Lunedì 14 settembre 2015
"Oggi non celebriamo la croce. Celebriamo il Figlio dell’Uomo che è salito su questa croce e le persone che sono rimaste ai suoi piedi, prendendosi cura gli uni degli altri. Ecco dove dobbiamo stare. Ecco, ai piedi della croce, nostra madre, nostro figlio, sorella e fratello", ha detto Fr. Antonio Soffientini nella preghiera dell'inizio dei lavori in sala capitolare. Noi, Missionari Comboniani, siamo riuniti in Capitolo Generale, in ascolto dello Spirito che ci provoca a nuovi cammini di missione. Il Signore ha soffiato il suo Spirito dalla croce, sussurrando “prendetevi cura di queste madri, di questi figli”. Le nostre comunità missionarie rinascano ai piedi della croce. La messa di oggi è stata presieduta da P. Manuel Augusto Lopes Ferreira [nella foto a sinistra]. Pubblichiamo di seguito alcuni stralci della sua omelia.

 


Incontro
ai piedi della Croce

 

"Presso la Croce di Gesù", l'espressione propria di Giovanni, indica il luogo teologico dove possiamo scoprire e contemplare la vera natura di Dio (mistero di amore, che ha tanto amato il mondo da dare il proprio Figlio, Padre che è rimasto fedele all'amore del Figlio) e contemplare il vero volto di Gesù, Figlio che ama il Padre fino alla fine – la donazione di sé – ed è amato dal Padre che lo risuscita; e scoprire la nostra vera identità di figli e figlie tanto amati nel Figlio!

Ai piedi della Croce possiamo contemplare il mistero di Dio, che è Padre, Figlio e Spirito, essere attratti da questo mistero d’amore che è fondamento della nostra vita. Ai piedi della Croce possiamo essere visti, contemplati da Dio, che ci vede sempre e solo come figli e figlie.

Già Gesù aveva predetto l'importanza di questo luogo e di questa contemplazione reciproca che unisce il Padre ai figli nel Figlio. "Quando sarò innalzato... come Mosè innalzò il serpente nel deserto... attirerò tutti a me". E ancora prima di Gesù, la tradizione profetica d'Israele aveva anticipato questo momento, questo luogo e questo incontro con Gesù ai piedi della Croce: Giovanni, infatti, termina il racconto, al versetto 37, con la citazione del profeta Zaccaria (12,10) che dice "Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto". È questa immagine del servo sofferente, immolato come agnello al quale non sarà spezzato nessun osso (Salmo 33,21); è questa figura del messia trafitto, annunciata dai profeti che rivelano il vero volto di Gesù e la vera gloria di Dio (l'uomo vivente).

Ai piedi della croce di Gesù si trova anche il luogo che ci fa missionari/e secondo il sogno teologico di san Daniele Comboni: uomini e donne che ricevono questo dono della vita di Gesù, il suo sangue e acqua (spirito) che sgorgano dal Cuore trafitto, per portarle fino alle più lontane contrade dell'Africa, per le strade del mondo, alle frontiere dove il Vangelo di Gesù ci spinge. Questa è stata la contemplazione di S. Daniele ai piedi della Croce nei nostri riguardi: essere il calice che raccoglie, vite che raccolgono e moltiplicano il dono della vita di Cristo per la trasformazione del mondo, per la rigenerazione delle nigrizie.

Sempre ai piedi della croce, ci dice la nostra RV, contempliamo gli atteggiamenti interiori di Cristo che ci fanno suoi discepoli-missionari: la donazione incondizionata al Padre, l'universalità del suo amore per il mondo e il coinvolgimento nel dolore e nella povertà degli uomini (RV 3). E ai piedi della croce comprenderemo, infine, il mistero di un Dio che muore per l'umanità e capiremo che il Suo Regno e le Sue opere nascono e crescono qui e da qui, trovando la forza per corrispondere al dono della vita di Cristo col dono della nostra, in fedeltà e gioia, non una volta (tanto) ma mille, se lo potessimo.

La nostra contemplazione, in questo incontro ai piedi della croce di Gesù si appresta a concludersi, aspettando la testimonianza di Giovanni e dei segni che attestano il mistero della croce come albero della vita. Un soldato, con la lancia, colpisce il cuore di Gesù e "subito ne uscì sangue ed acqua", dice Giovanni, che ha visto e ci dà la sua testimonianza. La nostra contemplazione si appresta a concludersi, ma non si chiude mai: volgeremo sempre lo sguardo a Colui che hanno trafitto; terremo i nostri occhi sempre fissi in questo Cuore aperto da dove sgorgano sangue e acqua, la vita nuova del mondo; con i nostri piedi pronti ad andare per le vie della nigrizia e del mondo, a vivere il sogno di san Daniele Comboni di fare arrivare a tutti questo sangue e questa acqua, questo Spirito e vita di Cristo (l'aveva sognato e detto ancora prima di Papa Francesco, "il sogno missionario di arrivare a tutti", che Daniele Comboni ci ha lasciato come eredità carismatica, grazia e compito da vivere ogni giorno, ripartendo da questo incontro con Cristo ai piedi della Sua Croce).