Terra di resistenza nera, di culture afrodiscendenti, di cammino comboniano lungo le frontiere della città e della fede. In queste periferie, missione significa dialogo con il “diverso”, ascolto di Dio che conversa con la pluralità delle religioni, ricostruzione quotidiana della comunità, profezia di pace e riconciliazione finché ci sono ferite aperte dalla violenza”.
Il tema del Forum Sociale Mondiale è “Resistere é creare, Resistere è trasformare”. Questo tema nel Forum Comboniano diventa “Ministerialità e networking: come collaborare con le altre organizzazioni”. I giorni che passiamo insieme quindi sono ripartiti dalla partecipazione al FSM e dalle riflessioni fra noi nel FC. L’idea di unire i due eventi nacque fin dal FSM di Nairobi per ridurre i viaggi e permettere ai responsabili di Giustizia e Pace delle diverse provincie della Famiglia Comboniana di incontrarsi in un contesto appropriato. La linea di fondo, a partire dalla Galilea delle Nazioni, è la riscoperta della spiritualità della giustizia e della pace tradotta nelle diverse attività, esperienze e soprattutto in una metodologia di evangelizzazione e uno stile di vita che riporti la Buona Notizia di Gesù al centro dell’impegno per la giustizia sociale in mezzo all’incontro delle culture e delle religioni.
I due primi giorni, sabato 10 e domenica 11, sono stati un tempo di accoglienza per chi doveva arrivare dal Brasile – il gruppo più consistente – o da alter nazioni. La domenica ci ha permesso conoscere gli impegni pastorali e sociali delle comunità della Famiglia Comboniana in Salvador Bahia. Emozionante per molti l’incontro con lo spirito del comboniano Ettore Frisotti con il suo motto ispiratore “Tem cheiro de Evangelho nas coisas dos negros” (C’è profumo di Vangelo nelle cose dei Neri), scritto sul fondo del presbiterio della Chiesa che ci ha accolto per l’Eucarestia nella Parrocchia di San Daniele Comboni. Molto bella l’introduzione alla celebrazione di tre giovani afro che hanno raccontato, sullo stile del teatro di strada, la vita di Comboni da Limone del Garda fino al Comboni presente nei comboniani oggi in Brasile, e in modo speciale a Salvador Bahia. P. Ettore si era dedicato alla causa dei neri immergendosi nel culto camdomblé.
Lunedì 12 è diventato lo spazio di condivisione del lavoro di ciascuno, un po’ affrettato per il numero dei presenti, di spiegazione della dinamica del FSM e degli obiettivi del FC, dell’ascolto delle esperienze e speranze che ci animano e della presentazione di tre iniziative: il lavoro di VIVAT International e di Africa Fede e Giustizia Network (AFJN) come spazio di collaborazione delle nostre comunità con gli organismi internazionali, come lo richiese Paolo VI dopo il suo discorso alle Nazioni Unite nel 1967; il lavoro in rete REPAM (Brasile) e REBAC (Congo) – a cui Papa Francesco ha dato la sua benedizione convocando un Sinodo per l’Amazzonia – e l’accaparramento delle terre in Mozambico; la mobilità umana e il traffico di persone in Europa (Tavolo dei Migranti – Un grido per la vita).
La giornata è stata introdotta, come parola di inaugurazione del Forum Comboniano, dalla lettera dei due Consigli generali (comboniani e comboniane). Per chi ha vissuto gli otto Forum Sociali Comboniani da Nairobi, passando per Dakar, Rio de Janeiro – quest’ ultimo dedicato al tema del clima e dell’acqua – Tunisi (due), Belém, Montreal, ed ora Salvador Bahia, una frase ha dato forza e sicurezza: “Viviamo in un'epoca fortemente polarizzata e dominata da grandi potenze economiche che generano povertà e disuguaglianza. Realtà che conosciamo molto bene attraverso le nostre missioni. A volte corriamo il rischio di rifugiarci nella piccola realtà di missione in cui lavoriamo e ignoriamo che la povertà accanto a noi è il risultato di condizioni strutturali ingiuste, di natura globale. Capire meglio queste dinamiche che distruggono la vita, ci permette di essere più critici e di promuovere un cambiamento di coscienza nelle persone con cui condividiamo la vita e il ministero” (Dalla Lettera dei Consigli generali).
Questo impegno ha dimensione globale e i movimenti popolari sono oggi forza “di trasformazione sociale che non possiamo ignorare. Il fatto che non sempre hanno un'ispirazione cristiana non deve costituire un limite, siamo uniti da un umanesimo sincero, che desidera una vita dignitosa e armoniosa per tutti” (Dalla Lettera dei Consigli generali). Questi movimenti infatti sono “seminatori di cambiamento, promotori di un processo in cui convergono milioni di piccole e grandi azioni concatenate in modo creativo” (Papa Francesco).
L’Eucaristia della notte con interventi spontanei ha riportato al centro il bisogno profondamente sentito dai partecipanti e dei collaboratori di riscoprire le radici bibliche di una spiritualità quotidiana della giustizia sociale.
Martedì 13 aveva due impegni di fondo. La riflessione teologica al mattino con il benedettino Marcelo Barros sul Forum di Teologia e Liberazione che si celebra in concomitanza con il FSM. Marcelo Barros è una personalità di spicco nel dialogo interreligioso e dei movimenti sociali; la sua voce – molto ascoltata – ha risvegliato l’interesse su due temi essenziali per il nostro lavoro. Il primo, è la necessità di rivisitare i “luoghi teologici” centrali della nostra fede: il linguaggio, l’analisi, una certa espressione dogmatica della nostra fede che frena e forse anche impedisce l’accettazione della Buona Notizia di Gesù. La linea del “sacrificio riparatore” traspira una mentalità di violenza, mentre la linea del “martirio liberatore” ci riporta alla gratuità dell’amore reciproco.
Il secondo tema, in realtà solo accennato da Marcelo Barros, è il paradigma del FSM come inspiratore di una rinnovata ecclesiologia. La Chiesa, aperta, magari ferita e sporca come la vuole papa Francesco, è una “ecclesia” in assemblea, che si ritrova in un incontro come il Forum. Tutti possono e devono apportare del proprio per aprire il cammino allo Spirito di Cristo risuscitato che solo può trasformare il mondo nel “Regno del Padre”.
Il pomeriggio è stato dedicato alla marcia di apertura del FSM. E’ questo un evento popolare, folcloristico, che riunisce i diversi gruppi sia politici che culturali. Molto presenti, come sempre in Brasile, i popoli indigeni e in questo momento critico della politica del Brasile, i gruppi di opposizione al governo del presidente Temer e di sostegno a Lula e alla ex presidenta Dilma. E’ una sfilata di colori, movimenti, idee e ideologie che si è conclusa nel centro storico, coloniale, ricco di colori e ricordi della città di Salvador de Bahia. La giornata ha avuto il suo epilogo nella chiesa Dos Pretos con una celebrazione eucaristica stile afro con la presenza di teologi, pastoralisti, partecipanti al FSM e tanta, tanta gente che manifestava la sua devozione attraverso gesti che molto parlano alla sensibilità dei neri brasiliani, ancora maggioranza a Salvador de Bahia: incenso, acqua, luce, abbracci, tamburi, canti e danze. La gioia di vivere celebrata nella liturgia per dar lode e grazie al Dio della Vita che è fedele e sempre “risuscita” il popolo che risponde con fedeltà ai suoi inviti a camminare nella giustizia e nella pace.
Il Vangelo annunciato è impegno vissuto per la giustizia
I giorni 14-17, cioé dal mercoledì al sabato, la programmazione prevedeva la nostra partecipazione a tempo completo alle attività del FSM (Foro Sociale Mondiale) e alle sue molteplici attività. Sono questi incontri che “hanno arricchito la nostra consapevolezza sui movimenti sociali e ci hanno aiutato a capire meglio la nostra missione nella sua globalità”, scrivono giustamente nella loro lettera i Consigli Generali della Famiglia comboniana.
L’incontro di spiritualità del mattino ci dava lo stimolo della giornata. Il primo giorno, ispirato dalla preghiera di papa Francesco ci ha messo in comunione con i nostri confratelli e le loro sofferenze in Congo e Sud Sudan. Il secondo giorno, 15 marzo - anniversario della nascita di Daniele Comboni -, è stato un risvegliare in noi il carisma del fondatore grazie alla testimonianza dei quattro partecipanti che portano il nome di Daniele: due italiani, un peruviano e uno scolastico keniano. “Mi hanno dato il nome di Daniele perchè la mia famiglia viveva vicino alla comunità comboniana e i padri erano di casa. Poi successe che nascessi il 10 di ottobre, giorno della morte di Comboni”. Non si danno coincidenze, direbbe “La profezia di Celestino”, ma solo convergenze del flusso della vita e con quello della storia.
Ancor più emotiva la celebrazione del terzo giorno: tutta un simbologia imperniata sulle migrazioni. La lettura dell’esodo di Gesù verso l’Egitto per le minacce di Erode, i disegni di migranti realizzati da Francesco Piobbichi, stesi sul pavimento che ognuno sceglieva, per meditarlo un istante ed esprimere ad alta voce la parola chiave che l’immagine gli suggeriva. Il quarto giorno, infine, ruotava intorno al tema della Famiglia comboniana. L’unità di intenti, di carisma, di lavoro in comune è oggi parte essenziale della nostra evangelizzazione, perchè annuncia quell’unità che testimonia il valore per il mondo del Vangelo di Gesù: Siate uno perchè il mondo creda che il Padre mi ha mandato. “La presenza come Famiglia Comboniana è anche segno di una strada che percorriamo assieme e sulla quale dobbiamo continuare a camminare. Siamo contenti di vedere che c’è una buona rappresentanza di comboniane, comboniani e laici”, commentano nella loro lettera i nostri consigli generali.
Dalle 9 del mattino alle 6 della sera uscivamo sparpagliati nello spazio del FSM, l’Università Federale di Bahia, come pellegrini annunciatori alle frontiere del mondo, verso quella Galilea delle Nazioni che è la società di oggi. La nostra presenza, anche se in apparenza dispersiva, aveva due poli chiari: l’ascolto, “Capire meglio [le] dinamiche che distruggono la vita, ci permette di essere più critici e di promuovere un cambiamento di coscienza nelle persone con cui condividiamo la vita e il ministero”, e la testimonianza di una realtà comboniana che vuole essere seme di trasformazione perché questo mondo diventi Regno del Padre. L’idea, infatti, nata durante il Foro Sociale Comboniano di Dakar si è andata via via strutturando e così anche quest’anno quattro sono gli workshops offerti al Foro Sociale Mondiale dalla Famiglia Comboniana. Il primo presentato insieme da Rita Zaninelli e da Gian Paolo Pezzi, era centrato sul problema dell’Accaparramento di terre, causa della fame e della povertà del mondo, con l’esempio concreto del Mozambico dove, Terra Usurpada è vita rubata. Il secondo presentava la problematica della sofferenza e della lotta per la giustizia della Chiesa, e con la Chiesa dei comboniani, in Congo e nel Sud Sudan, presentato dai due rispettivi superiori provinciali, Joseph Mumbere e Luis Okot. Un terzo dalle Missionarie Comboniane nella persona di Chiara Dusi insieme alla Rete “Un grido per la vita” affrontava il penoso tema della Tratta di Esseri Umani. Infine, Dario Bossi, provinciale del gruppo comboniano del Brasile, animò l’incongro su I costi umani e ambientali dell’estrazione mineraria. Alternative e resistenze.
La dimensione dell’ascolto è stata come sempre una sfida contro il tempo, a volte contro la disorganizzazione del FSM stesso, spesso contro la difficoltà della scelta. I laboratori programmati nei 4 giorni erano infatti circa 1.300. I temi che hanno attirato l’interesse e la partecipazione di noi Famiglia Comboniana sono andati dagli incontri sulla terra e l’industria miniera, ai nuovi paradigmi alla resistenza dei popoli indigeni e afro, dalla violenza sulle donne al traffico delle persone, dalle migrazioni alla criminalizzazione dei difensori dei diritti umani. Alcuni temi nuovi, almeno per parecchi di noi, hanno attirato l’attenzione: la crisi del progressismo e l’invasione cinese in America Latina, l’ecologia in relazione al Vivere Bene nel mondo indigeno, il mercato delle carni come causa d’accaparramento di terre e distruzione di foreste, la gestione comunitaria e il suo influsso sulle politiche pubbliche, le economie alternative, l’integrazione umana e razziale, e anche una visione del mondo cinese visto dal di dentro.
Non tutti i temi hanno corrisposto alle aspettative, sia perchè all’ultimo momento alcuni eventi venivano cancellati, sia per la poca consistenza degli interventi. In particolare hanno lasciato insoddisfatti, tutti i comboniani che vi ci sono avvicinati, i dibattiti sulla teologia della liberazione. Una grossa delusione poi la quasi assoluta assenza dell’Africa – se togliamo la testimonianza comboniana sul Congo e Sud Sudan – e dell’Asia. La presenza “invasiva” del Brasile ha, da un lato, portato allegria, accoglienza spontanea, gioia di vivere, giovinezza ed entusiasmo. Si è però notato ancora una volta come in un “Foro Mondiale” gli interventi e le testimonianze, a volte brillanti ed emotive, quando partono dal mondo brasiliano mancano di una contestualizzazione mondiale, hanno la tendenza a sottolineare gli aspetti negativi e i fallimenti ignorando spesso le “buone pratiche” che pure esistono e l’esigenza di aprire prospettive future. Un esempio tipico: il mancato apporto della cultura afro ridotta a lotta di resistenza e a folklore. Ambigua la presenza-assenza del grande Movimento dei Senza Terra (MST) attribuita alla decadenza del movimento da parte di alcuni o al rigetto per l’incapacità di arrivare a concrete convergenze per altri, per cui pare che ad ogni nuovo FSM si debba ripartire da capo. Causa di un certo malessere è stata una stana percezione: mentre gli statuti definiscono il FSM una piattaforma libera, democratica, apolitica e areligiosa, pare che il comitato organizzativo nel scegliere i tempi e i luoghi abbia invece una chiara orientazione ideologica. Mai come a Salvador Bahia, per esempio, l’orientamento politico è stato pubblico ed esplicito, espresso nel sostegno ai due ex Presidenti, Lula e Dilma, contro l’attuale Temer, fino al punto di chiedere l’annullamento dell’impeachment contro Dilma e la liberazione di Lula.
Il venerdì mattina abbiamo aperto uno spazio speciale per partecipare all’assemblea della donne, in programmazione fin dall’inizio, ma che ha assunto una connotazione speciale per l’uccisione della giovane afro Marielle Franco, assassinio, attribuito dalla stampa, alla polizia per l’uso delle munizioni in loro dotazione. "Possiamo ancor più constatare la posta in gioco del conflitto tra la logica delle forze per la vita e quella delle forze della morte, quando una giovane donna appena eletta è uccisa a Rio, probabilmente da elementi di estrema destra della polizia. L'amicizia e l'amore diventano quindi elementi essenziali di questa forza per la vita, che è tanto personale quanto una questione sociale e politica. Una meravigliosa protesta pacifica lo ha testimoniato ieri” a Rio de Janeiro come a Salvador Bahia. Sono parole del filosofo francese Patrick Viveret presente al Foro Sociale mondiale. A parte una certa delusione per la deriva troppo femminista e ideologica dell’incontro sulla Praça da Sé, per molti Marielle Franco è il simbolo di quella gioventù civica e di Chiesa che è capace di uscire dalle proprie illusioni ed interessi ed esporsi perchè il sogno di un altro “mondo possibile” diventi realtà. Forse anche il comitato organizzatore del FSM deve imparare da Marielle: abbandonare le proprie scelte ideologiche per centrarsi sulla costruzione di un “Nuovo mondo possibile” come ricerca del bene comune, di tutti.
Inviati dallo Spirito del Signore Risorto
a proclamare la Buona Notizia del Regno
Dal 17 pomeriggio al 19 sera, la terza fase dei lavori ci ha riportati al Forum Sociale Comboniano per una condivisione sull’esperienza del Forum Sociale Mondiale, una riflessione sul contesto mondiale attuale e per delle decisioni comunitarie.
La prima tappa, sabato pomeriggio 17, ci ha visti riuniti in gruppi linguistici (inglese, portoghese, spagnolo e italiano) per rispondere a quattro domande: Come ti sei sentito nel FSM? Che tipo di contenuti hai seguito? Quali difficoltà hai vissuto e quali intuizioni e ricchezze ti porti a casa? Come dev’essere la presenza della famiglia comboniana al FSM?
I quattro relatori hanno poi raccontato in assemblea generale le diverse e variate esperienze che il segretario ha con felice intuizione sintetizzato in dieci parole. Al centro la parola Speranza, che rimandava alle due espressioni di Papa Francesco, “La Gioia del Vangelo” e al “Non lasciatevi rubare la speranza”. Malgrado la situazione mondiale sia difficile e complessa, coltiviamo sempre la speranza che è frutto di un Desiderio che parla di “Utopie” e che ci mette in Cammino perché la speranza e l’utopia sono un Sogno in costruzione.
La condivisione ci ha riaffermato la volontà di camminare insieme come Famiglia Comboniana – laici, suore, fratelli, e sacerdoti – e rispondere insieme alla chiamata di Cristo ad una Presenza sempre maggiore nelle periferie del mondo per costruire il Regno, dando spazio alla forza riscoperta dal Vaticano II, i laici e le laiche, popolo di Dio. Le esperienze dei diversi Forum Sociali a cui abbiamo partecipato e anche i nostri impegni per la giustizia sociale ci hanno aperto gli occhi sui Nuovi paradigmi che articolano le società oggi e richiedono anche per la missione, nuovi paradigmi biblici, teologici e pastorali. Il più importante di essi è senza dubbio l’inclusione che invita a Far partecipare tutti il nostro sogno in costruzione attraverso cammini di Formazione.
La domenica 18 è stata una giornata intensa. Moema Miranda ci ha introdotti nella riflessione sull’enciclica Laudato si’, come stimolo per un’evoluzione culturale e come sfida per la missione. Il nostro è un tempo di poca chiarezza, la condivisione della conoscenza e del sapere, però, ci aiuta a comprendere cosa sta accadendo in questo tempo di “distopia” – perdita dell’utopia –, di mancanza di fiducia, soprattutto nei giovani, per un mondo futuro migliore.
Oggi, quando tutto è connesso (LS 139), e non esistono realtà separate, dobbiamo superare le fratture create dalla modernità, spesso pseudoscientifica, nella visione della natura. Il nostro Pianeta si manifesta limitato precursore di catastrofi (Vedi il libro di Isabel Stergers) e la “logica rettilinea” non funziona più: siamo usciti dall’Olocene per entrare nell’Antropoceno che sta degenerando in un Capital-ceno. La visione capitalista infatti affetta tutta la realtà e pretende ser egemonica trasformando il mercato come luogo di scambio in strumento di dominio grazie all’appropriazione dei mezzi di produzione: le cose create diventano “mercanzia” e provocano sfruttamento del lavoro e delle persone. L’egemonia culturale installa il capitalismo con la tecnica del terrore, elimina l’autarchia delle persone e dei popoli. Economia, cultura, consumismo per essere sostenibili calpestano “l’albero delle Vite”. Importante allora è quanto si può produrre e consumare e tutti e tutte devono produrre per consumare, facendo di questo ciclo infernale lo scopo del vivere e dell’umanità, contrario allo scopo della creazione rivelato dalla fede e riaffermato dall’enciclica del Papa: il riposo sabbatico, cioè l’incontro di tutti e tutto con il Dio della Vita.
I lavori in gruppo, partendo da questa visione globale della realtà attuale, hanno cercato nell’agire comboniano le buone pratiche di cambiamento che esistono, mettendo in rilievo il compito dei religiosi, dei movimenti sociali, delle istituzioni nel trasformare il mondo nel Regno del Padre.
Abbiamo così scoperto che nel Sud Sudan la gente prende coscienza della propria identità culturale e sociale, grazie alla Chiesa e ad alcune organizzazioni non governative. In Congo la Chiesa è una presenza significativa nell’impegno di coscientizzazione e nell’organizzare manifestazioni pacifiche. In Kenya, gli workshops per l’educazione alla pace e alla tolleranza in zone toccate dalla violenza etnica porta la gente a un cambio nel modo di vedere l’altro. In Mozambico, i vescovi contrastano l’accaparramento di terra e la tratta delle persone. In Etiopia, la gente assume in proprio la difesa dei propri diritti contro la corruzione.
Questi esempi, nel continente scelto da Comboni, rivela il ruolo di advocacy, d’accompagnamento, educazione/formazione che la Chiesa è chiamata ad assumere, in alcuni casi in forma ufficiale, spesso nella testimonianza dei religiosi e ancor più nell’impegno dei laici. Importante è il rifiuto del protagonismo non solo nel lavoro sociale, ma anche nei ruoli di formazione ed animazione: è la base, la gente che acquisisce una nuova mentalità e costruisce una nuova società. E’ passato il tempo di essere voce di chi non ha voce per aprire spazi ai più deboli, essere loro vicini, condividerne la vita affinché si sentano forti e capaci di parlare per loro stessi. Il protagonismo è oggi dei giovani e delle donne, ma è importante saper scegliere le persone giuste a cui affidare il cambiamento.
In Europa, la Famiglia Comboniana è impegnata sul fronte dell’immigrazione (Italia, Spagna, Inghilterra e Germania) con parole chiavi come: interconnessione, accoglienza, voce profetica. Un lavoro articolato con altre organizzazioni e associazioni, civili ed ecclesiali è svolto nel segno dell’advocacy che negli Stati Uniti è il termine che meglio qualifica la presenza all’ONU e nelle sue agenzie. In America Latina, l’impegno della Chiesa va dai progetti sociali ai progetti legati alla realtà dell’estrazione mineraria e alla presenza nelle parrocchie. I punti in comune sono: l’importanza di accompagnare i processi, la formazione e la sensibilizzazione dentro e fuori la Chiesa sui temi di giustizia e pace, la relazione con i movimenti sociali, i Diritti umani, la “responsabilizzazione”. Alcune esperienze comunitaria di inserzione mostrano la fedeltà della Chiesa a questo impegno nonostante le difficoltà e la sofferenza, come nel caso degli accordi di pace appena firmati in Colombia. In Perù, il gruppo universitario “Comunicando speranza” lavora nella coscientizzazione dei problemi medio ambientali e i comboniani sono impegnati in percorsi formativi sui temi di giustizia e pace non solo nella Famiglia Comboniana, ma anche con altre congregazioni religiose.
Le parole emergenti dai lavori di gruppo sono quindi, cambiamento e partecipazione, protagonismo laico, responsabilizzazione, sensibilizzazione e comunicazione critica, uscita verso le periferie, relazione tra sociale ed ecclesiale. Questa perspettiva spinge a creare più partecipazione e organizzazione tra i poveri, a dialogare con la politica reale, a scegliere dove essere e come essere. Coscienza ed esperienza camminano insieme, quello che commuove deve muovere all’azione. I movimenti sociali acquistano più forza quando sono illuminati dallo spirituale. L’impegno sociale apre alla trascendenza e questo ci chiede un nuovo linguaggio a cui non sempre siamo abituati.
Il commento di Moema Miranda al lavoro dei gruppi fu diretto a focalizzare le luci che ci offre la Laudato si’ per il nostro impegno e le nostre sfide e inquietudini: la Conversione ecologica (n. 217), la decrescita in alcune aree del mondo grazie ad una migliore distribuire della produzione e la valorizzazione della sobrietà felice (n. 223) andando oltre il consumismo (n. 222-224), la funzione della politica. Il bene comune è quanto deve dare senso all’azione politica perché questa sia, come diceva Paolo VI “una forma di carità”. Per coltivare la speranza dobbiamo quindi accogliere alcune sfide: resistere alla mercantilizzazione della vita (acqua, terra, territorio), accogliere la spiritualità ecologica e liberatrice, ricreare spazi di politica dove tutto torni ad essere connesso: il locale, il regionale e il globale.
La giornata di questa intensa domenica si è conclusa con una celebrazione che ha riunito in festa intorno alla “tavola” del Signore tutta la Famiglia Comboniana per i 50 anni di ordinazione di Gian Paolo Pezzi e i 45 di Fernando Zolli, i 50 di vita religiosa della comboniana Almerita Ramos e il compleanno del fratello João Paulo Martins.
L’ultimo giorno, lunedì 19, festa di San Giuseppe è stato dedicato a prendere decisioni e a vidimare alcune iniziative. Significativo il questionario inviato ai vari scolasticati sul FSM e il FSC e le risposte presentate all’assemblea che hanno offerto indicazioni per il futuro, ad esempio, su come provocare e realizzare incontri tra chi lavora nel campo della GPIC e i nostri giovani in formazione.
Tra le iniziativa, l’idea di preparare un libro in tre lingue (inglese, italiano e spagnolo) che racconti una pagina di storia – i FSM e i FSC degli ultimi 10 anni con i loro messaggi –, raccolga la parola del Papa in occasione degli incontri dei movimenti popolari e quella delle direzioni generali sui temi di giustizia e pace.
Si è sottolineato la preoccupazione di cosa fare tra un Forum e l’altro a livello di collaborazione e di ministerialità. La realizzazione dei FSC è un’occasione per condividere e approfondire i temi in cui siamo impegnati come Famiglia Comboniana, ma si deve verificarne la metodologia, prestando attenzione agli incontri dei movimenti sociali convocati da Papa Francesco, valorizzare le risorse della chiesa locale e della società civile, allargando la partecipazione al FSC alla chiesa locale, promovendo l’animazione missionaria e i temi di GPIC, creando una piattaforma dinamica per raccogliere e condividere materiale sui temi di nostro interesse, coinvolgendoci di più, come famiglia comboniana, e nelle reti Chiesa e miniere e REPAM.
Altre iniziative più concrete, proposte, votate e approvate sono state l’invio di una lettera di solidarietà al popolo brasiliano per il momento politico che vive il paese, l’elaborazione di un sussidio che aiuti la riflessione nelle tappe di formazione, la creazione di un fondo per GPIC. Il prossimo sinodo dell’Amazzonia può essere un tempo e uno spazio per ritrovarsi, come famiglia comboniana, intorno al problema della terra e alla figura del comboniano p. Ezechiele Ramin. Si è voluto infine rinnovare l’equipe di Coordinamento Comboni Network allargandolo all’Africa, ai fratelli, alle suore e ai laici.
A concludere questi giorni intensi di lavoro è stata l’Eucaristia della festa di san Giuseppe, uomo semplice, giusto e fedele che ci ricorda le parole di Comboni: essere pietre nascoste nei solchi della terra perché nasca la Chiesa. Il commiato finale è stato il gesto emotivo ripreso da papa Francesco di imporci reciprocamente le mani, come faceva la comunità primitiva, invocando lo Spirito del Signore Risorto che ci invia a proclamare la Buona Notizia del Regno.