Quante volte anche noi cerchiamo Dio solo perché ci riempie la pancia, perché pensiamo che esaurisca i nostri desideri, le nostre ambizioni. Quante volte anche noi, se siamo onesti, dobbiamo ammettere di cercare Dio perché abbiamo paura della vita, perché non capiamo, perché speriamo che egli ci possa aiutare e sostenere nel nostro cammino. (...)

III settimana di Pasqua
Commento di Paolo Curtaz

Lunedì della III settimana di Pasqua
Gv 6,22-29: Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna.

Commento su Gv 6,22-29
Quante volte anche noi cerchiamo Dio solo perché ci riempie la pancia, perché pensiamo che esaurisca i nostri desideri, le nostre ambizioni. Quante volte anche noi, se siamo onesti, dobbiamo ammettere di cercare Dio perché abbiamo paura della vita, perché non capiamo, perché speriamo che egli ci possa aiutare e sostenere nel nostro cammino. Il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci si è rivelato un’autentica catastrofe: il messaggio di Gesù era chiaro, davanti alla fame degli uomini il discepolo è chiamato a mettere in gioco tutto quello che ha, anche se poco. La folla ha capito l’esatto contrario: davanti alla fame del mondo ecco che Dio trova le soluzioni. Il peggio accade quando la folla lo cerca per farlo re, chi di noi non voterebbe un governo che invece di chiedere tasse regalasse soldi? Gesù è profondamente amareggiato e alla folla che lo ha raggiunto, spiazzata dall’atteggiamento del Signore, e con verità dice ciò che pensa: lo stanno cercando perché ha riempito loro la pancia. Chiediamoci se la nostra fede, a volte, non assomiglia alla loro e cerchiamo il risorto perché sazia la nostra fame di felicità. Niente di meno.

Martedì della III settimana di Pasqua
Gv 6,30-35: Non Mosè, ma il Padre mio vi dà il pane dal cielo.

Commento su Gv 6,30-35
Gesù ha appena sfamato cinquemila capi-famiglia in quello che è il peggiore dei suoi miracoli, quello peggio interpretato. È fuggito quando la folla lo voleva fare re; ora, raggiunto dalla gente, inizia una feroce polemica con chi, invece di cercare Dio per Dio, lo cerca per avere la pancia piena. Gesù chiede di credere nelle sue parole, di fidarsi di lui e la gente cosa vuole da lui? Un segno! Un miracolo, l’ennesimo! Come se non fosse bastato sfamare una tale quantità di persone! Abbiamo sempre bisogno di segni della presenza di Dio, chiediamo sempre miracoli e apparizioni. Abbiamo una fede fragile, lunatica, scostante, altalenante. Invece di fidarci delle Parole del Signore, di imparare a leggere i tanti segni della sua presenza (anche oggi la nostra giornata è riempita di piccoli miracoli quotidiani…) corriamo dietro agli eventi straordinari che solleticano l’emozione senza convertire il cuore. Gesù, invece, viene per sfamare il nostro infinito desiderio di bene e di felicità, a nutrire la nostra anima, a colmare i nostri sogni. Gesù risorto si propone come orizzonte dell’intera vita, non come piccolo amuleto da tirare fuori nei giorni di difficoltà o di fame dell’anima!

Mercoledì della III settimana di Pasqua
Gv 6,35-40: Questa è la volontà del Padre: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna.

Commento su Gv 6,35-40
Cosa vuole Dio da me? Che creda in lui? Che osservi i suoi comandamenti? Che obbedisca? Che lo serva? Gesù, nell’impegnativo discorso del pane di vita, ci dice chiaramente che Dio vuole da me una cosa sola: che io mi salvi. Quante volte proiettiamo addosso a Dio le nostre paure, le nostre insicurezze, i nostri fantasmi! Dio, allora, diventa un mostro esigente che pretende dalle sue creature obbedienza cieca. E la nostra vita si trasforma in un’ansiosa prova di abilità, un continuo processo, una prova d’esame. Non è così! Dio non è l’annoiato dispensatore di prodigi, né il potente da convincere, ma un tenerissimo padre che vuole per noi, suoi figli, la pienezza della felicità che egli solo può indicare. Se è così, allora, io e Dio abbiamo molte cose in comune. Principalmente il profondo e radicato bisogno di pienezza. Ma io, se sono onesto, devo ammettere di non sapere veramente cosa mi dia felicità. Dio, invece, sì. Sappiamo da chi andare se vogliamo saziare la nostra fame interiore. Il risorto vuole manifestarci la strada che ci porta verso Dio. Seguiamola con fiducia.

Giovedì della III settimana di Pasqua
Gv 6,44-51: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.

Commento su Gv 6,44-51
Quando iniziamo un cammino di fede, coinvolgendo la nostra intelligenza e i nostri sentimenti; o quando alla fine di questo nostro percorso spesso irto di difficoltà ci “arrendiamo” al vangelo e professiamo la nostra fede… allora ci rendiamo conto che, in fondo, dietro tutto il nostro percorso e cammino, il Signore aveva già manifestato la sua discreta vicinanza. Cerchiamo colui che ci cerca, sentiamo che il nostro desiderio del Signore, in fondo, è lui stesso ad averlo suscitato in noi. Ma Gesù va oltre: credere significa avere la vita eterna, cioè la vita dell’Eterno. Spesso, erroneamente, pensiamo che la vita eterna sia qualcosa che ci capita alla fine del nostro sentiero cammino tragitto di vita, in un ipotetico e fumoso futuro di cui non sappiamo molto. L’eternità diventa, allora, una specie di premio per ripagarci di tutte le noiose cose cattoliche che abbiamo dovuto sopportare. Non è così: la vita eterna è già iniziata, la vita dell’Eterno si accende in noi quando crediamo, quando professiamo la nostra fede, quando scegliamo di diventare e vivere come discepoli del Nazareno. E in questo andare l’eucarestia diventa un incontro fondamentale, intenso, un dono che è il pane del cammino, la reale presenza di Cristo.

Venerdì della III settimana di Pasqua
Gv 6,52-59: La mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.

Commento su Gv 6,52-59
Ora esagera, il Signore, siamo seri. Ha chiesto alla folla di non cercare Dio per farsi riempire la pancia. Ha chiesto di fidarsi di lui e di credere in ciò che egli dice di Dio. Ha parlato di un Dio che sazia il cuore, che desidera intensamente comunicare all’uomo la sua stessa vita. Un Dio che chiama, che attira tutti a sé, che suscita in noi il desiderio di lui. Ha parlato di un cibo di cui nutrirsi per il cammino, un cibo che sostiene la fede, che anticipa ad oggi l’eternità. Ma ora esagera: chiede di nutrirsi di lui, di mangiare la sua carne e bere il suo sangue. Non chiede certo di diventare dei cannibali! Ma di entrare in intima comunione con lui (il sangue è segno della vita e della vitalità, la carne il segno della debolezza). Per incontrare Dio dobbiamo essere intimamente uniti a Cristo, diventare suoi contemporanei, fidarci delle sue parole, nutrirci della sua presenza nel segno dell’eucarestia. Sì: io mi fido del Signore Gesù. Fatico, sono preso da mille dubbi e domande, ma mi fido. So che lui e il Padre sono una cosa sola, ho deciso da tempo di non seguire il serioso volto di Dio che mi porto nell’inconscio, ma quello radioso di cui ho fatto esperienza ascoltando e seguendo il Rabbì di Nazareth.

Sabato della III settimana di Pasqua
Gv 6,60-69: Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna.

Commento su Gv 6,60-69
Se ne va la folla, e fa benissimo. Come si fa a star dietro alla valanga di parole che ha detto? E alle cose che chiede? E al volto di Dio inatteso e incredibile che professa? E all’esigenza di nutrirsi della sua presenza? Chi pretende di essere questo falegname che si è scoperto profeta? Anche noi siamo così: fino a quando Dio ci riempie la pancia va tutto bene: siamo soddisfatti, Dio è buono, il mondo è magnifico. Ma appena Dio diventa esigente, chiede qualcosa di più forte e importante, appena ci mette davanti alle nostre fragilità, allora tutto cambia: preferiamo andarcene piuttosto che continuare ad ascoltare. È duro il vangelo, perché negarlo? È esigente!, perciò, nella storia, abbiamo continuato ad annacquarlo, a modificarlo, a interpretarlo… Sono suoi discepoli coloro che se ne vanno: il Signore sempre ci lascia liberi, sempre. Gli apostoli, storditi, non sanno che fare, non sanno che dire. Nell’arco di poco tempo sono passati dalla gloria al fango: qui finisce la brillante carriera del Messia. E la loro. E Gesù, immenso, libero, straordinario, si gira verso di loro: volete andarvene anche voi? Non li supplica di restare, preferisce restare solo piuttosto che tradire il volto del Padre.