Per Daniele Comboni, pregare è respirare Dio e il mondo in Dio:
* Il Cantico delle Beatitudini
* Cantico delle creature, sigillato dalla gioia della Risurrezione
* Il Cantico della Provvidenza e il proposito di combattere da forte
* L’Inno dell’amore casto per la Nigrizia
* L’Inno alla Croce
* Un Inno alla Croce cantato con la vita fino alla fine
Per Daniele Comboni, pregare è respirare Dio e il mondo in Dio:
«Noi non vivremo e non respireremo che per Gesù e per guadagnargli anime» (S 1493), che ai suoi occhi in quel momento storico erano i popoli dell’Africa centrale.
Possiamo dire, per tanto, che Comboni respira il mondo in Dio attraverso la Nigrizia, divenuta il suo “cosmo”: la preghiera di Comboni è un respirare profondamente Dio che fa vibrare tutte le corde del suo cuore di apostolo e prende corpo soprattutto nella “dossologia”, cioè nella glorificazione di Dio, che scaturisce dalla sua vita di “spirito e fede”, dal suo vissuto vocazionale secondo i disegni del Signore, «imperscrutabili, ma sempre ricchi di benedizione» (S 4655).
Possiamo dire che in san Daniele Comboni la risposta al dono della vocazione si configura come un rendimento di grazie e una lode a Dio, che egli esplicita in vari momenti particolari della sua vita. È possibile evidenziare: il Cantico delle beatitudini, il Cantico delle creature, il Cantico della Provvidenza all’inizio della sua vita missionaria; l’Inno dell’amore casto per la Nigrizia proclamato nell’Omelia di Khartoum (1873) e l’Inno alla Croce nell’apice della sua attività apostolica, quando è già affidata alla sua responsabilità di Pro-vicario apostolico la Missione dell’Africa Centrale.