Martedì 10 febbraio 2015
La recente visita di p. Enrique, Superiore Generale, alla provincia d’Etiopia mi ha spinto a stendere qualche riflessione in merito al prossimo Capitolo Generale, cui parteciperò come delegato della stessa Circoscrizione. La condivisione molto personale del suo ‘vissuto’ come responsabile dell’Istituto negli ultimi cinque anni mi ha ancora una volta confermato che abbiamo bisogno di un inedito ‘colpo d’ala’, se vogliamo tornare a volare un po’ più in alto come Istituto nel nostro servizio di evangelizzazione. Nella foto: P. Giuseppe Cavallini, comboniano, l’autore del articolo.


Presumo che nel Capitolo 2015 ci sarà chi – come di solito succede – si vanterà di aver preso parte a 4, 5 o forse 6 Assemblee Capitolari! E si farà forte della propria autorevolezza e ‘longevità’ capitolare, piuttosto che soffermarsi sull’idea e sul rischio di essere definito da molti ‘dinosauro’ dell’Istituto.

A 62 anni inoltrati, pur se non ancora in età di ‘rottamazione’, almeno secondo lo standard odierno, io sento il peso di dovermi nuovamente sedere mio malgrado (non ho avuto il coraggio di dire di no…!) per la terza volta sugli scranni dell’Aula Capitolare di Casa Generalizia. Non ne sono granché orgoglioso, e mi auguro di non rivedere le stesse faccie di decenni or sono, solo più rugose e invecchiate, appollaiate sulle stesse ‘sudate sedie’ dell’Aula di Roma. Sarebbe una chiara indicazione che lo sbandierato bisogno di ‘rinnovamento’ dell’Istituto resta una chimera. Mi sembrerebbe al contempo una chiara manifestazione della difficoltà che abbiamo di puntare davvero su ‘forze nuove’, per una missione e una evangelizzazione capaci davvero di ‘mettersi in uscita’, secondo il gergo bergogliano, piuttosto che tendere all’auto-conservazione. Spero i miei confratelli della Provincia etiopica, che ringrazio per la fiducia in me riposta, non me ne abbiano, se affermo che non vado in Capitolo con grandissimo entusiasmo! Ad essi, peraltro, ho già rivolto l’invito a notificarmi se hanno qualche speciale ‘messaggio’ di cui dovrei farmi portavoce!

Interventi autorevoli

Inizio dunque col rifarmi agli interventi finora pubblicati sulla ‘rilettura’ di alcuni precedenti Capitoli da parte di confratelli ‘autorevoli’: p. Pierli, p. Manuel Augusto e p. Benito De Marchi. L’approfondita analisi di tutti i Capitoli a partire dal 1969 compiuta da p. Benito dovrebbe essere non solo suggerita ma ‘imposta’ allo studio di ogni confratello che desideri seriamente seguire un percorso storico di straordinaria ricchezza. Il suo studio ci permette di comprendere ciò che oggi siamo come Comboniani, e va dunque tradotto e fatto proprio quantomeno da tutti i partecipanti al Capitolo entrante! Dopo averlo letto e meditato mi sono detto quanto sarebbe bello se la linearità con cui Benito descrive il cammino verso la nascita di un nuovo paradigma della missione avesse avuto come effetto l’attuazione del grande sogno che i Capitoli comunicano! Non va tuttavia sminuita la speranza che la visione di lunga gittata offerta dai Capitoli post-conciliari possa finalmente vedersi realizzata. Dobbiamo essere, infatti, umili abbastanza da dire che gran parte delle istanze emerse dai Capitoli sono rimaste ‘lettera morta’. Se dovessi servirmi dello sperimentato metodo del ‘see-judge-act’ (vedere-giudicare-agire) in una auto-valutazione di noi come ‘comboniani’, mi verrebbe naturale dire che siamo degli ottimi interpreti dei primi due elementi (vedere-giudicare…) della nota triade (come confermato dalle ottime ‘ri-letture’ proposte dai confratelli suddetti…). Il nostro dramma (che ritengo si possa pure dedurre dai loro pregiati interventi) è che siamo del tutto inesperti, inadeguati e impreparati a tradurre in fattiva ‘attuazione’ quanto viene così riccamente e perfino prolissamente elaborato nei Capitoli! Peraltro p. Pierli ha messo in luce molto bene la natura alle volte distorta che viene attribuita al Capitolo scrivendo: “La mia impressione è che il Capitolo viene considerato un feticcio, qualcosa che comunque avrà successo perché a qualcosa si arriverà. La gestione della dimensione umana invece influisce moltissimo sulla possibilità di essere valido strumento di discernimento. Spesso ho l'impressione che nei nostri Capitoli le condizioni per un vero discernimento siano molto deboli. I Romani dicevano: “Senatores boni viri, senatus mala bestia”, cioè tutta la sapienza che le persone singole possono avere, può andare in tilt quando ci si trova insieme”. Condivido, d’altro canto, l’analisi di Manuel Augusto (sottolineata peraltro anche da Pierli…) in merito alla ‘sfasatura’ che in genere si è manifestata spesso tra le dinamiche Capitolari e la successiva necessaria implementazione delle conclusioni dei Capitoli presi in esame. Manuel Augusto identifica tra le cause di tale fenomeno il fatto che, molto spesso, chi in Capitolo dovrebbe farsi portavoce delle istanze dei confratelli della Provincia di provenienza, finisce – non solo per propria responsabilità – col portare invece ‘le proprie istanze’. Concordo anche sulla denuncia dell’incapacità che si è manifestata in molti capitolari (e nelle stesse Amministrazioni generali) di comunicare e trasmettere con la sufficiente efficacia alle varie Circoscrizioni e comunità comboniane i risultati dell’Assemblea Capitolare, una volta rientrati nelle rispettive Circoscrizioni. Si tratta quindi, come bene riassume Manuel Augusto, di “ridurre la distanza fra gli elementi propositivi emergenti dai Capitoli e la concreta attuazione a livello personale, comunitario, di provincia e di Istituto”.

Aspettative esagerate

Con umiltà devo confessare che nei due Capitoli da me vissuti, io pure mi sono ritrovato nel numero di coloro che poco fecero per trasmettere quanto prodotto dal Capitolo! I sei anni dal 17° Capitolo sono volati via e il prossimo è già in cantiere. Si dice che in genere, man mano che si invecchia, si affievoliscono gli entusiasmi facili e gli ideali di gioventù… rimpiazzati dalla tendenza a diventare ‘più realisti del re’, e di trasformarsi in bravissimi ‘pompieri’ dopo aver tentato per anni di agire da ‘idealisti incendiari’! Suppongo che questo stia capitando anche a me, a motivo delle sfide in apparenza insormontabili che la complessità odierna presenta nel contesto della ‘missione globale’. Ho comunque buone ragioni per ridurre le mie aspettative e non attendermi più rivoluzioni (anche se un papa Francesco potrebbe emergere anche per il nostro Istituto…). Alle volte siamo presi dalla smania di coltivare con il Capitolo aspettative esagerate pur se encomiabili; ad esempio il Capitolo più recente cui ho preso parte (il 17° appunto, nel 2009), si era dato l’ambizioso titolo “Dal Piano di Comboni al Piano dei Comboniani: riqualificare la missione, la formazione e il governo”, e il Superiore Generale di allora, in una lettera di giugno 2008, a nome di tutto il suo Consiglio, ci ricordava il senso del tema scelto, scrivendo tra l’altro: “Il tema include un’attenzione particolare nel ridisegnare le presenze per un equilibrio tra personale e impegni. In ogni Capitolo Generale viene riconfermato il carisma, la vocazione e la missione di un Istituto. L’evento del Capitolo, quindi, si celebra con profonda fede nel Dio che crede nell’Istituto e lo conferma nuovamente per il servizio della missione ed evangelizzazione. Celebrare un Capitolo, di conseguenza, significa guardare al futuro con gli occhi di Dio e con speranza, dono dello Spirito, e consacrarsi senza risparmiarsi all’opera di Dio”. Parole sante; in realtà quasi da subito si comprese che non si era assolutamente all’altezza del pretenzioso titolo. In realtà, benchè gli Atti del Capitolo abbiano cercato di mostrarsi… degni di esso (ho fatto parte della Commissione che ha steso gli Atti…), alla prova dei fatti non hanno visto né una soddisfacente ‘riqualificazione’ di missione, formazione e governo né – tantomeno – un vero processo di ‘storicizzazione’ del Piano di Comboni col formularne uno per il nostro tempo, pur sempre sotto l’ispirazione di quello del Fondatore. Insomma, il Capitolo, sia nella sua progressione che nel post-Capitolo, non ha apportato quasi per nulla quel ‘rinnovamento’, (in fase pre-capitolare qualcuno parlava addirittura di ‘rifondazione’…) che molti auspicavano. Un po’ di terreno mi pare sia stato ricuperato dalla Commissione che ha raccolto nell’opuscolo inviato a tutte le comunità le riflessioni e i materiali del lungo processo della ‘Ratio Missionis’. Un lavoro prezioso che aiuta, chi lo desideri, ad approfondire sia le nuove tematiche della ‘missione globale’ che una seria analisi delle sfide che ci riguardano direttamente (multiculturalità dell’Istituto, metodologia missionaria, risorse in persone e finanze, collaborazione con altre forze pastorali ecc.). Dipende ancora una volta da ciascun confratello far proprie le indicazioni di questo ottimo strumento.

Priorità disattese

Retrocedendo nel tempo, precisamente al Capitolo 1997, il primo cui presi parte, celebrato sull’onda della ‘beatificazione’, si era scelto un titolo molto meno ‘pretenzioso’ (“Ripartire dalla missione con l’audacia del Beato Daniele Comboni”), e quindi un po’ più realistico sia nel facilitare il lavoro in aula che nella stesura degli Atti. La giusta necessità di rimettere al centro della riflessione e del dibattito la ‘Missione’, facendo per così dire ‘ruotare’ intorno ad essa ogni tematica trattata, si era mostrata vincente, e la lettura degli Atti stessi appare meglio ‘focalizzata’ che in altri Capitoli. Tuttavia la mia personale esperienza del post-Capitolo, negli anni intercorsi tra esso e la ‘inter-capitolare’, era stata di veder fallire e in un certo senso ‘tradire’ quanto deciso nel Capitolo ‘97. Ad esempio in riferimento alla grande spinta, emersa durante il Capitolo, concernente l’urgenza di rivedere la struttura e la forma di governo (risoltasi nella decisione di formare una ‘Commissione ad hoc’ incaricata di affrontare il tema dopo l’Assemblea capitolare…). Commissione il cui esimio lavoro è stato di fatto ‘svuotato’, riducendosi alle tre proposte concrete che il Capitolo 2003 avrebbe dovuto dibattere e studiare, ma che alla prova dei fatti vennero da quello stesso Capitolo troppo frettolosamente archiviate a seguito dell’incapacità di trovare punti di raccordo tra i partecipanti (pochi dei quali consapevoli della fatica vissuta dal Capitolo 1997 nell’affrontare un tema così decisivo!). Risultato finale: la realtà dell’Istituto, in termini di ‘struttura o forma di governo’, è rimasta esattamente come era prima del Capitolo 1997. E nell’ultimo Capitolo (2009) lo stesso tema (struttura/forma di governo) non è nemmeno emerso come argomento prioritario, soppiantato da altre urgenze sorte nel frattempo (continentalità, ‘accorpamento delle Province’, introduzione del Fondo comune totale ecc). La proposta di Manuel Augusto per evitare il rischio che le decisioni del Capitolo vengano svuotate di valore e per colmare la frattura tra Capitolo e trasmissione dello stesso mi trova concorde, laddove, con riferimento all’idea di Comboni, scrive: “…per quanto riguarda i documenti usciti dai Capitoli, è necessario far funzionare un “centro vitale” che mantenga viva la fiamma del Capitolo e possa accompagnare da vicino la sua ricezione, agendo da centro di animazione carismatica: a livello di Istituto, il Superiore Generale e il suo Consiglio sono il centro vitale che ha il dovere di assicurare la vitalità agli orientamenti del Capitolo, coordinando in modo sistematico ed integrato l’attuazione delle indicazioni capitolari”. Se questo è importante, io credo tuttavia che il ‘centro vitale’ di cui già parlò Comboni e ripreso da Manuel Augusto, non si possa limitare alla Direzione Generale, che cerca peraltro di fare del proprio meglio nell’attuare le direttive capitolari, ma vada sintonizzato oggi con una sorta di ‘Centri vitali’ minori che operino a livello continentale. In ogni caso resta vero quanto ancora suggerito prima del Capitolo 2009 da Pierli: “Dobbiamo veramente trovare una strategia di post-Capitolo. Sarebbe importante che prima di partire da Roma, i vari continenti potessero indicare le strategie per ricevere, leggere e interpretare i documenti capitolari a livello continentale. Ogni documento deve essere reinterpretato nel contesto del ricevente”.

Errata interpretazione

Un secondo esempio di sfasatura tra orientamenti capitolari e attività post-capitolare, in questo caso per un’impropria interpretazione di quanto definito negli Atti del Capitolo 1997, riguarda il capitolo su “Missione è: Attenzione alla Persona”. Avendo preso parte attiva al dibattito e stesura di quel testo (perché convinto della necessità di prestare maggiore attenzione alle esigenze dei singoli confratelli…), non avrei mai immaginato che si sarebbe trasformato, per molti comboniani, in una sorta di ‘strumento giuridico’ per giustificare le proprie scelte individualistiche, vuoi in termini di accettazione di assegnazioni oppure di programmazione di studio ecc., assolutizzando spesso il principio dell’ ‘Attenzione alla persona’ fino a ignorare senza farsene un problema le esigenze primarie della comunità. Insomma, mi pare che in vari casi le indicazioni capitolari abbiano conseguito il risultato opposto a quanto si prefiggevano, di stabilire cioè un giusto equilibrio tra esigenze legittime dei singoli e necessità e diritti della comunità. Non credo di sbagliare nell’affermare che qualche abbandono dell’Istituto è avvenuto proprio a motivo di una falsa interpretazione delle intenzioni originarie con cui si era elaborato nel 1997 la parte degli Atti capitolari riguardante l’Attenzione alla Persona. E ho avuto esperienza diretta di qualche confratello che – vedendosi negata la possibilità di ‘realizzare il proprio progetto’ – ha deciso di lasciare tutto, ritenendo che i propri diritti venissero calpestati dalle ingiuste imposizioni dei superiori maggiori o della comunità. Ho la sensazione che questa ‘manipolazione’ delle indicazioni capitolari stia tuttora producendo frutti molto deleteri!

Rischi da evitare

Considerata la grande complessità (multiculturalità) emersa nell’Istituto (sulla scia dell’evoluzione sociale prodotta dalla globalizzazione…) a partire dal terzo millennio, in termini di età, tradizione, provenienza geografica, formazione umana e sensibilità etnica, culturale, sociale, mentale e psicologica dei membri dell’Istituto, ritengo che – per evitare il rischio di ‘stallo’ nei lavori capitolari – vadano identificate quanto prima (da parte della Commissione preparatoria…) le mediazioni necessarie (in termini di persone e di risorse) per stabilire un terreno comune sul quale potersi ritrovare nel dibattito del Capitolo entrante, così da evitare il rischio (già corso, peraltro, quando l’Assemblea capitolare era molto meno composita…) di ritrovarsi in una totale ‘empasse’ durante i lavori. Nei Capitoli cui ho presenziato ho avuto la sensazione che in certi momenti buona parte dei partecipanti non riuscissero a seguire o comprendere quanto stava succedendo… e al tempo del voto questo appariva evidente! In chiave positiva va elogiato il fatto di introdurre finalmente un ‘facilitatore’ esterno per il Capitolo, questo già contribuirà a rendere meno probabile un blocco nei lavori (avevo proposto proprio questo nell’Assemblea di Pesaro prima del Capitolo 2009 ma la mozione era stata bocciata, e ne subimmo in Capitolo gli effetti negativi…).

Dimensioni già conosciute

Negli strumenti in preparazione al Capitolo 2015 si afferma che lo spunto per il titolo scaturisce dall’Esortazione apostolica di papa Francesco: “Discepoli missionari comboniani, chiamati a vivere la gioia del Vangelo nel mondo di oggi. Persona, spiritualità, missione e riorganizzazione. Le quattro dimensioni che fanno seguito al tema ‘ispiratore’ della gioia (intesa come modalità di ogni comboniano nel vivere e comunicare la Buona Notizia al mondo d’oggi) non costituiscono certo una novità speciale. L’idea di applicare ad ognuna delle dimensioni la tematica ‘ispirazionale’ della gioia è in sé molto bella, ma appare a me un po’ artificiosa e scelta sull’onda dell’ottimismo bergogliano e della sua pur straordinaria Esortazione! Si dovrà invece avere il coraggio di entrare in profondità e senza porre schermi difensivi nel merito di ciascuna dimensione se si vorrà conseguire qualche risultato concreto, che crei il terreno per un vero rinnovamento e un rilancio nel ridefinirci a livello di identità, di carisma, di senso di appartenenza, pianificazione e operatività durante e dopo il Capitolo. Il mio timore, pur concordando con il titolo scelto per il Capitolo, e ritenendo basilare anche nel nostro tempo riprendere il dibattito sulle quattro dimensioni esplicitate, è ancora una volta il rischio di diventare ripetitivi sia durante il dibattito in aula che nelle conclusioni che ne verranno. Si potrà evitare tale rischio se i capitolari fin d’ora si impegneranno:

1. A raccogliere nelle rispettive Province le voci e le opinioni dei confratelli in merito al tema generale del Capitolo e alle tematiche ad esso connesse.

2. A leggere e studiare con attenzione i materiali sugli stessi temi già prodotti nell’ambito di precedenti Capitoli, Assemblee provinciali e di settore organizzate nelle diverse circoscrizioni.

3. A riflettere e approfondire eventuali documenti ecclesiali concernenti le stesse quattro dimensioni.

Conclusione

Un discernimento e una valutazione seria di quanto assunto e realizzato o, al contrario, rimasto sulla carta e quasi ignorato nei sei anni dopo il Capitolo 2009 aiuterà certamente i partecipanti al Capitolo a dare il proprio costruttivo contributo ai lavori. Vorrei concludere ancora citando un passaggio di p. Pierli in un suo intervento in vista della celebrazione del Capitolo 2009, che riassume da un lato la maggiore sfida che oggi affrontiamo e, dall’altro, l’atteggiamento di fondo che ogni comboniano dovrebbe assumere nel portare avanti oggi l’attività di evangelizzazione: “Siamo abituati a dividere evangelizzazione, animazione missionaria e formazione. Questa divisione oggi è un cancro, è un modo devastante di avvicinarsi alla realtà comboniana. Il pensare che l’Europa è in funzione dell’ Africa (o di altri continenti, ndr) è oggi una cosa superata. Ogni continente deve avere un chiaro impegno evangelizzatore; nel continente dove siamo dobbiamo essere totali. Anche in Europa la prima giustificazione della nostra presenza non è più l’animazione missionaria, ma l’evangelizzazione, che, tra l’altro, ci metterebbe in contatto molto più stretto con la Chiesa locale. L’animazione missionaria è credibile solo se è di supporto ad un impegno missionario di evangelizzazione nel continente in cui operiamo. Anche l’animazione vocazionale è possibile solo attraverso l’inclusione senza pregiudizi di chi è interessato al nostro ministero, e la possibilità concreta per i giovani di poter trasformare la realtà (l’Istituto) in cui entrano. Il progetto evangelizzatore di missione verifica chi viene da noi, ma verifica anche noi stessi. Chi arriva da noi ci sfida, ci aiuterà ad essere comboniani nel Terzo Millennio, così come noi aiuteremo loro ad essere comboniani nel Terzo Millennio. Mi auguro che in ogni continente ci sia una scelta forte focalizzata sul senso della ‘missione oggi’, e che tutti vi contribuiscano”.

Speriamo e preghiamo che il prossimo Capitolo sappia affrontare con coraggio i temi della missione che richiedono oggi risposte concrete e urgenti, cosicché l’entusiasmo e la dedizione di san Daniele Comboni per l’evangelizzazione nel suo tempo possa animare anche oggi ogni membro dell’Istituto. E che ciascuno di noi sia d’ispirazione ai giovani dei vari continenti nell’assumere e far proprio il Carisma di Comboni unendosi alla Famiglia Comboniana come religiosi o come Laici comboniani, nell’offerta del proprio lavoro e della propria vita per la costruzione del Regno.
P. Giuseppe Cavallini, mccj