(1830 - 1868) Il compagno della prima ora.
Don Alessandro Dal Bosco è stato compagno di Comboni nella spedizione nell’Africa centrale del 1857 e poi primo rettore del suo Istituto. È nato a Breonio, Verona, nel 1830. A quindici anni è entrato nell’Istituto Don Mazza dove ha incontrato il coetaneo Daniele Comboni. I due hanno vissuto insieme gli anni della formazione. Comboni è diventato sacerdote nel 1854 e Dal Bosco nel 1855.
Intanto don Mazza stava preparando la seconda spedizione nel Centro dell’Africa alla quale partecipavano anche don Dal Bosco e don Daniele Comboni. (Nella prima, quella del 1853, erano partiti don Angelo Vinco, don Giovanni Beltrame e don Antonio Castagnaro). È commovente l’addio che il pio sacerdote ha rivolto ai cinque partenti: “Benedite, Signore, questi figlioli, ma d’una larga benedizione e piena; fateli buoni davvero e che vi siano fedeli fino alla morte…”. I cinque missionari sono partiti da Trieste il 10 settembre 1857. A metà febbraio del 1859, dopo un lunghissimo viaggio sul Nilo e attraverso il deserto, sono approdati a Khartoum.
Don Dal Bosco, secondo l’ordine ricevuto da don Mazza, si è fermato in città come procuratore delle missione, mentre Comboni e gli altri, a bordo della barca della missione Stella Mattutina, hanno coperto altri 1.500 chilometri fino ad arrivare alla missione di Santa Croce, quasi al confine con l’Uganda.
La stagione delle piogge a Santa Croce ha infradiciato le capanne fino a renderle simili a mucchi di paglia marcia, ha coperto di muffa le casse rovinando tutto ciò che vi era dentro, ha provocato invasioni di zanzare e di mille altri animali fastidiosi con conseguenti attacchi di malaria. In pochi mesi sono morti due missionari, p. Francesco Oliboni e il laico Isidoro Zilli. Il 15 gennaio 1859 i tre superstiti, febbricitanti, hanno lasciato Santa Croce e sono tornati a Khartoum. Ma intanto anche don Angelo Melotto spirava. Mentre Comboni tornava in Italia per rimettersi in salute, don Dal Bosco e don Beltrame rimasero a Khartoum in cerca di un posto più salubre per una nuova missione.
Ritorno amaro
Nel giro di sei anni erano cinque i missionari di don Mazza che avevano lasciato le loro spoglie sulle rive del Nilo. Nel frattempo era morto anche mons. Knoblecher, il Provicario Apostolico delle missioni dell’Africa centrale. Di fronte a tutti questi lutti, il Vicariato dell’Africa centrale venne chiuso e anche don Dal Bosco e don Beltrame rientrarono a Verona.
Al suo ritorno dall’Africa don dal Bosco è stato per qualche tempo vicerettore del Collegio Mazza. Uscito poi per salute, è andato come cappellano e padre spirituale nell’ospedale di Legnago, Verona. Questo fino al 1867.
Primo rettore dell’Istituto fondato da Comboni
Don Daniele Comboni, dopo il suo ritorno da Santa Croce non si era dato per vinto. La passione per la conversione dell’Africa lo bruciava. Nel settembre del 1864, mentre pregava sulla tomba di San Pietro a Roma, “come un lampo, mi balenò il pensiero di formulare un nuovo Piano per la cristianizzazione dei poveri popoli neri, i cui singoli punti mi vennero dall’alto come un’ispirazione”(Scritti 4690). Il Piano per la rigenerazione dell’Africa può essere riassunto con le parole. “Salvare l’Africa con l’Africa”, cioè educare gli africani in collegi, scuole, laboratori sulle coste dell’Africa “dove l’africano vive e non muta e l’europeo opera e non soccombe”.
Il Papa ha approvato questo Piano e ha incoraggiato Comboni ad attuarlo. Ma a questo punto l’Istituto Mazza non si è sentito di assumersi una responsabilità così grande per cui Comboni ha dovuto muoversi da solo ed è diventato fondatore. Ha scritto: “Sabato 1° giugno 1867, sotto gli auspici dell’Ecc.mo Vescovo di Verona, mons. di Canossa, ho aperto a Verona un Collegio per le Missioni della Nigrizia, con lo scopo di formare missionari europei per l’apostolato dell’Africa centrale” (Scritti 1447).
A questo punto si trattava di trovare un rettore per il nuovo Istituto che, al momento, era formato dal solo fondatore. Comboni si è ricordato del suo vecchio compagno di missione, don Dal Bosco, ormai l’unico superstite di quella spedizione. Anche in don Dal Bosco l’amore per la missione bruciava come una fiamma viva, e accettò l’incarico consentendo così a Comboni di muoversi a suo agio tra l’Africa e l’Europa in cerca di missionari e di aiuti per la missione.
Morto a 38 anni
La sede del nuovo Istituto era in un poverissimo stabile preso in affitto presso la chiesa di San Pietro Incarnario, Verona… Ma le opere di Dio devono avere il sigillo della croce. Ed ecco che, l’anno dopo, tornando ammalato da Bamberga, Germania, dove era andato per l’assemblea generale sulle missioni, don Dal Bosco ha dovuto mettersi a letto e il 15 dicembre 1868 moriva. Aveva 38 anni.
Comboni ha scritto di lui: “Nominai superiore del Collegio il pio e dotto don Alessandro Dal Bosco, che prima lavorò con me come missionario nell’Africa centrale. Non si poteva pensare ad una persona più indicata per questo compito. Un uomo austero di costumi, profondo conoscitore dello spirito umano e degli ostacoli dell’attività missionaria nell’Africa centrale, amabile nel tratto, convincente nei suoi argomenti, profondo conoscitore della dogmatica, della morale, del diritto canonico, della storia, dei costumi dell’Oriente, delle tribù nere, dell’arabo, dell’italiano, del francese, del tedesco, dell’inglese, del nubano, del greco, ecc. A me parve che in quest’uomo il cielo avesse fatto un regalo alla nascente opera per la quale egli ha dato la vita. Ma purtroppo gli strapazzi dell’apostolato in Africa e una malattia addominale che incominciò a svilupparsi ancora a Khartoum lo hanno portato alla tomba. La sua è stata una perdita amara per l’Istituto”.
Già nel 1868 don Dal Bosco pensava di iniziare la pubblicazione del primo numero degli Annali del Buon Pastore che saranno stampati poi da Comboni dal 1872. “In quanto a me – ha scritto Dal Bosco nel 1868 – penso di compilare per giugno un numero (che sarà il primo) dei nostri Annali ma, viva il cielo, il tempo e le forze mancano”. Era anche segretario e vicedirettore generale dell’Associazione del Buon Pastore di cui l’Istituto di Comboni faceva parte.
Di don Dal Bosco è stata scritta una commovente memoria redatta da due “morette” che lo dicono “fornito delle più rare doti, delle più squisite virtù, vittima delle fatiche e dei malori che ha sostenuto nei nostri miseri paesi.”. Don Dal Bosco è stato una tappa fondamentale nel cammino di Comboni per la realizzazione del suo Istituto.
(P. Lorenzo Gaiga)