Dalla «non violenza» alla «nonviolenza». Una riflessione sul magistero della pace di papa Francesco

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Martedì 29 marzo 2022
Papa Francesco ha sempre condannato il ricorso alle armi per dirimere i conflitti tra i popoli. «La guerra è una follia perché folle è distruggere case, fabbriche, ospedali, uccidere persone anziché costruire relazioni umane ed economiche», ha detto il Santo Padre il 23 gennaio 2020, intervenendo al Forum ecclesiale “Mediterraneo frontiera di Pace”. Il magistero di papa Francesco contro la guerra è fondamentalmente incentrato sulla promozione della nonviolenza. [P. Giulio Albanese]

Dalla «non violenza» alla «nonviolenza».

Una riflessione sul magistero della pace di papa Francesco

Papa Francesco ha sempre condannato il ricorso alle armi per dirimere i conflitti tra i popoli. Ad esempio, il 23 gennaio 2020, intervenendo al Forum ecclesiale “Mediterraneo frontiera di Pace”, ha stigmatizzato il grande inganno citando Giovanni XXIII: «La guerra è una follia perché folle è distruggere case, fabbriche, ospedali, uccidere persone anziché costruire relazioni umane ed economiche»[1] svelando, in una comunicazione a braccio «il grave peccato, la grande ipocrisia: nelle convenzioni internazionali tanti Paesi parlano di pace e poi vendono le armi ai Paesi in guerra»[2].

Il magistero di papa Francesco contro la guerra è fondamentalmente incentrato sulla promozione della nonviolenza. Per comprendere però la portata di questo indirizzo, oltre ai frequenti riferimenti che scandiscono la sua predicazione in tema di pace, è fondamentale la lettura di due testi dai quali si evince l’illuminato pensiero di Bergoglio. Il primo è quello del messaggio per la Cinquantesima Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2017) intitolato “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”. Si tratta di un documento senza precedenti, in quanto per la prima volta la parola “nonviolenza” entra a pieno titolo in un testo ufficiale del magistero della Chiesa cattolica[3]. Ciò che colpisce, innanzitutto, è il fatto che finalmente venga utilizzato il vocabolo “nonviolenza”, scritto peraltro correttamente senza trattino; una scelta lessicale, maturata già da alcuni anni nel contesto della società civile, per porre in risalto il carattere positivo e propositivo della nonviolenza. Non si tratta infatti del semplice rifiuto dell’aggressività e della prepotenza, ma innanzitutto e soprattutto della ricerca di una soluzione metodologica che rimanda inevitabilmente all’assunzione di uno stile di vita evangelico, una forza e una pratica positiva, che costruisce una nuova umanità.

Questa proposta lessicale era già rintracciabile nei documenti del “Movimento Nonviolento” e in particolare negli scritti del suo fondatore, il professor Aldo Capitini, docente di pedagogia all’Università di Cagliari e Perugia, che scrisse:

In questi ultimi tempi si è cominciato a scrivere nonviolenza in una sola parola, sicché si è attenuato il significato negativo che c’era nello scrivere non staccato da violenza, per cui qualcuno poteva domandare: «va bene, togliamo la violenza, ma non c’è altro?» Se si scrive in una sola parola, si prepara l’interpretazione della nonviolenza come di qualche cosa di organico, e dunque, come vedremo, di positivo[4].

Da rilevare che il messaggio papale del 1° gennaio 2017 era stato preceduto dalla Conferenza internazionale svoltasi in Vaticano dall’11 al 13 aprile del 2016 su “Nonviolenza e Pace giusta: un contributo alla comprensione della nonviolenza da parte dei cattolici”. L’assise, promossa dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, da Pax Christi International, UISG/USG e da molte altre organizzazioni cattoliche internazionali, aveva visto la partecipazione, oltre che di numerosi vescovi e teologi, di esponenti di spicco della nonviolenza, cattolici e non, provenienti da varie parti del mondo.

Nel documento finale, consegnato al pontefice, riconoscendo che nella storia gli stessi cristiani hanno tradito la nonviolenza di Gesù molte volte, anche «partecipando a guerre, persecuzioni, oppressioni discriminazioni e sfruttamenti», è stato formulato l’auspicio che la Chiesa promuova pratiche e strategie nonviolente (per esempio: resistenza nonviolenta, giustizia riparativa, guarigione dai traumi, protezione non armata dei civili, trasformazione dei conflitti, strategie di costruzione della pace); che dia avvio a una conversazione globale sulla nonviolenza a partire dalla Chiesa, con persone di altre fedi, e con il mondo più in generale, per dare risposta alle enormi crisi del nostro tempo utilizzando la visione e le strategie della nonviolenza… che continui a sostenere la necessità di abolire le guerre e l’uso delle armi nucleari; che innalzi la voce profetica della Chiesa per sfidare le grandi potenze mondiali ingiuste e sostenga e difenda gli attivisti nonviolenti che per il loro impegno per la pace e la giustizia mettono a rischio le loro vite[5].

Di questo documento finale della conferenza svoltasi in Vaticano, il messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2016 riprese la conclusione: «Noi proponiamo che la Chiesa cattolica sviluppi e prenda in considerazione il passaggio a un approccio di Pace giusta basato sulla nonviolenza evangelica». Una frase carica di significati che papa Francesco riformulò in questi termini nel suo tradizionale messaggio per la pace: «La Chiesa si è impegnata per l’attuazione di strategie nonviolente di promozione della pace in molti Paesi, sollecitando persino gli attori più violenti in sforzi per costruire una pace giusta e duratura»[6], precisando che questo impegno a favore delle vittime dell’ingiustizia e della violenza non è un patrimonio esclusivo della Chiesa Cattolica, ma è proprio di molte tradizioni religiose, per le quali la compassione e la nonviolenza sono essenziali e indicano la via della vita. Lo ribadisco con forza: Nessuna religione è terrorista. La violenza è una profanazione del nome di Dio. Non stanchiamoci mai di ripeterlo: mai il nome di Dio può giustificare la violenza. Solo la pace è santa. Solo la pace è santa, non la guerra![7]

Papa Francesco è poi tornato a parlare di nonviolenza a Napoli il 21 giugno 2019 in occasione del convegno “La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo” presso la Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (Napoli). E lo fece scandendo parole cariche di significati che andrebbero integrate a pieno titolo nella pastorale ordinaria delle nostre diocesi. In questa circostanza non si è espresso in termini astratti sulla pace, non ha invocato semplicemente la tolleranza fra gli uomini o il rifiuto della violenza. Ha parlato invece di nonviolenza – ancora una volta scritta correttamente secondo gli auspici di Capitini – proprio a indicare che questo termine non è l’opposto della violenza, ma una forza e una pratica positiva, che serve a creare le condizioni per una fraternità universale. Sono tre i passaggi chiave, sia dal punto di vista dottrinale, come anche in una prospettiva antropologica, che presentano i maggiori elementi di riflessione. Papa Francesco anzitutto afferma: «[…] penso alla nonviolenza come orizzonte e sapere sul mondo, alla quale la teologia deve guardare come proprio elemento costitutivo»[8].

Questo significa concretamente che la nonviolenza è un elemento costitutivo della teologia. Quindi essa non deriva da un’impostazione teologica e dottrinale. Si tratta di un vero e proprio ribaltamento in quanto, secondo Bergoglio, la nonviolenza deve essere necessariamente un punto di partenza fondamentale per l’impianto teologico. Il papa dunque riconosce l’autonomia della nonviolenza, il fatto che non sia un derivato dell’impostazione teologica cattolica. Proviamo ad andare più a fondo in questo ragionamento. Con la nonviolenza che fonda, pervade e sprigiona la dimensioni della fede, siamo certamente alle radici del messaggio evangelico, nel milieu dello Spirito d’Assisi invocato da San Giovanni Paolo II, ma anche in linea con il pensiero di Capitini, la cui opera sulla nonviolenza come base della religione aperta fu messa all’Indice nel secolo scorso; per non parlare di Martin Luther King Jr., di Lanza del Vasto, del beato Giustino Russolillo, di don Peppino Diana, citati nel suo discorso da papa Francesco.

Ma la nonviolenza, nella frase sopra citata, ha uno spettro estremamente ampio: è «orizzonte e sapere sul mondo». Questo in sostanza significa che la nonviolenza non può essere intesa come obiettivo, traguardo o punto d’approdo, ma in quanto orizzonte di vita necessario per affermare ogni genere di relazione da cui deve scaturire una conoscenza aperta alla vita, originale “sapere sul mondo”. La meta finale, nella teologia cattolica del Vaticano II è certamente il Regno, mentre l’orizzonte è davvero la conditio sine qua nona cui guardare per tracciare percorsi teologici che possano sostenere l’agognato cambiamento. Tutto questo peraltro è in linea e coerente con il pensiero di Capitini secondo cui la nonviolenza è apertura religiosa assoluta fino al sacrificio della propria vita, non un mezzo per imporre comportamenti o leggi di carattere dogmatico a tutta la comunità.

Infine, il papa non richiama testi o dogmi che fissano la nonviolenza. Con il suo orizzonte, Francesco guarda da un’altra parte. Pensa infatti, e lo dice espressamente, agli «artigiani di pace». Si tratta di un’espressione che manifesta la nonviolenza come prassi. La pace per il papa non è dunque una teoria ma un impegno quotidiano che si gioca nelle relazioni tra persone. In Religione Aperta, Capitini disse che la nonviolenza è sempre da reinventare: «essa non è mai perfetta e non finisce mai, appunto perché è una cosa dell’anima; è un valore, è come la musica, la poesia, e si può sempre fare nuova musica, nuova poesia; e la vecchia musica, la vecchia poesia, possono essere vissute più profondamente»[9].

Per questo al centro della nonviolenza non ci sono grandi teorici, moralisti o dogmatici, ma, appunto, gli artigiani. Sono artigiani coloro che, dal punto di vista cristiano, rendono intelligibili le beatitudini, reinterpretano, costruiscono e reinventano la nonviolenza quotidianamente in ogni campo della società, dall’economia all’educazione, dalla politica alla mondialità, dal lavoro alle migrazioni. Questo evidenzia i limiti imposti dal pregiudizio di coloro i quali ritengono che la nonviolenza sia classificabile come semplice pacifismo o alternativa alla teoria della guerra giusta. La nonviolenza è molto, ma molto di più: è pratica quotidiana di un’apertura spirituale. Una virtù da coltivare, cristianamente parlando, in questi tempi in cui soffiano prepotentemente i venti di guerra dall’Europa Orientale.

P. Giulio Albanese

 

[1] Discorso del Santo Padre in occasione del Forum ecclesiale “Mediterraneo frontiera di Pace” 23 gennaio 2020, in http://www.osservatoreromano.va/vaticanresources/pdf/QUO_2020_045_2502.pdf

[2] Ibidem.

[3] Occorre precisare che l’utilizzo del vocabolo “nonviolenza” era già avvenuto nel corso dell’Angelus domenicale del 18 febbraio 2007, quando Benedetto XVI, commentando uno dei testi più forti riguardanti la  predicazione di Gesù - Luca 6,27-38 – esordì dicendo che «questa pagina evangelica viene considerata la magna charta della nonviolenza cristiana, che non consiste nell’arrendersi al male – secondo una falsa interpretazione del "porgere l’altra guancia" (cfr Lc 6,29) – ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia».  Sulla scia del suo predecessore, papa Francesco l’ha addirittura inserito in un testo ufficiale del suo magistero.

[4] A. Capitini,Le Tecniche della Nonviolenza, Feltrinelli, Milano 1967, p. 9.

[5] Cfr. Historic Vatican conference calls for nonviolence and “just peace”, in http://wagingnonviolence.org/2016/04/vatican-conference-calls-for-noviolence-just-peace-pope-francis/, traduzione di Elena Camino per il Centro Studi Sereno Regis.

[6] Cfr. Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace 1° Gennaio 2017, Città del Vaticano 8 dicembre 2016, in http://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/peace/documents/papa-francesco_201608_messaggio-l-giornata-mondiale-pace-2017.html

[7] Ibidem.

[8] Discorso del Santo Padre in occasione del convegno “La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo, promosso dalla Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale, Napoli 21 giugno 2019, in http://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2019/june/documents/papa-francesco_20190621_teologia-napoli.html

[9] A. Capitini, Religione Aperta, Edizioni Laterza, Bari 2014, cap. IX.