Mercoledì 27 aprile 2016
La 17ª edizione dell’Anno Comboniano di Formazione Permanente (ACFP) si è conclusa ieri con la messa celebrata insieme con le altre comunità della casa generalizia di Roma. Per i partecipanti all’ACFP, la celebrazione è stata un momento solenne di ringraziamento e lode al Signore. “Vorremmo ringraziare Dio, in questa celebrazione, per tutto ciò che ci ha regalato in questo periodo trascorso in fraternità qui a Roma – ha detto P. Bruno Nzigiye all’inizio della Messa – e vi invitiamo a pregare con noi e per noi perché il Signore continui a guidare e illuminare il nostro cammino nella missione che ci aspetta”. Per una parte del gruppo il corso terminerà con gli esercizi spirituali di otto giorni mentre per l’altra si concluderà solo alla fine di maggio, dopo il mese ignaziano. All’ACFP, iniziato il 19 ottobre 2015, hanno partecipato 20 missionari comboniani di dodici diverse nazionalità e provenienti da quattro continenti.
P. Siro Stocchetti, uno dei tre responsabili del corso, nell’omelia ha sottolineato il brano del vangelo di Giovanni (14,27-31) “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi”, dicendo che “l’esperienza che l’ACFP ha voluto offrire ai confratelli che vi hanno preso parte è stata giustamente accogliere e crescere in quella pace che è dono del Signore: nella contemplazione del suo amore, nell’ascolto della sua Parola, nel sostare in sua compagnia; nella rilettura della propria vita per scoprire sempre di più quanto il Signore ci ha presi per mano, per cogliere quel filo rosso della sua azione fedele e provvidente nella nostra vita; nella fiducia nella forza della Vita sulla morte, vittoria di cui certamente siamo stati testimoni nella nostra esperienza di missione”.
Citando l’ultima frase dello stesso vangelo “Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e come il Padre mi ha comandato così io agisco”, P. Siro ha concluso con le seguenti parole: “Questa deve essere anche la nostra missione: compiere il progetto del Padre – non il nostro progetto personale – che è essenzialmente dare testimonianza della nostra relazione di amore con il Padre, alimentati dal dono della pace che Gesù solo ci può dare nella contemplazione del suo amore, della sua costante presenza nel nostro quotidiano, nella vittoria della vita sulla morte”.
Alla fine della celebrazione Fr. Alberto Parise, che era in Kenya ed è stato destinato a lavorare in Italia, a nome dei partecipanti al corso ha espresso gratitudine verso tutti coloro che hanno collaborato perché il corso potesse aver luogo: “l’Istituto, le comunità presenti nella casa generalizia, i nostri benefattori, i conferenzieri, gli accompagnanti, il personale di servizio e l’equipe di coordinazione”.
Di seguito pubblichiamo il testo base dell’omelia di P. Siro Stocchetti.
Omelia
“Vi lascio la pace, vi do la mia pace.
Non come la dà il mondo io la do a voi”
Gv 14,27
Vorrei commentare brevemente il vangelo (Gv 14,27-31) che abbiamo ascoltato facendo riferimento a tre contesti: quello biblico, il discorso di addio di Gesù durante l’ultima cena, quello liturgico, l’avvicinarsi dell’ascensione al cielo di Gesù, e quello della conclusione della 17a edizione dell’ACFP che ormai volge al termine, per lo meno per quanto riguarda la presenza in questa casa. Nei prossimi giorni i confratelli del corso faranno gli esercizi spirituali, alcuni, gli otto giorni, mentre la maggioranza, il mese ignaziano.
Il messaggio centrale del Vangelo di oggi è il dono che Gesù fa della pace ai suoi discepoli, e oggi a noi, in particolare ai confratelli che, concluso il corso, ripartono per la missione.
La pace è il dono che contiene ogni altro dono. È l’esperienza di chi è appagato perché ha trovato quello che cerca, ha ottenuto ciò che desidera. Ma Gesù ci mette in guardia: la pace che Lui ci dà è diversa da quella del mondo. Cioè quella pace degli equilibri internazionali anche di oggi, che è imposizione del vincitore, a suo vantaggio, sul vinto; quella propagandata dalla mentalità che va per la maggiore: identificata con la gratificazione dei bisogni psico-fisici; oppure quella dell’indifferenza, dell’egoismo, della chiusura; quella dell’evitare il conflitto, in tutte le sue possibili forme, a qualsiasi prezzo; e quella del rifiuto di ciò che ci può disturbare.
La pace dono di Gesù trova la sua fonte in tre elementi che colgo in questo vangelo e che vorrei sottolineare:
1. La pace frutto dell’esperienza dell’amore di Gesù che ha la sua espressione più alta nella Croce, dove il Signore dà la sua vita per amore in modo completamente gratuito. Croce anticipata dalla lavanda dei piedi, dal boccone intinto e offerto a Giuda, segno dell’amicizia incondizionata a colui che lo avrebbe tradito, dall’essersi fatto pane spezzato e vino versato per l’umanità.
Spesso nel nostro corso abbiamo sentito questa frase di Comboni “si formeranno questa disposizione essenzialissima – la donazione nel servizio alla missione – col tener sempre gli occhi fissi in Gesù Cristo, amandolo teneramente e procurando di intendere ognora meglio cosa vuol dire un Dio morto in croce per la salvezza delle anime” (S 2721). La pace del missionario è frutto della contemplazione dell’amore di Dio rivelato nella Croce di Cristo.
2. La pace di Gesù nasce dalla consapevolezza che siamo sempre in sua compagnia: “non sia turbato il vostro cuore.… Vado e torno a voi”: Gesù ascende al cielo, dal Padre per inviare il suo Spirito Consolatore assicurandoci: Io sarò sempre con voi.
3. Terza fonte della pace dono di Gesù: “il principe di questo mondo contro di me non può nulla”. È la certezza che il trionfo del male è solo apparente. La vera vittoria – in Cristo Gesù – è quella della luce sulle tenebre, della verità sulla menzogna, della vita sulla morte. Pur nelle difficoltà e turbolenze della vita: la prima lettura di oggi ci ha parlato di Paolo che è stato lapidato e ritenuto ormai senza vita dai suoi persecutori (cfr. At 14, 19b); che pace può aver vissuto in quel momento?!
L’esperienza che l’ACFP ha voluto offrire ai confratelli che vi hanno preso parte è stata giustamente accogliere e crescere in quella pace che è dono del Signore: nella contemplazione del suo amore, nell’ascolto della sua Parola, nel sostare in sua compagnia; nella rilettura della propria vita per scoprire sempre di più quanto il Signore ci ha presi per mano, per cogliere quel filo rosso della sua azione fedele e provvidente nella nostra vita; nella fiducia nella forza della Vita sulla morte, vittoria di cui certamente siamo stati testimoni nella nostra esperienza di missione.
Il vangelo si conclude con queste parole: “Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e come il Padre mi ha comandato così io agisco”. Questa è stata la missione di Gesù: essere testimone della sua relazione di amore con il Padre, realizzando l’opera del Padre. Questa deve essere anche la nostra missione: compiere il progetto del Padre – non il nostro progetto personale – che è essenzialmente dare testimonianza della nostra relazione di amore con il Padre, alimentati dal dono della pace che Gesù solo ci può dare nella contemplazione del suo amore, della sua costante presenza nel nostro quotidiano, nella vittoria della vita sulla morte. È quello che desidero per tutti noi, in modo particolare per i confratelli che dopo questo tempo sabbatico ripartono per la missione.