Aveva appena “assaggiato” la gioia della vita missionaria, quando fu chiamato a gustare il banchetto del cielo. Uomo di pace, fu ucciso dalla guerra.

Borgo Val Sugana (TN)
Socotà (Etiopia)

Ventotto anni, occhi azzurri, impercettibile e costante sorriso sulle labbra, fare estremamente delicato e comportamento riservato. Questi era padre Alfredo de Lai, colui che stava per essere immolato nella missione comboniani di Socotà, Etiopia.

Alfredo era nato a Borgo Val Sugana (TN)il 30 settembre 1913. Il 10 luglio 1938, a Verona, divenne sacerdote. Dopo alcuni mesi di rodaggio a Troia (FG), dove si era fatto amare dai seminaristi e dalla gente, via per l’Africa.

S’imbarcò a Napoli il 3 gennaio 1939 diretto a Socotà, in Etiopia. I missionari comboniani erano arrivati in quella regione verso la fine del 1935 in qualità di cappellani militari al seguito delle truppe italiane. Il loro obiettivo, però, oltre che l’assistenza spirituale ai soldati, era quello di fondare delle missioni vere e proprie tra la gente. Cosa che fecero in un arco di tempo abbastanza breve rivolgendosi a quelle popolazioni del paese non ancora evangelizzate, specialmente nella regione che confina con il Sudan.

Il clima con i militari era fraterno; tuttavia nel cuore dei missionari c’era una sottile sofferenza… “è giusto che noi, messaggeri del vangelo, apostoli di pace, ministri del perdono, siamo qui insieme a gente armata che, volere o no, è venuta a usurpare una terra non sua? La nostra vita è una testimonianza o una contro testimonianza a ciò che predichiamo?”… “il pretesto di essere ‘portatori di civiltà’ è proprio… pretesto e anche magro”.

Per far capire alla gente la netta distinzione tra la croce e la spada, decisero di costruirsi una casetta che fosse a una certa distanza dall’alloggiamento dei soldati. La loro vita, impostata nella logica della separazione con l’esercito, si fece più dura. Tuttavia i missionari non si vergognavano di mostrare la loro povertà che era in sintonia con quella dei quasi 18 mila abitanti di Socotà.

L’odore della guerra si faceva ormai sentire anche qui. Amba Alagi era caduta e le truppe sudanesi e abissine, al soldo degli inglesi, avevano chiuso le vie di accesso. Il 25 aprile gli inglesi posero l’accampamento a 5 chilometri dalla cittadina. Un insolito nervosismo circolava tra la gente e in modo particolare tra i soldati italiani, una trentina in tutti, concentrati nei due fortini.

Lasciamo la parola al racconto di quanto successe a Fratel Lamberto Agostani: “Il mattino seguente il capitano, dopo essersi consigliato anche con i padri, decise che non c’era più niente da fare e bisognava arrendersi… Ma mentre il capitano era al comando inglese a trattare, arrivò al nostro comando l’ordine di resistere fino all’ultimo uomo come avevano fatto altrove… Il capitano, constatando che la resistenza senza armi e munizioni era un suicidio, fece questo accordo con gli inglesi: essi avrebbero inviato una squadra di sudanesi, e dopo una sparatoria simbolica, gli italiani avrebbero alzato bandiera bianca. Non si poteva fare diversamente per accontentare il comando italiano.
Verso le 11,30 cominciarono i colpi dei sudanesi e degli abissini e dopo circa un’ora gli italiani si arresero. Tutto doveva finire lì. Invece gli abissini si precipitarono all’assalto del fortino. Fu uno spettacolo orribile…Vedevo i soldati italiani che venivano prima spogliati e derubati e poi uccisi così gli assalitori potevano portarsi via i vestiti prima che venissero impregnati di sangue…Padre De Lai voleva salvare i pochi superstiti. Per questo, impugnando il crocifisso, si portò di fronte alla canna del fucile del soldato continuando a ripetere: “Basta uccidere, per amore di Cristo, per amore della Madonna…Non vi abbiamo fatto che del bene”.
L’abissino gli strappò il crocifisso dalle mani e gli sparò a bruciapelo tre colpi mortali. Padre Alfredo mandò un grido e cadde all’indietro rimanendo immobile. Aveva sigillato col sangue la sua evangelica carità. Era il 26 aprile 1941”.

Il sangue versato non doveva restare senza frutto. Fin dal 1947, i missionari comboniani tornarono aprendo una residenza con scuole primarie e secondarie ad Asmara.

La narrazione completa si trova nel libro “I MARTIRI COMBONIANI” scritto dal comboniano P. Lorenzo Gaiga

Socotà (Etiopia) 26 aprile 1941 - anni 27