Roma, lunedì 3 settembre 2012
Ieri, dopo il saluto di benvenuto ai 46 partecipanti all’Assemblea Intercapitolare – che si svolgerà dal 2 al 22 settembre a Roma – si è passati dalla sala capitolare alla cappella della Casa Generalizia per celebrare l’Eucaristia di apertura dell’Assemblea. Il Superiore Generale dei Comboniani, P. Enrique Sánchez González, ha presieduto la celebrazione. Di seguito, pubblichiamo la sua omelia.

 

Omelia dell’Eucaristia di apertura dell’Assemblea Intercapitolare
Roma 2 settembre 2012

Cari Fratelli,
Stiamo per dare inizio alla nostra Assemblea Intercapitolare e mi sembra importante il fatto che sia proprio qui, in torno a quest’altare, all’ascolto della Parola di Dio e cercando di fissare il nostro sguardo sul Cuore di Cristo e sull’icona di San Daniele Comboni che abbiamo di fronte a noi che il nostro incontro e la nostra esperienza si metta in cammino.

Comboni pensando ai suoi futuri missionari diceva nelle regole dell’istituto del 1871: “Il pensiero perpetuamente rivolto al gran fine della loro vocazione apostolica deve ingenerare negli alunni dell'Istituto lo spirito di Sacrificio.

Si formeranno questa disposizione essenzialissima col tener sempre gli occhi fissi in Gesù Cristo, amandolo teneramente, e procurando di intendere ognora meglio cosa vuol dire un Dio morto in croce per la salvezza delle anime.

Se con viva fede contempleranno e gusteranno un mistero di tanto amore, saranno beati di offrirsi a perder tutto, e morire per Lui, e con Lui”. (Scritti, 2720 -2722)

Penso che l’Intercapitolare sia una buona occasione per rivolgere il nostro pensiero prima di tutto alla nostra vocazione, alla sua importanza, al fine ultimo della nostra chiamata, al modo in cui dobbiamo viverla e testimoniarla oggi in mezzo a tanti fratelli e sorelle che si aspettano di noi l’annuncio del Vangelo come risposta al loro desiderio d’incontrarsi con il Dio della vita, della giustizia, della fraternità.

Siamo venuti per obbedire la nostra Regola di Vita, ma più ancora penso che dovrebbe essere in noi un’altra motivazione, quella della fede che ci muove a cercare il Signore come la fondamenta di quello che siamo e quello che facciamo, altrimenti rischiamo di vivere alcuni giorni come semplici funzionari d’una transazionale e non come fratelli che condividono una vocazione e una passione che noi chiamiamo missione,  servizio ai più poveri.

Il nostro incontro non può ridursi a un’assemblea che potrebbe essere molto simile ad un consiglio d’amministrazione che s’incontra per fare calcoli e programmare nuove strategie.

Siamo qui per vivere un momento di comunione missionaria e comboniana che in certo modo è anche un’esperienza di fede che ci permetterà di ritrovare forze per continuare con il nostro servizio e questo credo sia importante non dimenticarlo in questi giorni.

Contemplando le icone che abbiamo in questa chiesa ci accorgiamo che ognuno di noi porta con sé il ricordo o la memoria di altre icone, quelle della vita, del lavoro, della condivisione della missione con i confratelli, con le chiese locali e soprattutto i volti di tante persone trovate nel cammino del servizio che ci è stato chiesto.

Sono le icone vive del Signore che si fa vicino e ci accompagna nel quotidiano, nei dettagli ordinari del nostro essere e di quello che facciamo. E’ lui che ci parla nei gesti e nei piccoli e grandi servizi che cerchiamo di portare avanti spinti dallo Spirito che portiamo in noi e il quale sappiamo sia sempre all’opera.

Un momento per chiedere la sua grazia

All’inizio del nostro cammino di Assemblea mi sembra necessario cominciare con una preghiera di azione di grazie perché siamo stati testimoni di tante cose, d’avvenimenti e situazioni nelle nostre province e delegazioni che ci permettono di riconoscere che il Signore è stato là dove noi siamo arrivati sempre dopo.

Lui ci ha preceduto e ci ha permesso di vivere la nostra vocazione e la nostra consacrazione con gioia, non ostante tante difficoltà trovate dentro e fuori del nostro Istituto. Con semplicità dobbiamo riconoscere la fedeltà del Signore che continua ad avere fiducia in noi e ci fa il dono di condividere con lui la sua missione.

Questo è il momento di dire insieme, Signore sei stato grande, sei rimasto fedele, non ci hai abbandonato e ci hai permesso di fare un po’ di bene, non ostante la nostra fragilità, la nostra povertà e i nostri limiti.

Tre anni sono passati e la missione va avanti e in questo noi riconosciamo la tua mano che ci ha sostenuto, ci ha guidato e ci ha dato il coraggio per rimanere là dove tu ci vuoi.

L’intercapitolare è un momento di verifica, di studio e di ricerca di nuove vie per realizzare quello che il Capitolo ci ha affidato per il bene della missione, dell’istituto e direi anche di ognuno di noi chiamati a vivere il carisma di San Daniele Comboni nel mondo d’oggi con tutte le sue sfide e le sue opportunità.

Sappiamo bene che questa è un’opera che va molto aldilà delle nostre forze e proprio per questo chiediamo al Signore la grazia del suo Spirito affinché sia lui a guidarci nei nostri lavori.

Penso che tutti siamo convinti che l’esito della nostra assemblea non dipenderà unicamente delle nostre intuizioni o delle grandi riflessioni, abbiamo bisogno della sapienza di Dio che ci aiuti a capire che cosa si aspetta di noi in questo momento della nostra storia.

Chiediamo con umiltà la grazia di lasciarci guidare e condurre, lasciando da parte il nostro orgoglio e la pretensione di sapere tutto in modo che si compia anche per noi oggi quella esperienza che portava San Daniele Comboni a dire che era sicuro perché “siamo nelle mani di Dio” (Scritti 919).

L’intercapitolare un momento per rinnovare la nostra passione missionaria.

Sicuramente in questo momento portiamo con noi tanti problemi e preoccupazioni che accompagnano il nostro ministero nel servizio dell’autorità. E’ impossibile staccare la spina e dimenticare certe situazioni che non sono facile di risolvere e alle volte né anche di portare con noi. Forse sia questo il momento migliore per ricordarci che non siamo venuti qua per trovare la soluzione a tutto quello che non sappiamo come fare nelle nostre province e delegazioni.

L’intercapitolare non sarà il momento per risolvere tutto e molto probabilmente torneremo a casa con le stesse sfide o con alcune nuove. Bisogna non dimenticare che non si tratta d’un’assemblea dove ognuno deve preoccuparsi per ottenere vantaggio da riportare a casa.

Non è il momento per fare di tutto per vincere la mia causa, ma piuttosto penso sia il momento di fare causa comune, per utilizzare un linguaggio a noi familiare, pensando al bene dell’Istituto e delle missioni a noi affidate.

Il nostro incontro dovrà aiutarci a riscoprire la forza che c’è dietro di tutto quello che viviamo oggi e che non è niente di strano o di straordinario, se guardiamo alla storia della Chiesa e del nostro istituto. Ma senza dubbi è un’opportunità per lasciarci sorprendere da Dio, per sognare alla possibilità di qualcosa di nuovo per la missione, per mollare un po’ a tutto quello che consideriamo intoccabile.

Mi chiedo se non sia l’occasione per morire un po’ a certi modelli molto comboniani che rischiano di portare in fallimento un’opera che ancora e valida e che può fare tanto bene alla Chiesa e tanti dei nostri contemporanei.

Una cosa è certa, questo non è il momento per lamentarsi o per fare delle difficoltà una ragione per abbassare la guardia e per lasciarci intrappolare per la tentazione dello scoraggiamento o del pessimismo che vede nella difficoltà una sconfitta, mentre sappiamo quanto sia occasione di crescita e di rinnovamento.

Mi sembra importante ricordare qui le parole di san Paolo quando scrive ai Corinzi: “ Siamo tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati; perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi, portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifeste nel nostro corpo. Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifestata nella nostra carne mortale. Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita”. (2Cor 4,8-12)

Penso siano parole che parlano della nostra realtà e sarà di grande aiuto che ci siano compagne in questi giorni per non dimenticare dove si trova la nostra speranza e dove siamo piantati.

L’intercapitolare non deve ridursi a un momento soltanto di valutazione o a qualche tempo per lamentarci di quello che non va o non funziona come noi vogliamo. Penso sia un’occasione straordinaria per rinnovare il nostro entusiasmo missionario, per rinfrescare la nostra fiducia e la nostra speranza e anche un momento per fare la verità con noi stessi, soprattutto in quello che ha a vedere con la nostra consacrazione a Dio e alla missione.

Mi auguro sia un tempo per fare scuola con San Daniele Comboni che ci insegna a non avere paura di fronte alle difficoltà, a non cercare di fare il giro alle croce e ai sacrifici, a non cercare quello che ci può offrire la comodità o lo stare tranquilli, semplicemente perché questo non è compatibile con la missione che lui ha scelto e che ci ha ereditato.

L’intercapitolare un tempo per la speranza

Siamo in un tempo segnato per non poche croce a tutti i livelli della nostra vita e forse per questo è un tempo privilegiato per crescere nel nostro essere missionari, penso che sia così soprattutto ricordando il vissuto di San Daniele Comboni.

Come lui, oggi anche noi ci troviamo a gestire una realtà che non facilità il nostro servizio missionario. Il mondo va perdendo a grandi passi l’interesse per la missione e tutti ci ne accorgiamo. Questa è una bella croce.

La nostra testimonianza, lo stile di vita, la perdita di certi valori, la mancanza di spirito di sacrificio, la superficialità nel vivere la nostra consacrazione, la mancanza di coerenza con il nostro essere religiosi, il rischio di diventare missionari che parlano poco di Cristo… queste sono alcune delle tante croce che noi conosciamo bene e che non sappiamo come portarle perche diventano tropo schiaccianti.

Grazie a Dio, non manca l’esempio e la testimonianza di tantissimi confratelli che ci aiutano a vedere il futuro con speranza, con ottimismo e con fiducia. Sono in tanti i comboniani che vivono la loro vocazione con passione e coraggio, con radicalità e con grande fede. Sono questi che ci aiutano a vedere il futuro con un orizzonte bello e che ci permettono di andare avanti con la certezza che il Signore ha ancora tante belle cose per noi.

Chiedo al Signore per tutti noi il dono della sua presenza in questi giorni, che sia lui a guidarci e ad illuminare le nostre menti e a riscaldare i nostri cuori affinché possiamo capire con lucidità che cosa vuole di noi comboniani per il bene di tutti i fratelli e le sorelle che accompagniamo nella nostra missione, nella nostra Nigrizia presente in quattro continenti.

Concludo con quelle parole ricordate dai primi comboniani e comboniane che hanno accompagnato il nostro fondatore nel momento della sua morte e che rimangono per noi oggi come testamento che ci parla della ricchezza che abbiamo ereditato.

“Abbiate coraggio; abbiate coraggio in quest’ora dura, e più ancora per l’avvenire. Non desistete, non rinunciate mai. Affrontate senza paura qualunque bufera. Non temete. Io muoio, ma l’opera non morirà”(Daniele Comboni; A servizio della missione. Pag. 347)

Il lavoro che oggi iniziamo sia un’esperienza piena di fiducia e riempia i nostri cuori di speranza.

P. Enrique Sánchez G. Mccj
Superiore Generale


 Avanti da sinistra P. Garcia Castillo Jorge Oscar, P. Guarino Domenico, Sc. Pomykacz Jacek Andrzej.