Venerdì 14 gennaio 2022
«Il dialogo interreligioso è una condizione necessaria per la convivenza pacifica». Perciò, «al di là di difficoltà e differenze, non dovremmo smettere di collaborare con chi la pensa diversamente»: lo ha sottolineato il cardinale Miguel Ángel Ayuso Guixot, intervenendo al panel 2 sul tema «Fratellanza, dialogo interreligioso e giustizia sociale», approfondito alla luce dell’enciclica sociale di Papa Francesco Fratelli tutti; in particolare il capitolo ottavo inerente il contributo alla fratellanza universale che i leader delle diverse tradizioni religiose e le comunità da essi guidate possono davvero offrire alle società in cui vivono, camminando insieme. [L’Osservatore Romano]

Il porporato rilanciando il Documento sulla fratellanza umana firmato ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019 dal Pontefice e dal Grande imam di Al-Azhar, ha parlato di «un dialogo che per noi credenti diventa preghiera e che possiamo realizzare concretamente tutti i giorni in nome della fratellanza, che abbraccia tutti gli esseri umani, li unisce e li rende uguali.

«Il Santo Padre — ha spiegato il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso — ricorda che siamo chiamati a realizzare ciò che è, oggi e ovunque, strettamente necessario per il nostro mondo» ovvero «l’arte di saper dialogare, in tutte le sue accezioni», che «diventa un imperativo» in quanto «via per aprirsi ai bisogni del mondo e costruire l’amicizia sociale». Si tratta, ha chiarito il missionario comboniano spagnolo di rispettare e cercare la verità, facendo nascere la cultura dell’incontro, trasformando quest’ultimo in «uno stile di vita, una passione e un desiderio», perché «chi dialoga è gentile, riconosce la dignità dell’altro e la rispetta».

Del resto, ha aggiunto il relatore, il Papa è «fermamente convinto che grazie a un’autentica collaborazione fra credenti, si possa lavorare per contribuire al bene di tutti, individuando le tante ingiustizie che ancora affliggono questo mondo e condannando ogni violenza. Infatti il credente è testimone e portatore di valori, che possono grandemente contribuire ad edificare società più giuste e sane. La rettitudine, la fedeltà, l’amore per il bene comune, l’attenzione per gli altri, soprattutto per quanti si trovano nel bisogno, la benevolenza e la misericordia sono elementi che possiamo condividere con le varie religioni». Da qui l’esortazione a «offrire la nostra collaborazione alle società di cui noi credenti siamo cittadini» e a «mettere a disposizione di tutti i nostri comuni valori e le nostre convinzioni più profonde per difendere e promuovere la pace e la giustizia, la dignità umana e la protezione dell’ambiente». E in tale contesto «il dialogo interreligioso ha una funzione essenziale per costruire una società che includa e che non sia edificata sulla cultura dello scarto, ed è una condizione necessaria per la pace nel mondo. In un mondo disumanizzato, nel quale indifferenza e avidità contraddistinguono i rapporti tra gli esseri umani, c’è bisogno di una solidarietà nuova e universale».

Dunque, ha proseguito il cardinale Ayuso Guixot, «una società fraterna, sarà quella che promuove l’educazione al dialogo per sconfiggere “il virus dell’individualismo radicale”», permettendo «a tutti di dare il meglio di sé». Due, in particolare, gli strumenti individuati dal relatore per realizzare questo tipo di società: «La benevolenza, ossia il volere concretamente il bene dell’altro e la cura delle fragilità» attraverso il «servizio alle persone e non alle ideologie, lottando contro povertà e disuguaglianze».

Partendo dal presupposto che «Dio è il Creatore di tutto e di tutti, perciò noi siamo membri di un’unica famiglia e come tali dobbiamo riconoscerci» il porporato ha rimarcato la necessità di «passare dalla mera tolleranza alla convivenza fraterna, per interpretare le diversità che sussistono tra noi, per disinnescare le violenze e per vivere come fratelli e sorelle. Pertanto anche la collaborazione interreligiosa deve e può sostenere i diritti di ogni essere umano, in ogni parte del mondo e in ogni tempo». Come «membri dell’unica famiglia umana — ha puntualizzato — abbiamo uguali diritti e doveri in quanto cittadini di questo mondo. Alla base della nostra collaborazione e del nostro dialogo ci sono le radici comuni della nostra umanità» quindi «per dialogare non partiamo dal nulla: c’è già la nostra condizione umana che condividiamo, con tutti i suoi aspetti esistenziali e pratici, che è un buon terreno di incontro».

Di conseguenza, «per far sì che le religioni possano essere canali di fratellanza anziché barriere di divisione» serve «adottare la cultura del dialogo come via della collaborazione, come metodo della conoscenza reciproca e come criterio comune».

Anche perché, ha detto accenando alla drammatica attualità della pandemia da covid-19, «c’è un’urgenza dettata dall’attuale situazione mondiale che deve far mettere da parte pregiudizi, indugi e difficoltà. Pur non rinunciando in nulla alla propria identità o rifacendosi ad un facile irenismo, con forza e con coraggio, si deve affermare la necessità della fraternità umana e dell’amicizia sociale quali condizioni necessarie per ottenere la guarigione e la pace alle quali anela il mondo intero».

Insomma per il cardinale «il rapporto tra dialogo interreligioso, fraternità umana e prospettiva di pace è praticamente ineludibile e s’è fatto così stretto che non possiamo neanche immaginare separate queste realtà; quella delle religioni che s’incontrano, si parlano, si conoscono, si riconoscono in un cammino di fraternità, si pongono ciascuna come costruttore di pace ovunque si trovino ad operare, e quella della pace che ha bisogno più che in passato che la Chiesa cattolica e le altre religioni agiscano insieme per prevenire, ed eliminare, tutto ciò che può portare alle divisioni e ai conflitti».

Alla luce di tali riflessioni si comprende allora come mai «Papa Francesco, che desidera una Chiesa in uscita, amica dei più poveri, in dialogo con tutti e che alla luce del Vangelo ricorda a tutti la centralità dell’essere umano e la sua innata dignità», si metta in cerca di «“alleati ed amici” soprattutto fra coloro che possono attingere a un ricco patrimonio spirituale» e alla millenaria saggezza delle persone di altre tradizioni religiose.

L’auspicio del presidente del dicastero vaticano è allora quello di «impegnarsi perché i temi della fraternità e dell’amicizia sociale diventino terreno di confronto fra gli appartenenti delle diverse tradizioni religiose sia a livello apicale che di base». Un esempio in tal senso è stata la celebrazione lo scorso 4 febbraio, a due anni dalla firma dell’omonimo Documento, della prima Giornata mondiale della fratellanza umana, indetta il 21 dicembre 2020 dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, durante la 75ª sessione plenaria. «È davvero rilevante — ha commentato il relatore — che il messaggio della fratellanza abbia trovato eco e accoglienza da parte della comunità internazionale e di tutti coloro che sono preposti nei vari ambiti della vita sociale e civile». In quella circostanza, che si è svolta in forma virtuale sempre a causa del coronavirus, Papa Francesco aveva detto: «Oggi non c’è tempo per l’indifferenza. Non possiamo lavarcene le mani, con la distanza, con la non-curanza, col disinteresse. O siamo fratelli o crolla tutto. È... la frontiera sulla quale dobbiamo costruire; è la sfida del nostro tempo».

E subito dopo c’era stato il viaggio apostolico in Iraq — al quale il cardinale ha partecipato nel seguito papale — che rimarrà «una pagina storica per tutte le religioni e per l’umanità intera». Ricordando in particolare la visita di cortesia al Grande ayatollah Sayyid Ali Al-Husayni Al-Sistani, «una delle personalità più simboliche e significative del mondo sciita» e l’incontro interreligioso nella Piana di Ur, il porporato ha ricordato come anche in quella occasione Papa Bergoglio non abbia «parlato di una fratellanza teorica, ma ha chiesto a tutti di impegnarsi “perché si realizzi il sogno di Dio: che la famiglia umana diventi ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli; che, guardando il medesimo cielo, cammini in pace sulla stessa terra” (6 marzo 2021)».

Ecco perché, ha concluso il cardinale Ayuso Guixot, il viaggio in Iraq rappresenta «senza dubbio un passo ulteriore sulla strada della fraternità», paradigma per altri «passi concreti» da compiere «insieme ai credenti di altre tradizioni religiose e assieme agli uomini e alle donne di buona volontà per proclamare con Papa Francesco, diversamente da chi alimenta scontri, divisioni e chiusure, che la risposta non è la guerra, ma è la fraternità”. (udienza generale, 10 marzo)».

[L’Osservatore Romano]