Lunedì 2 ottobre 2017
Il caleidoscopio è immagine della bellezza e complessità della missione della Chiesa nel mondo, ricca di sfaccettature che compongono un’armonia. In Europa, Africa, America Latina e Asia la missione dei comboniani è la stessa, eppure in ogni continente ha una caratteristica specifica, è un dono singolare e ha sfide particolari da affrontare. Nel dossier, che celebra i 150 anni dell’avventura missionaria dell’istituto, affrontiamo questi temi attraverso il contributo-testimonianza di sette comboniani e l’analisi di un teologo. Consapevoli di dover ricentrare la nostra spiritualità, sempre ispirandoci a quella della persona di Gesù, focalizzata nel cuore. (Nigrizia.it)
L’estro armonico della missione comboniana
Nella foto sopra:
Fr. Pomykacz Jacek,
in Sud Sudan.
Nella foto a destra:
Voti perpetui di
Fr. Díaz Beltrán Eloy,
in Mozambico.
In Europa, parte della nostra missione è accogliere e accompagnare chi fugge in cerca di sicurezza, di un lavoro e di una vita dignitosa. Comboni non esiterebbe oggi a muoversi a fianco dei migranti sfidando con audacia politiche grette e mentalità razziste.
In Africa, in paesi afflitti dalla guerra, spesso a sfondo etnico-religioso, testimoniare il vangelo è chinarsi per curare le ferite di quanti hanno perso famigliari e casa, è aiutare a liberarsi dalla paura dell’altro e riportare la fiducia e il rispetto verso chi è “diverso”. In altri contesti, siamo invitati a una maggiore vicinanza alla gente, impoverita da politiche economiche predatorie, per vivere con loro il cammino di interiorizzazione dei valori evangelici. Sempre animati da coraggio profetico per individuare strade di trasformazione sociale per la “rigenerazione dell’Africa con l’Africa”, come amava dire il Comboni.
In America Latina, Dio si rivela alle persone che accettano l’avventura sociale e politica di abbandonare la schiavitù. Nel nostro impegno privilegiamo l’annuncio e la testimonianza della giustizia e della pace per l’intero creato, animando ogni Chiesa locale ad aprirsi al mondo e vivere sempre più con i più poveri e abbandonati.
In Asia, numericamente pochi e poveri di mezzi, siamo più liberi di essere missionariamente più a contatto con la gente. Di fronte alle sfide di una società in forte trasformazione, non dimentichiamo che la nostra priorità è la prima evangelizzazione intesa come incontro diretto con i non-cristiani, evitando il rischio di limitarci alla cura pastorale delle comunità cristiane già presenti.