P. Angelo Giorgetti: brevi riflessioni dalla Domenica delle Palme alla Domenica della Pasqua

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Domenica di Pasqua 2020
Iniziamo un piccolo viaggio insieme, anche se distanti, in una settimana importantissima per la nostra vita: la Settimana Santa. Nello stesso tempo ci troviamo in una situazione di grande emergenza, dove improvvisamente siamo stati messi a contatto in modo drammatico con la nostra fragilità e precarietà. La morte, il dolore e la paura sono entrate prepotentemente nelle nostre vite. Vogliamo rivolgerci, metterci in ascolto della Parola che ci viene da Dio per trovare un senso, un ristoro, un conforto, una luce che ci possa guidare e rinfrancare. Di seguito pubblichiamo i testi in ordine decrescente: Domenica di Pasqua, Veglia di Pasqua, Venerdì Santo, Giovedì Santo, e Domenica delle Palme. In allegato, trovi anche l'audio delle riflessioni complete per la liturgia del giorno... E la Via Crucis  (in 5 lingue) del Venerdì Santo, 10 aprile, presieduta dal Santo Padre Papa Francesco a Roma.

Domenica di Pasqua

Giovanni 20, 1-10

“Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!». Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro. Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò. Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra, e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte. Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti. I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa”. (Giovanni 20, 1-10)

VEGLIA PASQUALE 

Carissimi amici, tutto ormai sembra irreversibilmente compromesso. Gesù è morto, il suo corpo posto nel sepolcro sigillato è custodito da soldati. Ma tenacemente all’albeggiare due donne continuano a cercare Gesù. Non si aspettano nulla di particolare: vanno per rendere omaggio ad un morto, avvolte nel loro dolore e amore amareggiato.

Eppure qualcosa di inaudito avviene: una presenza divina rotola via la pietra, ma in realtà solleva un peso ancor più grande dal cuore di quelle donne. “Non abbiate paura… Il crocifisso non è qui! È risorto … lo vedrete … andate ad annunciare”

L’esperienza pasquale segue un percorso ben definito. Il Risorto non si incontra subito. All’inizio qualcuno porta il messaggio [IL CROCEFISSO è RISORTO] accompagnato da un invito ad andare a vedere. La persona colta nel suo dolore e incredulità trova il coraggio di obbedire a quelle parole e si mette in movimento. Solo allora inaspettatamente si verifica l’incontro personale con il Risorto. Così avviene per le donne che, ascoltate le parole dell’angelo, sulla strada di ritorno dal sepolcro si imbattono in Gesù. Così poi avviene per i discepoli, che avvertiti dalle donne, si mettono in movimento e incontrano il Maestro. Così capita a ciascuno di noi a cui oggi la chiesa continua ad annunciare perché possiamo incontrarlo.  È questa LA MISSIONE.

Davanti ad ogni tragedia, c’è sempre un giorno dopo. Una nuova alba. Guidati da questo Parola anche noi siamo invitati ad entrare fino in fondo nel mistero della morte, nel luogo dove giaceva, nello scuro del sepolcro. Ma da quel luogo, da quell’esperienza, poi ripartire perché il Crocefisso non è più li, il Signore della vita non è rimasto imbrigliato in quelle tenebre, e ci aspetta nella luce, nel giorno che ci sta innanzi per incontrarci di nuovo.

Ridirci gli uni gli altri che il Signore è Risorto vuol dire ritrovare il senso della vita: cioè scoprire che lui è lì, vivo, e ci aspetta per abbracciarci. Il Risorto lo incontriamo non in un mondo ideale, ma proprio nel nostro complicato mondo, non nonostante le sofferenze e la morte, ma proprio passandoci in mezzo con quel filo di fede ed amore capaci di rimanere accesi in mezzo ad ogni tribolazione.

Che ciascuno di noi, per quanto segnato dal pianto e dal dolore, possa davvero incontrarlo e sentirsi dire: “Rallegrati”! Che ciascuno di noi possa sentirsi mandato a raccontare ai fratelli e sorelle che Lui è vivo.

VENERDI SANTO

“Stavano presso la croce di Gesù, sua madre …”

Carissimi amici, siamo nel momento più drammatico della vita di Gesù. Gesù con scelta pienamente consapevole decide di consegnarsi a morte certa tra il tradimento per interesse e il rinnegamento dettato da paura dei suoi discepoli.

Dopo la tortura e gli scherni, un processo sommario e la condanna, l’evangelista Giovanni ci ricorda, proprio all’ultimo istante, prima della morte, la presenza di Maria accanto a Gesù. Maria che aveva provato timore e confusione alle parole dell’angelo che le annunciava: “Ecco concepirai un figlio!” si era poi messa a completa disposizione: “Eccomi”, e aveva accolto e protetto quel bimbo con affetto infinito. Lo aveva accompagnato passando dagli anni sereni e ordinari della sua crescita a quelli pieni di apprensione e sorprese del suo ministero. Carica di tutte queste esperienze e di questa storia, sostenuta da un amore che si era via via rinforzato divenendo lei stessa discepola all’ascolto della parola del Figlio, trova la forza e il coraggio di stargli accanto fino sotto la croce. Madre e poi discepola di Gesù è ora pronta a divenire madre di ogni discepolo che desidera seguire il maestro sino alla fine. Con queste sue ultime parole Gesù affida ciascuno di noi alla cura materna di Maria, quasi a dirci che senza di lei sarà molto difficile seguirlo e stargli accanto fino nei momenti più difficili che inevitabilmente ci piombano addosso. Allora accogliamola nelle nostre case e nei nostri cuori come tenera e forte educatrice e accompagnatrice della nostra fede.

“E chinato il capo spirò: tutto è compiuto”, l’amore si è speso fino all’ultimo, ha dato tutto sé stesso, con una fedeltà tenace, indelebile. L’intera storia dell’umanità rimane come sospesa in un silenzio pieno di sgomento e smarrimento. Cosa è successo…? Ma cosa abbiamo fatto …? … è finito tutto? E ora…?

E ora inizia tutto… ora che l’umanità ha toccato il fondo della sua pazzia … ora che ha eliminato il suo salvatore … l’unica possibilità che aveva di trovare un senso a tutto… ora che ha rovinato e sciupato tutto. Ora ha capito drammaticamente quanto bisogno ha di salvezza, tutta la propria impotenza. … E da questo silenzio e questa notte oscura attende disperata una nuova alba.

Dopo quella notte, ogni nostra notte non è più così buia… neppure le notti che viviamo in questi tristi tempi, perché il Signore della Vita è entrato pure li.

GIOVEDI SANTO

“Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: «Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me. Ogni volta infatti che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finché egli venga” (1Cor 11, 23-26).

Carissimi amici, siamo ormai entrati nella parte decisiva della Settimana Santa, i tre giorni in cui è raccolto tutto il mistero e la grazia dell’azione di Gesù.

Gesù, dopo un percorso di oltre trent’anni in cui ha condiviso pienamente la nostra condizione umana, in cui ha imparato i segni e i simboli, le feste, i costumi del suo popolo, ha scelto di darci il meglio di sé in una cena. Forse perché, come uomo, ha compreso quanto contava per noi umani il pane e il vino, e ha visto che quello di una cena era l’ambito più adatto a comunicarci quanto ci amava. Certo una cena nel contesto della Pasqua ebraica, che già di per se è così ricca di significati, ma comunque una cena e probabilmente questo messaggio (dal pane, del vino e della cena) rimane molto chiaro ad ogni popolo di ogni tempo e cultura, anche a quelli che non conoscono bene la storia di Israele e dell’esodo.

Se poi andiamo a riscoprire i significati della Pasqua nella tradizione ebraica tutto si arricchisce ancor più. La Cena scelta da Gesù come l’ultima della sua vita terrena era un misto di convivio e rito celebrato all’interno di ogni famiglia. Si ricordava quella famosa notte in cui il popolo schiavo in Egitto fu provvidenzialmente scampato allo sterminio dei primogeniti per il sangue di un agnello sacrificato da ogni famiglia e posto sugli stipiti delle porte. Quella stessa notte, terminato di mangiare, il popolo iniziò il suo esodo prima attraverso il mar Rosso e poi nel deserto, finalmente libero verso la terra promessa.

Dopo oltre 1000 anni in cui il popolo ebraico ha continuato a celebrare la sua Pasqua, ecco che Gesù quella sera, nel bel mezzo del banchetto commemorativo ci dice che è il suo sangue, il dono del suo corpo e della sua vita che ci preservano dalla morte e ci spingono in un cammino di libertà inedito. Porgendo quel calice ai suoi discepoli assicura tutti del suo amore incondizionato, è il patto di sangue, la promessa di chi ci dice: siete preziosi ai miei occhi, non vi lascerò mai, non esiste tradimento o debolezza che possa cambiare il mio amore!

È estremamente evocativo in questo anno così particolare tornare a celebrare questo giorno non nelle chiese, ma nelle nostre case, con le nostre famiglie, quasi a tornare all’origine di tutto, e in una situazione di sofferenza, di confinamento, ricordarsi della promessa di amore e di libertà che il Signore continua a rinnovare a ciascuno di noi.

È questo quanto Paolo ha ricevuto e trasmesso alla nascente comunità cristiana e la Chiesa continua fino ad oggi a raccontare. Buona Cena!

DOMENICA DELLE PALME

Carissimi amici iniziamo un piccolo viaggio insieme, anche se distanti, in una settimana importantissima per la nostra vita: la Settimana Santa. Nello stesso tempo ci troviamo in una situazione di grande emergenza, dove improvvisamente siamo stati messi a contatto in modo drammatico con la nostra fragilità e precarietà. La morte, il dolore e la paura sono entrate prepotentemente nelle nostre vite. Vogliamo rivolgerci, metterci in ascolto della Parola che ci viene da Dio per trovare un senso, un ristoro, un conforto, una luce che ci possa guidare e rinfrancare.

Abbiamo ascoltato oggi il brano dell’entrata di Gesù, acclamato dalle folle, in Gerusalemme sul dorso di un asinello. Condivido con voi tre brevi pensieri sperando che possano esservi di aiuto.

  1. L’asina e il puledro d’asina in opposizione al cavallo: ricordiamo le statue equestri di molte nostre città dove il dominatore, il vincitore, appare trionfante. Qui a Roma è ammirato il prototipo di tutte questi monumenti: la statua di Marco Aurelio al Campidoglio. Gesù inaugura la sua settimana più importante, gli otto giorni in cui ricrea tutto, entrando come conquistatore della città santa non con la spada e l’orgoglio, ma con umiltà e mitezza. È il vero re che viene non a dominare e in cerca di gloria, ma a servire e dare la vita, mostrando in ciò il suo volto glorioso.
  2. Il vestito, i mantelli, rappresentano la persona, la sua dignità. Le folle gettano i loro mantelli sull’asino, investono tutto se stessi, senza calcoli nel servizio umile. Spontaneamente riconoscono in Gesù l’autenticità di una presenza divina e entusiasticamente lo festeggiano agitando le palme in segno di vittoria e trionfo. Mi pare una immagine molto forte di ciò che sta accadendo in questi giorni. Medici, infermieri, personale sanitario, ma anche semplici lavoratori: commessi, autisti, magazzinieri, volontari, oppure amministratori e responsabili di comunità locali, regionali e nazionali, una folla insomma che fa la scelta giusta, quella della vita, della compassione per chi soffre, del gettare il proprio abito, la propria vita sulla strada di quel servizio umile, dedicandosi senza riserve perché la vita trionfi ancora. Altri ancora partecipano di questo immane sforzo per la vita semplicemente stando a casa, con scelte responsabili ma agitando la palma dell’incoraggiamento e liberando l’applauso.
  3. Infine il testo evangelico ci ricorda di un altro gruppo minoritario ma estremamente influente, che invece sta a distanza e guarda con sospetto a ciò che accade e si interroga: “Chi è Costui?” Ma che salvezza è mai questa? Ecco che si insidia la tentazione di usare la situazione per il proprio interesse, la propria gloria, il proprio successo a scapito del bene comune. La tentazione di manipolare, di strumentalizzare, di adescare le folle e corromperle. Di fare calcoli “umani” o meglio sarebbe dire “disumani” per non perdere i propri privilegi e interessi.

E noi da che parte stiamo? Qual è il mio personaggio? Forse dobbiamo realisticamente riconoscere che c’è in noi un po’ di tutto. Ascoltiamo l’invito di Gesù che manda i due discepoli a cercare e slegare quell’asinello che è in noi. Il re umile silenziosamente ci mostra la strada della vita e della libertà: senza nulla da perdere, anzi disposto a donare la propria per il bene di tutti.