Martedì 24 novembre 2015
I comboniani P. Dario Bossi, che lavora in Brasile, e P. Rafael González Ponce, in Ecuador, hanno partecipato agli incontri delle due reti Iglesias y Minería e Red Eclesial Panamazónica, che si sono svolti dal 12 al 20 novembre, a Bogotá, capitale della Colombia. Queste reti si occupano di problemi che colpiscono i paesi e le popolazioni della regione amazzonica e svolgono attività pastorali per la promozione e la tutela della vita sociale e ambientale. “La nostra partecipazione agli incontri – ha detto P. Dario – può essere utile per ridare slancio alla nostra priorità comboniana verso il mondo indigeno e impegnarci sempre di più con i problemi sociali e ambientali dell’Amazzonia”

 

Delegazione
ecuadoriana,
a Bogotá.

 

Iglesias y Minería (IyM) è una rete ecumenica di comunità cristiane colpite da megaprogetti dell’industria estrattiva, nel continente latinoamericano. I comboniani sono tra i membri fondatori della rete e ne accompagnano le attività, in particolare in Perù e Brasile e, negli USA, attraverso Vivat International.

In questo primo incontro a Bogotà, hanno partecipato oltre 20 rappresentanti provenienti da dieci paesi diversi. Si è deciso fra l’altro di fare un’assemblea plenaria della IyM e due seminari tematici: uno, sulla criminalizzazione dei responsabili che si oppongono ai progetti delle grandi imprese minerarie e l’altro, sulle esperienze di successo nella difesa dei popoli e dei territori assistiti dalle diverse Chiese.

 

Delegazione brasiliana
a Bogotá.

 

La Rete Ecclesiale Pan-Amazzonica (REPAM) è stata fondata nel 2014 dal Consiglio Episcopale Latinoamericano (CELAM), dalla Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile (CNBB), dalla Confederazione Latinoamericana e dei Caraibi di religiosi e religiose (CLAR) e dalla Caritas dell’America Latina e Caraibi. La rete mira a incoraggiare la Chiesa al servizio dell’Amazzonia e delle sue popolazioni, evangelizzando attraverso la testimonianza, soprattutto con la difesa e la promozione della vita. I Comboniani collaborano anche con questa rete, fin dalla sua fondazione, soprattutto attraverso la presenza e le attività di Giustizia, Pace e Integrità del creato (GPIC) a Manaus e Piquiá de Baixo, in Brasile, e, più di recente, anche in Ecuador.

A questo incontro hanno partecipato circa cento persone – fra vescovi, religiose e religiosi, agenti di pastorale sociale, popoli indigeni, organismi internazionali e coordinatori della REPAM –, venuti da Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Guyana Francese, Suriname, Guyana, Venezuela e Brasile.

Gli eventi di Bogotà hanno motivato i Comboniani a proseguire sulla stessa linea missionaria definita anche dal recente XVIII Capitolo Generale: “Una via importante per riqualificare la nostra presenza missionaria è l’opzione per servizi pastorali specifici (…).Questi servizi pastorali siano in linea con le priorità continentali (AC '03, n. 43 e 50; AC '09, n. 62 e 63), condivisi da più circoscrizioni e vissuti in una più ampia collaborazione, a livello interprovinciale o continentale. In questo modo, pur riducendo le comunità in ciascun paese, lavorando in rete (famiglia comboniana, altri agenti pastorali, organizzazioni, centri di riflessione e ricerca), potremo sviluppare una pastorale specifica”. (AC 45.3).

“Tenendo conto della gravità dell’attuale crisi socio-ambientale, il grido dei popoli indigeni e gli appelli insistenti dell’enciclica di papa Francesco Laudato si’ (LS 146), i Comboniani si sentono sfidati a rinnovare la loro opzione per una pastorale specifica con i popoli indigeni, e, ora, con una particolare attenzione alla difesa dell’Amazzonia”, afferma P. Dario.

“È indispensabile prestare speciale attenzione alle comunità aborigene con le loro tradizioni culturali. Non sono una semplice minoranza tra le altre, ma piuttosto devono diventare i principali interlocutori, soprattutto nel momento in cui si procede con grandi progetti che interessano i loro spazi. Per loro, infatti, la terra non è un bene economico, ma un dono di Dio e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con il quale hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori. Quando rimangono nei loro territori, sono quelli che meglio se ne prendono cura. Tuttavia, in diverse parti del mondo, sono oggetto di pressioni affinché abbandonino le loro terre e le lascino libere per progetti estrattivi, agricoli o di allevamento che non prestano attenzione al degrado della natura e della cultura”. (LS 146).


Giovane munduruku sulle rive del fiume Tapajós, affluente del Rio delle Amazzoni, nello stato del Pará, in Brasile.


Il fiume Tapajós, affluente del Rio delle Amazzoni, nello stato del Pará, in Brasile.